LARENTALIA (23 dicembre)



ACCA LARENTIA ACCOGLIE I GEMELLI

Tutti i romani festeggiavano le ricorrenze religiose con grande devozione, ma pure con grande divertimento, perchè in fondo la religione romana non aveva nulla di cupo, era fantasiosa e divertente.

«Augusto celebrava i giorni di festa e le solennità riccamente e qualche volta con semplici divertimenti. Per i Saturnali e quando gli faceva piacere, distribuiva doni, vestiti, oro e argento, ora monete di ogni conio, anche antiche dell’epoca dei re o straniere, a volte nulla oltre a delle coperte o spugne, mestoli, pinze e altri oggetti di questo genere accompagnati da cartelli oscuri e ambigui. Era solito, durante i banchetti, vendere una serie di oggetti di valore diverso e di pitture su tavole voltati per alimentare o frustrare nell'incertezza del caso la speranza dei compratori; e così presso ogni letto si organizzava un’offerta all'incanto e ciascuno dichiarava i suoi guadagni e le sue perdite.»
(Svetonio, Augustus, 75.)

Larentalia, Larentinalia oppure Accalia erano le festività dedicate ad Acca Larenzia, nutrice di Romolo e Remo festeggiata il 23 dicembre, ultimo giorno dei Saturnali (Macrobio, Saturnalia, I, 10) sul Velabro, dove si vuole sia stata sepolta Acca Larenzia. In seguito la ricorrenza venne festeggiata due volte all'anno per disposizione dell'Imperatore Augusto.

La parola latina "Acca" in sanscrito akka significa "madre". Per cui Acca Larenzia potrebbe essere identificata con la Mater Larum o "Madre dei Lari", ovvero Romolo e Remo che vennero in seguito celebrati come Lari di Roma. Ciò spiegherebbe perché durante la festività dei Larentalia i sacrifici venissero celebrati dal Flaminis Quirinalis, il sacerdote di Quirino, ovvero di Romolo, divenuto Dio Quirino.

L'identificazione come Mater Larum spiega perché durante i Larentalia si offrissero sacrifici ai Lares, gli spiriti benevoli degli antenati che proteggevano i nuclei familiari e le loro abitazioni. Acca Larenzia viene pure identificata con una divinità ctonia, custode del mondo dei morti, Larenta, o Larunda, come era conosciuta tra i Sabini. Larenta, o "Dea Muta", divinità femminile del sottosuolo e dell'oltretomba.


Presso gli Etruschi era una Dea Pennuta, passata poi al culto romano come Dea prostituta e protettrice di Roma ma soprattutto della plebe. Le Dee Pennute erano le Arpie, le sfingi dell'epoca, dal corpo di uccello e testa di donna, immagini triplici della Grande Madre, che poi divennero nefaste nella mitologia greca perchè includevano il lato mortifero della Dea.


ACCA LARENTIA



I MITO

Acca Larentia, o Larenzia, fu una semplice donna che guadagnò il favore degli Dei stando per una notte intera in adorazione nel tempio di Eracle. Uscita dal tempio infatti incontrò tal Caruzio, Taruzio o Taurilio, uomo ricchissimo, che se ne innamorò e la sposò, lasciandola poi erede della sua immensa fortuna.

Dalle fonti non risulta che Ercole fosse deputato a maritare le donne. Comunque alla sua morte Acca lasciò tutto il patrimonio al popolo romano. Tutto questo sarebbe accaduto al tempo di Anco Marzio che, in segno di ringraziamento, le avrebbe fatto costruire una magnifica tomba sul Velabro, il mitico luogo del rinvenimento dei gemelli.

Ma perchè mai costruire una tomba sul Velabro, cosa aveva a che vedere Acca con Romolo e Remo? Eppoi le sue donazioni non ne giustificherebbero di certo il culto, e tanto meno il suo protrarsi nei secoli.



II MITO

Secondo Plinio e Gellio invece, Acca, nutrice dei gemelli, ebbe anche dodici figli maschi che diventeranno poi i fratelli Arvali, costituendo il celebre collegio sacerdotale, adoratore di Dia, antichissima Dea.



III MITO

Secondo un altro mito essa era la dissoluta moglie del pastore Faustolo che si fece però carico dei fatali gemelli.



IV MITO

Per altri una prostituta vera e propria che fece da balia ai due gemelli.



V MITO

In un altro mito fu la lupa che li allattò sulle rive del Tevere.Chiaramente Larentia era la Grande madre, la Natura che si accoppia con tutto e produce di tutto, dalle piante agli animali e agli uomini, e in nome della Dea si effettuava la prostituzione sacra, la ierodulia, e le stesse sacerdotesse, in onore della Dea selvaggia, la Dea lupa, indossavano pelli di lupo e ululavano ai viandanti. Non a caso gli antichi postriboli erano detti "lupanare".

Sembra che Acca Larentia fosse denominata anche Mater Larum o "Madre dei Lari", Romolo e Remo infatti furono celebrati come Lari di Roma, gli antenati protettivi. L'identificazione di Mater Larum spiega perché durante i Laurentalia si offrissero sacrifici ai Lares, gli spiriti benevoli degli antenati, protettori dei nuclei familiari e delle abitazioni.

ACCA LARENTIA


LA FESTA

La festa, detta Larentalia, ma anche Larentinalia o Accalia, e pure Fasti Prenestini, secondo le zone, cadeva il 23 dicembre, come racconta Macrobio, subito al termine dei Saturnali, poi Augusto la fece ripetere due volte l'anno. Come divinità del solstizio d'inverno la Dea aveva un lato ctonio per le brevi giornate quando il sole è al punto più basso dell'orizzonte e illumina meno la terra.

Per l'occasione i sacerdoti offrivano sacrifici ai Lari e ai Mani, gli spiriti degli antenati e gli spiriti dell'oltretomba. Nelle case si accendevano profumi e candele nei larari. I festeggiamenti pubblici invece si tenevano al Velabro dove era la tomba di Acca che per l'occasione veniva ornata di nastri e ghirlande, e a volte le donne vi ponevano stole e scialli ricamati per onorarla.

Ma anche le donne per l'occasione si abbigliavano in modo vistoso, non volgari ma un po' seduttive, indulgendo con gioielli, trucco, nastri, cinture dorate, cavigliere tintinnanti, fiori sui capelli e spille sulle vesti.

Si usava anche un curioso rituale da parte delle donne, forse proprio perchè in quell'occasione erano particolarmente seducenti. Per scampare ai pettegolezzi e alle diffamazioni altrui invocavano la Dea e recitavano un'orazione sopra un pesce morto dalla bocca serrata mediante un filo di lana. Con questo rituale magico si chiudeva la bocca ai detrattori e alle pettegole. Non mancavano i lauti banchetti, le danze e la musica, perchè Larenzia era una Dea vivace che portava allegria, soprattutto alle donne.


BIBLIO

- Plutarco - Vita di Romolo -
- Lattanzio - Divinae institutiones - I -
- Tito Livio - Storia di Roma dalla sua fondazione - Bibliot. Univ. Rizzoli - Milano - 1989 -
- Macrobio - Saturnalia - I -
- Gellio - Noctes Atticae - VII -
- Andrea Carandini - La leggenda di Roma, volume IV - Dalla morte di Tito Tazio alla fine di Romolo - Mondadori – Fondazione Valla - Milano - 2014 -
- Andrea Carandini - Roma. Il primo giorno - Roma-Bari - Laterza - 2007 -
- Rodolfo Lanciani - L'antica Roma - Roma - Newton Compton - 2005 -


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