I ROSTRI





LA TRIBUNA CESAREA

La tribuna oratoria dei magistrati e degli oratori, denominata Rostra dopo che fu ornata con i rostri delle navi catturate nella battaglia di Anzio del 338 a.c., originariamente era situata nel Comizio, del quale occupava una sezione delle gradinate circolari. In seguito al totale rifacimento del Comizio avviato da Cesare e concluso da Augusto, la tribuna fu spostata sul lato occidentale del Foro, in prossimità dell' Arco di Settimio Severo.

Inaugurata una prima volta nel 44 a.c. ed una seconda, dopo un ampliamento, nel 29 a.c., la costruzione (lunga circa m 23,80, alta m 3 e larga 12) conserva ancora oggi resti della facciata in opera quadrata di grandi blocchi di tufo, mentre tutta la parte costruita in piccole pietre cementate è opera di restauro. Ne sono ben visibili i grossi fori per i perni che servivano a sorreggere i rostri in bronzo dorato delle navi.


La parte posteriore, quella verso il Campidoglio, è costituita da una scalinata semicircolare che risale probabilmente alla tribuna originaria; tra questa e la facciata alcuni pilastri in mattoni, originariamente sembra fossero in travertino, sostenevano la piattaforma, forse coperta da assi di legno, visto che non se ne sono trovate tracce in muratura.

Quando, sotto Settimio Severo, fu eretto l'arco trionfale, venne aperto un ingresso per la piattaforma dalla parte settentrionale, ritagliando un cortile triangolare nel centro dell'edifizio.

Un lato di quel triangolo era formato da una parete lievemente arcuata (il cosidetto 'Hemicyclium') e incrostata con marmi colorati; un altro lato, verso l'arco, venne chiuso da un cancello infisso nello stilobate del muro originario, le cui parti superiori furono demolite.

I ROSTRI SULL'ARCO DI COSTANTINO

SULL'ARCO DI COSTANTINO

La facciata era sormontata da una cornice di marmo, che reggeva una transenna di marmo e bronzo. Il fronte dei rostri si vede nel rilievo sopra l'arcata sinistra dell'Arco di Costantino, dove la transenna è interrotta al centro, per porvi una scala verso l'area del Foro, necessaria qualche volta per le grandi cerimonie pubbliche.

Sull'angolo della fronte si vedono nel rilievo effigiate due statue onorarie: due basi di statue in onore di Stilicone di inizio sec. V d.c, furono qui rinvenute nel 1539.

Le colonne sormontate da statua che appaiono nel medesimo rilievo dietro i rostri, sorgevano sulla piattaforma stessa.

Nel mezzo delle balaustrate laterali furono posti, al tempo di Traiano, i grandi plutei con rilievi storici.

Dalla parte dell' Arco di Settimio Severo il muro curvo posteriore è riccamente rivestito di marmo: qui infatti si accedeva a un ambiente accessibile triangolare, in fondo a cui era un'altra scala di accesso per la piattaforma superiore.

Un prolungamento in mattoni della tribuna, verso nord, aggiunto intorno al 470 d.c. fu dovuto, secondo l'iscrizione, al prefetto della città Ulpio Giunio Valentino, sicuramente a ricordo di una vittoria sui Vandali, perchè questo ampliamento fu chiamato Rostra Vandalica.



LE CERIMONIE CELEBRI AI ROSTRA

Da questa tribuna furono proferite molte furono orazioni celebri, tra cui quella celebre pronunciata da Marco Antonio dopo l'assassinio di Giulio Cesare nel 44 a.c.

Qui, inoltre, vennero esposte la testa e le mani di Cicerone, condannato a morte dal secondo Triumvirato di Augusto, Marco Antonio e Marco Lepido, e dove Fulvia, la moglie di Marco Antonio, trafisse la lingua dell’oratore con uno spillone.

RESTI DELLA TRIBUNA ORATORIA DEI ROSTRI
Qui Giulia, la figlia di Augusto, fu accusata di condotta scandalosa e condannata all'esilio.

Qui inoltre, nel 66 d.c., si recò Tiridate re dei Parti, in obbedienza alle condizioni di pace imposte dal generale di Nerone, Domizio Corbulone, onde ricevere nuovamente il diadema regale dall'Imperatore stesso.

Nerone gli fece grande accoglienza:
"Già prima dell'alba la piazza del Foro era occupata da rappresentanti del popolo romano, vestiti di bianco con corone in capo; ai lati e agli ingressi della piazza erano posti i soldati, dalle armi e delle insegne luccicanti come la folgore; innumerevoli spettatori occupavano ogni posto libero fino sul tetto degli edifizi. 

Al levar del sole, Nerone comparve sulla piazza in veste trionfale, accompagnato da senatori i pretoriani. Egli prese posto sui rostri, in una sedia curule. 


AD OGNI INCAVO ERA ATTACCATO UN ROSTRO DI NAVE
Poi Tiridate e il suo seguito, tra le file dei soldati schierati lungo la via, vennero condotti sino ai rostri, ove inchinarono l'Imperatore secondo il costume orientale. Allora il pubblico scoppiò in applausi così fragorosi, da spaventarne Tiridate che credette esser questo il segnale della sua morte. 

Nerone però lo fece rassicurare, ascoltò con benevolenza il suo discorso di omaggio che venne tradotto al popolo da un pretore esperto nelle lingue orientali; e, dopo avergli risposto graziosamente, lo invitò a salire sulla tribuna. 

Tiridate vi ascese per mezzo di una scala costruita appositamente sulla fronte dei rostri, si inginocchiò davanti all'Imperatore e ricevette dalla mano di lui il diadema in mezzo a nuovi e fragorosi applausi dei Romani".

Le esequie di Pertinace, nel 193 d.c., da Cassio Dione:

"Sul Foro Romano era stata costruita una tribuna di legno vicino a quella di pietra: sopra quella tribuna venne collocata un'edicola a colonne ornate d'oro e di avorio. 

Dentro questa edicola fu posto un letto degli stessi materiali preziosi, e coperto di porpora tessuta in oro: e sul letto l'imago di cera di Pertinace, vestita con le vesti trionfali, dalla quale uno schiavo giovane e bellissimo con un flabello di piume di pavone allontanava le mosche, come ad uno che dorme. 


Per la cerimonia entrò nel Foro l'Imperatore seguito da noi senatori con le nostre consorti, tutti vestiti a lutto: le donne presero posto sotto le gallerie, noi allo scoperto.

Quindi cominciò il corteo funebre: lo aprivano le statue degli antichi illustri romani; poi venivano cori di ragazzi e di uomini, cantanti un inno funebre in onore di Pertinace; indi le statue di bronzo di tutte le province soggette all'Impero Romano, rivestite del loro costume nazionale. Seguivano le corporazioni dei littori, degli scrivani, degli araldi ed altre simili; poi altri statue di uomini illustri o per le loro gesta o per le loro scoperte. 


ESEMPIO DI UN ROSTRO DI NAVE
Quindi soldati a piedi e a cavallo, nonchè cavalli da corsa; e poi i doni funebri mandati dall'Imperatore, da noi senatori, unitamente alle nostre mogli, dall'ordine equestre, dalla cittadinanza, da corporazioni e da sodalizi. 

Chiudeva il corteo un'ara dorata e tempestata di avorio e pietre preziose dell'India.

Sfilato il corteo, Severo salì sui rostri e pronunciò un elogio funebre di Pertinace. 

Il discorso dell'Imperatore fu spesso interrotto dai nostri applausi e dimostrazioni di lutto e gli applausi divennero ancor più calorosi alla fine. 

Quando poi il letto stava per esser portato via, noi tutti prorompemmo in pianti e lamenti. 

Il letto funebre fu accompagnato fino appiè del catafalco dai pontefici e dai magistrati, non soltanto da quelli in carica, ma anche da quelli designati per l'anno venturo; poi venne consegnato ad alcuni personaggi dell'ordine equestre, per trasportarlo. 

Noi senatori precedemmo il feretro, alcuni battendosi il petto, altri piangendo; seguiva l'Imperatore, e così il corteo si avviò al Campo Marzio, dove ebbe luogo la solenne cremazione e consecrazione".



RODOLFO LANCIANI

"I rostra del periodo imperiale, situati all'estremità nord-ovest del foro.


Cesare aveva deciso la loro rimozione, ma il suo piano definitivo sembra non essere stato realizzato, o almeno la dedica non ha avuto luogo fino a dopo il 42 a.c.
(Cass. Dio XLIII.49; cfr. Diod. XII.26; Ascon. ad Mil. 12).

Se consideriamo il punto in cui il corpo di Cesare è stato bruciato, ne deriva che l'orazione di Marco Antonio sia stata pronunciata all'estremità opposta del foro (cfr. Senec. Quadrante. III.1.3) "una rostris usque ad arcum Fabianum" per esprimere tutta la lunghezza del foro.

Invece Augusto i rostri li ha completati a memoria della sua vittoria di Azio (Pomponio, Dig. 1.2.2) ed si è fatto rappresentare seduto sulla tribuna dei rostra in una moneta (Cohen, 529 agosto = BM 115 agosto = HC p75, fig. 32).

Un'orazione funebre in onore di Augusto venne pronunciata dai rostra da Druso (Svetonio 100 agosto) dove l'area viene chiamata "vetera" in contraddizione con i "Rostra aedis divi Iulii".


CERIMONIE SUI ROSTRA

Cassio Dio descrive due magnifiche cerimonie che hanno avuto luogo sui rostra, il ricevimento di Tiridate da parte di Nerone, quando per risolvere i contrasti con l'Armenia, Tiridate, fratello del re di Partia Vologese I, venne incoronato re da Nerone nel 66, e poi la cerimonia funebre di Pertinax (LVI.34; LXXV.4º).

Sappiamo dell'esistenza di statue in rostris di Augusto (Tac. Ann. IV.67), dove egli parla dei rostra "ellitticus celeberrimo fori', proprio come il vecchio rostra era stato chiamato "oculatissimus locus"; e anche Ammiano Marcellino (XVI.10 .13) lo chiama "perspectissimum priscae potentiae locum"; Claudius Gothicus (Hist. Aug. Claud. 3), e Stilicho (CIL VI.1731 = 11952). In un rilievo sull'arco di Costantino  si vedono i rostra.

ROSTRA AUGUSTI


I resti esistenti dei rostra appartengono dunque a quattro periodi principali:

(1) Quello di Cesare, il cui nucleo di cemento armato, alto 3,50 metri, si conserva per una lunghezza di oltre 13 metri, costruito contro e con ogni probabilità sopra la linea di archi che sostiene il Clivus Capitolinus.

(2) Quello di Augusto, che inglobò il nucleo della rostra di Cesare in un nucleo più grande e più alto, che servì come base per la rampa curva di scale ad ovest che si estendeva per tutta la lunghezza della rostra, e che costituiva un avvicinamento monumentale alla piattaforma stessa. La parte anteriore di questo nucleo allargato era rivestita da un muro di mattoni augustei finissimi; e un muro rivestito con lo stesso materiale si trova nelle fondamenta del lato nord della piattaforma stessa, e forse anche nella parte anteriore.

La piattaforma si estendeva 10 m in avanti rispetto al muro di mattoni occidentali, e la sua facciata era lunga circa 24 m e alta 3. Le pareti frontali e laterali sono costruite in opus quadratum di tufo, rivestite di marmo; in questo rivestimento sono stati inseriti dei becchi di bronzo su due file. Queste pareti sono state restaurate da Boni fino all'altezza originale.

Le lastre di travertino della piattaforma erano sostenute da travi dello stesso materiale appoggiate su queste pareti e su tre file di pilastri in travertino, che in tempi successivi sono stati in parte sostituiti e in parte rinforzati da pilastri e muri in mattoni. Lungo i lati e la facciata si estendeva una balaustra di marmo, al centro della quale vi era un'apertura.

ROSTRA AUGUSTI

In effetti le piante dell'area centrale del foro (HC p139, fig. 69; ZA p83, fig. 18) omettono altri due 'pozzi rituali' della linea nella parte inferiore destra, che la portano fino alla parte anteriore degli originali rostra di Cesare. Quando i rostra furono ampliati da Augusto, questi due ultimi pozzi, insieme al primo raffigurato in pianta, furono soppressi e fu creata una nuova linea che correva lungo il fronte della nuova facciata. (Secondo la teoria precedentemente in vigore, era a Traiano che si doveva attribuire la piattaforma rettangolare).

(3) Quello di Settimio Severo, in relazione alla costruzione del cui arco è stata rimossa la maggior parte del muro nord dei rostra, la parte nord del muro di fondo in cemento con faccia a mattoni è stata tagliata fino al livello del marciapiede, e l'emiciclo venne formato tagliando il nucleo dei gradini con faccia a mattoni per almeno la metà della sua lunghezza, in modo che la sua curva corrisponda a quella della scalinata retrostante.

La metà settentrionale dell'emiciclo era decorata con lastre di marmo di Porta Santa, con pilastri di marmo africano a intervalli, e un basamento di marmo pentelico, mentre un cornicione curvo riccamente decorato apparteneva probabilmente a un colonnato lungo la facciata (Mitt. 1902, 18)

L'opera non è stata completata all'estremità meridionale. Si formò così un piccolo cortile triangolare, dal quale si accedeva alla piattaforma (HC p77, fig. 33); questo e lo spazio sotto i rostra erano lastricati con piastrelle che sovrastavano un precedente pavimento in mattoni a spina di pesce; alcuni di essi recano timbri del periodo severo (CIL XV.405). Secondo una teoria più antica, ormai generalmente abbandonata, l'emiciclo era la graecostasi dell'epoca di Cesare (Nichols, Notizie dei Rostri), mentre Mau lo considerava i suoi rostra.

(4) Quello del 470 d.c., quando la parte rettangolare dei rostra fu allungata da un'aggiunta di mattoni trapezoidali all'estremità nord, la cui facciata era anch'essa decorata con becchi. Un'iscrizione che percorreva tutta la lunghezza della piattaforma allargata registrava un restauro del praefectus urbi, Junius Valentinus, in onore di Leone e Anthemius, forse dopo una vittoria navale sui Vandali.

PLUTEI DI TRAIANO

I PLUTEI

Le due balaustre di marmo o plutei che ora si trovano nell'area aperta del foro vicino alla colonna di Phocas sono generalmente supposte far parte del rostra, in piedi su ogni lato dell'accostamento o alle estremità della piattaforma. Essi si trovavano, di fatto, nel punto in cui si trovano ora, approssimativamente eretti su blocchi di travertino (Jord. I.2, p219, p. IV fig. 3).

Risalgono, secondo una veduta, al tempo di Domiziano (così Cantarelli nel 1889 a.C., 99-113; 1900, 145; 1920, 169); ma la maggior parte degli autori li riferisce a Traiano, e li spiega come rappresentanti della carità di Traiano nel provvedere al sostegno dei bambini poveri, con l'investimento di grandi somme in ipoteche sulle fattorie, e la distruzione per suo ordine dei registri delle imposte sulle eredità già dovute.

Sono stati recentemente assegnati al regno di Adriano e attribuiti al recinto della Statua Marsyae (vedi Mél. 1927, 154‑183). Per i topografi sono interessanti soprattutto per la rappresentazione degli edifici del foro sullo sfondo.
- Nel primo rilievo (quello rivolto verso il basso del foro) l'imperatore è visto sui rostra in primo piano.
- Poi viene il tempio di Vespasiano (quello della Concordia era probabilmente sulla prima sezione, che è andata perduta), con sei colonne corinzie,
- poi il tempio di Saturno, con sei colonne ioniche,
- e un arco del portico dorico del Tabularium tra di esse.
- Oltre si trovano gli archi inferiori della basilica Iulia;
- mentre la statua di Marsia e un fico sacro in un recinto (entrambi nelle vicinanze; vedi Statua Marsia, Ficus, Olea, Vitis) terminano il quadro,
- mentre iniziano la rappresentazione sul secondo rilievo, che serve ovviamente da point de repère. - Seguono una serie di arcate, come quelle del primo rilievo raffigurante la basilica Aemilia;
- poi l'Argiletum;
- poi la Curia con davanti un'ampia scalinata (dopo il restauro di Domiziano), erroneamente rappresentata con una facciata a cinque colonne;
- infine un arco trionfale, probabilmente situato sul clivus Argentarius, con la rostra in primo piano ancora una volta. La ricorrenza sia del rostra che del Marsia mostra che i due rilievi erano destinati a formare un cerchio completo; mentre il tempio di Cesare e il tempio di Castore e Polluce, che non sono rappresentati, sono proprio quelli che l'oratore avrebbe avuto davanti ai suoi occhi.

Si noti anche che i rilievi sull'altro lato (esterno) di ogni pluteo, che rappresentano le pecore, i maiali e i tori, gli animali sacrificati nei suovetaurilia, sono su una scala molto diversa, e facilmente visibili dal livello del foro; mentre i rilievi sul lato interno sono su una scala molto più piccola, e visibili solo da vicino. Il rilievo del suovetaurilia è stato imitato sulla base di una colonna eretta vicino per commemorare la decennalia di Diocleziano (CIL VI.1204).

La teoria secondo cui i rilievi appartenevano ad un monumento eretto in onore di Traiano e rappresentano solo gli edifici sul lato est del foro è dovuta ad un'errata interpretazione di un passo di Plinio; mentre, secondo un'altra teoria, questo monumento si trovava vicino al tribunal praetoris, e i rilievi rappresentano gli edifici sul lato ovest del foro.



BIBLIO

- Giacomo Boni - La esplorazione dei rostri - Roma - tip. Accademia dei lincei - 1901 -
- Notizie dei rostri del foro romano e dei monumenti contigui - Nichols Morgan Francesco - Editore: Libreria Spithoever - Roma - 1885 -- Christian Hülsen - The Roman Forum: Its History and Its Monuments - 1906 -
- Filippo Coarelli - Il foro romano - 2 volumi - ed. Quasar - Roma - 1986 -
- Alessandra Capodiferro, Patrizia Fortini (a cura di) - Gli scavi di Giacomo Boni al foro Romano -Documenti dall'Archivio Disegni della Soprintendenza Archeologica di Roma - Roma - 2003 -



1 comment:

Unknown on 30 ottobre 2017 alle ore 20:45 ha detto...

scusate, ma i rostri delle colonne di venere al Celio sono originali o copie? Se originali, da dove provengono?

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