I GUERRA MACEDONICA ( 214-205 a.c.)





Nel 215 a.c. Filippo V, re di Macedonia, erede di Antigono III che aveva attuato una profonda riorganizzazione dell'esercito e dello stato macedone, aveva mire espansionistiche verso ovest, ma per attuare i suoi piani necessitava di uno sbocco sul mar Adriatico per i commerci del suo paese e, incoraggiato dalla disfatta subita da Roma a Canne, stipulò un'alleanza con il generale cartaginese Annibale.

Si era nella II guerra punica, quando Roma era in grave difficoltà, visto che Annibale aveva operato molte conquiste sul territorio romano giungendo a minacciare la stessa Urbe. Il patto stretto tra Filippo ed Annibale si proponeva l'espulsione dei romani dal loro protettorato sulle coste orientali dell'Adriatico, onde consentire a Filippo di estendere i suoi possedimenti verso occidente; i romani tremarono, temendo che il re macedone potesse portare il suo esercito in Italia in aiuto di Annibale. 

Roma era stremata, per la scarsità di combattenti morti in gran numero  e per le poche risorse avendo affrontato per le guerre Puniche spese ingentissime, se Filippo fosse giunto fino a Roma insieme ad Annibale,  sarebbe stata la fine.

Secondo Polibio, la decisione di Filippo fu influenzata da Demetrio di Faro, pretendente al trono di Faro (isola di Lesina), che nel 229 a.c., al termine della I guerra illirica, con la disfatta degli Illiri guidati dalla regina Teuta che egli aveva tradito a favore dei romani, era stato posto dagli stessi a governatore del territorio costiero dell'Illiria. Alla conclusione del conflitto i Romani lo nominarono re di quello che rimaneva del regno illirico, ma con la presenza di numerose guarnigione romane, dato che non ne avevano piena fiducia.

Successivamente, Demetrio si alleò con il re macedone e lo aiutò nella guerra contro il re di Sparta, per  iniziando atti di pirateria nel mare Adriatico sulle città illiriche soggette ai Romani che gli inviarono il console Lucio Emilio Paolo con le sue truppe. Questi in brevissimo tempo occupò le principali roccaforti nemiche, costringendo Demetrio a rifugiarsi presso Filippo V nel 219 a.c., alla cui corte trascorse il resto della propria vita, diventandone uno dei consiglieri preferiti. 

Quando Filippo seppe la notizia della vittoria di Annibale sui Romani nella battaglia del Lago Trasimeno nel 217 a.c.. mostrò il messaggio a Demetrio, che vedendo la possibilità di riconquistare il regno perduto, gli consigliò di far pace con gli Etoli, e di rivolgere la sua attenzione verso l'Italia e l'Illiria. Secondo Polibio, Demetrio avrebbe detto:
«Dal momento che la Grecia è già completamente a te obbediente, e lo rimarrà in futuro: gli achei per affetto genuino e vero; gli Etoli per il terrore che i disastri nella presente guerra hanno instillato in loro. L'Italia, e la tua traversata verso di essa, è il primo passo verso l'acquisizione di un impero universale, al quale nessun altro ha un diritto maggiore del tuo. E adesso è il momento di agire, quando i Romani soffrono per un rovescio di fortuna

Filippo di Macedonia si convinse e firmò un accordo di pace con gli Etoli. Polibio riporta il discorso di Agelaus in favore del trattato di pace:

(INGRANDIBILE)
« La cosa migliore sarebbe che i greci non andassero in guerra l'uno contro l'altro, ma ringraziassero calorosamente gli Dei di parlare con una sola voce, e unendo le mani come persone che attraversano un corso d'acqua, potrebbero essere in grado di respingere gli attacchi dei barbari, e così salvare se stessi e le loro città. 
Ma se anche questo fosse del tutto impossibile, almeno nella attuale congiuntura, dovremmo essere unanimi e stare in guardia, quando vediamo gli imponenti armamenti e le vaste proporzioni assunte dalla guerra in occidente. 
Perché anche ora è evidente a chiunque segua con appena moderata attenzione agli affari pubblici, che se i Cartaginesi sconfiggessero i Romani, o Romani i Cartaginesi, sarà molto improbabile che i vincitori rimarranno soddisfatti di aver ottenuto l'imperio in Sicilia e in Italia. 
Essi andranno oltre: ed estenderanno le loro forze e i loro progetti più lontano di quanto noi si possa desiderare. Perciò, vi prego tutti di stare in guardia contro il pericolo della crisi, e soprattutto te, o re. E lo fari, se abbandonerai la politica di indebolimento dei Greci, per questo facile preda per l'invasore; e al contrario terrai conto del loro bene come si farebbe per la propria persona, e avrai cura di tutte le parti della Grecia allo stesso modo, come parte integrante dei tuoi domini. 
Se agirai con questo spirito, i greci saranno tuoi ferventi amici e fedeli alleati in tutte le tue imprese, mentre gli stranieri saranno meno pronti a fare progetti ai tuoi danni, vedendo con sgomento la ferma lealtà dei Greci. Se sei desideroso di azione, gira lo sguardo ad occidente, e lascia che i tuoi pensieri siano abitati dalla guerra in Italia. 
Aspetta con freddezza la piega degli eventi lì, e cogli l'opportunità di colpire per un dominio universale. Né la crisi attuale è sfavorevole per una tale speranza. Ma io ti chiedo con forza di rinviare le controversie e le guerre con i Greci ad un momento di maggiore tranquillità, e fare il tuo obiettivo la possibilità di trattare la pace o la guerra secondo la tua volontà. 
Perché una volta che si consentisse alle nuvole ora raccolta in Occidente di stabilirsi in Grecia, temo assai che il potere di fare la pace o di guerra, e in una parola, tutti questi giochi che stiamo giocando l'uno contro l'altro, saranno completamente fuori dalla portata dalle mani di noi tutti, e che potremmo pregare il cielo che ci conceda almeno il potere di fare la guerra o la pace l'un con l'altro secondo nostra volontà e piacere, e di risolvere le nostre dispute »

Filippo temeva l'espansione di Roma lungo le coste illiriche, cominciata con l'attacco alla regina Teuta e proseguita con la parziale conquista dell'Illiria, dove era dislocata una flotta romana, comandata prima da Marco Valerio Levino e poi da Publio Sulpicio Galba Massimo, anche per controllare proprio i movimenti del re macedone.

Così Filippo intervenne contro queste forze e scoppiò la I Guerra Macedonica: da una parte Filippo V con l'alleata lega achea, dall'altra la lega etolica con il supporto romano. Vennero coinvolte anche le diplomazie di Atene da una parte e di Rodi dall'altra.



LA LEGA ETOLICA

Nel 214 a.c. il console Marco Valerio Levino guidò un piccolo contingente militare romano sulla costa illirica e poi strinse un'alleanza con la lega etolica, una confederazione delle città della regione greca dell'Etolia, nata nel IV secolo a.c. per opporsi alla Macedonia e comandata da uno stratego, eletto annualmente dall'assemblea federale (composta da tutti i cittadini liberi sopra i 30 anni), che si riuniva in primavera e in autunno, e che era appunto ostile a Filippo di Macedonia.

ATTALO I

ATTALO I

Successivamente Marco Valerio strinse alleanza con Attalo I, chiamato poi Attalo Sotere (il Salvatore - 269 – 197 a.c.), chiamato poi Attalo I, re di Pergamo (una polis greca dell'Asia Minore, moderna Turchia) dal 241 a.c. alla morte, prima come signore della città e poi come re di Pergamo.
Attalo, generale coraggioso e capace, ottenne un'importante vittoria sui Galati, una popolazione celtica appena giunta in Asia Minore che aveva saccheggiato e imposto tributi nella regione senza trovare opposizione. Questa vittoria, che venne celebrata con un monumento trionfale eretto a Pergamo, decorato tra le altre con la famosa statua del Galata morente, si tradusse nella liberazione dal terrore gallico e guadagnò ad Attalo il nome di Soter ("Salvatore") e pure il titolo di re.
Fu un alleato leale della Repubblica romana, con cui combatté nella I e II Guerra Macedonica contro Filippo V che voleva espandere il proprio regno nel mar Egeo. Condusse numerose operazioni navali, ostacolando gli interessi macedoni in tutto il mar Egeo, ottenendo onori, accumulando spoglie e guadagnando al Regno di Pergamo l'isola greca di Egina, durante la I guerra, e Andros, durante la II; sfuggì per poco alla cattura da parte di Filippo per ben due volte.



ALLEANZA DI FILIPPO CON ANNIBALE 

Nel 215 a.c., come narra Polibio. Annibale e Filippo si promisero mutuo aiuto e difesa, e d'essere nemici dei nemici dell'altro, esclusi gli attuali alleati. Filippo garantiva il proprio sostegno contro Roma però se Annibale firmava la pace con Roma, avrebbe riguardato anche Filippo. Il trattato prevedeva infine che Roma fosse costretta a rinunciare alle città di Corcyra, Apollonia, Epidamnus (Durazzo), Pharos, Dimale, Parthini, e Atintania, e di restaurare il potere e le alleanze di Demetrio di Faro.

Ma sulla via del ritorno in Macedonia, sia gli inviati di Filippo che quelli di Annibale furono catturati da Publio Valerio Flacco, comandante della flotta romana lungo la costa pugliese e venne pure scoperta una lettera di Annibale a Filippo con i termini del loro accordo.

Roma temette che, posta sotto attacco da Annibale, cadesse il sistema di alleanze e di potere nel sud della penisola, per cui preparò con grande fatica (dovettero contribuire i privati perchè l'erario era agli sgoccioli) altre due dozzine di navi da guerra da raggiungere la flotta di Flacco, di stanza a Taranto, con l'ordine di tenere sotto controllo la costa italiana dell'Adriatico.

Filippo, nell'inverno 217 - 216 a.c., fece costruire una flotta di 100 navi da guerra, ma secondo Polibio, non aveva alcuna speranza di battere i Romani in mare, per mancanza di esperienza. I romani in effetti in pochi anni avevano studiato un addestramento minuzioso e una estrema capacità di costruire ottime navi.

Vennero pertanto scelte piccole e veloci navi da guerra, capaci di trasportare cinquanta soldati oltre agli uomini ai remi, con le quali potevano evitare la flotta romana, intenta a combattere le truppe di Annibale, e comunque lontana, nel porto di Marsala in Sicilia.

All'inizio dell'estate, la flotta e il sovrano lasciarono la Macedonia e saputo che la flotta romana era ancora alla base di Lilybaeum ( Marsala), in Sicilia, partirono per Apollonia. Ma a Filippo giunse voce che alcune galere romane avevano la loro stessa destinazione per cui effettuò una ritirata precipitosa, facendo una pessima figura, visto che i romani avevano in effetti solo 10 navi.

FALANGE MACEDONE

FILIPPO INVADE L'ILLIRIA

Nel 214 a.c., Filippo tentò una nuova invasione dell'Illiria via mare, con una flotta di 125 biremi. Egli assediò Apollonia e occupò Oricum, Allora il propretore Marco Valerio Levino partì con la flotta e l'esercito alla volta di Oricum, riconquistando la città.

Tito Livio racconta che Levino, alla notizia dell'assedio di Apollonia inviò 2.000 uomini, comandati da Quinto Nevio Crista che riuscì straordinariamente ad entrare in città di notte, inosservato; la notte successiva, prendendo l'armata macedone di sorpresa, fece strage del campo nemico. 

Lo stesso Filippo riuscì a sfuggire alla cattura, seminudo; quindi raggiunse i monti nell'entroterra e rientrò in Macedonia, dopo aver fatto bruciare la sua flotta e lasciando poco meno di 3.000 dei suoi uomini, tra catturati e uccisi, con tutti gli averi e le armi dell'esercito. Levino passò l'inverno con le truppe ad Oricum.

Allora Filippo nei due anni successivi (213 - 212 a.c.) cercò di avanzare in Illiria via terra, tenendosi lontano dalla costa e così prese le città di Atintania e Dimale, sottomettendo le tribù illiriche dei Dassareti, dei Parthini e degli Ardiei. Inoltre riuscì a conquistare un accesso all'Adriatico catturando la città di Lissus e la sua cittadella, ritenuta inespugnabile, al che i territori confinanti si arresero senza riserve. 

Per impedire ai macedoni di aiutare Cartagine, Roma si alleò con la Lega etolica fin dal 212 a.c.. Gli Etoli, stanchi della guerra, avevano firmato la pace di Naupatto con Filippo nel 217 a.c., ma dopo cinque anni la popolazione era di nuovo pronta ad armarsi contro di lui.

Nel 211 a.c., Marco Valerio Levino per partecipare all'assemblea etolica giunse con una intera flotta in assetto da guerra, colpendo notevolmente i partecipanti per far capire che Roma era ancora possente, anzi  fece notare le recenti occupazioni delle città di Siracusa e Capua come prova della crescente fortuna di Roma nella guerra contro Cartagine e concluse:
« ...fin dai tempi antichi, era stato tramandato ai Romani il costume di trattare con onore gli alleati; alcuni tra questi erano stati in seguito accolti nella cittadinanza con pari diritti ai Romani; altri, invece, avevano ricevuto condizioni talmente vantaggiose da preferire essere alleati che cittadini. »
(Livio, XXVI, 24.3)

Levino promise agli Etoli che avrebbe ricondotto in loro potere l'Acarnania ad essi sottratte e questi sottoscrissero le clausole del trattato, per cui gli Etoli divenivano "amici e alleati del popolo romano";  oltre a loro si univano, nello stesso trattato d'alleanza, Elei, Spartani, la Messenia, nonché Attalo re d'Asia, Pleurato di Tracia e Scerdiledo d'Illiria.

Affinché gli Etoli potessero iniziare immediatamente la guerra contro Filippo, i Romani gli inviarono non meno di 25 quinqueremi. Delle città conquistate, a partire dall'Etolia fino a Corcira, venne stabilito che:

« il suolo, le case e le mura, unitamente alle campagne, sarebbero andate in possesso agli Etoli; il restante bottino di guerra sarebbe toccato ai Romani, i quali avrebbero aiutato gli Etoli nella conquista dell'Acarnania. Nel caso poi gli Etoli avessero concluso una pace con Filippo, si impegnavano ad aggiungere come clausola del trattato di pace, che Filippo si astenesse da ogni ostilità contro i Romani e contro i loro alleati e sudditi; allo stesso modo, nel caso in cui il popolo romano avesse concluso un trattato di pace con il re [macedone], avrebbe posto come condizione di non dichiarare guerra né agli Etoli né ai loro alleati. Queste clausole del patto vennero scolpite su tavole due anni dopo ad Olimpia dagli Etoli e depositate dai Romani sul Campidoglio, affinché fossero riconosciute come documenti consacrati. »
(Livio, XXVI, 24.11-14.)

Il trattato siglato con gli Etoli nel 211 a.c., venne ratificato dal Senato romano solo nel 209 a.c..

FILIPPO V DI MACEDONIA

LA CAMPAGNA IN GRECIA

Gli Etoli mossero guerra a Filippo, e Levino si impadronì di Zacinto e di tre città dell'Acarania: Eniade, Nasos e Acarnano restituendole agli Etoli. Il re macedone, saputo dell'alleanza tra Etoli e Romani, dopo aver saccheggiato le zone più vicine dell'Illirico, si impadronì di Sintia e si mosse per raggiungere Tempe in Tessaglia, dove sperava di trovare alleati contro gli Etoli. 

Lasciati 4.000 armati alle gole della Tessaglia, mosse verso la Tracia e poi nel territorio dei Maedi, devastandone il territorio e assediando la capitale, Iamphorynna, prima di far ritorno in Macedonia.
Frattanto Scopa, stratego etolico, si preparò ad assediare l'Acarnania, dopo aver arruolato tutti i giovani etoli. 

Gli Acarnani, disperati ed inferiori numericamente, ma decisi a resistere, preferirono mandare al sicuro nel vicino Epiro le loro donne, gli anziani di oltre sessan'anni e i bambini. Gli uomini, dai quindici ai sessant'anni, giurarono tutti insieme che non sarebbero tornati se non vincitori. Chi fosse uscito vinto dalla battaglia:

« non doveva essere accolto da nessuno, né in città, né in casa, alla mensa, al focolare. Lanciarono pertanto una tremenda maledizione contro coloro che avessero ospitato eventuali superstiti vinti e pregarono i loro ospiti di non farlo, pregarono contemporaneamente gli Epiroti affinché seppellissero tutti insieme sotto uno stesso tumulo, quelli che fossero morti in battaglia, ponendo sulla tomba la scritta:
"Qui sono sepolti gli Acarnani che affrontarono la morte per la patria, con le armi in pugno contro la violenza e l'offesa degli Etoli"
»
(Livio, XXVI, 25.12-14.)


Quindi posero il campo ai confini dei loro territori, di fronte al nemico, avvertirono Filippo dell'avanzata etolica costringendolo a sospendere la guerra appena iniziata, sebbene avesse da poco ottenuto la resa di Lamforinna.

Intanto gli Etoli esitarono contro gli Arcanani e, alla notizia dell'avvicinamento di Filippo con le sue truppe, preferirono ritirarsi nella parte più interna del territorio. Filippo, giunto in prossimità di Dion a marce forzate, per impedire che gli Arcanani fossero sopraffatti, alla notizia che gli Etoli si erano ritirati, tornò a Pella per svernarvi.

Nel 210 a.c., Levino lasciò nuovamente Corcira con la sua flotta e giunse a Naupatto (Lepanto) all'imboccatura del golfo e annunciò a Scopa e agli Etoli che avrebbe mosso contro Anticira in Locride. Tre giorni dopo cominciò l'assalto alla città per mare e per terra e la città si arrese agli Etoli. Secondo i patti il bottino di guerra andò ai Romani. Fu proprio durante questo assedio che a Levino venne consegnata una lettera in cui gli si annunciava di essere stato fatto console e che stava per arrivare il suo successore Publio Sulpicio. 

Intanto alla coalizione romana si aggiunsero Pergamo, Elis, Messenia, e Sparta. La strategia romana di tenere impegnato Filippo in Grecia con una guerra tra greci ebbe successo, ed infatti, quando Levino tornò alla capitale per venire eletto console, dichiarò che la legione dispiegata contro il re macedone poteva essere ritirata senza problemi.

Filippo prese Echinus e Phalara, la città-porto di Lamia. Nel frattempo Egina, un'isola nel golfo Saronico, fu venduta dagli Etoli al re di Pergamo Attalo, per 30 talenti, in modo che lui la potesse usare come base per le sue operazioni contro la Macedonia nel mare Egeo.

Nel 209, Filippo ricevette una richiesta d'aiuto dai suoi alleati della lega achea nel Peloponneso, sottoposti all'attacco di Sparta e degli Etoli. Filippo quindi partì verso il sud della Grecia. Filippo riuscì a vincere due battaglie a Lamia, e gli Etoli e i loro alleati furono costretti a ritirarsi all'interno della città, dove rimasero, evitando di dare battaglia in campo aperto.

MARCO VALERIO LEVINO

TENTATIVI DI PACE

Filippo incontrò i rappresentanti degli stati neutrali di Rodi, Egitto, Atene e Chio che cercavano di far finire la guerra, che li danneggiava nei commerci. Livio narra fossero preoccupati "non tanto per gli Etoli, più amanti dei combattimenti di quanto non fossero gli altri greci, quanto per la libertà della Grecia, che sarebbe stata seriamente in pericolo se Filippo e il suo regno avessero preso una parte attiva nella politica della stessa Grecia".
Venne firmata una tregua di 30 giorni e organizzata una conferenza di pace.

I rappresentanti etoli chiesero come che Filippo restituisse Pylos ai messeni, Atintania a Roma, e le popolazioni Ardiaei ai rispettivi sovrani. Filippo abbandonò i negoziati dicendo che "potevano essergli testimoni di quanto lui stesse cercando una base per la pace, mentre gli altri stavano solo cercando un pretesto per fare la guerra".

Dopo diverse battaglie inconcludenti Attalo e Sulpicio presero parte ad un incontro ad Heraclea Trachinia con gli Etoli, nuovamente in presenza di rappresentanti egiziani e di Rodi, che ancora perseguivano il raggiungimento della pace tra i contendenti. 

Filippo, venuto a conoscenza dell'incontro e della presenza di Attalo, si mosse per catturare i capi della coalizione nemica, arrivando troppo tardi. Ormai circondato da nemici, Filippo distribuì i suoi comandanti e le sue forze sul territorio, adottando un sistema di falò per segnalazione posti sulle alture, onde comunicare i movimenti del nemico.

Sulpicio e Attalo, attaccarono Oreus e Opus; mentre Attalo saccheggiava Opus, Sulpicio tornò ad Oreus, per raccogliervi la sua parte di bottino. A questo punto, Filippo, allertato dai segnali di fuoco, attaccò con successo Opus, lasciando ad Attalo appena il tempo di rifugiarsi su una delle sue navi.

Attalo fu obbligato a fare ritorno a Pergamo, sapendo che il re di Bitinia Prusia I, imparentato per matrimonio con il re macedone, si stava muovendo verso la sua città. Sulpicio tornò ad Egina, lasciando Filippo libero dalla flotta romana e di Pergamo, in grado di ricominciare le azioni offensive contro gli Etoli. 

Egli infatti riuscì a sorprendere le Termopili (208 a.c.), a distruggere Thermos, a catturare Thronium,  Tithronium e Drymaea a nord del fiume Cephissus, riprendendo il controllo di Oreus. Frattanto i suoi alleati Achei, posti sotto il comando di Filopemene, sconfissero e uccisero Macanida di Sparta (207 a.c.).



LA PACE SEPARATA

Dopo altri incontri, la guerra proseguiva comunque a favore di Filippo, ma gli Etoli, seppur abbandonati sia da Pergamo che da Roma, non erano disponibili ad accettare le condizioni di pace richieste da Filippo. Infine, dopo un'altra stagione di combattimenti, nel 206 a.c., gli appartenenti alla Lega etolica si arresero e, senza il consenso di Roma, firmarono una pace separata alle condizioni imposte loro da Filippo.

Nella successiva primavera, i Romani inviarono il censore e console Publio Sempronio Tuditano con un seguito di 35 navi e circa 11 000 uomini a Dyrrachium in Illiria, per incitare i Parthini alla rivolta e gli Etoli alla rottura del trattato firmato con il macedone, ma non ebbe successo.



ASDRUBALE

Asdrubale Barca ( 245 – 207 a.c.) era figlio di Amilcare Barca e fratello minore di Annibale. Quando il fratello Annibale partì per la guerra in Italia, gli lasciò il comando della provincia e il comando dell'armata spagnola con reparti africani costituiti da:

ASDRUBALE
- 11.850 fanti,
- 300 Liguri,
- 500 soldati delle Baleari,
- cavalieri libifenici (stirpe mista di Cartaginesi e Africani),
- 450 Numidi,
- 800 Mauri,
- una piccola schiera di Ilergeti,
- 300 cavalieri spagnoli,
- 21 elefanti.

Inoltre gli diede anche una flotta composta da:
- 50 quinqueremi,
- 5 triremi
- 2 quadriremi,
anche se quelle in pieno assetto da guerra, complete quindi di rematori, erano solo 32 quinqueremi e le 5 triremi.

Senza più alleati in tutta la Grecia, e con tale presenza in Spagna, ma avendo sventato il possibile aiuto di Filippo ad Annibale, i Romani firmarono la pace a Fenice, nel 205 a.c., ponendo in questo modo fine alla I Guerra Macedonica.

Questo trattato menzionava tra gli alleati di Roma: Pergamo, Pleurato di Tracia, gli Elei e i Messeni, a cui vanno aggiunte secondo gli annalisti romani anche Sparta, Atene e Ilio. Filippo conservava in Illiria solo l'Atintania. Alla fine del 205, un'ambasceria romana giunta a Pergamo, ottenne in dono un idolo, simbolo della Grande Madre, che legava così Roma a Pergamo attraverso la leggenda delle origini troiane.



BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - XXI-XXX -
- Appiano di Alessandria - Historia Romana - VII e VIII -
- Cornelio Nepote - De viris illustribus -
- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita - III -
- Polibio - Storie - VII -
- Strabone, Geografia, V.
- Howard H.Scullard, - Storia del mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla distruzione di Cartagine - vol.I - Milano - BUR - 1992 -
- F. W. Walbank - Philip V of Macedon - 1940 -



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