QUINTO REMMIO PALEMONE - Q. REMNIUS PALAEMON



REMNIUS PALAEMON

Nome: Quintus Remnius Palaemon
Nascita: Vicenza, 5 circa
Morte: 65
Professione: Grammatico romano
Condizione: Schiavo e poi liberto

Palemone nacque schiavo, è noto soprattutto per gli aneddoti dedicatigli da Svetonio nella sezione del suo "De gramaticis et rhetoribus", in cui descrisse ampiamente il grande successo che l'ex schiavo raggiunse sotto i Giulio-Claudi nonchè alcuni suoi giudizi sprezzanti su colleghi ormai classici come Varrone, forse una rivalsa alla sua precedente umile condizione che gli aveva fatto subire ingiustamente il disprezzo di molti. 

Da alcuni contemporanei venne criticato per i suoi vizi e la sua arroganza, ma non sappiamo se questa visione potesse riguardare il fatto che un uomo di così umili origini fosse diventato tanto ricco e famoso. Gli aristocratici romani non vedevano di buon occhio tante ricchezze e tanta fama in un umile liberto.

Fu un illustre grammatico sotto la dinastia Giulia, nonchè maestro del poeta satirico Aulo Persio Flacco e del grammatico Marco Flavio Quintiliano. Pur essendo schiavo venne liberato (manomesso) come riconoscimento al suo valore di studioso fino a raggiungere poi una grande reputazione a Roma con il suo insegnamento della grammatica. 

Egli sostituì largamente gli scrittori arcaici classici, preparando così l'avvento del classicismo sotto il dominio dei Flavi. Palemone nei suoi lavori trattò sia la morfologia che la sintassi romana, rimanendo nella tradizione scolastica fino a oggi. 

PERSIO FLACCO

LE OPERE

Scrisse "L'Ars", ovvero l'Arte Grammatica, basata sullo studio degli autori riconosciuti dalla scuola, un trattato su vari argomenti grammaticali che in parte era riferito alle teorie di Dionisio Trace, in parte invece seguiva una tradizione stoico-romana preesistente. Purtroppo il testo è andato perduto, ma è stato più o meno ricostruito dalle testimonianze dei grammatici posteriori e di Flavio Sosipatro Carisio, grammatico e politico romano. 

Nell'arte del disegno s'appoggiò al tipo già esistente dell'ars romana, ma la riformò colmandola di spiriti e di contenuti: non più un'orientazione stoica ma alessandrina, sulle orme di Dionisio Trace, un noto grammatico alessandrino di origine tracia. 

Palemone seguiva dunque la dottrina degli alessandrini, soprattutto di Dionisio Trace, per cui l'alfabeto era composto da 23 lettere: 5 vocales, 7 semivocales, 9 mutae più le due greche y e z. Suddivise inoltre i verbi in quattro declinazioni (ordines declinationis), in base alla vocale della seconda persona singolare.

Da lui proviene anche la suddivisione dei verbi in quattro declinazioni, "ordines declinationis", in base alla vocale della seconda persona singolare. Inoltre introdusse nella scuola la lettura ed il commento alle opere di Virgilio.

LA VIGNA

LA VIGNA DI PALEMONE

Plinio il Vecchio racconta di una vigna meravigliosa di proprietà del grammatico Quinto Remmio Palemone, un ex-schiavo che non solo si era affrancato, ma era diventato ricco e celebre. Questi, nel periodo di Nerone (55 o 57 d.c.), acquistò un terreno incolto nell'Ager Nomentanus, al decimo miglio
fuori Roma, di poco meno di 60 jugeri (circa 15 ettari). 

La zona era considerata fra le più rinomate per il vino, dopo "area del Falerno. Plinio racconta che
Palemone aveva acquistato quel terreno per poco, anche se poi aveva dovuto investire diverso denaro per l'impianto del vigneto, che era un'operazione molto costosa, oggi come allora. In totale aveva speso seicentomila sesterzi.

Aveva dato l'appalto dei lavori (lo scasso, la realizzazione della vigna e poi anche la sua gestione) al viticoltore suo vicino, tale Acilio Sthenelo, anche lui un liberto. Plinio ci fa sapere che questi era un vignaiolo di provata capacità e che era stato proprio lui a consigliare Palemone in tutto questo affare. 

Dando in appalto il grosso dei lavoro, Palemone teneva pochissimi operai e vendeva l'uva in pianta. Chiaramente il grammatico era un imprenditore che voleva trarre il massimo profitto dalla sua vigna col minimo delle spese. Plinio stesso sottolinea che Palemone non era stato spinto dall'amore della viticoltura in tutto questo, ma dalla sua enorme e ben nota vanità. 

Forse Plinio é sferzante anche per problemi di classe. A Roma uno schiavo poteva anche ascendere socialmente ma si portava dietro tutta la vita il marchio delle sue origini. Plinio scrive che, nell'ottavo anno, il grammatico arrivò a guadagnare 400.000 sesterzi dalla vendita dell'uva, 2/3 di quanto aveva pagato l'intero vigneto. Plinio lo paragona agli utili che si ricavavano dal commercio con le Indie.

Anche Svetonio racconta della vigna meravigliosa (in De Grammaticis et rhetoribus) e narra che un ceppo di queste viti arrivava a dare ben 360 grappoli. forse un'iperbole per rimarcare l'eccellenza della vigna. Ad ogni modo, la vigna era diventata ormai molto famosa. A1 decimo anno Seneca volle acquistarla a tutti i costi, anche se dovette are affari con un personaggio che disprezzava. 

Plinio ci fa sapere che egli la comperò per quattro volte il prezzo pagato inizialmente da Palemone (due milioni e quattrocentomila sesterzi), evidentemente solo per motivi di prestigio, ma non continuò con la vendita dell'uva, ma vi produsse direttamente il vino.


BIBLIO

- A. Beltrami, Marco Fabio Quintiliano, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1935 -
- G. Funaioli - Quinto Remmio Palemone -  Enciclopedia Italiana - Roma - Istituto della Enciclopedia Italiana - 1935 -
- G. Pennisi - Per una ricostruzione dell'Ars Grammatica di Palemone - in "Helikon" - 1961 -
- I frammenti in Grammaticae Romanae Fragmenta Aetatis Caesareae - ed. A. Mazzarino - Roma - Loescher - 1955 -
- Grammaticae Romanae Fragmenta Aetatis Caesareae - ed. A. Mazzarino - Roma - Loescher -1955 -


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