OBELISCO DI MONTECITORIO




"L'obelisco che si vede nel mezzo della piazza (di Montecirorio) è quello stesso che Augusto fece trasportare dall'Egitto, ed eriggere per servire di gnomone ad una meridiana nel Campo Marzo; al qual'uso però non giunse a ben corrispondere che per soli trent'anni appena, come Plinio racconta. 

Fin dal tempo di Giulio II fu trovato giacente non lungi da molti frammenti della Meridiana in una qui vicina contrada che dicesi largo dell'impresa: e Sisto V fu dissuaso dall'innalzarlo perchè troppo vedevasi maltrattato. 

Benedetto XIV però lo fece estrarre di colaggiù, e vi pose una lapide di memoria: Pio VI finalmente nell'anno 1789, lo fece ristaurare, ed innalzare nel luogo ove noi lo veggiamo con l'opera di Giovanni Antinori. 

Esso è di granito rosso con geroglifici ed è alto palmi 98.

Il piedistallo pur di granito ne ha 19 di altezza, e su di esso leggesi la dedica di Augusto al sole: lo zoccolo di marmo bianco ne ha 13 e mezzo. In cima, com'ebbe anticamente, è una palla effigiata dell'arme gentizilia di Papa Pio VI, la quale lascia passar per un foro lo spiraglio del sole sul mezzo giorno."

(Roberto Lanciani)


PIAZZA DI MONTE CITORIO

- Ivi sorge l'obelisco solare innalzato in Eliopoli da Psammetico re di Egitto, e quì trasportato dall'imperatore Cesare Augusto. Esso è di granito rosso con geroglifici, alto palmi 98 e mezzo senza il piedistallo: posa sopra doppio zoccolo di marmo bianco alto palmi 8 once 10. Il monticello su cui trovasi questa bella e spaziosa piazza è formato dalle ruine dell'anfiteatro di Statilio Tauro. Il gran palazzo  nominato Innocenziano, edificato nel 1650 sopra gli avanzi del suddetto anfiteatro, contiene i tribunali civili e criminali e vi risiede il ministero dell'interno, con i suoi subalterni dicasteri. -

Il nome “obelisco” deriva dalla parola greca obeliskos, letteralmente “spiedino”, proprio in riferimento alla forma allungata e sottile.

Gli antichi Egizi lo chiamavano tekhenu, termine di origine etimo-logica incerta, o anche iunu già usato prima della comparsa degli obelischi per indicare più genericamente il “pilastro”

Davanti a Palazzo Montecitorio, nella zona tra l'attuale piazza di Montecitorio e piazza di S. Lorenzo in Lucina, si erge l'obelisco di Psammetico II (594-589 a.c.), che vi è raffigurato con l'aspetto di una sfinge sdraiata.

Accanto degli scarabei alati che reggono il disco solare. L'obelisco è alto 21,79 metri, in granito, proveniente da Eliopoli, eretto per commemorare le vittorie del faraone sugli Etiopi.

Come ci narra Plinio, insieme all’obelisco eretto nel 10 a.c. nel Circo Massimo per commemorare la conquista dell’Egitto, Augusto ne fece trasportare un altro, più piccolo, facendolo erigere nel Campo Marzio (dove fu rinvenuto in pezzi nel 1748) utilizzandolo come gnomone, cioè come braccio indicatore di un grande orologio solare, la meridiana di Augusto.

Questa aveva l'enorme dimensione di 180 m di lunghezza e 30 di larghezza e consisteva in una vasta platea lastricata in marmo sulla quale linee e lettere di bronzo dorato (ciascuna lunga 3 m) indicavano la durata delle notti e dei giorni.

L'obelisco proveniva da Eliopoli dove fu innalzato nel VI sec. a.c. sotto il regno di Psammetico II (595-589 a.c.), che vi è raffigurato come una sfinge sdraiata, e i cui geroglifici osannano le glorie del faraone. Esso venne edificato in granito rosa, è alto 21 m, e presenta su due facciate delle iscrizioni che enunciano l'interpretazione dei fenomeni naturali secondo la scienza egiziana.

Sulla base Augusto fece incidere un’iscrizione di 7 righe ripetute esattamente sulla facciata opposta, che ricordano la conquista dell’Egitto e contengono una nuova dedica al Sole. Si dice anche che nella palla dorata posta sulla guglia furono poste le ceneri dell’imperatore Ottaviano Augusto.

Secondo quanto scrisse Plinio, Augusto volle che questo obelisco captasse l’ombra solare per indicare la lunghezza dei giorni e delle notti: il matematico Facondo Novio pose in cima all’obelisco una sfera dorata che aveva il compito di “raccogliere l’ombra del sole su di sé, altrimenti la punta dell’obelisco l’avrebbe largamente diffusa”.

Crollò verso il IX secolo in seguito ad un incendio e giacque sepolto per molti secoli, dimenticato da tutti, anche perché come orologio solare aveva funzionato solo per 30 anni, come ci racconta Plinio, che attribuiva la causa del guasto o allo spostamento del terreno in seguito ad un terremoto o al mutato corso del sole oppure allo spostamento della terra dal suo asse.



IL RITROVAMENTO

Quando fu ritrovato nel Settecento, sotto Benedetto XIV,  Lambertini, era in cinque pezzi e “abbrugiato” dal fuoco, ragioni che avevano fatto desistere Sisto V dall’impresa di riportarlo alla luce, nella cantina di una casa in Campo Marzio.
Si disputò in merito se fosse stato "una specie di horiuolo o uno gnomone che permettesse ai Romani di controllare che d’inverno le ombre erano più lunghe, e quindi più brevi di quelle dell’estate."

L'obelisco, scoperto nel 1748, giaceva sotto le fondamenta della Casa degli Agostiniani di S.Maria del Popolo, dove un'iscrizione, su una grande targa marmorea posta sopra il portone di accesso, ne ricorda ancora l'avvenimento:

"BENEDICTUS XIV PONT MAX OBELISCUM HIEROGLYPHICIS NOTIS ELEGANTER INSCULPTUM ÆGYPTO IN POTESTATEM POPULI ROMANI REDACTA AB IMP CÆSARE AUGUSTO ROMAM ADVECTUM ET STRATO LAPIDE REGULISQUE EX ÆRE INCLUSIS AD DEPREHENDENDAS SOLIS UMBRAS DIERUMQUE AC NOCTIUM MAGNITUDINEM IN CAMPO MARTIO ERECTUM ET SOLI DICATUM TEMPORIS ET BARBAROR(UM) INJURIA CONFRACTU(M) JACENTEMQ(UE) TERRA AC ÆDIFICIIS OBRUTUM MAGNA IMPENSA ATQUE ARTIFICIO ERUIT PUBLICOQ(UE) REI LITERARIÆ BONO PROPRINQUU(M) IN LOCU(M) TRANSTULIT ET NE ANTIQUÆ SEDIS OBELISCI MEMORIA VETUSTATE EXOLESCERET MONUMENTUM PONI JUSSIT ANNO REP SAL MDCCXLVIII PONTIF IX".

Ovvero:
"Benedetto XIV Pontefice Maximo, l'obelisco elegantemente inciso con geroglifici, portato a Roma dall'imperatore Cesare Augusto, dopo che l'Egitto fu ridotto in potere del Popolo Romano, eretto nel Campo Marzio e dedicato al Sole su un pavimento marmoreo con indicazioni in rame per segnare le ombre del Sole e la durata dei giorni e delle notti, spezzato e giacente per le ingiurie del tempo e dei barbari, ricoperto di terra e dagli edifici, dissotterrò con grande spesa e maestria e per il bene pubblico della cultura lo trasferì in un luogo vicino ed affinché con il tempo non si perdesse la memoria dell'antica sede dell'obelisco, ordinò di porre questa lapide, nell'anno di recuperata salvezza 1748, nono del suo pontificato".

L’impresa di portarlo alla luce fu affidata a Nicola Zagaglia “uomo estremamente rozzo in quanto non aveva tintura alcuna di lettere”, ma “pur privo di qualunque cognizione scientifica, digiuno dei primi elementi di leggere e scrivere, fu dotato dalla natura di meraviglioso talento per le opere manuali meccaniche”.

Egli dal maggio all’agosto del 1748 con “facilità meravigliosa” portò alla luce i frammenti dell’obelisco che per il momento furono allineati nel cortile del Palazzo del Lotto.

Quaranta anni dopo fu eretto sulla Piazza di Montecitorio, con lavori che procedettero tra il 1789 ed il 1792,,  per opera dell'architetto Giovanni Antinori che lo restaurò con il granito rosso prelevato dai frammenti della colonna Antonina (sig!).

Il Papa volle che fosse posto sulla cuspide un globo in bronzo a somiglianza di quello postovi da Augusto, affinchè quando scocca mezzogiorno un raggio di sole attraversi il foro inclinato e illumini in terra il Mezzodì.

Venne ripristinata anche la sua originale funzione di gnomone e sul selciato vennero predisposte una serie di selci-guida: sul culmine dell'obelisco fu posto un globo di bronzo (copia dell'originale) con una fessura attraverso la quale, a mezzogiorno, i passanti raggi solari avrebbero indicato le ore sul selciato. Purtroppo non si riuscì a renderlo funzionante (come, d'altronde, quello antico) ed è rimasto solo un bel monumento. Ma il mezzogiorno lo segna ancora.

Dopo il 1870 la Casa degli Agostiniani di S.Maria del Popolo fu espropriata dallo Stato Italiano e venduta.



LA MERIDIANA DI AUGUSTO

“ Il divo Augusto attribuì una mirabile funzione all’obelisco che è nel Campo Marzio, cioè quella di catturare l’ombra del sole e di determinare la lunghezza dei giorni e delle notti. Realizzò di conseguenza un pavimento di lastre di ampiezza proporzionale all’altezza dell’obelisco in modo che l’ombra fosse pari a questo lastricato alla sesta ora (mezzogiorno) del solstizio d’inverno e, a poco a poco giorno dopo giorno, diminuisse e poi aumentasse di nuovo, indicata da regole di bronzo inserite nel pavimento. 

Fatto degno di essere conosciuto, l’opera dell’astronomo Facondo Novio. Costui aggiunse al culmine dell’obelisco un globo dorato, sulla cui sommità l’ombra si raccoglie in se stessa, in modo da evitare che l’apice proietti un’ombra troppo grande: prendendo in questa ispirazione, a quanto si dice, dalla testa umana. 

L’orologio ormai non funziona più da quasi trent’anni, sia che il sole abbia cambiato corso per qualche legge celeste, sia che la terra intera si sia alquanto spostata dal suo centro, sia che lo gnonome (obelisco), in seguito a terremoti, si sia piegato, oppure che le inondazioni del Tevere abbiano provocato un cedimento alle fondazioni, benché si affermi che queste furono costruite per una profondità adeguata al peso sovrapposto “ 

(Plinio il Vecchio XXXVI, 72)

Con queste parole l’autore antico, che non poteva conoscere i restauri successivi di Domiziano, descrive l’Horologium Augusti, fatto costruire da questo imperatore creando una piazza lastricata di travertino lunga 160 m e larga 75, al centro della quale, su un basamento dedicato al sole, era eretto a mo di asta indicatrice l’obelisco di Psammetico (594-588 a.c.), condotto a Roma dall’Egitto nel 10 a.c.

In tempi diversi, scavi fortuiti hanno individuato i resti di questo grande monumento ed i frammenti restaurati dell’obelisco vennero innalzati nel 1972 in piazza Montecitorio. Soltanto nel 1979 attraverso intelligenti ricerche condotte nell’area, si scoprì un ampio tratto della pavimentazione con linee ed iscrizioni in bronzo. Questi avanzi apparterrebbero ai restauri domizianei, che previdero il rialzo del piano della piazza per circa un metro e mezzo.

BIBLIO

- Plinio il Vecchio XXXVI - 72 -
- Rodolfo Lanciani - Rovine e scavi di Roma antica - Roma - Quasar - 1897 -
- Rodolfo Lanciani - Roma pagana e cristiana: la trasformazione della città attraverso i secoli, dai templi alle chiese, dai mausolei alle tombe dei primi papi - Roma - Newton & Compton - 2004 -
- Armin Wirsching - Obelisken transportieren und aufrichten in Aegypten und in Rom - Norderstedt III ed. 2013 -
- Cesare D'Onofrio - Gli obelischi di Roma - Bulzoni - 1967 -
- Erik Iversen - Obeliscs in exile - Vol. I - Copenaghen - 1968 -




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