JERASH - GERASA (Giordania)




Qui sopra l’Arco di Adriano edificato nel 129 d.c. in onore dell’imperatore Adriano, un arco di trionfo in onore della visita dell'imperatore nella città. La visita di un imperatore romano in genere era di grande beneficio perchè egli osservava e comandava i nuovi edifici monumentali che faceva costruire nella città per aumentarne la bellezza, gli agi e lo sviluppo economico. Il Monumento, di splendida fattura, è un po' il simbolo di Jerash ed essendo stato eseguito in pietra locale, è interamente di colore ocra.

Jerash, ovvero Gerasa, ovvero l'antica Antiochia di Giordania (c'è un'Antiochia anche in Siria) che si trova a circa 60 km da Amman, che in linguaggio semitico si chiama Garshu, è la capitale dell'omonima regione giordana, collocata nel nord del paese, a circa trenta Km dalla capitale Amman. La città, definita "la Pompèi dellì'Asia", è situata sulle rive del fiume Wadi Jerash, che fa parte del bacino idrografico del Giordano che rende fertile il terreno agricolo circostante.

Con un'altitudine di 1640 piedi (500 m) godeva di un'accellente visuale dei territori vicini, il che era ottimo per la difesa e per il clima che proprio grazie all'altezza diviene temperato e non torrido come in altri territori non lontani.

RICOSTRUZIONE DI JERASH
Essa sorse nel III millennio e come molte città sorte sul Giordano, grazie alla presenza del fiume Wadi Jerash, da cui prende il nome, già nel Neolitico il centro era abitato e d'altronde i resti che affiorano oggi dai siti archeologici appartengono ad un ventaglio storico che va dall'età del bronzo a quella romana.  

L’antica città di Jerash è stata abitata ininterrottamente da oltre 6.500 anni. La città visse il suo massimo splendore sotto il dominio dei Romani e oggi è una delle città di epoca romana meglio conservate al mondo.

Sepolta per secoli sotto la sabbia, prima di essere riscoperta e restaurata negli ultimi 70 anni, l’antica Gerasa costituisce una splendida testimonianza della grandezza e delle caratteristiche dell’opera di urbanizzazione condotta dai Romani nelle provincie dell’impero in Medio Oriente: strade lastricate, colonnati, templi in cima ad alture, meravigliosi teatri, spaziose piazze pubbliche, bagni termali, fontane e mura interrotte da torri e porte cittadine.



LA MAPPA ANTICA

Vi si notano:
- il cardo e il decumano con le 4 porte che sfociano nelle mura,
- il gigantesco Tempio di Artemisia con accanto il Ninfeo,
- il Forum accanto al Tempio di Zeus
- un propileo e die tetrapropilei,
- teatro nord e teatro sud,
- macellum e terme,
- ben otto chiese,
- fuori delle mura l'ippodromo e l'arco di Adriano.



LA STORIA

- Gerasa venne distrutta anticamente dagli egiziani ma fu ricostruita nel XVIII sec. a.c. e visse un lungo periodo di pace senza esercito fino al X sec. a.c. quando vi si stabilirono i regni di Edom, Moab, Ammon e Israele. 

- Il primo insediamento importante avvenne ad opera di Alessandro Magno nel 332 a.c., e la gente si trasferì volentieri in città sentendosi protetta dal potere di Alessandro.


La Decapolis

Nel III seca.c. Alessandro unì dieci città della fertile valle giordanafondando la Decapolis ("le dieci città"; deka-polis) collocata sulla frontiera est dell'Impero romano in Giordania, Israele e Siria. Le dieci città non erano una lega ufficiale ma erano unite dalla lingua, dalla cultura, dalla locazione e dallo stato sociale, rinunciando per questo a una certa autonomia.

Secondo le fonti, ci sarebbero state in realtà 18 o 19 città Greco-Romane annoverate come parte della Decapolis. Eccetto Damascus, le città della Decapolis furono fondate durante il periodo ellenistico, tra la morte di Alessandro il Grande nel 323 a.c. e la conquista romana della Coele-Syria, incluso la Judea nel 63 a.c..




Le città della Decapoli erano centri di cultura greca e romana in una regione che era invece semitica (nabatea, arameoe Giudea).

Conosciamo i nomi delle 10 città dalla Storia Romana di Plinio il Vecchio ed erano:

-  Gerasa (Jerash) in Jordan (Giordania),
-  Scythopolis (Beth-Shean) in Israel, l'unica città a ovest del fiume giordano,
-  Hippos (Hippus o Sussita) in Israel,
-  Gadara (Umm Qais) in Jordan,
-  Pella (West of Irbid) in Jordan,
-  Philadelphia, (oggi Amman) Amman,
-  Beit Ras, la capitale della Jordan Capitolias,
-  Canatha (Qanawat) in Syria,
-  Raphana in Jordan Damascus, la capitale della moderna Syria,
-  Damascus era molto più a nord delle altre città, e forse ne era soprattutto un membro "onorario".

L'ARCO DI ADRIANO
- Un'iscrizione romana accenna a una statua di Perdicca nel sito. Questo generale divenne reggente dell'impero dopo la morte di Alessandro nel 323 e fu assassinato tre anni dopo. Perdicca, al seguito di Alessandro durante tutta la spedizione asiatica,  ricevuto l'anello da Alessandro in punto di morte, di cui avrebbe dovuto sposare la sorella, Cleopatra, doveva essere il suo successore, ma i generali riunitisi in assemblea indicarono altri successori al trono.

- La città venne rifondata successivamente alla morte di Alessandro Magno (356 a.c. – 323 a.c.),con il nome di Antiochia sul Fiume d’Oro, una notevole città importante di cultura greca, capitale e più grande città del Governatorato di Jerash, Giordania.

- In seguito alla spartizione di Babilonia, a Perdicca fu assegnata la reggenza dell'impero macedone e il comando supremo dell'esercito in Asia; Perdicca divise le province più importanti fra i generali, ma entrato in Egitto nel 321 a.c. fu ucciso dai suoi stessi ufficiali. Dopo di lui l'unità dell'impero di Alessandro fu definitivamente spezzata ed ebbero così inizio i regni ellenistici.

- Venne governata così dal re seleucidico Antioco (324 a.c. – 261 a.c.), da cui l’altro nome di Antiochia al Crisorroa, da Antioco e dal fiume che la traversava. Si susseguirono così i regni dei seleucidi, tra cui Antioco III, un re seleucide che sconfisse i Tolomei a Banias nel 198 a.c, conquistò la città che venne ribattezzata Antiochia sul Chrysorhoas. Resti al periodo ellenistico sono scarsi, però in epoca romana è attestato da epigrafi e monete il nome di Antiochia.

TETRAPYLON SETTENTRIONALE
- Secondo alcuni la Giudea si stabilì durante la dinastia tolemaica che ebbe un ruolo in Giudea fino al 198 a.c.. Per altri si stabilirono sotto la dinastia dei Seleucidi. La Decapolis era una regione dove interagirono due culture: quella dei colonisti greci e quella dei semiti indigeni, con alcuni conflitti. I greci erano scioccati dalla pratica semitica della circoncisione, mentre i semiti dissentivano sulla natura dominante e assimilativa della civiltà ellenica.

Le città agirono infatti come centri per la diffusione della cultura greca. Alcune divinità locali cominciarono ad essere chiamate con il nome di Zeus, mentre in alcune città i greci hanno cominciato ad adorare queste divinità locali insieme a quella di Zeus Olimpio. 

Ci sono prove che i coloni adottassero però il culto di altre divinità semitiche, tra cui le divinità fenicia Dussehra (venerata sotto il suo nome ellenizzato, Dusares). Il culto di queste divinità semitiche è attestata in monete e iscrizioni dalle città.

- Venne conquistata dal pazzo e crudele Alessandro Ianneo (103 - 76 a.c.) re della Giudea, nell'84 a.c., che, pur essendo di cultura greca, obbligò tutti i sudditi sia greci che siriaci, alla conversione all'ebraismo, finchè non venne sconfitto da Aulo Gabinio, governatore romano della Siria.

RICOSTRUZIONE DEL CARDO MAXIMUS
- Si mantenne di profilo greco fino al 63 a.c., ma Gerasa divenne veramente importante solo con l'avvento dei Romani. A seguito della conquista della regione operata da Pompeo, nel 64 a.c., Gerasa fu infatti annessa, da parte della Repubblica romana, alla provincia di Siria. La pianta greca a raggiera venne pertanto eliminata e la città ricostruita secondo lo schema romano, vale a dire sulla scacchiera ricavata dall'intersecarsi a 90 ° del cardo e del decumano, dai quali si dipartivano le vie secondarie.

Il termine "Decapoli" tuttavia, è principalmente associato con il periodo dopo la conquista romana. Gli abitanti delle città della Decapoli accolsero Pompeo come un liberatore dal regno degli Asmonei ebrei che avevano governato gran parte della zona.
Per secoli le città basarono il loro calendario su questa conquista: il 63 a.c fu l'anno epocale dell'era pompeiana, utilizzato per contare gli anni in tutto il periodo romano e bizantino. E 'da questo momento che gli storici identificano la regione e le città con il termine "Decapoli".

Nel corso dei due secoli successivi, Gerasa strinse rapporti commerciali coi Nabatei e grazie ai profitti del commercio e alle ricchezze dell'agricoltura, la città divenne ricca e fiorente. Nel I sec. d.c., la città venne ridisegnata e assunse il classico aspetto del modello romano: una strada colonnata principale in direzione nord-sud (cardo massimo) intersecata da due strade orientate in direzione est-ovest (decumani).

TETRAPYLON DEL SUD

LE PROVINCE ROMANE DI SYRIA, PALESTINA E ARABIA

Il termine "Decapolis" cadde in uso quando l'imperatore Traiano annettè la provincia di Arabia all'impero romano nel II sec. La nuova provincia era a est della Palestina, cosicchè la Decapolis non era lontana dalla linea culturale Greco-Romana. Inoltre, le città vennero raggruppate in differenti province romane: Syria, Palestina Secunda, e Arabia.

Lo storico Giuseppe Flavio (Guerre degli Ebrei 4,1) fa riferimento a Gerasa dalla fine del II o all'inizio del I secolo a.c., osservando (Guerre 4.1.8) che Alessandro Ianneo prese Jerash con la forza al fine di ottenere il tesoro di Teodoro, il sovrano di Filadelfia (Amman), che l'aveva conservato in città, forse nel Tempio di Zeus.

106 d.c. - Traiano annettè il ricco regno nabateo e formò la provincia d'Arabia che portò maggiore ricchezza commerciale a Gerasa anche se a costo della maggior parte della sua autonomia. Molti edifici furono abbattuti per essere sostituiti da altri ancora più imponenti.

129 d.c. - L'imperatore Adriano visitò la città e, in onore di questa visita, la città gli eresse un monumentale arco trionfale a sud della città. Come una delle sue città favorite, fiorì sia economicamente che socialmente. Nel 130 d.c. - La città era abitata da circa 20 000 abitanti.

160 d.c. - Jerash divenne invece parte della provincia di Arabia, e infine della Palaestina Secunda,fiorendo particolarmente tra la seconda metà del I e il II secolo.

III sec. d.c. - Lo schema urbanistico della città è quello classico dell'epoca e dal punto di vista architettonico è tipico del periodo di Adriano e Traiano. La città raggiunse il suo apice all'inizio del III secolo, quando a Gerasa fu conferito il titolo di colonia.

300 d.c. - Dopo la distruzione di Palmira, nel 273, e col contemporaneo decadimento delle vie carovaniere, a causa dello sviluppo del commercio marittimo, iniziò una lenta decadenza, che ebbe tuttavia una ripresa durante il governo di Diocleziano, verso il 300 d.c., che continuò sino alla metà del V secolo.
FONTANA DEL CARDO MASSIMO
VI sec.  - Divenuto il cristianesimo la religione principale dell'impero si ebbe, nei primi anni dell'era cristiana,  una nuova ripresa, con la costruzione di edifici religiosi. Sotto l'imperatore bizantino, Giustiniano (527-565) furono erette infatti sette chiese, purtroppo con la demolizione degli spendidi monumenti romani, e usando le pietre provenienti dai templi e santuari già distrutti.

VII sec.  - L'invasione dei sasanidi provenienti dalla Persia, nel 614, e la conquista araba, del 636, accentuarono la ripresa della decadenza, e poi il devastante terremoto del 747, determinò il declino definitivo di Gerasa, la cui popolazione si ridusse ad un quarto di quella originaria.

VIII sec. - Diventò però un'importante fortezza e nell’VIII sec. divenne sede vescovile.

IX sec. - Gli elementi più importanti di Jerash si sono conservati grazie anche alla sensibilità di una comunità di circassi che quando, alla fine dell’800, arrivò qui, in fuga dalla Russia zarista, lasciò intatta la città romana, andando a prendere altrove la pietra calcarea per costruire il proprio villaggio e ripopolare la zona.

XII sec. - Decadde con l’occupazione araba, e fu rasa al suolo nel 1121 dai Crociati di Baldovino II che ne uccisero praticamente tutti gli abitanti.

TETRAPILON DEL NORD

LA DECAPOLIS ROMANA

I romani incoraggiarono la crescita della decapolis, una specie di "federazione" o "lega" concedendo una certa autonomia politica sotto la sfera protettiva di Roma. Ogni città era una città-stato, con giurisdizione anche sulle campagne vicine e coniava le proprie monete, che sottolineavano la condizione "libera," "sovrana," o "sacra" della città.

Ciò che i romani imposero fu il loro stampo culturale, con le fisionomie urbane caratteristiche di Roma. Così fecero ricostruire le città su un ordine basato su cardo e decumano, arricchendo i centri con templi romani ma lasciando alle città le loro divinità precedenti.

Anzi ricostruirono e arricchirono i loro templi, ma quando c'era somiglianza tra la divinità locale e quella romana, il tempio veniva dedicato con doppio nome. In più istituirono il culto imperiale. Peraltro abbellirono le città con splendidi edifici pubblici, con ninfei, porticati, giardini e statue, inoltre adottarono il calendario romano a partire dalla occupazione di Pompeo.

Una piccola costruzione molto comune in Siria, costruita da un ambiente cubico ricoperto da una cupola emisferica che conteneva l’immagine del Dio di cui era considerata dimora, e chiamata Kalybe, era unica della regione. I romani la considerarono una Casa Romuli per cui le lasciarono intatte. Costruirono inoltre strade e ponti che garantirono il fiorire dei commerci.

IL CARDO MAXIMUS

IL CARDO MASSIMO

E' una via colonnata, con basamenti e capitelli più o meno ben conservati, unitamente a qualche architrave, tutto in pietra calcarea locale, da cui svoltando si può raggiungere la piazza ovale. Essa costituisce il cardo massimo, che andrà a incrociare il decumano massimo secondo l'urbanistica romana usata in tutto l'impero.

Il cardo massimo dunque, è una grande strada colonnata che è la via principale della città, lunga 800 metri, dal foro ovale alla porta nord, e conserva ancora la pavimentazione originale, costituta da lastre di pietra di ottima qualità, in cui si vedono ancora i solchi dei carri e gli scoli dell'acqua.

Le 500 colonne ai lati della strada, uno spettacolo da mozzare il fiato, e che sono state restaurate negli anni 60 del secolo scorso, avevano altezze diverse per adattarsi alle facciate dei palazzi che sorgevano alle loro spalle.

FOGNATURE
Almeno così è scritto nelle guide, anche se dalle foto questa differenza non si individua. La strada presenta una leggera baulatura (profilo a "schiena d'asino") per facilitare il deflusso delle acque. Inoltre ai lati della strada, lungo il marciapiede, erano presenti piccoli canali di drenaggio  posizionati ad intervalli regolari.

In primo piano qui sotto è evidenziata una fila di lastre aventi forma e dimensioni diverse, probabilmente a segnalare una sorta di attraversamento pedonale. Questo unitamente alla presenza del marciapiede fa pensare che il cardo massimo fosse decisamente molto trafficato. Nei due punti dove il cardo incrociava i decumani (sud e nord) vennero costruiti altrettanti tetrapyla.

Quello meridionale era formato da quattro basamenti che sorreggevano, ciascuno, quattro colonne, sormontate da un piano con sopra una statua (oggi si vedono le basi mentre le colonne sono in fase di restaurazione). Il tetrapylon settentrionale invece, che ha l'aspetto di un arco è stato restaurato, nel 2000,  era dedicato alla moglie dell'imperatore Settimio Severo.

LA PORTA DI PHILADELPHIA A SUD
Il viale inquadra l’Arco di Adriano, anche se non con molta precisione, tanto è vero che talvolta sia le pietre che le colonne sembrano avere leggere deviazioni per poi tornare all'Arco sul fondo.
Evidentemente le maestranze erano locali e non brillanti come quelle delle legioni romane che eseguivano qualsiasi lavoro di edilizia con grande ingegno e con grande precisione.

Le sue più importanti porte di accesso alla città erano: la Porta di Philadelphia a sud (verso Amman) e la Porta di Damasco a nord. In tutto le porte erano quattro.

La Porta Sud faceva da ingresso ai viaggiatori che arrivavano da Philadelphia (Amman). Le mura rimaste accanto alla Porta risalgono agli anni 60 - 70 d.c., costruite in difesa della città quando questa venne adattata adattata al sistema urbanistico romano. La parte di mura attualmente visibili risale al IV secolo, appunto di successive ristrutturazioni.

Come l'Arco di Adriano, la Porta Sud presenta una decorazione di foglie d'acanto, con scanalature e nicchie. Da qui si accedeva al nucleo monumentale di Gerasa, agli edifici di culto e a quelli istituzionali. La zona residenziale era collocata dove ora si estende purtroppo la città moderna.

Un’ulteriore evoluzione si ebbe nel 313 d.c. a seguito del riconoscimento della religione cristiana come ufficiale, fatto che diede il via alla costruzione di numerose chiese.

FONTANA SUL CARDUS MAXIMUS

In questo periodo Jerash è una città ricca, un crocevia di commerci e culture provenienti dalle zone dell’Iraq, dell’Arabia Saudita e da tutto il Medio Oriente, pervasa da un clima di pacifica convivenza come dimostrano le testimonianze dell’esistenza di almeno venti chiese sul suo territorio.

Nel 1747 infatti un terribile terremoto si abbatte sulla città radendola quasi completamente al suolo e lasciando i pochi abitanti sopravvissuti incapaci di porre rimedio a questa catastrofe. Il declino di Jerash fu inevitabile e la città venne dimenticata nei secoli, fino al 1900, anno della sua ‘riscoperta’.

Per l’esattezza una piccola parte di Jerash era scampata al cataclisma, ma rappresentava il passato e il ricordo di una città ormai scomparsa. La nuova Jerash crebbe a pochi chilometri di distanza ed è oggi visibile dal sito archeologico.

Restano imponenti rovine risalenti alla sistematizzazione dell’impianto urbano del I e II sec.:
- una grande piazza ovale circondata da portici,
- un grande ninfeo,
- i propilei del santuario di Artemide, ottimamente conservato,
- un arco onorario,
- un ampio ippodromo,
- due teatri (sopra il più grande dei quali sorgeva il santuario di Zeus),
- due tetrapili,
- terme
- altri templi.



LE MURA

 Le mura furono costruite in epoca romana, ma con l'espandersi della città il perimetro venne ampliato più volte nei secoli successivi. Gran parte di ciò che rimane oggi delle mura e delle torri di guardia, circa 3,5 Km spesse tre metri, sono del periodo bizantino.

ARCO DI ADRIANO

ARCO DI ADRIANO

Entrando da sud dalla strada proveniente da Amman, a 250 m prima delle mura, l'arco di trionfo ha dimensioni imponenti: 37 m di larghezza e 13 m di altezza. Fu eretto in onore dell'imperatore Adriano in visita alla città durante l'inverno del 129-130 d.c.

La struttura, di enormi dimensioni, avrebbe dovuto costituire la porta principale di accesso alla città di Gerasa ma l'area compresa tra questa porta e quella che racchiude effettivamente la città, non fu mai edificata ed il progetto di ampliamento del centro urbano rimase incompiuto. L'arco si trova a 500 m dalla porta sud della città.

IERI ED OGGI
Alla base di ogni pilastro son scolpite ghirlande di foglie d'acanto. I tre archi erano dotati di tre portali in legno di cui oggi rimangono solo le cornici in pietra. Sicuramente attraverso gli archi laterali avrebbero dovuto passare i carri, un arco in entrata e uno in uscita, il che permetteva anche il controllo delle merci. Nell'arco centrale passavano invece i viandanti, oppure i dignitari col loro seguito.

L'arco avrebbe dovuto costituire la nuova porta sud della città di Gerasa, ma l'area compresa tra l'arco e l'attuale porta sud non venne mai completata. Anzi colpisce la presenza di una scalinata appresso all'arco, il che ne impedisce l'uso a qualsiasi carro. E' evidente che l'uso degli archi era riservato soprattutto ai carri, ai cavalli e agli eserciti.

PORTA NORD

PORTA NORD

La porta nord  delle mira fu costruita nel 115 circa, e si presenta come una struttura modesta. Ha un solo fornice con un timpano e due colonne corinzie.  La porta era stata commissionata da Tiberio Claudio Severo Proculo, un senatore e console romano, nipote dell'imperatore Marco Aurelio.

PORTA SUD
PORTA SUD

A 250 metri dall'arco di Adriano, eretta nel corso del II secolo, era una delle quattro porte della città che concludeva il cardo masimo. Come l'arco di Adriano è a tre fornici di cui il centrale è il più grande. Alla base di ogni pilastro son scolpite ghirlande di foglie d'acanto e gli archi erano dotati di portali in legno di cui oggi rimangono solo le cornici in pietra.

Esso appare come un coacervo di vari stili e di caratteristiche peculiari normalmente non presenti altrove, come ad esempio il capitello ornato da foglie di acanto posto anche sotto il pilastro e non soltanto in cima.

Avanzando lungo il viale all’ombra delle massicce mura ci si addentra in quello che un tempo era il cuore cittadino, un inusuale foro ellittico in buono stato di conservazione. Parecchie delle colonne che lo attorniano sono state riposizionate grazie all'utilizzo dell'esercito, che ha ripristinato la stupefacente scenografia di questo ampio spazio colonnato, che si prolunga elegantemente nel rettilineo del Cardo Maximus pure colonnato.

IL FORO OVALE
Il grande foro ha una forma ellittica per necessità di spazio e di distanze rispetto all'adiacente tempio di Zeus e si trova nei pressi della porta meridionale, in un avvallamento. Esso è collegato alla strada principale che attraversa la città, e cioè il cardo massimo.

La grande piazza misura 90 metri per 80 ed è circondata da un ampio marciapiede ornato da colonne in stile ionico del I secolo d.c. Al centro della piazza vi sono due altari e una fontana fu aggiunta nel VII secolo d.c. Questa struttura quadrata presenta ora una colonna centrale, eretta recentemente per collocarvi la fiamma del Festival di Jerash.

La sua funzione nell'antichità non è del tutto chiara: alcuni studiosi pensano che il foro fosse il centro commerciale della città, altri lo ritengono invece un luogo di culto o un'area sacra di fronte al Tempio di Zeus; in base alle differenti interpretazioni il piedistallo al centro sarebbe un altare o il basamento di una statua, che comunque, nel VII secolo, divenne una fontana, di cui, sotto al podio, si può ancora  vedere l'impianto idraulico.

RICOSTRUZIONE DEL FORO OVALE
La sua insolita forma ellittica secondo altri deriva dalla necessità di collegare l'asse del Tempio di Zeus con quello del cardus maximus. Il foro è racchiuso da 56 colonne ioniche ed è lastricato con pietre di calcare di finissima qualità, che dal centro alla periferia diventano sempre più grandi.

La parte centrale evidenzia una lastricatura ovoidale più antica, che si dice costituisse la primitiva piazza, di dimensioni ridotte, appartenente alla precedente città greca; l'espansione successiva della città romana portò alla necessità di un suo ampliamento alle dimensioni attuali.

Le colonne che la circondano hanno capitelli ionici del I secolo d.c., sui quali corre per tutto il perimetro un architrave decorato. Nella zona centrale più antica vi sono le fondamenta di una struttura quadrata, che si pensa fosse la base di un monumento, che nel VII secolo fu convertito in fontana.

L'IPPODROMO

L'IPPODROMO

E' l'impianto più grande della città con una lunghezza di 245 m e una larghezza di 51 metri, risalente ai secoli II - III d.c. dell'impero romano, quando poteva accogliere fino a 15.000 spettatori. Un lato corto dell'ippodromo è delimitato dall'Arco di Adriano. 

Sulla strada che lo costeggia nel senso della lunghezza sono stati trovati i resti di un piccolo edificio di culto, la chiesa del vescovo Mariano, che si fa risalire al 570, sicuramente sorto su un preesistente tempio romano. Esso durò più a lungo del teatro perchè le corse dei cavalli e le scommesse erano ben tollerate dai cristiani, tanto più che, al contrario dell'epoca pagana, vi erano bandite le donne.

Comunque l'ippodromo è molto poco conservato avendo fatto da cava di pietre per le chiese e gli edifici successivi. Proseguendo lungo questa strada, in direzione del foro e del centro della città, si giunge alla Porta Sud e alle mura.

BOTTEGHE DELL'IPPODROMO
L'Ippodromo venne costruito seguendo un precedente stile greco, e cioè scavando la terra per creare l'arena. L'area dei sedili (cavea) era di quattro metri di profondità con sedici file di sedili.
E' il più piccolo Ippodromo noto, di  244 metri per 52 metri, e con posti a sedere dai 10000 ai 15.000 spettatori.

L'IPPODROMO
Vi si tenevano gare di atletica, corse di cavalli e corse di bighe. All'interno vi erano le stalle, i cui resti sono stati portati alla luce da recenti scavi. All'esterno invece prosperavano le botteghe, di ristoro, di manufatti e di souvenir.

L'ippodromo è stato infatti restaurato e ricostruito in buona parte dalle autorità giordane, e ogni giorno vi viene offerto uno spettacolo di corsa delle bighe.

Secondo alcuni una piccola parte dell'ippodromo è andata perduta poichè le sue pietre vennero spoliate dai Circassi che si insediarono a Gerasa verso la fine del 1800. Secondo altri i Circassi non toccarono mai le pietre dei monumenti romani.

IL TEATRO SUD

IL TEATRO SUD

Gerasa aveva tre teatri. Il teatro sud di Gerasa, costruito al tempo di Domiziano (90 d.c.), poteva contenere 5000 spettatori distribuiti su due piani. Situato alle spalle del tempio di Giove, fu costruito tra l'81 ma oggi solo il primo piano è ancora in piedi e sfoggia 32 file di posti, di cui alcuni ancora segnati coi numeri greci.

Il palcoscenico, a due livelli, porte delle belle decorazioni. Dalla sommità del teatro si ha un'ottima vista delle rovine e della città moderna. L'acustica del teatro è ancora ottima e la si può constatare quando suonano le cornamuse della banda militare giordana.

Al disopra dell'entrata principale c'erano i palchi reali, ombreggiati da stoffe sontuose. Comunque i Teatri erano spesso coperti da tende onde fornire ombra agli spettatori, dato il clima spesso torrido e insostenibile.

Sui sedili si possono ancora osservare le lettere scolpite nella pietra, che identificavano i posti a sedere.

Il pavimento del palcoscenico era segnato con una pietra che identificava esattamente il punto centrale dove l'acustica era perfettamente bilanciata.

Pur non avendo gli strumenti tecnologici moderni, gli antichi, con l'esperienza e l'intuito riuscivano a costruire capolavori di estetica e di efficacia dell'uso, in questo caso anche di acultica.

Le sedute sono pressoché integre e la struttura ha mantenuto intatta la sua acustica, al punto che talvolta, sul palcoscenico (realizzato dai romani che vi aggiunsero i corridoi per gli attori) vengono messe in scena alcune rappresentazioni teatrali. Rinvenimenti fatti in loco evidenziano l’invenzione del biglietto e anche la partecipazione della donna alla rappresentazione teatrale.

In effetti fu il cristianesimo a demonizzare sia la donna che i teatri, essendo luoghi peccaminosi dove lavoravano le artiste che spesso sfoggiavano le loro forme procaci.

IL TEATRO NORD CON RELATIVA RICOSTRUZIONE

IL TEATRO NORD

Gerasa aveva due teatri. Il teatro settentrionale, più piccolo di quello meridionale, poteva contenere fino a duemila persone e la sua funzione fu più volte cambiata nel corso dei secoli: da teatro a odeon, nonchè a parlamento per congressi politici.

Il Teatro nord è più piccolo del Teatro sud, ed era utilizzato non per gli spettacoli teatrali come nel teatro sud, ma per esecuzioni musicali e declamazioni poetiche. La sua inaugurazione è datata al 164 - 165 d.c. e fu usato fino al V - VI secolo, venendo più volte ristrutturato.

Venne ampliato nel 235 fino a raggiungere una capienza di 1.600 spettatori, ma durante il periodo bizantino e poi durante il periodo del clan maomettano degli Omayyadi fu parzialmente smantellato.

TEATRO NORD
Sugli architravi si vedono iscrizioni in greco che citano personaggi della famiglia imperiale dei Severi. I posti a sedere sono numerati, oppure intitolati ad una tribù, e ciascuna fila di sedili della cavea è dedicata ad una divinità.
Ebbe vita più lunga del teatro sud non contemplando spettacoli di recitazione che vennero proibiti dal cristianesimo per tutto il medioevo, tanto che durante l'evo oscuro venne sostituito da teatrini itineranti, disprezzati ed ostacolati ancora dalla chiesa che definì guitti gli attori.

Lo stato di conservazione del teatro è molto buono, grazie ad un massiccio intervento di restauro e di ricostruzione, soprattutto della scena. Intatti anche i sotterranei della scena dove si tenevano i magazzini o da cui uscivano gli attori. La pavimentazione della zona centrale della cavea è stata rifatta, utilizzando in parte anche pezzi recuperati dell'antica pavimentazione originale.

La parte frontale è costituita da una piazza circondata da colonne, dove era situata una scalinata che conduceva all’entrata. Realizzato in pietra locale, cioè in granito rosa,  presenta un ordine di 16 gradini interrotti da sei ordini di scale per il passaggio degli spettatori. Il teatro cadde in disuso nel V secolo e molte delle pietre che lo componevano furono utilizzate per la costruzione di altri edifici.

TEMPIO DI ZEUS

IL TEMPIO DI ZEUS

Edificato su una altura su un precedente santuario dell'età del Ferro, il tempio di Zeus è uno dei più importanti monumenti della Gerasa antica e domina la città, fra la Piazza Ovale (Foro) e il Teatro Sud.
RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI ZEUS
Il tempio risale al 162-163 d.c., quando venne edificato dai romani. Si sale al tempio attraverso una monumentale scala che conduce ad una ampia terrazza con resti di un altare che pare risalire al precedente tempio.

Dal piazzale antistante i resti (la spianata di Zeus) si gode una splendida vista di tutto il sito archeologico, ed in particolare del sottostante Foro ellittico da cui si diparte il Cardo Maximus colonnato.

IL TEMPIO DI ARTEMIDE

IL TEMPIO DI ARTEMIDE

Una curiosità molto apprezzata dai turisti in questo tempio è che le colonne, realizzate ad incastro, oscillano molto lievemente, soprattutto nei giorni di vento, di modo che, invitati dalle guide turistiche, i visitatori, infilando nelle fessure un cucchiaino, ne osservano il dondolio.

Ma molto più interessante è la bellezza del tempio e delle colonne corinzie, dato che il santuario era molto seguito al suo tempo per cui venne ampliato ed abbellito, con due scalinate che dai propilei conducevano ad un ampio cortile porticato in stile corinzio.

Una monumentale scalinata conduceva al temenos. La scala di sette rampe, ognuna formata da sette scalini, era costruita in modo tale che guardandola dal basso sembrava che non ci fossero interruzioni fra le rampe, ma fosse una sola ininterrotta salita; guardandola dall'alto non si scorgono gli scalini, cosìcchè appare come una unica piattaforma. 

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI ARTEMIDE
Questa ingegnosa illusione ottica era merito dei raffinati architetti romani in epoca bizantina e in epoca omayyade il tempio di Artemide ospitò botteghe di vasai; una parte della costruzione venne anche trasformata in castello dagli Atabeg di Damasco, castello che venne distrutto da Baldovino II, re di Gerusalemme. Il che dimostra che solo la religione romana fu tollerante con le altre religioni esistenti.

Il Tempio venne costruito tra il 150 e il 170, ed era segnalato, lungo il cardo massimo, dalla presenza di alte colonne che introducono ad una prima porta di accesso (i propilei) da dove segue una lunga scalinata. Il tempio ha conosciuto pesanti modifiche, nonchè radicale cambio delle proprie funzioni, durante il susseguirsi delle varie civiltà.



Ne è però ancora visibile il colonnato interno, e pure la cella sacra.
Le sue colonne sono alte 12 m e ciascuna di esse pesa dalle 20 alle 40 tonnellate.
Artemide era la Dea vergine e cacciatrice della natura (per i romani Diana). figlia di Giove e sorella di Apollo, fu una delle più popolari divinità greche.
Ella era una “Madre Natura,,” colei che dà la vita, che nutre e che dà la morte, cioè le caratteristiche della Madre Terra.
PROPILEI DEL TEMPIO DI ARTEMIDE
Artemide fu anche la Dea patrona del Tempio di Efeso, Dea che decadde con l'avvento del cristianesimo che ne abbattè il tempio e ne perseguitò i fedeli.
Molte delle colonne del tempio di Artemide sono in ottimo stato di conservazione e presentano capitelli finemente decorati e dai fini dettagli in stile corinzio.

Come porta di accesso al tempio vennero costruiti i propilei, da cui partiva una scalinata fiancheggiata da botteghe di manufatti, ristoro e souvenir, che conduceva al tempio.

INTERNI DEL TEMPIO
Il santuario era fiancheggiato da 12 colonne corinzie, delle quali oggi ne sono rimaste solo undici. Per livellare il cortile erano stati costruiti sotterranei con volta a botte dove erano costruiti i tesori del tempio.

Il tempio era rivestito di marmo come di marmo erano i pavimenti, ma in seguito ai decreti dell'imperatore Teodosio, del 391 e 392, il tempio di Artemide fu smantellato.

Durante il periodo bizantino fu trasformato, con poco rispetto per l'arte e per la fede dei credenti, in una bottega di terraglie e utensili da cucina. Dopo la conquista araba, il tempio venne fortificato, ma i Crociati successivamente lo distrussero quasi completamente.

Dalla ricostruzione di cui sopra si può comprendere quali splendidi monumenti siano stati depredati e demoliti per cacellare secolidi storia in nome di una nuova religione.

Facendo inoltre il confronto tra le dimensioni del ninfeo sul disegno e quello in fotografia, si può intuire di quali gigantesche dimensioni fosse il tempio di Artemide, e di quale capolavoro di ingegneria fosse.

Il tempio di Artemide è segnalato, lungo il cardo massimo, dalla presenza di alte colonne che introducono ad una prima porta di accesso (i propilei) da dove segue una lunga scalinata.

Il tempio ha conosciuto pesanti modifiche, nonchè radicale cambio delle proprie funzioni, durante il susseguirsi delle varie civiltà, soprattutto per motivi religiosi. Ne è però ancora visibile il colonnato interno, e pure la cella sacra.

Il tempio venne costruito nel II sec. d.c. Le sue colonne sono alte 12 m e ciascuna di esse pesa dalle 20 alle 40 tonnellate.

Artemide era la Dea vergine e cacciatrice della natura (per i romani Diana). figlia di Giove e sorella di Apollo, fu una delle più popolari divinità greche.

Ella era una “Madre Natura,,” colei che dà la vita, che nutre e che dà la morte, cioè le caratteristiche della Madre Terra. Artemide fu anche la Dea patrona del Tempio di Efeso, Dea che decadde con l'avvento del cristianesimo che ne abbattè il tempio e ne perseguitò i fedeli.

COLONNATO DEL TEMPIO
Molte delle colonne del tempio di Artemide sono in ottimo stato di conservazione e presentano capitelli finemente decorati e dai fini dettagli in stile corinzio.

Artemide era stata identificata con Atargatis, l'antica Dea nabatea della fertilità, ma pure della Natura e della guerra.

Insomma una Dea Triforme, ovvero una Trinità, una Santa Trinità, o Santissima che dir si voglia.

Davanti al tempio si trovano i resti di un forno di ceramica musulmano del secolo VIII, poi si sale su una rampa attraversando una porta monumentale fino al cortile centrale.

Il tempio era circondato da colonne di stile corinzio, ma ne rimane solo una doppia fila sulla fronte, comunque di squisita fattura e molto ben conservate.

TEMPIO DI DIONISO

TEMPIO DI DIONISO

A suo tempo demolito in larga parte e riadattato a chiesa. costituiva l'ingresso alla cattedrale, in realtà era un propileo del tempio romano. Infatti la Cattedrale del IV secolo è costruita sopra i resti di un tempio precedente dedicato al Dio nabateo Dhushara assimilato dai romani a Dioniso.

Pur essendo il tempio andato in rovina, le mura rimaste rendono l'idea di quella che fu una grande struttura, una imponente basilica a tre navate, a cui si accedeva attraverso un portale decorato da diverse sculture in marmo. 

Il tempio era colossale e dotato di innumerevoli colonne, are e statue votive. coperto di marmi e mosaici. Come tutti i templi pagani venne prima spoliato dei suoi capolavori, poi se ne iniziò la demolizione, ma poichè era complicata per la mole delle colonne, venne infine trasformato in chiesa, in questo caso, data la sua imponenza, in cattedrale.

A questa gli arabi riservarono la stessa sorte che i cristiani riservarono al tempio pagano, eseguendo una nuova demolizione, perchè nemmeno i dittatori o i nemici militari sono così nefasti verso le opere d'arte quanto le religioni.



TEMPIO DI GIOVE

Dal foro una scalinata con rilievi di tralci e melograni conduce alle rovine del Tempio di Zeus, edificato nel 162, e giacente su di un preesistente santuario romano.

Dal foro una scalinata con rilievi di tralci e melograni conduce alle rovine del Tempio di Zeus, del 162, costruito su di un preesistente santuario romano.
Il tempio è collegato al foro attraverso un'ampia gradinata. Come suggerisce il nome, si tratta di un tempio di origini greche costruito sopra un basamento di origini romane.

Il complesso si compone del tempio vero e proprio e da una sottostante area sacra, un cortile costruito su un porticato a volta per compensare la conformazione del terreno.

In questo cortile sacro (temenos), con un recinto di 80 m x 35 m, che domina il sottostante foro ovale era situato l'altare per i sacrifici.

Il tempio poggiava infatti su una base colonnata di 40 m. x 30 m.

Di tutto l'edificio rimangono solo alcune colonne di cui tre del peristilio.

I massicci muri della cella del dio sono invece stati distrutti da un terremoto, come il resto del tempio.
Gli scavi condotti da una missione francese hanno riportato alla luce fregi ispirati alle espressioni artistiche dei Nabatei.

TEMPIO DI GIOVE
La città di Gerasa ha infatti conosciuto varie civiltà che, nel loro susseguirsi, hanno costruito, demolito, modificato gli edifici in base alla propria cultura.

Le impronte più importanti sono certamente quelle romane, greche e bizantine, ma non manca l'influenza nabatea e forse egiziana.

Tuttavia, anche se tali cività non fossero state presenti, il loro stile avrà influenzato architetti, artisti e costruttori che vi si sono ispirati, facendo leggere variazioni agli stili tradizionali.

Tutto ciò ha contribuito ad aumentare il fascino di questa città romano-orientale.


LE TERME

LE TERME

La città di Gerasa aveva due terme, quelle occidentali, situate vicino al cardo massimo, costruite nel II secolo, erano molto grandi, una struttura quadrata sormontata da una cupola, che misurava 70 m. x 50 m. ed erano dotate di calidarium tepidarium e frigidarium, mentre quelle orientali, più piccole erano situate nella parte bassa della città.

RICOSTRUZIONE DEL NINFEO
IL NINFEO

Dal Teatro Nord si torna alla Via Colonnata (Cardo Massimo) e, scendendo verso sud, si trova a destra un grande ninfeo con una vasca di granito rosa che però è di diversa provenienza dal granito del teatro.

Costruita nel 191-190, era molto decorata ed era a due piani: il piano inferiore rivestito in marmo, quello superiore intonacato, il tutto coronato da una semicupola, da cui cascava l'acqua che si raccoglieva in una grande piscina, da cui defluiva nella strada sottostante attraverso le teste di sette leoni. Della semicupola a forma di conchiglia restano ancora i capitelli che sostenevano il soffitto.
E' una stupenda fontana monumentale realizzata tutta in pietra locale, con un labrum che serviva da bacino di raccolta.

Il Ninfeo era un importante punto di ritrovo nel centro cittadino, per la sua bellezza, per il suo spazio e per la sua frescura, grazie all'acqua che fluiva dalla bella fontana grazie ad un ingegnoso sistema di condutture che la convogliavano qui da lontano.



Il ninfeo,  finemente decorato da immagini tra cui pesci, conchiglie e delfini, era la più importante fontana della città, che si trovava lungo il cardo massimo, era dedicata alle ninfe.

Sgorgava da più bocche, e ricadeva in più bacini per poi scendere sulla strada dove, funzionando da pulizia della strada, veniva raccolta con un sistema di canali che la conduceva ai due lati opposti della strada, grazie alla sapiente pendenza dei canali sotterranei sotto il cardo maximus.

Fontane del genere erano comuni nelle città romane e costituivano importanti punti di refrigerio per i cittadini. Questo esempio, giunto a noi in uno stato di conservazione ottimale, era originariamente adornato con marmo nella parte inferiore e gesso nella parte superiore, e coperto con una semi-cupola.

Zampilli d’acqua provenienti da sette teste di leone incise si riversavano in piccole vasche sul marciapiede, da cui attraverso sistemi di drenaggio venivano convogliate nel sistema di fognature sotterraneo.

Il ninfeo, edificato nel II secolo d.c.,  sormontato da una semicupola adorna di statue (di ninfe varie) e rivestita di marmi al piano terreno e di stucchi al primo piano. Naturalmente le statue furono, come negli altri monumenti, le prime a cadere sotto le mani degli iconoclasti cristiani prima e musulmani poi.



IL MACELLUM

MACELLUM
Poco prima che il cardo massimo si incroci col decumano sud si trova l'ingresso dell'agorà o macellum, il mercato cittadino della carne e del pesce, dal suggestivo cortile quadrilobato.

Trattavasi di un bellissimo mercato coperto, nella cui parte centrale era presente una sontuosa fontana, qui i commercianti esponevano la merce e la gente veniva non solo a comprare ma a chiacchierare, a informarsi e a spettegolare.

Era il gazzettino dell'epoca, un mondo chiassoso, ma molto vivace e colorato.

LA CATTEDRALE
LA CATTEDRALE

Quasi al centro del cardo maximus, vicino al ninfeo, si possono vedere i resti della Cattedrale, che si ritiene sia stata edificata nel 365 nel medesimo luogo in cui sorgeva in epoca pagana il tempio di Dioniso, per quella abitudine cristiana di abbattere i templi pagani riutilizzandone pietre e ornamenti per il tempio del nuovo culto. Insomma fu il cristianesimo a decidere il culto dei cittadini e non i cittadini stessi. 

Si è conservata poca cosa però si riconosce la pianta basilicale della costruzione che presenta ancora un maestoso portale di accesso con ricche decorazioni a bassorilievo.  Sul retro c'è una zona ben pavimentata, con un portico a colonne ioniche e corinzie, che costituiva l'atrio della chiesa nella quale si celebrava la commemorazione annuale del miracolo delle nozze di Cana, nella vasca quadrata al centro, riedizione della festa del vino celebrata in onore di Dioniso.

PAVIMENTO CHIESA S. COSMA E DAMIANO

CHIESA SANTI COSMA E DAMIANO

Ed ecco qui in alto un bel pavimento mosaicale quale vestigia della chiesa bizantina dei santi Cosma e Damiano, dove erano aggregate altre chiese, anche se le immagini ricche di animali, personaggi, piante e motivi geometrici, senza il minimo accenno ad un'immagine cristiana, suggeriscono un pavimento laico, probabilmente appartenente ad una estesa villa romana.



TETRAPILO NORD

I Tetrapili erano archi a quattro fornici nelle quattro direzioni usati dai romani a guarnizioni di intersezioni stradali, dove si ponevano immagini degli Dei e dell'Imperatore.Il tetrapilo nord, costruito all'incrocio del cardo con il decumano nord, è opera del II secolo d.c. ed è dedicato a Giulia Domna, moglie dell'imperatore Settimio Severo.

È formato da quattro pilastri uniti da archi, con nicchie e mascheroni a testa di leone da cui sgorgava acqua, con bassorilievi ed incisioni delle divinità del sole e della luna. Evidentemente funzionava anche da fontana sia per bellezza sia per i bisogni della popolazione.

TETRAPILO SUD
Nella parte sud della città, all' incrocio del cardo con il decumano, realizzati nel I secolo d.c., c'è il Terapilo sud, costruito nel III - IV secolo d.c.; molto meno elegante del Tetrapilo nord, d'altronde siamo in periodo di decadenza, con quattro massicce basi quadrate e quattro colonne in granito, circondate da un marciapiede su cui prospettavano ambienti adibiti a bottega, che durante la successiva dominazione islamica furono usati come abitazioni.



CISTERNA PER VINO

Gerasa divenne un importante centro carovaniero, punto di riferimento di un territorio assai ricco dal punto di vista sia agricolo che minerario.

LA CISTERNA DEL VINO
Le merci vendute arricchirono gli abitanti che si circondarono di nuovi usi e consumi, come  avveniva tra i romani. Impararono per curiosità e poi per gusto ad assaggiare i vini di importazione e all'uso romano aprirono delle botteghe atte alla degustazione del vino importato soprattutto dal suolo italico.

Ma impararono anche a porlo in fresco e proteggerlo.

Nacquero così per idea e per copiatura le botteghe ove si offriva vino e pertanto anche le cisterne adatte a contenere il prezioso liquido.

Il periodo di massima espansione della città coincidente con la costruzione degli edifici pubblici più grandiosi, è da collocarsi comunque nel corso del II secolo d. d., in concomitanza con l’annessione alla nuova provincia “Arabia” voluta nel 106 d.c. dall’imperatore Traiano.

NINFEO DI TRAIANO E RICOSTRUZIONE

GLI SCAVI

La città di Gerasa è stata localizzata da Ulrich Jasper Seetzen nel 1806. Egli compara le vestigia che scopre a quelle di Palmira o di Baalbek, e si "stupisce" che un luogo così magnifico, abbia potuto sfuggire per così lungo tempo alla conoscenza degli appassionati di Antichità.

Queste vestigia resteranno tuttavia ignorate per 122 anni prima che inizino gli scavi durati 4 anni, dal 1928 al 1932. Timidamente, sembra, poiché nel 1950 il teatro romano della città serve ancora da cava per costruire le case di Jérash. Situazione totalmente inimmaginabile con l'esistenza di un cantiere di scavi generalizzati di un tale gioiello. Gerasa è in effetti la città meglio conservata e congegnata delle città della Decapoli.

Il servizio delle Antichità di Giordania riprende gli scavi nel 1948 e, dal 1982, il sito è sistematicamente messo a giorno dalle missioni inglese, americana, australiana, polacca, francese e spagnola nel quadro del Jerash International Project, elaborato e in gran parte finanziato dalla Giordania.

A seguito di questa migrazione si comprese l'importanza archeologica del sito e vennero intraprese le prime opere di scavo. L'eccezionale stato di conservazione di Jerash va anche attribuito al fatto che il valore storico e archeologico del sito fu riconosciuto molto presto e fu tutelato.

Un forte terremoto nel 747 d.c. distrusse gran parte di Jerash, mentre i terremoti successivi insieme con le guerre e la crisi hanno contribuito a ulteriori distruzione. Le sue rovine rimasero sepolte nel terreno per centinaia di anni fino a quando furono scoperti dall' orientalista tedesco Ulrich Jasper Seetzen nel 1806.


BIBLIO

- S. Rinaldi Tufi - Archeologia delle province romane - Roma - 2007 -
- Strabone - Geografia -
- Marco Cattaneo - Sulle vie commerciali dell'antica Giordania -  Le Scienze - n. 380 - aprile 2000 -
- G. Lankester Harding - The Antiquities of Jordan - 1960 -
- Pierre Gros - Le province orientali. Realtà e ideologia dell'urbanistica romana, in Pierre Gros, Mario Torelli - Storia dell'urbanistica. Il mondo romano - Nuova ed. - Roma-Bari - Laterza - 2007 -





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