I LUDI ROMANI





ARS LUDICA ROMANA

I Romani non si ammazzavano di lavoro, schiavi a parte. Infatti circa metà dell'anno era festivo, e per giunta la giornata lavorativa media del romano non si protraeva oltre le sei sette ore e finiva verso l'ora di pranzo, pertanto la gran parte dei cittadini aveva mezza giornata di tempo libero.

Le feste erano molto numerose perché  ai dies festi, cioè ai giorni festivi consacrati agli Dei, si erano aggiunte molte feriae publicae, celebrazioni di ricorrenze pubbliche, promulgate da Augusto in poi, perché ogni imperatore voleva celebrare le sue feste, per  il suo compleanno, per l’anniversario dell’ascesa al trono o per una vittoria.

Così a Roma durante l’impero per ogni giorno lavorativo ce ne erano quasi due di festa, magari legate ad una sola regio cittadina, ma chi voleva poteva spostarsi e festeggiare. Nelle feste si svolgevano cerimonie religiose, si facevano dei banchetti pubblici e venivano organizzati vari spettacoli, preceduti da processioni e sacrifici col pubblico che assisteva con l’abito da cerimonia, cioè la toga.

Le corse e le lotte dei gladiatori, i due divertimenti più seguiti, avevano un’origine sacra e antica. Al ritorno di un esercito vittorioso venivano sempre organizzate gare di cavalli, in cui si immolava l’animale vincitore per ringraziare gli Dei.

I combattimenti dei gladiatori invece un tempo si svolgevano solo durante i funerali illustri, per celebrare il morto e per propiziarsi gli Dei inferi sacrificandogli la vita dei combattenti, come dimostra anche il termine munus, cioè “ offerta”, come venivano chiamati questi spettacoli.

Era il collegio dei sacerdoti "pontifices" ad occuparsi del calendario dei Ludi Romani stabilendo la cadenza e le date delle feste sacre, nonchè i sacerdoti "sacri viri faciundi", ma nelle esecuzioni erano incaricati come organizzatori i magistrati, gli edili o i pretori urbani. Esempio: nei ludi Romani e nei ludi Megalenses, gli edili curuli; nei ludi plebei, e nei ludi Ceriales gli edili plebei; nei ludi Apollinares, il pretore urbano ecc.

Da Augusto in poi comunque persero di importanza (nei ludi) i sacerdoti mentre vennero in piena luce i magistrati ecc. che, nonostante i ludi pubblici fossero a carico dello stato, a volte pagavano i giochi o parte dei giochi a spese proprie. Nelle festività aprivano i giochi le processioni coi sacerdoti, ma chi annunciava il tutto era il "curator ludorum", cioè l'incaricato civile (magistrato ecc.) che cercava voti e si faceva così propaganda. Questi aveva diritto, visto che pagava, alla toga praetexta (bianca bordata di porpora) e ai littori coi fasci durante gli spettacoli. In casi rari fu lo stesso imperatore ad organizzare ed a fornire i fondi per lo spettacolo.




Memoria del dott. GIUSEPPE MARCHETTI LONGHI
Ludi e Circhi nell'antica Roma. 

"L 'aspetto sotto cui ci appaiono i giochi circensi imperiali, fino all'ultima decadenza di Roma c di Bisanzio, dove le fazioni del circo arrivano e identificarsi con fazioni politiche, non rappresenta più, nè il concetto originario, nè il significato che i ludi circensi, e i ludi in generc, ebbero nella Roma repubblicana.

Quel carattere religioso, che, anche nella Grecia, ebbero gli esercizi del corpo, intesi, però, principalmente, a creare, attraverso lo sviluppo armonico delle forme, anche un più elevato sviluppo dello spirito, educando nella crescente gioventù il sentimento della cura e del bello, in qualunque sua espressione materiale e morale, in Roma assunse maggiore importanza congiungendo ogni espressione di forza alla religione ed al culto delle divinità patrie, il cui sentimento, non meno che l'esercizio continuo dell'attività fisica negli addestramenti di guerra, costituì la forza intima dello stato romano, e una delle condizioni essenziali della sua grandezza.

Ogni manifestazione di vita, sia pubblica che privata, fu in Roma strettamente congiunta a idee religiose: dal nascere del cittadino alla sua educazione, al suo ingresso nella vita pubblica, alle nozze, all'adempimento di qualsiasi dovere civile e militare, fino al chiudersi del suo ciclo mortale, e fin oltre questo, nella tomba, con il profondo sentimento religioso che circondava e tutelava questa, mantenendola attraverso i tempi, quale perenne ammonitrice ai discendenti ed ai concittadini: il vero monumento, che 'monet', nel più proprio significato latino della parola.

Quindi è che le più antiche manifestazioni di educazione fisica in Roma ci appaiono intimamente legate al duplice scopo di addestramento alla guerra e di espressione di culto alle divinità patrie: questa come presupposto essenziale di quello.

Tanto esulano il concetto posteriore, e quello moderno, di passatempo e di svago, che, solo abbastanza tardi, appaiono le rappresentazioni sceniche, ma, inizialmente, anche queste congiunte a concetti religiosi, e, più tardi ancora, il sorgere di appositi edifici: i teatri, di cui il primo stabile, il teatro di Pompeo, dovette trovare la sua giustificazione nel dare al popolo più comoda sede per assistere ai ludi scenici in onore di Venere Vincitrice, su le gradinate del tempio a questa consacrato, che coronava la cavea del teatro.

Conseguentemente scarse, ma di eccezionale solennità, e accompagnate sempre da espressioni di culto, le più antiche forme di ludi: anzi, originariamente unica quella dei « Magni Circenses », dedicati al Dio Conso ed a Saturno, forse, nelle tradizioni dell'antico Lazio, unica e identica divinità.

L'appellativo di Magni passò poi alla forma veramente nazionale di giochi: i Ludi Romani, per molto tempo unico tipo di queste manifestazioni di culto, seguita poi dai Ludi Plebei, sdoppiamento di quel primitivo tipo in seguito alle lotte di classe fra patrizi e plebei, e quindi dai Ceriali, dagli Apollinare, dai Megalensi, dai Floreali.

In tutto, alla fine della Repubblica, solo sei forme di ludi, presto superate nell'Impero da altre, nuove e numerosissime, giunte a tante da assorbire, nella loro celebrazione, oltre la metà dei giorni dell'anno. Però, anche considerando queste poche forme repubblicane di giochi, si riscontra che solo i Ludi Magni ο Romani, e conseguentemente i plebei, furono di origine prettamente nazionale, gli altri furono d'importazione straniera, in connessione ai nuovi culti introdotti, i cui templi od altari rimasero sempre extra pomerium.

Premio ai vincitori: la corona di quercia, sacra a Giove, in cui onore furono sempre i ludi Romani, e, solo in seguito agli influssi Greci, la palma. Ma il carattere principale di quei giuochi, carattere religioso e trionfale, si rivelava nell'Epulum Jovis, ο banchetto divino apprestato alle tre divinità maggiori, e nella pompa triumphalis, che scendendo dal Campidoglio, attraverso il Foro, entrava nel circo passando per la porta triumphalis, e ne percorreva l'intero giro, processionalmente, fino alle are degli Dei, ove consumavansi i sacrifici di rito.

Dionigi di Alicarnasso ci ha lasciato la descrizione minuta di questo meraviglioso corteo, descrizione, che tralascio per brevità, solo ricordandone, per dare un'idea della sua magnificenza, i vari elementi: i giovinetti, figli di cavalieri, montati su focosi cavalli od a piedi, ordinati secondo i ranghi militari; gli aurighi, i nudi atleti, i Salii con vesti color di fiamma, e cinture di bronzo, i tibicines e i suonatori di trombe, poi le mensae con i simulacri degli dei, ed infine la lunga teoria dei Magistrati dei e Sacerdoti."



L'ANFITEATRO

L'anfiteatro fu un'invenzione romana ottenuto raddoppiando la struttura tradizionale del teatro greco.

Qui vi si tenevano combattimenti, esecuzioni e supplizi pubblici. Il più noto anfiteatro romano, fu il Colosseo fatto costruire dai due imperatori Flavii.

Il Colosseo, l'anfiteatro Flavio, fu costruito dal 70 d.c. in dieci anni; era il più grande e magnifico monumento dedicato ai giochi coi suoi 50 metri su 4 piani, con un diametro di 188 metri, capace di oltre 50.000 posti a sedere.

L'arena (latino harena, "sabbia"), era lo spazio centrale dell'anfiteatro, dove si svolgevano i combattimenti di gladiatori (munera) o le cacce o combattimenti con animali (venationes), a cui gli spettatori assistevano dalle gradinate della cavea.

Questo spazio era ricoperto di sabbia bianca, proveniente dal deserto del Sahara, per assorbire meglio il sangue degli animali o degli uomini feriti durante i combattimenti.

Durante lo spettacolo, che durava l'intera giornata, la sabbia veniva periodicamente rinnovata da apposite squadre di operai, detti harenari.



IL TEATRO

IL TEATRO DI ASPENDOS
Gli antichi teatri erano mobili e in legno, il primo teatro in pietra a Roma fu costruito nel 55 a.c. da Pompeo, non lontano dalla Curia di Pompeo stesso, luogo dell'uccisione di Giulio Cesare. Il teatro di Marcello, inaugurato nell'11 a.c., era rinomato per la qualità degli spettacoli.

Le gradinate della cavea poggiavano non più al suolo come nei teatri greci, ma su archi e volte in muratura, collegate alla scena con loggiati laterali. Questo permetteva al teatro di occupare uno spazio minore elevandosi maggiormente dotato di una facciata esterna ornata e monumentale. La facciata della scena venne innalzata a numerosi piani e decorata, fino a diventare frons scenae, proscenio, dove inizia l'uso dei macchinari teatrali e del sipario, che durante la rappresentazione si abbassava in un apposito incavo, mentre il velario, di derivazione navale, venne utilizzato per riparare gli spettatori dal sole.



IL CIRCO

Ma lo spettacolo più seguito dai romani era comunque quello del circo, cioè le corse dei cavalli, come dimostra il fatto che gli imperatori allargarono e fecero più volte il Circo Massimo che, secondo Plinio il Vecchio, arrivò a contenere più di 250.000 spettatori. Le corse erano di cavalli o di carri e vi partecipavano diverse scuderie, in gara tra di loro. Gli spettatori seguivano scommettendo sul vincitore e tifando squadra preferita.

Fu Giovenale a coniare nel "Panem et Circenses", "pane e giochi" le basilari necessità del benessere popolare e quindi politico: distribuzione di generi alimentari, bagni e terme pubbliche da un lato, gladiatori, belve esotiche, corse coi carri, competizioni sportive e rappresentazioni teatrali dall'altro lato. Un vero strumento in mano agli Imperatori per sedare i malumori popolari, o ingraziarsi il popolo.

Il Circo Massimo fu l'edificio più grandioso per spettacoli pubblici mai costruito. Ornato di statue, decorato di metalli nobili, era il luogo per assistere alle corse coi carri. Lungo 650 metri e largo 125, aveva 150.000 posti a sedere, che dopo la ristrutturazione di Traiano divennero 350.000. Molte attività e negozi avevano sede nel Circo Massimo.

Il Circo di Massenzio ha i suoi resti piuttosto ben conservati nel parco della Caffarella. Alcuni sospettano non sia mai stato usato per vicissitudini storiche.
Il Circo di Nerone, iniziato sotto Caligola, giace sotto la basilica di San Pietro. Naturalmente fu inaugurato da Nerone.
Il Circo Flaminio, costruito in epoca repubblicana, venne distrutto per edificarvi sopra il Teatro Marcello, voluto da Cesare.

Lo stadio di Domiziano stava sotto piazza Navone e fino alla metà dell'800 se ne conservò la forma e l'uso.
Il Circo Variano la cui maggior parte dei resti sono di recente scoperta, fu edificato da Settimio Severo nella sua villa nei pressi di Porta Maggiore.

L'arena (latino harena, "sabbia"), era lo spazio centrale del circo, dove si svolgevano le corse di cavalli e carri, a cui gli spettatori assistevano dalle gradinate della cavea. Questo spazio era ricoperto di sabbia bianca, proveniente dal deserto del Sahara, per non rovinare gli zoccoli dei cavalli. La sabbia veniva periodicamente rinnovata da apposite squadre di operai, detti harenari.

Di solito gli anfiteatri erano posti fuori le mura o in periferia, per facilitare entrata ed uscita dl carri per l'allestimento delle scene e di spettatori che provenivano anche da altre località. Invece i circhi avevano una posizione tradizionale interna all'urbe, anzi accanto al palazzo imperiale, in modo che l'Imperatore e la sua corte potessero recarvisi direttamente, senza uscire per strada.



LE TERME

Il bagno era un'attività ricreativa che solo i patrizi potevano permettersi.

L'invenzione dei bagni pubblici, nel II secolo a.c., portò civiltà, igiene, divertimento, socialità, istruzione e pure trasgressione.

Nelle Terme, le acque benefiche, come quelle di Agrippa (25 a.c.), il più grande stabilimento termale di Roma, i romani di ogni ceto entravano gratis o con un pagamento ridottissimo e simbolico.

Nelle terme si giocava anche a palla, ci si scambiava opinioni, si leggevano libri, si ascoltavano oratori, si acquistavano prodotti, si mangiava e si chiacchierava.



LUDI PUBBLICI E PRIVATI

I ludi sono una festa collettiva di carattere pubblico: possono essere "istituzionalizzati", quando i giochi sono inseriti nel calendario, o privati, come i giochi in onore di un trionfo o per una cerimonia funebre, ma i romani erano chiamati comunque a partecipare collettivamente ad ambedue.

I ludi (giochi) romani comprendono dunque: spettacoli di teatro, corse di cavalli, combattimenti tra uomini, combattimenti tra uomini e animali, esibizioni di atleti, nonchè talvolta gare di poesia o prosa. Si dividono in ludi circenses e ludi scaenici; i primi prendono nome dal circus, luogo dove solitamente si svolgevano, mentre gli altri, gli spettacoli teatrali, sono caratterizzati dalla scaena, costruzione temporanea di tavole, su cui gli attori recitavano.

I giochi cominciano con una processione, che parte dal Campidoglio e attraversa tutta la città fino al luogo dello spettacolo: sfilano attori, ballerini, musicisti e artisti, capeggiati da una sorta di imperator, colui che presiede ai giochi, seguiti da tutti i cittadini ordinatamente divisi per classi di età.

Per l'occasione quando tramonta il sole vengono illuminati le edicole e i compitales di tutti i vicus con lumi ad olio, forniti dall'erario statale. Si ricorda che per i Ludi Romani che furono assegnati nell'organizzazione a Marco Cornelio Cetego e a Cornelio Scipione, edili ambeduead ogni vicus di Roma vennero concessi per l'illuminazione cento congi di olio (pari a 327 litri).

Caratteristica dei giochi è la Licentia, una sorta di impunità temporale che autorizza i Romani a canzonare, durante il percorso, il generale portato in trionfo o il morto portato al rogo.

Anche questa licentia ha però un limite: sul palcoscenico è proibito deridere un personaggio vivente (come prescrivevano le leggi delle XII tavole).
I giochi non rovesciano i rapporti di potere, ma mitigano la mitizzazione, l'aulica e la seriosità di chi detiene il potere.

Tra le varie fasi della cerimonia si avvicendano musici, ballerini e mimi che coprono i vuoti tra uno spettacolo e l'altro, o tra una scena e l'altra. I giochi hanno anche connotazioni religiose tanto che se costretti ad interrompersi dovevano esser fatti da capo.

I ludi circenses si svolgono infatti in un circo o in un anfiteatro, mentre i ludi scaenici si svolgono in teatro, il quale, costruito in legno raramente è stabile: infatti mentre il circo e l' anfiteatro sono vere e proprie strutture integrate nell' aspetto urbanistico della città, invece il teatro è solo un edificio temporaneo, almeno fino all'epoca tardo-repubblicana, quando nel 55 a.c. venne costruito il teatro di Pompeo, del tutto diverso dal teatro greco, costruito in pietra fuori città e a ridosso di una collina.

In epoca repubblicana, i ludi sono un' occasione di espressione popolare, in cui i cittadini hanno maggiore libertà di dibattito e discussione rispetto ai comizi e alle assemblee. Durante il principato questo carattere di libertà popolare, anzichè diminuire aumenta, essendo i ludi l'unica possibilità concessa al popolo per esprimere il suo giudizio sul principe e sulla sua politica; diventa basilare che il principe indica i giochi e vi presenzi per affrontare il giudizio del popolo.



LA SCENICITA'

In occasione del trionfo, mentre l'imperator celebra la sua vittoria, la città diventa uno scenario e il popolo il pubblico: sfilano musici, danzatori, prigionieri, magistrati. Quando muore un membro di una famiglia patrizia, il suo corpo viene trasportato attraverso l'urbs, fino all'esterno della mura sacre, con una processione fornita di musici, di "effetti scenici", che illudono il corteo che il cadavere possa stare ritto su se stesso, di attori che portano le maschere di cera (imago) degli antenati illustri della famiglia, ed è seguita da un' orazione nel foro, durante la quale il figlio declama la virtù del defunto.

L'area dei Fori era, prima della costruzione degli edifici relativi alle funzioni di centro amministrativo della città, teatro di combattimenti tra gladiatori. Se ne trovano memorie risalenti al 122 a.c.. Attorno alla piazza del Foro Romano erano state costruite delle tribune riservate a spettatori di riguardo, escludendo i ceti poveri. Caio Gracco successivamente fece demolire le tribune guadagnando il favore dei cittadini comuni.
L'organizzazione dei giochi era l'occasione per scalare i vertici della popolarità politica, con un meccanismo che Livio giudicò folle.

Cesare, in gioventù, fu famoso per la magnificenza dei giochi da lui organizzati, poiché faceva combattere centinaia di gladiatori. I suoi avversari politici furono preoccupati dall'ambizione di questo nuovo avversario, ma egli riuscì a farsi la fama di generoso amico del popolo. Cesare organizzava questi giochi facendosi prestare molto denaro, che fu poi ben investito nella propaganda che lo portò ad assumere cariche che gli permisero di restituire tutti i soldi ricevuti in prestito.

Il pubblico, coi tempi, diventò sempre più esigente e si arrivò a organizzare spettacoli sempre più belli e costosi:  Augusto organizzò giochi dove si battevano 10.000 uomini e 3.500 belve africane.

Traiano, per la vittoria contro i Daci, organizzò combattimenti con oltre 10.000 gladiatori in un periodo di feste di 123 giorni, durante il quale furono uccise 11.000 belve. Questo record non fu mai superato, dato che Traiano in quella guerra fece suo un bottino di 10.000.000 di chili d'oro, 20 milioni di chili d'argento e 500.000 schiavi.

Anche le province avevano i loro giochi, che si svolgevano negli anfiteatri costruiti dai Romani in tutto l'Impero: Francia, Spagna, Britannia e tutta Italia. I notabili di ogni città acquistavano prestigio nell'organizzare i giochi e l'Impero Romano guadagnava popolarità. Certo, combattevano solo qualche decina di gladiatori, nulla a che vedere con gli sfarzi di Roma.

La maggior parte dei gladiatori erano prigionieri di guerra, schiavi spesso costretti a combattere per sopravvivere. Anche i criminali condannati venivano portati nell'arena per essere quasi certamente uccisi "ad gladium", ovvero alla spada, oppure "ad bestias", con le belve feroci. C'erano poi combattenti per libera scelta, talvolta anche nobili che volevano arricchirsi e diventare eroi popolari.

Con l'avvento del cristianesimo sopravvisse a stento, e non per molto, il circo, anch'esso comunque ostacolato come luogo di perdizione. Il Colosseo si salvò dalla distruzione in quanto luogo del martirologio cristiano. Effettivamente in questo circo si svolsero giochi molto cruenti e crudeli, ma non vi accadde mai il martirio dei cristiani, ma è una fortuna che venisse ritenuto tale. Grazie a questo la sua distruzione fu solo parziale.


BIBLIO

- Carlo Fea - Osservazioni sull'Arena e sul Podio dell'Anfiteatro Flavio dopo gli scavi nel medesimo - 1813 -
- Carlo Fea - Nuove osservazioni intorno all'arena dell'anfiteatro Flavio e all'acqua che ora la ricopre - 1814 -
- J. Cl. Golvin - L'amphithéâtre romain. Essai sur la théorisation de sa forme et de ses fonctions - Paris -1988 -
- J. Cl. Golvin, Ch. Landes - Amphithéâtres et gladiateurs - Paris - 1990, 96 -
- John H. Humphrey - Roman circuses: arenas for chariot racing - Londra - University of California Press - 1986 -



2 comment:

Marco on 30 ottobre 2015 alle ore 16:50 ha detto...

dovevo fare una ricerca ma non lo posso copiare...

Anonimo ha detto...

Ei ciao

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