IL TRICLINIO





MANGIARE SDRAIATI

"I Romani mangiavano coricati, sistema introdotto nel tempo delle guerre puniche, e che essi sdraiavansi su molli letti coperti da tappeti, poggiandosi col gomito sinistro su cuscini e stendendo la parte inferiore del corpo, da restar però liberi col braccio destro per prendere le vivande, e vedesi pure che le donne sedevano all'estremità dei letti medesimi accanto ai loro sposi. Scipione l'Africano fu il primo che fece conoscere ai suoi concittadini certi piccoli letti per la mensa, detti punici o punicani. Uomini e le donne si sdraiavano insieme, motti lascivi e piacevoli canzoni allietavano i commensali che:

Volgeano ad altro il core al canto e al ballo
Che gli ornamenti son dì ogni convito"




TRICLINI ETRUSCHI

Il costume di mangiare sdraiati venne anche dall'oriente, ma prima ancora dagli etruschi, che i Romani combatterono furiosamente perchè loro rivali nel commercio del Mediterraneo e nella colonizzazione, ma di cui in realtà copiarono parecchie cose. Del resto gli etruschi certamente provenivano dall'oriente, non c'è bisogno di prove, basta guardare i loro lineamenti che sono decisamente orientali.

I romani osservavano acutamente le abitudini, i costumi, le risorse e le soluzioni altrui, essendo di mente molto aperta alle innovazioni.
Così presero dagli Etruschi i pasti sontuosi dove si mangiava sdraiati e si assistevano a canti e balli, Gli etruschi erano altamente raffinati e i romani impararono molto da loro, copiandone costumi, vesti, usi e simboli, nonchè la mobilia. I letti triclinari etruschi erano preziosi, lavorati al tornio, istoriati e decorati.

I letti etruschi appaiono riccamente imbottiti con gonfi materassi, con sopra ricchi cuscini e compare pure un poggiagomito, una specie di sostegno in legno fatto con due legni uniti, uno orizzontale e uno verticale, contro cui si poggiava un cuscino su cui si poggiava il gomito e la spalla del commensale.

Si sa che talvolta gli etruschi usavano porre frange attorno ai cuscini per abbellirli, avvolgendoli in stoffe colorate ed istoriate, e pure sui letti poggiavano lunghe coperte con sopracoperte più corte e decorate. Naturalmente i triclini non avevano spalliere.



TRICLINI ROMANI

Il triclinio prese il nome dai tre cuscini, ovvero tre letti imbottiti su cui i padroni di casa e i loro ospiti si sdraiavano per tutta la durata del pranzo, infatti ogni cuscino poteva ospitare tre commensali sdraiati sul lato sinistro. In un triclinium formato da tre letti potevano prendere posto al massimo nove persone che si disponevano semisdraiate in modo tale che tutti e nove volgessero lo sguardo al centro del triclinium. In questo modo la conversazione era seguita da tutti i commensali come se fossero seduti intorno ad un tavolo rotondo.

I tre letti erano denominati summus, medius ed imus, disposti attorno alla tavola centrale e sui quali si adagiavano i commensali in ordine d'importanza. Nelle case e nelle ville più lussuose esistevano diversi triclinii variamente disposti e orientati secondo le stagioni. Vi erano triclinii anche all'aperto, sotto pergole, con letti fissi in muratura. Il triclinio passò poi a definire tutta la stanza da pranzo.

Infatti nei triclini si mangiava e beveva ma durante il pasto venivano recitati spettacoli per intrattenere gli ospiti, tra cui canti, suoni, balli, recite di mimi, contorsionisti e letture di poesie. A volte gli stessi commensali erano invitati ad esibirsi in un'arte in cui si sentivano portati e sesso i più ricchi invitavano i poeti più in voga affinchè declamassero i loro poemi.

Nei triclini si consumava la coena che era divisa in tre momenti: la gustatio, costituita da antipasti e stuzzichini accompagnati dal mulsum, un vino al miele; la primae mensae composta da ben sette portate e la secundae mensae che consisteva in altri stuzzichini molto piccanti.

A Pompei si può vedere dagli affreschi quanto ricchi fossero sia i triclini sia l'addobbo delle coperte e dei cuscini, e bisogna pensare che era Pompei a copiare le ricche e raffinate abitudini dei romani, per cui a Roma si può solo immaginare lo sfarzo e la raffinatezza,



LA SALA DA PRANZO

Il triclinio era il locale in cui veniva servito il pranzo, con una inclinazione del pavimento di circa 10° su tre lati della stanza, verso il tavolo basso posto al centro. Un solo lato aveva il pavimento in piano e serviva ai servi per portare le vivande in tavola e i commensali si sdraiavano su dei letti forniti di cuscini attorno ad un tavolo basso. Un'accurata ricostruzione di un triclinio si può vedere al Museo Archeologico di Arezzo.

Il pranzo era un rituale nella vita degli antichi romani e durava dal primo pomeriggio fino a notte fonda. Generalmente da 10 a 20 commensali prendevano posto intorno ad un tavolo sistemati in ordine di importanza a seconda della vicinanza al padrone di casa. Vista l'importanza del locale il triclinio veniva decorato con mosaici o affreschi sulle pareti. Dioniso, Venere e nature morte erano molto comuni nelle decorazioni di questi locali.

Le case dei patrizi avevano almeno due triclini, ma anche quattro e più triclini. Allora il triclinius maius, (grande sala da pranzo) era usato per dare delle feste con un gran numero di ospiti. I triclini più piccoli venivano usati per un piccolo gruppo di ospiti di riguardo. Per questo motivo spesso erano decorati in maniera splendida quanto quelli più grandi e nella decorazioni dei locali era spesso inserita l'epopea di Enea e dell'Eneide, considerato il progenitore lontano dei romani.

Questi triclinii erano nelle grandi case molto vasti, perchè dovevano contenere più letti ed uno spazio sufficiente per gli schiavi che badavano alla mensa, triclinìarchae, e quelli che con ventagli e ramoscelli scacciavano le mosche e davano fresco ai convitati: come pure pei buffoni, mimi, tibicine e danzatrici, le quali talvolta giacevano nei letti coi convitati, il che fu da Greci tenuto per indecoroso.

TRICLINIO ORIGINALE ROMANO
Se la tavola era quadrata intorno a tre dei suoi lati disponevansi altrettanti letti, ledi tricliniares, ciascuno dei quali comodamente conteneva tre persone che s'adagiavano l'una dietro l'altra restando il quarto lato libero per gli schiavi che apportavano le vivande.

Il posto che ciascun convitato doveva occupare, era detcrminato col seguente ordine: 1. Padrone della casa, 2. la sua donna; 3. un convitato; 4. posto d'onore; 5, 6, 7, 8, 9, persone, umbrae, condotte dagli ospiti. In ultimo diremo che allorquando s'usarono le tavole circolari, orbes, il letto era di forma ad emiciclo, e fu detto tigma per la somiglianza ad una lettera greca di tal nome. I posti principali reputavansi quelli alle due estremità, ed in particolare quello a destra.



LE DECORAZIONI

Anche quando non esistono letti in muratura, i triclini si riconoscono dalle altre camere delle case romane per la decorazione, generalmente gli affreschi riproducono belle nature morte con grande sfoggio di frutta succosa, volatili ed altri commestibili.

Altre volte la decorazione era più austera, come nella Casa del Moralista, in un triclinio abbastanza modesto di Pompei interamente occupato da letti in muratura e da una grande tavola che, prendendo tutto lo spazio in mezzo ad essi, indicava una carenza di servizio. Dipinti sulla parete a riquadri e colori contrastanti, si leggevano severi ammonimenti:

"Distogli lo sguardo lascivo dalla moglie altrui!"
Non abbandonarti al turpiloquio.
Comportati educatamente.
Evita le liti antipatiche, se puoi; altrimenti vattene e torna a casa tua".


Anche i pavimenti dei triclini sono spesso indicativi della funzione dell'ambiente: infatti in alcuni di essi il disegno del mosaico segna il posto occupato dai letti. Altre volte, ancora, è di quel tipo speciale detto "casa non spazzata". Infatti mangiavano con le dita e non avevano piatti, quindi gli avanzi venivano gettati per terra e poi, durante la cena, venivano spazzati dagli schiavi. Per mascherare questo brutto vedere il mosaicista Soso di pergamo, secondo quanto riferisce Plinio il Vecchio, inventò "il pavimento non spazzato" da collocare nella sala del triclinio, un mosaico che raffigurava tutto quello che normalmente si vedeva per terra durante la cena.

Alcuni di questi pavimenti sono bellissimi come quello che si trova oggi ai Musei Vaticani o quello di Aquileia con i grandi pesci dei quali sono rimaste soltanto le lische e la testa. A volte in essi si può addirittura leggere tutto il menu di una cena romana: ci sono i resti di quella lattuga che si usava offrire come antipasto, un'insalata che, secondo gli antichi, aveva il vizio di spegnere gli ardori amorosi e che per questo veniva accompagnata da abbondanti razioni di afrodisiaca ruchetta.

Accanto si vedono gusci di ricci di mare spaccati in due e svuotati, conchiglie di ostriche, lumache ed altri pregiati antipasti romani. Poi gusci di aragosta, ossa di pollo, teste e lische di triglia, chicchi di uva, ciliegie, noci e cosí via. Tutto quello insomma che veniva normalmente servito in una cena.

Nel mosaico è spesso riprodotta pure l'ombra che gli avanzi avrebbero proiettato se fossero stati reali. A questo modo, se qualcosa fosse sfuggito alla scopa degli schiavi che ripulivano il pavimento, nessuno se ne sarebbe accorto, ma la ragione vera era che molti avanzi in terra significavano una cena abbondante e gustosa.

Vi sono poi i ricchi pavimenti intarsiati di marmi policromi, i più eleganti e costosi e qui non si vedono mai letti tricliniari in muratura, se non nei giardini. I letti, invece, erano fatti di legni preziosi e tra essi, per la maggior comodità dei convitati, non si poneva mai la piccola mensa centrale: un qualsiasi sostegno fisso per appoggiare i vassoi, sarebbe stato di impaccio ai commensali che dovevano salire sui letti o scendere da essi, bensì venivano posti vari tavolinetti di legno.


TIPI DI TRICLINI

Vitruvio presenta una ricca gamma di triclini: triclini semplici; esedre; triclini corinzi; triclini egizi e cizigeni. Ma oltre questi esisteva tutta una gamma di sistemazioni speciali destinate ai banchetti con fantasiose e costose soluzioni.

RIFACIMENTI DI TRICLINII ROMANI
Così una volta il ricchissimo e godereccio Lucullo si fece costruire un triclinio in una voliera piena di uccelli variopinti e rari cosí che, mentre i suoi ospiti mangiavano uccelli squisiti come pavoni o fagiani, potevano contemporaneamente godere dello splendore degli altri vivi e svolazzanti.

Era un'idea stupenda e tutto sarebbe andato bene se non fosse stato che, per belli e rari che fossero gli uccelli, la voliera finiva coll'avere lo stesso odore di un pollaio; un fetore insopportabile che ebbe presto ragione dei banchettanti e Lucullo fu costretto a demolire il suo prezioso triclinio.

Molto apprezzata fu invece la moda dei triclini creati in campagna nei magazzini in cui si depositava la frutta per l'inverno. Mele e pere, disposte artisticamente tutt'attorno alla sala, e altra frutta appesa deliziavano coi vari colori e profumavano l'aria. Così molti che avevano case in campagna ne presero l'abitudine, molti rimisero in ordine i locali rustici da tempo abbandonati o, addirittura ne costruirono di nuovi e li riempirono di frutta che si portavano da Roma dopo averla comprata al mercato.


Triclini d'acqua

C'erano poi i triclini d'acqua o a mensa d'acqua. Si sa che Plinio il Giovane, il nipote del grande naturalista Plinio il Vecchio, ne aveva uno nella sua villa toscana, ed in una sua lettera ad un amico lo descrive ampiamente.

STIBADIUM
Si trattava di un unico letto tricliniare a pianta curva, costruito in muratura rivestita di marmo, posto sull'orlo di una vasca semicircolare. Sulla parte opposta di tale vasca vi era lo spiazzo per i servitori e dietro ad essi si estendeva un'altra vasca con uno zampillo centrale. Nel fondo si trovava un padiglione di marmo bianco in cui potersi riposare se colti dal sonno durante la lunga cena.

I servitori ponevano sull'orlo della vasca i pesanti vassoi e, dopo aver disposte le pietanze tagliate a pezzi in recipienti di legno, stuccati e dipinti, a forma di uccelli e di barchette, li spingevano a galleggiare sull'acqua davanti ai convitati che si servivano prendendo i pezzi di cibo in essi contenuti. In genere nella vasca vi erano pesci, che divoravano tutti gli avanzi caduti nel fondo.

Un triclinio simile venne localizzato a Pompei: nella cosiddetta Casa di Loreio Tiburtino. Anche lì si cenava all'ombra di una pergola, e davanti alla vasca esisteva un posto dove gli schiavi che servivano la cena potevano sistemarsi, con un altro specchio di acqua decorativo alle spalle dei servitori.

Nel caso di Loreio Tiburtino si trattava di un canale che, per aumentare la lunghezza della terrazza con un effetto ottico, fu tagliato in due parti diseguali da un secondo ponticello. In tutte e due questi triclini di acqua dietro ai servitori vi era una vasca, ed in fondo a tutte e due le vasche c'era un padiglione destinato al riposo.

Uno molto più antico, costruito tra la fine del I sec. a.c. e gli inizi del I d.c., si trovava nella villa di Sperlonga, dove su un'ampia spiaggia, tra due promontori rocciosi, si apre un'enorme grotta.

Un ricco patrizio impiantò una villa marittima presso la grotta e la utilizzò costruendovi parte dentro e parte fuori una piscina per allevarvi i pesci.

Sotto la grotta venne creato un bacino circolare con al centro un piedistallo con sopra la scultura colossale di Scilla il mostro marino mentre, afferrata nelle sue spire la nave di Ulisse, ne divora i marinai. Oggi di questo gruppo restano soltanto i frammenti, un gruppo monumentale di tipo ellenistico, che venne purtroppo distrutto nel medioevo dove tutto ciò che era pagano diventava diabolico.

Sulla sponda del bacino verso l'interno della grotta vi era l'altro colossale gruppo ellenistico collegato sempre col mito di Ulisse. La sua statua centrale, alta circa 5 m metri, rappresentava il gigantesco ciclope Polifemo mentre veniva accecato da Ulisse e dai suoi compagni. Il colosso stava appoggiato ad un basso muretto nel quale due curve irregolari seguivano quelle del braccio e della gamba destra del gigante. All'ora del tramonto le statue, bellissime, venivano magicamente illuminate dai raggi del sole.

Su un isolotto che si trovava quasi sotto l’imboccatura del l’antro era stato costruito un triclinio d'acqua, consistente in un insenatura rettangolare ricavata sulla parte anteriore dell'isolotto e chiusa da una specie di ponticello che serviva da punto di appoggio per i servi, volto verso l'interno della grotta nella migliore posizione possibile per ammirare i capolavori.

Fu proprio mentre cenava in questo triclinio che Tiberio corse il pericolo di venir travolto da una storica frana, per la quale l'imboccatura della grotta, posta proprio sulla parte anteriore dell'isolotto, crollò improvvisamente mentre l'imperatore era qui disteso con i suoi più stretti collaboratori.

Per fortuna di Tiberio, la massa di roccia e terriccio si abbattè soltanto soltanto sul ponticello dove stavano i servitori e sullo specchio di acqua ad esso retrostante e soltanto gli schiavi, come precisa Tacito, vennero travolti.



I BANCHETTI

Prima di entrare nel triclinium i convitati si toglievano le scarpe, che consegnavano a uno schiavo, incaricato di restituirle al momento del commiato. Si faceva per una ragione di comodità e una ragione di igiene. I Romani temevano molto all'igiene si che durante i banchetti venivano cambiati i teli che coprivano i letti e pure la synthesis o vestis cenatoria, di seta o di cotone, una veste semplice e leggera che sostituiva l'ingombrante toga. Per cui appena entrato l'ospite si cambiava la veste e si toglieva le scarpe.

I cibi si servivano da zuppiere comuni, con dei cucchiai, mentre era sconosciuto l' uso della forchetta, per cui gran parte del cibo veniva messo nei loro piatti già tagliato in piccoli pezzi dagli schiavi.

Nei banchetti etruco-romani l'uovo era il cibo obbligatorio dell'inizio. Seguivano le carni arrostite, il sanguinaccio, gli uccelli, le oche, le galline, i fagiani, la porchetta ripiena di svariati animali, l'erba aromatica, i pesci d'acqua dolce, di mare e i molluschi.

La seconda parte era dedicata ai dolci, alla frutta di ogni genere ed alle torte a base di formaggio, miele e uova. Accompagnava il tutto, vino miscelato con miele o droghe, al fine di suscitare l'allegria tanto salutare per la digestione. Nell’ insieme le libagioni elencate erano cibi ricchi, nutrienti ed interessanti anche nel loro significato esoterico, destinati ad unire l'umanità alla Divinità.

Orazio nella seconda satira così descrive un banchetto tenutosi nella villa di Mecenate.

"Ecco avanza Nasidieno, e dietro a lui valletti che portano su un gran piatto pezzi di gru cosparsa di sale e di molto farro, e il fegato di un'oca bianca ingrassata con fichi succosi, e i soli quarti davanti di lepri, assai delicati a mangiarsi che non i quarti di dietro. Poi ci vennero imbanditi merli col petto rosolato allo spiedo e colombi senza i quarti di dietro: tutti cibi squisitissimi".


BIBLIO

- Foss, Pedar W. - Le cucine e sale da pranzo a Pompei: la relazione spaziale e sociale di cottura a mangiare in casa romana - Università del Michigan - 1944 -
- Nico Valerio - La tavola degli Antichi, Mondadori - Milano - 1989 -
- Antonietta Dosi - I Romani in cucina” (coautore Francois Schnell), Vita e Costumi dei Romani Antichi – Quasar, Roma, 1992 -
- La vita quotidiana a Roma - Universale Laterza - Bari - 1971 -



LA MOBILIA

I letti romani o divani, o dormeuse, non erano molto diversi da quelli classici usati nei vari secoli, con torniture a palla, cilindriche, a campana o a corolla, come possiamo vedere negli zampi dei tavoli o dei letti, o con forme a lira, o zampi sinuosi che svasano, rientrano e di nuovo svasano sinuosi come serpenti, p come zampa di uccello. Ma vanno molto anche gli zampi a foggia di grifoni, a zampa di leone o a sfingi alate, o a serpenti o draghi alati, tutte forme copiate da Pompei che ha dettato legge nella modo del mobilio nel mondo.

Nei triclini, oltre ai letti triclinari e i tavolinetti tondi a tre o quattro zampe, c'erano tavolini con su esposte le stoviglie più pregiate, di argento o di vetro.



5 comment:

Thehotblizzard on 8 maggio 2016 alle ore 11:00 ha detto...

"C'erano poi i triclini d'acqua o a mensa d'acqua. Si sa che Plinio il Giovane, il nipote del grande naturalista Plinio il Vecchio, ne aveva uno nella sua villa toscana, ed in una sua lettera ad un amico lo descrive ampiamente."
ESATTAMENTE, IN QUALE LETTERA? Grazie.

Unknown on 17 novembre 2017 alle ore 17:13 ha detto...

Si tratta dell'Epistula V, 6, 36

Unknown on 17 novembre 2017 alle ore 17:19 ha detto...

Si tratta dell'Epistula di Plinio il Giovane a Domizio Apollinare riguardo una sua villa in Etruria.

Unknown on 17 novembre 2017 alle ore 18:49 ha detto...

Il nome latino del triclinio d'acqua o a mensa d'acqua è stibadium

Luciana on 19 giugno 2019 alle ore 11:26 ha detto...

Qualcuno sa fino a quando continuò l'uso di mangiare sdraiati? Grazie

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