LUCUS JUNONIS LUCINAE


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IL  LUCUS ROMANO

IL TEMPIO DI GIUNONE LUCINA

Prima dell'edificazione del tempio, sull'Esquilino il culto di Giunone Lucina era già attivo in un bosco sacro (lucus, da cui potrebbe derivare l'epiteto della dea Lucina); Varrone assegna l'introduzione del culto a Tito Tazio, re dei Sabini.

Nel VI secolo a.c. Servio Tullio aveva promulgato una legge che obbligava il versamento al tempio di Giunone lucina una moneta da parte dei genitori in occasione della nascita di ogni neonato al fine di avere una statistica delle nascite.

Ma il tempio di Giunone Lucina fu dedicato però il 1º marzo del 375 a.c. per cui non poteva trattarsi di quel tempio. Nel 190 a.v. il tempio fu colpito da un fulmine, che ne danneggiò il timpano e le porte, interpretato come segno della collera della Dea.

Nel 41 a.c., il questore Quinto Pedio costruì o ristrutturò un muro che probabilmente recintava sia il tempio sia il bosco sacro. Alcune iscrizioni ne testimoniano l'esistenza anche in età imperiale.

IL LUCUS DI GIUNONE LUCINA 

Di nessun altro bosco come di questo si è in grado di meglio fissare la posizione, conoscendosi con ogni certezza quella del tempio di Giunone Lucina, e del sesto sacello degli Argei che presso il bosco era situato. Sorgeva il tempio, come si può vedere nella tavola XXIII della F. TI. del chiaro professor Lanciani, sull'estremo lembo del Cispio, nel versante che guarda il vico Patricio, e precisamente tra le moderne vie in Selci ed Urbana, non lungi dal punto in cui dalla via Cavour si dirama la via G. Lanza. 

Ciò per molte ragioni che non giova ripetere, potendosi leggere nei libri di topografia romana; ma soprattutto per essersi ivi scoperta nel 1770 una iscrizione appartenente al tempio di Lucina, e ritrovata si può dire in situ. 

Infatti, benché la iscrizione sia tornata in luce, non proprio nel Cispio, ma nell' estremo confine dell'Oppio, fu però rinvenuta a così breve distanza dal Cispio, da far credere che nell'Oppio giacesse, perchè sbalzatavi nel cadere dall'alto di qualche parete, o perchè trasportatavi più tardi dal luogo ove si trovava originariamente.

Lì presso adunque si collocava dai topografi il Lucus ed il sesto sacello degli Argei, ciò essendo pure consigliato dalla ragione più volte accennata, che cioè i sacrari degli Argei dovevano anche topograficamente succedersi in quell'ordine con cui vengono enumerati nel testo varroniano. Pertanto, servendo il bosco di Lucina a determinare l'ultimo sacello della regione Esquilina, è chiaro che tanto il sacello quanto il bosco erano da ricercare all'estremità del Cispio, dove appunto passava la linea di confine tra la seconda regione Esquilina e la terza Collina.

Orbene, questa deduzione è stata mirabilmente confermata dalla scoperta (avvenuta nel 1888, ed illustrata con la solita erudizione dal ch. prof. Gr. Gatti nel Bull. com. di quello stesso anno) di uno dei sacelli compitalici eretti da Augusto nel luogo medesimo dove sorgevano gli antichi sacrari degli Argei, e rispettando anzi, per quanto era possibile, come  ha pure dimostrato la scoperta di cui parlo, la precedente costruzione. 

Il sacello tornato in luce nel 1888, a cagione del luogo in cui fa scoperto, dietro l'abside della chiesa di san Martino ai Monti altro non può essere se non il sesto della regione Esquilina. In quelle adiacenze, dunque, si deve collocare il sacro boschetto di Lucina, nel quale si sarebbe fatta udire la voce che prescrisse alle sterili Sabine di farsi battere dai Luperci per diventare feconde. Perciò la tradizione attribuiva la dedicazione del tempio alle matrone, e se ne celebrava la ricorrenza alle none di marzo. 

Del progressivo sparire del luous si lamenta Varrone nel passo che mi è servito di guida principale per fissare la posizione dei boschi dell'Esquilino; e ne incolpa l'avidità dei privati, i quali pur di accrescere l'area fabbricabile» non si astenevano dall'invadere i confini del lucus. Suppone perciò il Nibby che il muro, di cui parla la già ricordata iscrizione a proposito di .restauri fattivi, avesse precisamente lo scopo di proteggere il bosco dalle continue usurpazioni, di cui si lagna Varrone. 

E forse a questo muro si deve se qualche avanzo del lucus si potè conservare almeno fino ai tempi di Plinio il Vecchio, il quale riferisce che davanti al tempio di Lucina si vedevano ancora alcuni alberi di loto antichissimi, e che ad uno di questi, chiamato perciò "arbor cavillata", si appendevano i capelli che il pontefice massimo 'tagliava alle Vestali. 

Questi alberi si ritenevano più antichi dello stesso tempio, la costruzione del quale si fa da Plinio risalire all'anno 379 di E,. Anche se ciò non sia vero nel caso particolare, è però sempre una prova dell'anteriorità dei luci sui templi fabbricati.

BIBLIO

- R. Lanciani - Storia degli Scavi di Roma e le Notizie intorno alle Collezioni Romane di Antichità -
- Giuseppe Ragone - Dentro l'àlsos. Economia e tutela del bosco sacro nell'Antichità Classica in Il sistema uomo-ambiente tra passato e presente - Bari - 1998 -
- AA.VV. - Les bois sacrés - Actes du Colloque International, du Centre J. Bérard - Napoli - 1993 -
- Servio - Ad Aeneidem -



 

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