tag:blogger.com,1999:blog-78222249014700143732024-03-29T14:16:42.993+01:00romanoimpero.comSito dedicato interamente alla vita, ai fasti, alle vittorie e sconfitte dell'Impero Romano. Più di 1000 anni di storia del più affascinante, potente e organizzato Impero che l'uomo abbia mai creato.
Romanoimperohttp://www.blogger.com/profile/04241360059894739474noreply@blogger.comBlogger2797125tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-34114458781993207182024-03-27T06:20:00.001+01:002024-03-27T06:38:04.793+01:00ITALICI CONTRO ROMA<p style="text-align: center;"><b></b></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8vOo-UTWh--Zf-r1n_Vc3VTpTaF76NIm27rzP_cdctbTf-IV6S1anEFLC7UzUwY9Zqbo8n5bsvwzMBnrDyO2RznUi_hFGjszftMufCOhv--lMv0tpL48j0Q3xY-MjNpN-i3QsvPd55hI2W_aRWbezQ_8dBHfNwjNfcf-GZLXwA9F-8fC3h177O-XB/s550/italici-contro-roma1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="309" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8vOo-UTWh--Zf-r1n_Vc3VTpTaF76NIm27rzP_cdctbTf-IV6S1anEFLC7UzUwY9Zqbo8n5bsvwzMBnrDyO2RznUi_hFGjszftMufCOhv--lMv0tpL48j0Q3xY-MjNpN-i3QsvPd55hI2W_aRWbezQ_8dBHfNwjNfcf-GZLXwA9F-8fC3h177O-XB/s16000/italici-contro-roma1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ROMA</td></tr></tbody></table><br />Le Leghe Italiche furono alleanze di città-stato nell'Italia antica che si unirono per resistere al crescente dominio di Roma sulla penisola. Queste leghe rappresentavano un tentativo da parte delle città italiche di preservare la propria autonomia e indipendenza di fronte all'espansione romana. Le principali leghe italiche includono:<br /><br />Lega Latina: La Lega Latina era un'alleanza di città-stato latine, composta principalmente da città della regione del Lazio. La lega era stata inizialmente un'organizzazione militare, ma in seguito divenne un'importante istituzione politica ed economica. Durante la Guerra Latina (340-338 a.C.), la Lega Latina si oppose a Roma, ma alla fine fu sconfitta e assorbita nell'orbita romana.<br /><br />Lega Sannitica: La Lega Sannitica era un'alleanza di città-stato nell'Italia centrale e meridionale, guidata dai Sanniti. Durante il IV secolo a.C., la Lega Sannitica si scontrò ripetutamente con Roma in una serie di guerre sannitiche. Nonostante alcuni successi iniziali, la lega fu alla fine sconfitta da Roma, portando alla sottomissione dei Sanniti e delle città alleate sotto il dominio romano.<br /><br />Lega Etrusca: La Lega Etrusca comprendeva le città-stato etrusche dell'Italia centrale e settentrionale. Anche se gli Etruschi non formarono una lega politica coesa come gli altri popoli italici, le città etrusche spesso collaboravano tra loro per difendere i propri interessi contro Roma. Tuttavia, Roma alla fine riuscì a sottomettere gli Etruschi e a incorporare le loro città nel suo dominio.<br /><br />Altre Leghe: Oltre alle leghe sopra menzionate, vi erano altre alleanze e coalizioni di città-stato che cercavano di resistere al dominio di Roma. Tuttavia, nessuna di esse riuscì a impedire l'ascesa di Roma come potenza preminente nella penisola italica.<br /><br />Nonostante gli sforzi delle leghe italiche per opporsi al dominio romano, alla fine Roma riuscì a sottometterle tutte attraverso una combinazione di forza militare, diplomazia e concessioni politiche. Questo segnò una tappa importante nella storia dell'espansione romana e nella creazione dell'Impero Romano.<b><br /><br /><br /></b><p></p><p><b><span style="color: #990000; font-size: large;">GLI ITALICI CONTRO ROMA</span></b></p><p><b><span style="color: #990000;">STORIA DI ROMA ANTICA - DI THEODOR MOMMSEN</span></b></p><p><br /></p><b><span style="color: #990000;">§ - </span></b><b><span style="color: #990000;">GUERRE TRA SABELLI E TARANTINI</span></b><br /><br />Mentre i Romani combattevano sulle sponde del Liri e del Volturno, altre guerre muovevano il sud-est della penisola. La ricca repubblica commerciale di Taranto, sempre più gravemente minacciata dalle popolazioni dei Lucani e dei Messapi, e diffidente, e con ragione, delle proprie armi, seppe con buone parole e miglior oro cattivarsi i capitani di ventura del proprio paese.<div><br /></div><div><br /></div><div><b>Archidamo</b><br /><br />II re degli Spartani Archidamo, venuto in aiuto dei suoi compatrioti con un forte esercito, peri sotto le armi dei Lucani nello stesso giorno in cui Filippo vinse a Cheronea (i pii Greci pensarono che la sua morte fosse avvenuta come castigo, perché egli diciannove anni prima aveva partecipato colla sua gente al saccheggio del tempio di Delfo).</div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>Alessandro il Molosso</b><br /><br />Prese il suo posto un più potente capitano, Alessandro il Molosso, fratello d'Olimpia, madre d'Alessandro il Grande. Con le schiere che seco condusse Alessandro trasse sotto le sue insegne i contingenti delle città greche e particolarmente i Tarantini e i Metapontini; inoltre i Pediculi (intorno a Rubi ora Ruvo), i quali, come i Greci, si vedevano minacciati dalla nazione sabellica; finalmente gli stessi esiliati Lucani, il cui ragguardevole numero ci fa argomentare che forti dissensioni vide presto superiore al nemico. </div><div><br /></div><div>Cosenza che era, come pare, la sede della federazione dei Sabelli stanziati nella Magna Grecia, cadde nelle sue mani. Invano i Sanniti vennero in aiuto dei Lucani, Alessandro sconfisse i loro eserciti uniti presso Pesto (Paestum), vinse i Danni a Liponto, i Messapii a sud-est della penisola; e cosi padrone dall'uno all'altro mare era già in procinto di porgere la mano ai Romani per attaccare unitamente a loro i Sanniti nelle loro sedi originarie. <div><br /></div><div>Ma questi inaspettati successi spiacquero e spaventarono i mercanti tarentini e scoppiò la guerra tra essi e il loro capitano il quale, venuto in Italia al soldo dei Tarentini, voleva fondare un regno ellenico in occidente come suo nipote voleva fondarne uno greco in Oriente. </div><div><br /></div><div>Alessandro fu dapprima fortunato: egli tolse Eraclea ai Tarentini, Turio e pare che avesse invitato con un proclama tutti gli altri Greci italici ad unirsi sotto la sua protezione contro i Tarentini e nello stesso tempo cercasse di metter pace tra i Greci e le popolazioni sabelliche. </div><div><br /></div><div>Ma i suoi grandiosi progetti trovarono solo debole appoggio presso i degeneri e disanimati Greci, e il cambiamento di parte impostogli dalla necessità alienò da lui quella parte dei Lucani che fino allora gli era stata favorevole. Egli cadde presso Pandosia per mano d'un esule lucano.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>Morte di Alessandro</b><br /><div><p>Colla morte sua le cose ritornarono di nuovo nell'antico stato. Le
città greche si videro nuovamente smembrate e ridotte al punto di proteggersi dai nemici col mezzo di trattati, di tributi od anche collo
aiuto straniero; così, ad esempio, Crotone nel 430 (= 324) respinse i
Bruzii coll'aiuto di Siracusa. Le schiatte sannitiche ebbero di nuovo
il primato, non avendo a temere i Greci, poterono rivolgere i loro
pensieri alla Campania e al Lazio.
Ma in questo breve tempo si era qui compiuto un notevole · cambiamento. </p><p>La confederazione latina era spezzata ed infranta, rotta
l'ultima resistenza dei Volsci, ed il paese campano, il più ricco ed
il più bello della penisola, si trovava in possesso incontrastato e ben
assicurato dei Romani, e così la seconda città d'Italia posta sotto la
clientela romana. </p><p>Mentre i Greci ed i Sanniti lottavano fra loro, Roma
si era, quasi senza contrasto, elevata a tale saldezza di potenza che
nessuno dei popoli della penisola aveva da solo la forza di abbatterla;
tutti erano ormai minacciati dal pericolo di cadere sotto il giogo romano e solo uno sforzo di comune accordo poteva forse ancora spezzare le catene, prima che si ribadissero intieramente. </p><p>Ma la chiaroveggenza, il coraggio, la rassegnazione, come richiedeva una tale coalizione, composta di tanti comuni popolari e urbani, stati sino allora per la maggior parte nemici e stranieri gli uni agli altri, non si trovarono allora o si trovarono solo quando era troppo tardi.</p><p><br /></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - COALIZIONE DEGLI ITALICI CONTRO ROMA</span></b></p><i>(Italici: antica denominazione dei popoli dell'Italia centro-meridionale, eccettuati gli abitanti delle Puglie, o Iapigi, gli Etruschi e i coloni greci. o Italioti. trapiantatisi nelle colonie dell'Italia meridionale, o Magna Grecia).</i><p>In seguito allo sfasciamento della potenza etrusca ed in seguito allo indebolimento delle repubbliche italo-greche, la confederazione sannitica era, senza dubbio, dopo Roma, la più ragguardevole potenza in Italia e nello stesso tempo quella che prima e più immediatamente delle altre era minacciata dalle usurpazioni romane.</p><p>Ad essa spettava dunque il primo posto ed il più grave peso nella guerra per la libertà e la nazionalità che gli Italici dovevano intraprendere contro Roma. Essa poteva dunque fare assegnamento sulle piccole popolazioni sabelliche dei Vestini, dei Frentani, dei Marrucini e di altri minori distretti che vivevano in contadinesco isolamento fra le loro montagne, ma che non sarebbero stati sordi ad afferrare le armi alla chiamata di una schiatta affine per la difesa dei beni comuni. </p><p>Di maggior importanza sarebbe stato l'aiuto degli Elleni stanziati nella Campania e nella Magna Grecia, e particolarmente quello dei Tarantini e dei potenti Lucani e dei Bruzii; ma in parte la fiacchezza e la trascuratezza dei demagoghi signoreggianti in Taranto e l'impaccio in cui si trovava avvolta la città per gli affari di Sicilia, in parte le dissensioni intestine della confederazione lucana, in parte e più di tutto le secolari e profonde inimicizie degli Elleni dell'Italia inferiore coi Lucani loro oppressori lasciavano appena sperare che Taranto e la Lucania si potessero unire in società coi Sanniti. </p><p>Dai Sabini e dai Marsi, come i più prossimi ai Romani e già da lungo tempo in pacifiche relazioni con Roma, non si potevano attendere che fiacchi soccorsi o la neutralità; gli A pulii, antichi ed inaspriti avversari dei Sabelli, erano naturali alleati dei Romani. Era per contro a credere che, conseguito un primo successo, gli Etruschi si unirebbero alla confederazione e in questo si poteva anche sperare una sollevazione nel Lazio e nel paese dei Volsci e degli Ernici. </p><p>Prima di ogni altra cosa dovevano i Sanniti, gli Etoli d'Italia in cui viveva ancora intatta la forza nazionale, confidare nel proprio valore e porre nella lotta ineguale una perseveranza, che lasciasse agli altri popoli il tempo ad un nobile pudore, alla riflessione, alla raccolta delle forze, e allora un solo successo fortunato avrebbe potuto accendere intorno a Roma la fiamma della guerra e della sollevazione. La storia non deve negare al nobile popolo sannitico la testimonianza che esso ha compreso il suo dovere e lo ha adempito. </p><p><br /></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - </span></b><b><span style="color: #990000;">ALLEANZA DEI ROMANI COI LUCANI</span></b></p><p>Già da parecchi anni tra Roma e il Sannio nascevano ad ogni tratto contese per le continue usurpazioni che i Romani si permettevano sul Liri, e tra le quali l'ultima e la più importante fu la fondazione di Fregelle (426 328). Ma allo scoppio della guerra diedero cagione i Greci stanziati nella Campania.</p><p>Dopoché Cuma e Capua erano divenute romane, nulla premeva piü vivamente ai Romani che la sottomissione della cittå greca Neapoli, la quale dominava pure le isole greche nel golfo ed era l'unica non ancora soggiogata cittå in mezzo al territorio della potenza romana.</p><p><br /></p><p><b>Conquista di Neapolis</b></p><p>I Tarantini ed i Sanniti, informati del progetto dei Romani d'impadronirsi di questa cittå, deeisero di prevenirli; e se i Tarantini, causa la loro lontananza e la loro lentezza, non furono pronti ad eseguiretale risoluzione, i Sanniti perchè vi posero un forte presidio. I Romani dichiararono bentosto la guerra in apparenza ai Neapoliti, in fatto però ai Sanniti e incominciarono l'assedio di Neapoli (427 327). </p><p>Da qualche tempo i Greci della Campania tolleravano a fatica il turbamento dei commerci e l'occupazione straniera, ed i Romani che in ogni modo s'ingegnavano di allontanare, maneggiando pratiche separate, gli stati di secondo e di terzo ordine dalla lega che andavan preparando con gran premura, appena i Greci aderirono alle trattative, offrirono loro le pih vantaggiose condizioni: piena uguaglianza di diritto, esenzione dalla milizia territoriale, uguale lega e pace perpetua. </p><p>Su queste basi fu conchiuso il trattato dopoché i Neapoliti (428 z: 326) si furono liberati coll'astuzia dalla guarnigione. Al principio della guerra le città sabelliche a mezzodì del Volturno, Nola, Nocera, Ercolano, Pompei tenevano pel Sannio, ma tanto per la loro posizione
molto esposta, quanto per i maneggi dei Romani, che per mezzo della
leva dell'astuzia e dell'interesse cercarono di trarre dalla loro parte
la fazione ottimista, e che trovavano un potente aiuto nell'esempio di
Capua, fecero sì che tutte le città sopra menzionate non tardarono
lungo tempo, dopo il caso di Neapoli, a collegàrsi con Roma oppure
a dichiararsi neutrali. <br /><br /><br /><b>Lega Romana con la Lucania</b></p><p>Un ancora più importante successo riuscirono ad ottenere i Romani
nella Lucania. Anche qui il popolo seguendo il suo giusto istinto propendeva per la lega sannitica, ma siccome la lega coi Sanniti traeva
seco anche la pace con Taranto e per la maggior parte dei signori
Lucani non era conveniente il far cessare le lucrose scorrerie dei predoni, così riuscì ai Romani di stringere una lega con la Lucania che
fu di somma importanza, perchè con essa si dava molto da fare ai
Tarantini e rimanevano disponibili contro il Sannio tutte le forze dei
Romani.<br /><br /><br /><b>Caudzne e pace Caudine</b></p><p>II Sannio rimaneva cosi completamente isolato, solo qualcuno dei distretti montuosi orientali gli mandò un contingente. Coll'anno 428 (z: 326) incominciö la guerra entro lo stesso paese sannitico; alcune cittå ai confini della Campania come Rufre (tra Venafro e Teano) e Allife furono occupate dai Romani. Negli anni seguenti gli eserciti romani combattendo e saccheggiando traversarono il Sannio nel territorio dei Vestini, inoltrandosi Sino all' Apulia, ove furono accolti a braccia aperte, riportando dappertutto i più decisivi vantaggi.</p><p>I Sanniti si perdettero d'animo; rimandarono i prigionieri romani e con essi il cadavere del capo del partito della guerra Brutolo Papio, il quale aveva prevenuto i carnefici romani dopo che la repubblica sannitica ebbe deliberato di domandare la pace al nemico e mediante la consegna del più valoroso loro duce di ottenere più miti condizioni. Ma siccome l'umile e quasi supplichevole preghiera (432 322) non trovò ascolto presso il popolo romano, i Sanniti si riarmarono e, sotto il loro nuovo duce Gavio Ponzio, si prepararono a disperata difesa. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJ-8uCvWlaz-qdVe2lWxOHjIUW7r-cVWLdx2PXNBaJv58FUTU_1SFtt0pTyhv6UC6hVWxVNfCXgcd7ZYdhhdOYLaJOXFGaMacxQdfj6Qvbn9cie-w10JclFomeSoRJ_8TivWCTZmVsI7dc0ooFzyewb8Y8MUC6l1jhcNjsb7ov0FpdcdFxRz9VSwZw/s550/italici-contro-roma4.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="388" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJ-8uCvWlaz-qdVe2lWxOHjIUW7r-cVWLdx2PXNBaJv58FUTU_1SFtt0pTyhv6UC6hVWxVNfCXgcd7ZYdhhdOYLaJOXFGaMacxQdfj6Qvbn9cie-w10JclFomeSoRJ_8TivWCTZmVsI7dc0ooFzyewb8Y8MUC6l1jhcNjsb7ov0FpdcdFxRz9VSwZw/s16000/italici-contro-roma4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'IMBOSCATA SANNITA</td></tr></tbody></table><br /><p></p><p><b>L'imboscata sannita</b></p><p>L'esercito romano il quale capitanato da ambedue i consoli del seguente anno Spurio Postumio e Tito Veturio, era accampato presso Calazia (tra Caserta e Maddaloni), ebbe notizia, confermata da gran numero di prigionieri, che i Sanniti avevano assediata Luceria e che l'importante città, da cui dipendeva il possesso dell' Apulia, era in grave pericolo.</p><p>Per giungere a tempo non si poteva prendere che una via, la quale attraversava il territorio nemieo, lå dove più tardi in continuazione della via Appia fu poi costrutta la via romana che da Capua per Benevento riesce all' Apulia. Questa via conduceva fra i monti che stanno fra le attuali borgate
di Arpaia e di Montesarchio (Caudium) e metteva ad un fondo umido,
d'ogni intorno circondato da alte e scoscese colline selvose e dove
l'entrata e l'uscita erano possibili solo per mezzo di angustissime gole. </p><p>Qui i Sanniti si erano posti in imboscate. I Romani entrati senza ostacolo nella valle trovarono sbarrato con un trinceramento d'alberi abbattuti e saldamente difeso il capo della valle, ritornando indietro si
accorsero che l'ingresso era chiuso nello stesso modo e che nello stesso
tempo le creste dei monti si coronavano in giro di coorti sannitiche. </p><p>Troppo tardi i Romani compresero che si erano lasciati ingannare da
uno stratagemma di guerra e che i Sanniti non li aspettavano presso
Luceria, ma nelle fatali strette di Caudio. Si combattè, ma senza speranza di successo e senza serio scopo; l'esercìto romano era nell'assoluta impossibilità di manovrare, e fu vinto pienamente senza combattere. </p><p>Solo goffi retoricanti poterono immaginare che il capitano dei Sanniti
fosse in dubbio nella scelta tra il congedo o lo sterminio dell'armata
romana, in cui erano raccolte tutte le forze attive della Repubblica
coi due supremi duci.</p><p>Così gli si apriva la via alla Campania e al Lazio e nelle condizioni
d'allora, in cui i Volsci e gli Ernici e la maggior parte dai Latini lo
avrebbero accolto a braccia aperte, l'esistenza politica di Roma sarebbe stata seriamente compromessa.
Ma invece di seguir questa via e di conchiudere una convenzione
militare Gavio Ponzio pensò di poter finir presto la contesa con un
buon trattato di pace, sia che dividesse la poco assennata smania dei
confederati per la pace onde l'anno prima era stato vittima Brutolo
Papio, sia che non fosse in grado di resistere al partito avverso alla
guerra, che gli mandò a male una vittoria che non aveva l'eguale. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtb1frelFOR8tJ9_D2XDIspLtuxiMBKYagbBx9544kNGUYS7XCnLioKmwp5KY1LnE7O5su0zhlrCUT8u5OmoYHIdn732aXFgnIj7WsLr35Vhf6v-qAJ03tetgt7M3s3EdGogvXYJKt6-tP4z2hfognVcBiTAHg2YJS3eZ2fwFKtz9bKMddN8vznQ0p/s550/italici-contro-roma5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="389" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtb1frelFOR8tJ9_D2XDIspLtuxiMBKYagbBx9544kNGUYS7XCnLioKmwp5KY1LnE7O5su0zhlrCUT8u5OmoYHIdn732aXFgnIj7WsLr35Vhf6v-qAJ03tetgt7M3s3EdGogvXYJKt6-tP4z2hfognVcBiTAHg2YJS3eZ2fwFKtz9bKMddN8vznQ0p/s16000/italici-contro-roma5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LE FORCHE CAUDINE</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - </span></b><b><span style="color: #990000; font-size: medium;">LE FORCHE CAUDINE</span></b></p><p>Le
condizioni proposte erano abbastanza moderate: Roma doveva demolire
le piazze forti di Cales, di Fregelle, costrutte contro il tenore dei
trattati e rinnovare la federazione d'uguaglianza col Sannio. Dopo
che i duci romani ebbero accettate queste condizioni, di cui garantirono la fedele esecuzione con seicento ostaggi scelti nella cavalleria
e col giuramento prestato dai supremi capitani e da tutti gli ufficiali
dello stato maggiore, l'esercito romano fu lasciato partire illeso, ma
disonorato, poichè l'esercito sannitico, ebbro della vittoria, non potè
essere indotto a condonare agli odiati nemici l'ontosa cerimonia della
deposizione delle anni e di passare sotto la forca. </p><p>Ma il senato romano,
incurante del giuramento degli ufficiali e della sorte degli ostaggi,
cassò la capitolazione e si limitò a consegnare al nemico coloro che
l'avevano conchiusa come personalmente responsabili della sua esecuzione. Alla storia imparziale deve importar poco che la scienza casistica dei giureconsulti e della pretoria romana abbia con ciò rispettata
la lettera del diritto o che il senato abbia risolutamente rotto i patti;
ma considerando questo fatto sotto l'aspetto politico, non
pare che essa debba essere di biasimo ai Romani. <br /><br /><br /><b>Il Senato rifiuta il trattato di Pace</b></p><p>E cosa assai indifferente che il generale fosse o non fosse autorizzato, secondo la formale
ragion di stato, a conchiudere la pace, senza riservarne la ratificazione
alla Repubblica, e per vero, secondo lo spirito e la pratica della costituzione, era fuor di dubbio che qualunque trattato, il quale non fosse
puramente militare, dovesse considerarsi di competenza del potere
civile. </p><p>Era ben più grande l'errore del capitano dei Sanniti il quale
aveva lasciato ai consoli la scelta tra la salvezza dell'esercito e la
violazione dei poteri, che non l'errore dei consoli i quali non ebbero
la magnanimità di respingere assolutamente quest'ultima tentazione;
ed era cosa giusta e necessaria che il senato romano rifiutasse di
sanzionare questo trattato. </p><p>Nessun grande popolo dona quel che possiede senza l'obbligo di una suprema necessità; tutti i trattati di cessione sono una prova di necessità e non obblighi morali. Se ogni
nazione ripone il suo onore nel lacerare colle armi i trattati umilianti,
come poteva l'onore imporre ai Romani di rassegnarsi ad un trattato
come quello di Candio, a cui fu costretto da una violenza morale un
infelice capitano, mentre ardeva la recente vergogna e la forza esisteva ancora, non spezzata?<br /><br /><br /><b>Vittorie dei Romani</b></p><p>Nuove fortezze nell'Apulia e nella Campania.
Questo trattato di Caudio portò non già la pace, che gli entusiasti
del partito pacifico nel Sannio avevano stolidamente perorato, ma invece
sempre nuove guerre, essendosi da ambe le parti cresciute le cagioni
dell'odio per il rimpianto d'essersi lasciata sfuggire l'occasione propizia, per l'accusa di mancata fede, per il vilipeso onore delle armi e
per l'abbandono degli ostaggi. </p><p>Gli ufficiali romani consegnati ai Sanniti non furono da questi accettati, perchè essi, oltre l'innata generosità che li impediva di sfogare la loro vendetta su questi infelici,
accettando queste vittime espiatrici avrebbero ammesso in faccia ai
Romani che la convenzione poteva obbligare solo quelli che avevano
dato la promessa con giuramento, non lo Stato romano.
I generosi Sanniti rispettarono persino gli ostaggi, i quali, secondo
la legge marziale, meritavano la morte, e volsero tosto il pensiero alle
armi. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqLI0rXZ4Q2Cdii58JzBBXw_yDdg-uZ9MH_gImvIJFDUrHDrHpumN36w3Axx8UCMy-4usgRFU2I5GaFEL6daczGScqkPCiKCdO3AnhW7yc6XzoY9Z8BVRdRWiqQHJW9b4mRhtaNgw8mVZ5A6c4QtcJC5i39RuB3-_mb-zLDERFVvW8vIU8YuXg4H0x/s617/italici-contro-roma6.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="617" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqLI0rXZ4Q2Cdii58JzBBXw_yDdg-uZ9MH_gImvIJFDUrHDrHpumN36w3Axx8UCMy-4usgRFU2I5GaFEL6daczGScqkPCiKCdO3AnhW7yc6XzoY9Z8BVRdRWiqQHJW9b4mRhtaNgw8mVZ5A6c4QtcJC5i39RuB3-_mb-zLDERFVvW8vIU8YuXg4H0x/s16000/italici-contro-roma6.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LUCIO PAPIRIO CURSORE</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Lucio Papirio Cursore</b></p><p>Occuparono Luceria, sorpresero Fregelle (434 = 320), prima
che i Romani avessero riorganizzato l'esercito quasi disfatto; ciò che
essi avrebbero potuto ottenere se non si fossero lasciato sfuggire il
momento propizio, ce lo prova il passaggio dei Satricani alla parte
dei Sanniti. Ma le forze di Roma erano solo momentaneamente paralizzate, non scemate. La vergogna e lo sdegno stimolavano la virtù
e Roma raccoglieva tutte le sue forze, e alla testa del nuovo esercito
poneva, come supremo capitano, Lucio Papirio Cursore, soldato e condottiero di esperimentato valore. </p><p>L'esercito fu diviso; l'una metà si
diresse alla volta di Luceria attraverso la Sabina e il litorale adriatico, l'altra metà attraversò il Sannio per riuscire alla stessa città e
secondata da felici combattimenti cacciava innanzi a sè l'esercito sannitico. <br /><br /><br /><b>Assedio di Lucera</b></p><p>I due eserciti si ricongiunsero sotto le mura di Luceria, il cui
assedio fu condotto con molto rigore, perchè nella città si trovavano
prigionieri i cavalieri romani; gli Apuli e particolarmente gli Arpani
prestarono ai Romani un importante aiuto segnatamente col trasporto dei viveri. </p><p>I Sanniti, per liberare Luceria dall'assedio arrischiarono una battaglia e la perdettero, dopo di che Luceria si diede ai Romani ( 435
= 319). Papirio ebbe la doppia gioia di liberare gli ostaggi creduti
già perduti e di rendere alla guarnigione sannitica di Luceria la pariglia delle forche caudine (435-437 = 319-317).
Negli anni seguenti la guerra fu combattuta più nei paesi limitrofi
che nel Sannio. </p><p>I Romani punirono dapprima gli alleati dei Sanniti nell'Apulia e
nel Frentano e strinsero nuove leghe coi Teanesi di Apulia e coi
Canusini. Al tempo stesso Satrico fu ridotta in servitù e seriamente punita della sua slealtà. La guerra si ridusse quindi verso la Campania, dove i Romani acquistarono la città di Saticula (forse Sant'Agata
de' Goti) (438 = 316). ·</p><p>Ma dopo questa vittoria parve che la fortuna si volgesse nuovamente
contro essi. I Sanniti trassero dalla loro parte i Nucerini (438 = 316)
e poco dopo i Nolani; sul Liri superiore i Sorani scacciarono lo stesso
presidio romano (439 = 315); si preparava una sollevazione degli
Ausoni, la quale minacciava l'importante città di Cales, e nella stessa
Capua si agitavano vivamente gli animi mal disposti contro i Romani. </p><br /><b>Sora riconquistata</b><p>Un esercito sannitico s'avanzò nella Campania e si accampò alle
porte della città nella speranza di dare colla sua presenza la preponderanza al partito dell'indipendenza (440 = 314). Ma i Romani attaccarono subito Sora e, battuto l'esercito sannitico accorso a liberarla
(440 = 314), la presero nuovamente. </p><p>L'agitazione fra gli Ausoni fu
repressa con inesorabile severità prima che venisse ad aperta ribellione, e nello stesso tempo fu nominato un apposito dittatore per fare i
processi politici contro i capi del partito sannitico e per giudicarli, di
modo che i più ragguardevoli fra di essi si diedero volontariamente
la morte per sfuggire il carnefice romano (440 = 314). </p><p>L'esercito sannitico accampato sotto Capua fu battuto e costretto
alla partenza dalla Campania; i Romani inseguendo con impeto i nemici, valicarono il Matese e si attendarono nell'inverno del 440 (= 314)
innanzi a Boviano, capitale del Sannio. Nola fu abbandonata dai confederati ed i Romani furono abbastanza accorti per staccare per sempre
questa città dal partito sannitico col mezzo del favorevolissimo trattato d'alleanza, simile a quello già conchiuso con Napoli (441 = 313). </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh02QuZnIpOxuhAMYzd7QQmQfm9SLczXlKFNbRIIeHaswgmq80e7JSIr4FQ7Ni1IIIqJQlYvUNXkaSSXWtBbxkNEu15DQ3ws8pA7QeOJc3mADV8YfFRKbHEHK4C_dnpQQTV2nBYBJoRydUfKTbUNgvjH5VZLPH-4fTJ8Xw8z5NRM6DiQpGQfobfmRKh/s550/italici-contro-roma7.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh02QuZnIpOxuhAMYzd7QQmQfm9SLczXlKFNbRIIeHaswgmq80e7JSIr4FQ7Ni1IIIqJQlYvUNXkaSSXWtBbxkNEu15DQ3ws8pA7QeOJc3mADV8YfFRKbHEHK4C_dnpQQTV2nBYBJoRydUfKTbUNgvjH5VZLPH-4fTJ8Xw8z5NRM6DiQpGQfobfmRKh/s16000/italici-contro-roma7.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">RESTI DI FREGELLAE (Lazio)</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>La Punizione di Fregelle</b></p><p>Fregelle, che dal tempo della catastrofe presso Candio era rimasta
nelle mani del partito antiromano, e il suo principale castello situato
nel paese sul Liri caddero finalmente in potere di Roma otto anni
dopo la presa dei Sanniti ( 441 = 313). Duecento cittadini, i più distinti
del partito nazionale, furono condotti a Roma e decapitati in aperto
Forn, come ammonizione ed esempio ai patrioti che dappertutto avversavano Roma.
L'Apulia e la Campania caddero nello stesso modo nelle mani dei
Romani. </p><p>A guarentigia finale ed a stabile dominazione del territorio conquistato, i Romani vi fondarono, negli anni dal 440 fino al 442 (= 314-312), una quantità di nuove fortezze. Luceria nell'Apulia, dove
a causa della esposta ed isolata sua posizione fu mandata a stabile
presidio una mezza legione; indi Pontia (le isole di Ponza), per assicurare le acque della Campania; Saticula, sul confine campano-sannitico quale antimurale contro il Sannio; finalmente Interamna presso
Monte Cassino e Suessa Aurunca (Sessa) sulla via da Roma a Capua. </p><p>Oltre a ciò vennero guernite di presidii Calazia, Sora ed altre importanti piazze militari. La grande strada militare da Roma a Capua
che il censore Appio Claudio fece selciare l'anno 442 (= 312), e l'argine
da lui costrutto attraverso le paludi Pontine completarono la conquista
della Campania. Sempre più compiuto si manifestava l'intento dei
Romani; si trattava di assoggettarsi tutta l'Italia, che d'anno in anno
veniva sempre più avviluppata dalla rete delle strade e delle fortezze
romane.</p><p>Da ambe le parti i Sanniti erano circondati dai Romani; la linea
da Roma a Luceria già separava l'Italia settentrionale dalla meridionale, come una volta le piazze forti di Norba e di Signia avevano
separato i Volsci e gli Equi; e come allora sugli Ernici, Roma si appoggiava ora sugli Arpini. Gli Italici dovevano riconoscere che la
loro libertà era perduta se il Sannio soccombeva, che non vi era tempo da perdere e che bisognava finalmente, con tutte le forze unite, accorrere in aiuto di quei valorosi montanari, i quali già da quindici anni
sostenevano la lotta contro i Romani. </p><p><b><br /></b></p><p><span style="color: #990000;"><b><span>§ - </span></b><b><span style="font-size: medium;">INTERVENTO DEI TARANTINI</span></b></span></p><p>I Tarantini sarebbero stati i più prossimi alleati dei Sanniti, ma la
fatalità che pendeva sul Sannio e sull'Italia in generale, fece sì che
in questo momento, che era per determinare il futuro, la decisione
stesse nelle mani di questi Ateniesi italici. </p><p>Dacchè Taranto si era ridotta alla più perfetta democrazia, la costituzione, che per l'antica sua origine dorica, era rigidamente aristocratica, venne corrompendosi con incredibile rapidità e l'educazione
e le quotidiane occupazioni del popolo tarantino, più ricco che intraprendente, e composto per la maggior parte di barcaiuoli, di pescatori e di artieri, allontanavano tutti i gravi pensieri della vita o li
addormentavano colle arguzie e coll'affaccendata e rumorosa operosità
di modo che la loro mente fluttuava incerta tra la più grandiosa temerità di propositi e la più geniale elevazione d'idee e tra la più vergognosa leggerezza ed i più puerili capricci. </p><p>E non sarà inopportuno qui ricordare, in connessione con quanto appunto notammo quando
si trattò dell'essere o non essere di nazioni dotate di grandi e belle
qualità e di antica fama, come Platone, il quale venne a Taranto
circa sessant'anni prima di questa epoca, trovasse, secondo la sua
testimonianza, nell'occasione della festa di Dionisio, l'intiera città
ubbriaca, e come la farsa parodiata, la così detta tragedia burlesca, fosse stata inventata in Taranto appunto al tempo della grande guerra sannitica. </p><p>A complemento di queste abitudini di vita scioperata
e di poesia buffonesca dei colti ed eleganti Tarantini, si aggiungeva
la tentennante, petulante e cieca politica dei demagoghi di Taranto, i
quali si mostravano attivi dove nulla avevano a fare, e si ecclissavano
quando li chiamava il più prossimo loro interesse. </p><p>Quando dopo la
catastrofe caudina i Romani ed i Sanniti stavano alle prese nell'Apulia,
i Tarantini avevano mandato colà degli ambasciatori che comandavano alle due parti di deporre le armi.
Questa intromissione diplomatica in una lotta decisiva per l'Italia
non poteva essere ragionevolmente considerata che come la prova che
Taranto si deciderebbe fìnalmente ad uscire dalla passività in cui si
era fino allora tenuta. </p><p>Ciò era davvero necessario per quanto pure
riuscisse difficile e pericoloso ai Tarantini d'impicciarsi in questa guerra;
dacchè l'indirizzo democratico aveva ridotto le forze dello Stato quasi intieramente alla marineria, la quale col sussidio del numeroso naviglio
acquistava a Taranto il primo posto fra le potenze marittime della Magna
Grecia, dove l'esercito di terra, in cui stava tutta l'importanza della
guerra sannitica, era essenzialmente composto di mercenari assoldati e
si trovava in profonda decadenza. </p><p>Per tutte queste circostanze non era facile compito per la repubblica
tarantina il partecipare alla lotta tra Roma e il Sannio, anche senza tener
conto delle inimicizie, per lo meno moleste, nelle quali la politica romana aveva saputo avvolgere i Tarantini coi Lucani. Però con una forte volontà questi ostacoli non erano poi insuperabili, e ambedue le
parti avversarie giudicarono l'invito degli ambasciatori tarantini esser
principio di una politica più attiva. </p><br /><b>Gli ambasciatori Tarantini non dichiarano guerra a Roma</b><p>I Sanniti, come i più deboli, si mostrarono disposti di accettare l'invito, i Romani invece risposero alla
intimazione dando il segnale della battaglia. Il senno e l'onore avrebbero
imposto ai Tarantini di far eseguire immantinente l'arrogante intimazione dei loro ambasciatori una dichiarazione di guerra a Roma; ma in
Taranto si mancava appunto di senno e d'onore e vi si trattavano molto
puerilmente le cose della più alta importanza. </p><p>La dichiarazione di guerra
contro Roma non ebbe luogo, si preferì invece d'impegnarsi a sostenere
la fazione delle città siciliane contro Agatocle di Siracusa, che era già
stato prima al loro servizio ed era caduto in disgrazia, e seguendo
l'esempio di Sparta, si mandò una flotta in Sicilia che avrebbe potuto
rendere migliori servizi nel mare della Campania (440 = 314). </p><br /><b>Gli Etruschi contro Roma</b><p>Più energicamente agirono i popoli stanziati al settentrione e nel
cuore d'Italia, i quali, come pare, furono particolarmente scossi dalla
fondazione della fortezza di Luceria. Dapprima (443 = 311) sorsero gli
Etruschi, il cui trattato d'armistizio del 403 (= 351), era scaduto già
da alcuni anni. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhteR-1lnrT1F5CZn5aWVeZjAtpBBXIBhXyEkb9POVZSZO5xIFzHGie3Hv1KvFlbAG-RrcxGA7oXuWXQOgaPZDFt5Sucn4ZAPdpgcHhUQbf3zaFYaMIzLc6mlU66NzYOoe9TFG6Bm9qvmDlBmbdKigRWjf3LjS8DXub08iSjxoKK7zOj5Hrz9jXSSC-/s550/italici-contro-roma8.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="306" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhteR-1lnrT1F5CZn5aWVeZjAtpBBXIBhXyEkb9POVZSZO5xIFzHGie3Hv1KvFlbAG-RrcxGA7oXuWXQOgaPZDFt5Sucn4ZAPdpgcHhUQbf3zaFYaMIzLc6mlU66NzYOoe9TFG6Bm9qvmDlBmbdKigRWjf3LjS8DXub08iSjxoKK7zOj5Hrz9jXSSC-/s16000/italici-contro-roma8.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ENTRATA DEL TEATRO A SUTRI</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Sutri</b></p><p>La fortezza romana di confine, Sutrio, ebbe a sostenere
un assedio di due anni e nei violenti combattimenti, che accaddero
sotto le sue mura, erano d'ordinario i Romani che ne andavano colla
peggio, fin che il console dell'anno 444 (= 310), Quinto Fabio Rulliano,
condottiero esperimentato nelle guerre sannitiche, non solo procacciò la
preponderanza alle armi romane nell'Etruria romana, ma penetrò audacemente anche nel paese degli Etruschi, fino allora rimasto straniero
ai Romani per la diversità della lingua e per le poche comunicazioni. </p><p>Il passaggio per la foresta Ciminia, che nessun esercito romano aveva
sino allora varcata, e il saccheggio del ricco territorio da lungo rimasto
intatto e salvo dalle miserie della guerra, fece armare l'intera Etruria,
ed il governo romano, che disapprovava seriamente questa inconsulta
spedizione, e che aveva troppo tardi interdetto al temerario duce il passaggio dei confini, raccolse per far fronte all'inatteso cozzo delle forze
etrusche riunite in tutta fretta nuove legioni. </p><p><br /></p><p><span style="color: #990000; font-size: medium;"><b><span style="color: #990000;">§ - </span></b><b>VITTORIA DEL LAGO VIDIMONE </b></span></p><p>Ma un'opportuna e finale vittoria di Rulliano nella battaglia combattuta sulle rive del lago Vadimone, di cui il popolo serbò lungo ricordo, fece dell'incauto principio delle ostilità una celebrata azione
eroica ed infranse la resistenza degli Etruschi. </p><p>Dissimili dai Sanniti,
i quali ormai da diciotto anni combattevano con forze ineguali, tre
delle più potenti città etrusche, Perusia, Cortona e Arretium, si accontentarono appena dopo la prima sconfitta di negoziare una pace separata di trecento mesi (444 = 310), e dopo che nell'anno seguente i
Romani vinsero ancora una volta presso Perusia gli altri Etruschi,
anche i Tarquinesi acconsentirono ad una pace di 400 mesi ( 446 = 308);
dopo di ciò anche le altre città si astennero dal guerreggiare ed in
Etruria provvisoriamente ebbero posa le armi. </p><p>Mentre questi fatti accadevano nell' Etruria, la guerra non cessò
neanche nel Sannio. La campagna del 443 si era limitata fin qui all'assedio e alla espugnazione di alcune piazze sannitiche, ma nel seguente anno la guerra prese una più viva piega. La pericolosa posizione di Rulliano nell'Etruria e le voci sparse sopra la disfatta dell'esercito romano nel settentrione, animarono i Sanniti a nuovi sforzi;
il console romano Gaio Marcio Rutilo fu da essi vinto e gravemente
ferito, ma il cambiamento delle cose in Etruria distrusse le rinascenti
speranze. <br /><br /><br /><b>Vittoria di Lucio Papirio Cursore contro i Sanniti</b></p><p>Ricomparve Lucio Papirio Cursore alla testa delle legioni
romane inviate contro i Sanniti, il quale fu ancora vincitore in una
grande e decisiva battaglia (445 = 309) in cui i confederati avevano
impiegato le ultime loro forze. Il nerbo della loro armata, che componevasi delle schiere dalle sopravesti screziate e dagli scudi d'oro e di
quelle dalle sopravesti bianche e dagli scudi d'argento, fu qui distrutto
e da allora in poi le splendide armature ornavano nelle grandi solennità le botteghe lungo il Foro romano. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-cBFVpiGjliQPSJLeLZcuBqe3ct9lWiAbZJ6zqiND42D5g3Bm-X-HUOq2IdTa8lkMw2Q1UDSOVn7Q5O0sjfN9n4c8PxMIM53V7Zlyma6zMQ3XkFNLbCrYrM1QbqGMZKTVbfZioMQHstWoX0TW4YRaRLO9c6IbJn2bqZxA848w9e2JrQ6WJr1MjJay/s550/italici-contro-roma9.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="303" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-cBFVpiGjliQPSJLeLZcuBqe3ct9lWiAbZJ6zqiND42D5g3Bm-X-HUOq2IdTa8lkMw2Q1UDSOVn7Q5O0sjfN9n4c8PxMIM53V7Zlyma6zMQ3XkFNLbCrYrM1QbqGMZKTVbfZioMQHstWoX0TW4YRaRLO9c6IbJn2bqZxA848w9e2JrQ6WJr1MjJay/s16000/italici-contro-roma9.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">NUCERIA ALFATERNA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Resa di Nuceria</b></p><p>Sempre più grande si faceva
la miseria, sempre più disperata diveniva la lotta. Nell'anno seguente
( 446 = 308) gli Etruschi deposero le armi e, dopo essere nello stesso tempo investita per mare e per terra, si diede nel medesimo anno con
favorevoli condizioni ai Romani, Nuceria, ultima città della Campania
che tenesse ancora pei Sanniti. Questi trovarono bensì nuovi alleati
negli Umbri stanziati nell'Italia settentrionale, nei Marsi e nei Peligni
nell'Italia centrale e gli stessi Ernici trassero numerosi volontariamente
sotto le loro insegne. </p><p>Ma ciò che avrebbe potuto essere di grave peso
nella bilancia a danno di Roma se gli Etruschi fossero stati ancora
sotto le armi, aumentava ora i successi della vittoria dei Romani senza
renderla veramente più difficile. </p><br /><b>Sconfitta degli Umbri</b><p>Agli Umbri che s'apprestavano a correre
su Roma, Rulliano sbarrò la via sul Tevere superiore coll'esercito destinato contro il Sannio, senza che i deboli Sanniti lo potessero impedire, e questo bastò per disperdere la leva in massa degli Umbri.
Allora la guerra si scatenò di nuovo sull'Italia centrale. </p><br /><b>Sconfitta dei Peligni e dei Marsi</b><p>I Peligni e i
Marsi furono vinti e sebbene le altre schiatte sabelliche rimanessero
ancora di nome nemiche dei Romani, il Sannio si trovava da quel
lato a poco a poco effettivamente isolato. Ma inaspettatamente venne
ai Sanniti un aiuto dal territorio del Tevere. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOA0mnKEGOm3stLaN3ZCKd8tuW6g-7v1sZgZFUxO8tiqj1yiBcxl0gDeJxyFCVaqyMX3-Y80X1LUUO8cvX4854ZZ70QOQVamm8ylj5bsp3f-RpIkoKmLfe00YlgmqAczHtoGoq1J_J70zb7cCpS32pHthuAN7uURdi4-EKW3BZnwebIe9XIbpfUw__/s550/italici-contro-roma10.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="309" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOA0mnKEGOm3stLaN3ZCKd8tuW6g-7v1sZgZFUxO8tiqj1yiBcxl0gDeJxyFCVaqyMX3-Y80X1LUUO8cvX4854ZZ70QOQVamm8ylj5bsp3f-RpIkoKmLfe00YlgmqAczHtoGoq1J_J70zb7cCpS32pHthuAN7uURdi4-EKW3BZnwebIe9XIbpfUw__/s16000/italici-contro-roma10.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GUERRIERI ERNICI</td></tr></tbody></table><p></p><p><span style="color: #990000; font-size: medium;"><b><span style="color: #990000;">§ - </span></b><b>GLI ERNICI DICHIARANO GUERRA AI ROMANI</b></span></p><p>La confederazione degli
Emici, chiamata a giustificarsi verso Roma perchè fra i prigionieri
di guerra sannitici si trovassero militi ad essa appartenenti, dichiarò
la guerra ai Romani (448 = 306) più per disperazione che per
riflessione. </p><p>Alcuni dei più ragguardevoli comuni ernici si astennero sin dal
principio dal prender parte alla guerra, ma Anagni, la più importante
città ernica, diede la dichiarazione di guerra. Militarmente era in quel
momento sommamente difficile la posizione dei Romani per l'inattesa
insurrezione ernica alle spalle dell'esercito che trovavasi occupato nell'assedio delle fortezze nel Sannio. </p><p>Ancora una volta la fortuna delle
armi fu favorevole ai Sanniti; Sora e Calazia caddero nelle loro mani,
ma gli Anagnini soggiacquero più presto che non lo si aspettasse alle
milizie mandate da Roma che opportunamente aprirono la via anche
all'esercito che trovavasi nel Sannio; tutto era perduto. I Sanniti chiesero la pace, ma invano, non era ancora possibile un accordo. </p><p>Solo
la campagna del 449 (= 305) portò la decisione finale. I due eserciti
consolari romani penetrarono nel Sannio: l'uno capitanato da Tiberio
Minucio e dopo la sua caduta da Marco Fulvio, partendo dalla Campania e passando attraverso i gioghi dei monti; l'altro condotto da
Lucio Postumio venendo dal mare Adriatico e rimontando il Biferno
per riunirsi innanzi a Boviano, capitale del Sannio. </p><p>Qui fu riportata
una decisiva vittoria, il generale sannitico Stazio Gellio fu fatto prigioniero e Boviano venne espugnata.
La caduta della principale piazza d'armi pose fine alla guerra che
aveva durato ventidue anni. I Sanniti ritrassero i loro presidii da Sora
e da Arpino e mandarono ambasciatori a Roma per chiedere la
pace; il loro esempio fu seguìto dalle schiatte sabelliche dei Marsi,
dei Marrucini, dei Peligni, dei Frentani, dei Vestini, dei Piceni. </p><p>Le
condizioni concesse da Roma erano tollerabili; furono bensì chieste
concessioni di territorio, come ad esempio dai Peligni, ma pare che
esse non siano state molto importanti. La stessa alleanza fu rinnovata
tra gli Stati sabellici ed i Romani (450 = 304),</p><br /><b>Pace col Sannio e con Taranto</b><p>Probabilmente verso quello stesso tempo e in conseguenza della pace
sannitica, fu fatta la pace anche tra Roma e Taranto. Per vero le due
città non erano uscite apertamente in campo l'una contro l'altra; i
Tarantini si erano mantenuti dal principio alla fine della lunga lotta
tra Roma e il Sannio inattivi spettatori e avevano solo continuata la
lotta in lega coi Salentini contro i Lucani, confederati dei Romani. </p><p>I Tarantini avevano bensì lasciato sospettare ancora una volta negli
ultimi anni della guerra sannitica di volersi intromettere più energicamente. Ma parte la triste posizione nella quale i continui assalti dei
Lucani li avevano ridotti, e parte anche la sempre più penetrante persuasione che il totale soggiogamento del Sannio minacciava anche la
loro propria indipendenza, li aveva decisi, malgrado le tristi esperienze
fatte con Alessandro, di affidarsi ancora una volta ad un condottiero. </p><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTZRuTY0F5B3-Y3TAIeYEQh7Xh77HlVAaGAE6TE_cYOmu21FUjWmKxi_bk3D_21qwmhppTpB76jGMRR4Hebg78mqASQAsb6p1IGchW4yOywpkmrOS1GbqqBf3HgP6XW5tty_cUQ7DHJXBvKOX--nP0eVqgyR3RwNZGNGCzIXBuW4O1MHblU2LXNlHL/s733/italici-contro-roma11.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="733" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTZRuTY0F5B3-Y3TAIeYEQh7Xh77HlVAaGAE6TE_cYOmu21FUjWmKxi_bk3D_21qwmhppTpB76jGMRR4Hebg78mqASQAsb6p1IGchW4yOywpkmrOS1GbqqBf3HgP6XW5tty_cUQ7DHJXBvKOX--nP0eVqgyR3RwNZGNGCzIXBuW4O1MHblU2LXNlHL/s16000/italici-contro-roma11.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PRINCIPE SPARTANO CLEONIMO<br /></td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Cleonimo</b></p><p>Venne alla loro chiamata il principe spartano Cleonimo con 5000 mercenari, ai quali aggiunse una schiera di ugual forza arruolata in Italia
e fortemente aumentata fino a 22.00 uomini coi rinforzi dei Messapii,
delle piccole città greche e più di tutto coll'esercito dei cittadini Tarantini. Alla testa di questo considerevole esercito egli costrinse i Lucani a far la pace con Taranto e ad istituire un governo devoto ai
Sanniti, per cui certo fu a loro liberamente sacrificata Metaponto. </p><p>Quando questo accadde, i Sanniti erano ancora in armi, nulla impediva allo spartano di venir loro in aiuto e di mettere la sua strategia
ed il suo forte esercito al servizio della libertà dei popoli e delle città
italiane. Ma Taranto non agi come in simile caso avrebbe agito Roma,
e il principe Cleonimo non era nè un Alessandro, nè un Pirro. Egli
non s'affrettò a cominciare una guerra nella quale erano da aspettarsi
più sconfitte che bottino, ma fece piuttosto causa comune coi Lucani
contro Metaponto, e si compiacque del soggiorno di questa città, accennando ad una spedizione contro Agatocle da Siracusa e alla liberazione dei Greci siciliani. </p><p>Allora i Sanniti fecero pace e quando dopo
questa conclusione Roma incominciò ad occuparsi più seriamente del
sud-est della penisola, allorchè ad esempio nell'anno 447 (= 307) una
schiera di truppe romane metteva a contribuzione il paese dei Sallentini
o piuttosto vi faceva un'esplorazione per ordine superiore, il condottiero
spartano s'imbarcò coi suoi mercenari e approdò per sorpresa all'isola
di Corcira, che era eccellentemente situata, per esercitarvi la pirateria
contro la Grecia e contro l'Italia. </p><p>Abbandonati per tal modo dal loro condottiero e nello stesso tempo privi dei loro confederati nell'Italia
centrale, non rimaneva ormai ai Tarantini ed ai loro alleati italici,
i Lucani ed i Sallentini, che di sollecitare un accordo con Roma,
che pare essere stato concesso a tollerabili condizioni. Poco dopo (451
= 303) i Sallentini coll'aiuto dei Romani respinsero anche un'invasione di Cleonimo, il quale era sbarcato sul territorio sallentino ed
aveva assediato Uria.</p><p><br /></p><p><span style="color: #990000; font-size: medium;"><b>CONSOLIDAMENTO DELLA SIGNORIA DEI ROMANI NELL' ITALIA CENTRALE</b> </span></p><p>Roma ebbe piena vittoria e ne approfittò largamente. Non per magnanimità, che i Romani non conoscevano, ma per saggio e manifesto
calcolo furono imposte così moderate condizioni ai Sanniti, ai Tarentini e in generale a tutte le altre più lontane popolazioni. </p><p>Innanzi tutto non trattavasi tanto di costringere al più presto possibile l' Italia
meridionale al formale riconoscimento della supremazia romana, quanto
di compiere la conquista dell'Italia centrale, di cui erano state poste
le fondamenta colla costruzione delle strade militari e con le fortezze
già fondate nella Campania e nell'Apulia durante l'ultima guerra e
riuscendo con ciò a separare gli Italici stanziati nel settentrione da
quelli del mezzodì della penisola, riducendoli militarmente a due masse
separate l'una dall'altra da ogni immediato contatto. </p><p>A ciò miravano
anche le prossime imprese dei Romani con energica conseguenza. E
prima di tutto si colse o si procurò l'occasione per sciogliere la lega
degli Equi e degli Ernici rivaleggianti nella regione Tiberina colla monopotenza romana, e mai pienamente vinte. </p><br /><b>Pace col Sannio e guerra cogli Equi</b><p>Nello stesso anno in cui ebbe
la pace col Sannio ( 450 = 304), il console Pubblio Sempronio Sofo portò guerra agli Equi; quaranta paesi si sottomisero m cinquanta
giorni; tutto il territorio, ad eccezione della stretta ed aspra Valle
montana, che oggi ancora porta l' antico nome popolare (Cicolano),
divenne proprietà romana, e qui, sull'orlo settentrionale del lago Fucino, venne fondata l'anno dopo la fortezza di Alba, con una guarnigione di 6000 uomini, che fu quindi l'antemurale contro i nemici e la fortezza dell'Italia media; e due anni più tardi fu fondata
Turano, e più vicina a Roma, Carsioli, ambedue comuni federali secondo il diritto latino. </p><p>Il fatto che degli Emici almeno Anagni abbia
preso parte all'ultimo stadio della guerra sannitica, porse il desiderato
pretesto di sciogliere gli antichi patti della lega.
La sorte degli Anagnini fu naturalmente di gran lunga più dura
di quella che, una generazione prima, in pari circostanza era toccata
ai comuni latini. </p><p>Essi dovettero non solo accontentarsi della passiva
cittadinanza romana, ma, come i Ceriti, perdettero la propria autonomia; su una parte del loro territorio posto sull'alto Trero (Sacco)
fu inoltre stabilita una nuova tribù cittadina, e contemporaneamente
un'altra sull'Aniene inferiore (455 = 299). </p><p>Rincresceva solo che i tre
più ragguardevoli comuni emici dopo Anagni, Aletrio, Verole e Ferentino, non si fossero essi pure staccati, poiché avendo essi cortesemente
declinata l'insinuazione di entrare liberamente nei vincoli della cittadinanza romana e mancando ogni pretesto per costringerveli, si dovette
lasciar loro non solo l'autonomia, ma anche il diritto federativo e
quello di comunanza dei matrimoni e lasciare con ciò ancora un'ombra
dell'antica lega ernica. </p><p>Nella parte del paese dei Volsci, posseduta fino allora dai Sanniti,
non si era obbligati a simili riguardi. Quivi Arpino e Frosinone erano
state soggiogate e quest'ultima città ridotta di un terzo del suo contado; inoltre sul Liri superiore presso Fregelle, la città volsca di Sora,
la quale già prima aveva ricevuto presidio romano, fu a questi tempi
mutata in una fortezza latina e quivi venne posta una legione di 4000
uomini. </p><p>Così fu pienamente soggiogato l'antico territorio dei Volsci e
si progrediva con rapido passo alla sua romanizzazione. Nel paese che
divide il Sannio dall'Etruria furono costruite due strade militari ed
entrambe assicurate per mezzo di fortezze. La settentrionale, che più
tardi fu la via Flaminia, dominava la linea del Tevere; essa conduceva attraverso Otricoli, alleata di Roma, a Narni, nome con cui i
Romani ribattezzarono l'antica fortezza umbrica di Nequino quando
vi posero una colonia militare (455 = 299). </p><p>La meridionale, che fu
più tardi via Valeria, passava lungo il lago Fucino sopra le menzionate
Carsioli e Alba. Le piccole popolazioni sul cui territorio avevano luogo
queste disposizioni, gli Umbri i quali difendevano pertinacemente Nequino, gli Equi che attaccavano ancora una volta Alba, i Marsi che
investivano Carsioli, non potevano arrestare Roma nel suo cammino;
ond'è che quelle due potenti sbarre si avanzavano quasi liberamente
tra il Sannio e l'Etruria. </p><p>Fu già accennato alle grandi istituzioni stradali e di fortificazioni
per assicurare lo stabile possesso dell'Apulia, e più di tutti quello della
Campania; per esse il Sannio fu avviluppato dalla rete delle fortezze romane ad una maggior distanza verso oriente e verso occidente. È
notevole che i Romani, per la relativa debolezza dell'Etruria, non stimarono necessario di assicurarsi i passi attraverso la for esta Ciminia
per mezzo di una strada militare e di opportune fortezze. </p><p>La fortezza
di confine, Sutri, rimase come in passato il punto estremo della linea
militare romana, e Roma si limitò a far tenere dai comuni limitrofi in
buon stato per uso militare la strada che da quel punto conduceva ad
Arezzo. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEin8HismVoQewvlegonM0YejLODcL_f-LzyVMWyBJqGfPWaxI8l4xnqzZCCFvbCxaEBwWFJWEamf7KoQpM8Cg9A0cpOhNEgeQRdlZP8S_kYnSNyK6YCO7_u2P7fAe5D9Q8E2OFhLC_dEX5N3VxlW9ODsSF5YGw2BzC-9ca0TiHiSpOrczI820-Yn6_t/s550/italici-contro-roma12.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="523" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEin8HismVoQewvlegonM0YejLODcL_f-LzyVMWyBJqGfPWaxI8l4xnqzZCCFvbCxaEBwWFJWEamf7KoQpM8Cg9A0cpOhNEgeQRdlZP8S_kYnSNyK6YCO7_u2P7fAe5D9Q8E2OFhLC_dEX5N3VxlW9ODsSF5YGw2BzC-9ca0TiHiSpOrczI820-Yn6_t/s16000/italici-contro-roma12.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CAVALLI ALATI DI TARQUINIA</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p><p><b><span style="color: #990000;"><span>§ -</span> NUOVO SCOPPIO DELLA GUERRA SANNITICA ETRUSCA </span></b></p><p>La generosa nazione sannitica comprese che la pace conchiusa era
più rovinosa della più rovinosa guerra e, quel che più importa, essa
non tardò ad agire. Nell'Italia superiore i Celti incominciarono appunto ad agitarsi dopo una lunga tregua, oltre a ciò parecchi comuni
etruschi, benchè sparsi ed isolati, erano in armi contro Roma e si
alternavano brevi armistizi con accaniti combattimenti, ma senza successo. </p><p>L'Italia centrale era ancora tutta in fermento e in parte in
aperta sollevazione, le fortezze erano ancora in costruzione e la via
fra l'Etruria ed il Sannio non ancora completamente sbarrata. Forse
non era ancora troppo tardi per salvare la libertà, ma non si doveva
indugiare. La difficoltà dell'attacco cresceva, la forza degli assalitori
scemava ad ogni anno della prolungata pace. </p><p>Appena da cinque anni
avevano posate le armi ed ancora dovevano sanguinare tutte le ferite
che ventidue anni di guerra avevano cagionato ai contadini del Sannio,
quando nell'anno 456 (= 298) la confederazione sannitica rinnovò la
lotta. </p><p>L'ultima guerra era stata decisa principalmente dalla lega della
Lucania con Roma e dalla conseguente inazione di Taranto nell'interesse di Roma; per questo i Sanniti volsero le loro armi prima di
tutto e con tutte le loro forze sopra i Lucani, e portarono al potere
un governo che seguisse la loro parte e conchiusero una lega colla
Lucania. </p><p>Naturalmente i Romani dichiararono tosto la guerra, nel
Sannio non s'era aspettato altro. Valga a provare i sentimenti di quel
popolo la dichiarazione fatta dal governo sannitico agli ambasciatori
romani, che esso non sarebbe in grado di garantire la loro inviolabilità, se fossero entrati nel territorio sannitico. </p><br /><b>Vittoria romana sui Lucani</b><p>La guerra cominciò quindi
nuovamente (456 = 298), e mentre un secondo esercito combatteva
nell'Etruria, il grande esercito romano attraversava il Sannio e costringeva i Lucani a far la pace ed a mandare ostaggi a Roma. </p><br /><b>Roma in pericolo</b><p>L'anno
seguente ambedue i consoli poterono volgere le loro armi contro il
Sannio: Rulliano vinse presso Tiferno; il suo fedele compagno d'armi,
Publio Decio Mure, presso Malevento, e durante cinque mesi i due eserciti romani accamparono nel paese nemico. </p><p>Ciò fu possibile perchè
gli Stati etruschi avevano di propria mano intavolato trattative di pace
con Roma. I Sanniti, che dovevano aver visto l'unica possibilità di
vittoria contro Roma nell'unione di tutta l'Italia, fecero ogni sforzo
per istornare la minacciosa pace tra l'Etruria e Roma, e quando finalmente il loro duce Gellio Ignazio offrì agli Etruschi di portar loro
aiuto nel loro proprio, paese, il consiglio federale etrusco assentì a
perseverar e ad invocare ancora una volta la decisione delle armi. </p><p>Il Sannio fece i più poderosi sforzi per porre in campo ad un tempo
tre eserciti: l'uno era destinato alla difesa del proprio territorio, il secondo all'entrata nella Campania, il terzo ed il più forte nell'Etruria;
e veramente nell'anno 458 (= 296) quest'ultimo, condotto da Ignazio
stesso, attraversando i territori marso e umbro, i cui abitanti favorivano la lega, arrivò illeso nell'Etruria. </p><p>I Romani presero intanto alcune piazze forti nel Sannio e fiaccarono l'influenza del partito sannitico nella Lucania; ma non seppero impedire la marcia dell'esercito
condotto da Ignazio. Quando giunse a Roma la notizia che ai Sanniti
era riuscito di render vani tutti gli immensi sforzi fatti per la separazione degli Italici del settentrione da quelli del mezzodì, che l' arrivo delle schiere sannitiche nell'Etruria era divenuto il segnale di
una quasi generale sollevazione contro Roma, che i comuni etruschi
si affrettavano a render pronti alla guerra le proprie milizie e ad assoldare schiere galliche, allora anche in Roma ogni cuore si scosse. </p><p>Si formarono delle coorti di liberti ed ammogliati e da ogni parte si
sentiva che la decisione era imminente. Però l'anno 458 (:= 296)
passò, come pare, in preparativi e marcie; per il seguente 459 (== 295)
i Romani misero i due loro migliori generali, Publio Decio Mure e il
vecchio Quinto Fabio Rulliano alla testa dell'esercito in Etruria, il
quale fu rinforzato da tutte le truppe superflue nella Campania sommanti almeno a 60.000 uomini, per un terzo cittadini romani; oltre a
ciò fu formata una doppia riserva, la prima presso Falerii, la seconda
sotto le mura della capitale. </p><p>La piazza d'armi degli Italici era l'Umbria,
dove convergevano le strade dei territori gallico, etrusco e sabellico;
verso l'Umbria diressero anche i consoli, parte sulla sinistra, parte
sulla destra del Tevere le loro maggiori forze, mentre nel tempo
stesso la prima riserva moveva contro l'Etruria per far richiamare
possibilmente le truppe etrusche dal luogo ove dovevano decidersi le
sorti della guerra, alla difesa della patria. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhG3w8NKSDnKew7jSmolEmDRqJeDSGc0LFslgfNkmCP4EzFhPXwlmncqNyTolDgr2-7iLABfDkGrr31me36jKHv78LZxbOVJNstgR9NDXDFeiDSrsZbhUWY4BoQ8z7ZJevlygcpVIhQWzG4kIaqzuuMWG7rwhJMC2LPPYwxXXVY7HTF51F4Hf8iaOGw/s756/italici-contro-roma13.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="756" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhG3w8NKSDnKew7jSmolEmDRqJeDSGc0LFslgfNkmCP4EzFhPXwlmncqNyTolDgr2-7iLABfDkGrr31me36jKHv78LZxbOVJNstgR9NDXDFeiDSrsZbhUWY4BoQ8z7ZJevlygcpVIhQWzG4kIaqzuuMWG7rwhJMC2LPPYwxXXVY7HTF51F4Hf8iaOGw/s16000/italici-contro-roma13.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">SFINGE ETRUSCA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Sconfitta romana a Chiusi</b></p><p>Il primo scontro non fu
fortunato pei Romani, la loro avanguardia fu battuta nel territorio di
Chiusi dalle forze congiunte dei Galli e dei Sanniti. Ma la diversione
a danno dell'Etruria raggiunse il suo scopo; meno generosi dei Sanniti che avevano attraversato le ruine delle loro città, per non mancare alla battaglia, una gran parte delle milizie etrusche abbandonò
l'esercito federale alla notizia dell'invasione della riserva dei Romani
nell'Etruria; e le fila degli alleati erano assai diradate, quando si venne
alla battaglia decisiva presso Sentino sul pendìo orientale dell' Appennino. </p><p>Pure la lotta fu ardente. Sull'ala destra dei Romani, dove Rulliano
combatteva con le sue due legioni contro l'esercito sannitico, la battaglia
rimase a lungo indecisa. Sulla sinistra, comandata da Publio Decio,
la cavalleria romana fu messa in confusione dai carri di guerra dei
Galli e già anche le legioni cominciavano a piegare. </p><br /><b>Sacrificio di Decio Mure</b><p>Allora il console
chiamò il sacerdote Marco Livio e gli impose di votare agli Dei infernali la testa del duce romano e l'esercito nemico, e precipitandosi nel folto delle schiere galliche cercò e trovò la morte (devotio). </p><p>Questa eroica
disperazione del grand'uomo, dell'amato duce, non fu inutile. I soldati
fuggenti si fermarono i più valorosi si precipitarono sulle orme del
generale nelle file nemiche per vendicarlo o per morire con lui, ed
appunto nel giusto momento giunse sulla pericolante ala sinistra,
inviato da Rulliano, il consolare Lucio Scipione con la riserva romana. </p><p>L'eccellente cavalleria campana, che colpì i Galli ai fianchi ed alle
spalle, diede qui il tracollo; i Galli fuggirono e finalmente piegarono
anche i Sanniti il cui duce Ignazio cadde sull'ingresso del campo.
Novemila romani coprivano il campo di battaglia, ma la vittoria, riportata a sì caro prezzo, valeva tale sacrifizio. </p><br /><b>L'Umbria è conquistata dai Romani</b><p>L'esercito della coalizione
si sciolse e con esso la coalizione stessa; l'Umbria rimase in potere
dei Romani, i Galli si dispersero, le reliquie dei Sanniti si ritirarono
ancora in buon ordine nel loro paese attraversando gli Abruzzi. La
Campania, che i Sanniti avevano inondata durante la guerra etrusca,
fu, dopo questa conclusione, occupata dai Romani con poca fatica.
Nel seguente anno ( 460 = 294) l''Etruria chiese la pace; Volsinii,
Perugia, Arezzo e in generale tutte le città unite nella lega contro
Roma, promisero un armistizio di quattrocento mesi. </p><br /><b>264 a.c. Sconfitta romana a Luceri ad opera sannita</b></div><div><br /></div><div>Ma i Sanniti pensavano diversamente. Essi si preparavano ad una disperata difesa con quel coraggio di uomini liberi che non può costringere la fortuna, ma però svergognarla. Quando nell'anno 460 = 264 i due eserciti consolari irruppero nel Sannio, essi trovarono dappertutto la massima resistenza, anzi Marco Atilio subì una sconfitta presso Luceria ed i Sanniti poterono penetrare nella Campania e devastare il territorio della colonia romana Interamna posta sul Liri.</div><div><br /> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3swDPDyScqvjXMjgz7jYoRQaZH6k-TqJ-LH5wJdH_8Bv8LbJyCTqQVVpp6zPCOfbA-L1dfjK9stFEjr-dT4aSUm2cst7AP6lEHpAIOIvNd-21C0pQbcEP9u_y7VYmn4jI5N-p2xhE23IgehL_Uiey4B2_KzC36gQXZSt4KYhwFrrSVu3_2szlmnq8/s550/italici-contro-roma14.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="318" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3swDPDyScqvjXMjgz7jYoRQaZH6k-TqJ-LH5wJdH_8Bv8LbJyCTqQVVpp6zPCOfbA-L1dfjK9stFEjr-dT4aSUm2cst7AP6lEHpAIOIvNd-21C0pQbcEP9u_y7VYmn4jI5N-p2xhE23IgehL_Uiey4B2_KzC36gQXZSt4KYhwFrrSVu3_2szlmnq8/s16000/italici-contro-roma14.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">SANNITI</td></tr></tbody></table><br /><b>263 a.c. Vittoria romana sui Sanniti</b><br /><br />Nell'anno seguente Lucio Papirio Cursore, il figlio dell'eroe della prima guerra sannitica, e Spurio Carvilio diedero presso Aquilonia una grande battaglia campale all'esercito sannitico, il nocciolo del quale, i 16.000 dalle sopravesti bianche, avevano giurato con sacro giuramento di preferire la morte alla fuga. Ma l'inesorabile destino non bada nè a giuramenti, nè a disperate preghiere; i Romani vinsero ed assaltarono le fortezze nelle quali i Sanniti si erano rifugiati colle loro ricchezze. <br /><br />Ma perfino dopo questa grave sconfitta si difese la lega sannitica contro i sempre più potenti nemici per lunghi anni ancora, con una perseveranza senza esempio, nelle sue fortezze e nelle sue montagne, e riportò ancora qua e là parecchi vantaggi. Si ricorse ancora una volta ( 462 = 292) all'esperto braccio del vecchio Rulliano contro di essi, e Gavio Ponzio, forse il figlio del vincitore di Caudio, riportò pel suo popolo persino un'ultima vittoria, che i Romani abbastanza vili vendicarono sopra di lui facendolo morire in carcere, quando poco dopo cadde prigione (463 = 291). <br /><br />Allora più nulla si mosse in Italia, poichè la guerra cominciata da Fa1erii nel 461 (= 293) non merita nemmeno questo nome. Si saranno bensì nel Sannio rivolti bramosi sguardi su Taranto, la sola che fosse ancora in grado di prestare aiuto, ma fu speranza vana. Furono le stesse cause di prima che imposero a Taranto l'inazione, il malgoverno interno ed il nuovo passaggio dei Lucani alla parte romana nell'anno 456 (= 298); a questo si aggiunge ancora il non infondato timore di Agatocle da Siracusa, il quale allora appunto si trovava all'apogeo della sua potenza e incominciava a volgersi verso l'Italia. <br /><br />Verso l'anno 455 (= 299) egli prese stanza a Corcira, di dove Cleonimo era stato cacciato da Demetrio l'Assediatore, ed ora minacciava i Tarantini tanto dal mare Adriatico quanto dall'Jonio. La cessione dell'isola a Pirro re d'Epiro, avvenuta nell'anno 459 (= 295), rimosse nella massima parte quelle inquietudini; ma gli affari di Corcira continuarono ad occupare i Tarantini, come essi aiutarono l'anno 464 (= 290) a difendere re Pirro nel possesso dell'isola contro Demetrio, e così Agatocle non cessò d'inquietare con la sua politica italica i Tarantini. <br /><br />Morto Agatocle (465 = 289) e tramontata con lui la potenza dei Siracusani in Italia, era già troppo tardi perchè Taranto potesse opporsi ai Romani. Il Sannio, stanco della lotta che durava da trentasette anni, aveva l'anno prima, 464 (= 290), conchiusa la pace col console romano Manio Curio Dentato e rinnovata per forma la lega con Roma. Anche questa volta, come nella pace del 450 (= 304), fu dai Romani imposta a quel valoroso popolo nessuna condizione ingiuriosa e umiliante, e pare che neanche questa volta abbiano avuto luogo cessioni di territorio. <br /><br />La ragion di stato dei Romani preferiva di seguire la via fin qui tenuta e di stringere sempre più fortemente a Roma il litorale campano e adriatico, prima di andare alla conquista immediata del paese interno. La Campania era, a dir vero, assoggettata già da lungo tempo, ma 1a perspicace politica romana trovò necessario alla sicurezza delle spiagge campane di costruire due nuove fortezze litoranee, Minturno e Sinuessa (459 = 295), le cui nuove cittadinanze, secondo l'esistente principio per le colonie litorali, entrarono nel pieno diritto di cittadini romani.</div><div><br /></div><div> <br /><b>Roma sottomette Equi ed Ernici</b><br /><br /><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4sXqYGyFP7SEhrx0UsiBrArtkmQZmgg8h4ry1Z8elJMjw-4UAJNP83HubJH5JeXuP8JOLUbtHyTnr-Hlphh4OXT-q2ereKvs4FgUErVnSH--gaCH4y3b5EFVm_tBE6aZ8atbB_X7W6jSnIxlwZIe8guqKVniMjIEVXIq2JB063mgFuUgV04uHrKQv/s541/italici-contro-roma15.jpg" style="clear: right; font-family: times; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="541" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4sXqYGyFP7SEhrx0UsiBrArtkmQZmgg8h4ry1Z8elJMjw-4UAJNP83HubJH5JeXuP8JOLUbtHyTnr-Hlphh4OXT-q2ereKvs4FgUErVnSH--gaCH4y3b5EFVm_tBE6aZ8atbB_X7W6jSnIxlwZIe8guqKVniMjIEVXIq2JB063mgFuUgV04uHrKQv/s16000/italici-contro-roma15.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GUERRIERO ERNICO</td></tr></tbody></table>Ancora più energicamente procedeva lo
sviluppo della signoria romana nell'Italia centrale. Come la sottomissione degli Equi e degli Ernici fu l'immediata conseguenza della
I guerra sannitica, così alla fine della II si aggiunse quella
dei Sabini. Lo stesso capitano che infine soggiogò i Sanniti, Manio
Curio, ruppe nello stesso anno (464 = 290) la loro breve e impotente
resistenza, e costrinse i Sabini ad una sottomissione incondizionata. <p>Una gran parte del territorio sottomesso fu subito occupato dai vincitori e distribuito fra i cittadini romani; e agli altri comuni di Cure,
Reate, Amiterno, Nursia fu imposto il diritto di sudditanza romana
(civitas sine suffragio). Città federali con gli stessi diritti non vennero
qui fondate; piuttosto il territorio venne sotto l'immediata sovranità
di Roma, la quale così si estendeva fino all'Appennino e ai monti
Umbri. Ma già non si limitavano più al territorio di qua dei monti;
l'ultima guerra aveva troppo chiaramente dimostrato che la signoria
romana sull'Italia centrale era assicurata solo se andava da mare a
mare. </p><p>Lo stabilirsi dei Romani al di là dell'Appennino incominciò con
la fondazione della possente fortezza di Hatria (Atri) nell'anno 465
(= 289), sul declivio settentrionale degli Abruzzi, verso la pianura picena, il ragguardevole numero di 20.000 coloni; questa città, posta sui limiti tra il Sannio, l'Apulia e la Lucania, in una fortissima posizione
sulla grande strada tra Taranto ed il Sannio, era destinata ad essere
la bastiglia delle popolazioni stanziate in quelle regioni, e prima di
tutto ad interrompere le relazioni fra i due più potenti nemici di Roma
nell'Italia meridionale. </p><p>Senza dubbio nello stesso tempo anche la strada
meridionale, che Appio Claudio aveva condotta fino a Capua, fu di là
prolungata fino a Venusia. Così si estese il territorio romano, chiuso
e composto cioè esclusivamente di comuni di diritto romano o latino,
alla fine delle guerre sannitiche: verso settentrione sino alla selva Ciminia, verso oriente sino agli Abruzzi, verso sud fino a Capua, mentre
i due posti avanzati di Luceria e di Venusia, sorgenti verso oriente e
verso mezzodì sulle linee di contatto degli avversari, li isolavano in
ogni direzione. </p><p>Roma non era più soltanto la prima, ma già la potenza dominante sulla penisola, quando alla fine del quinto secolo le
città di quelle nazioni, che il favore degli Dei ed il proprio valore
avevano chiamato ciascuna a capo del proprio paese, cominciarono ad
avvicinarsi le une e le altre nel consiglio e sul campo di battaglia, e
come in Olimpia i precedenti vincitori si preparavano ad una seconda
e più seria battaglia, così ora si preparavano all'ultima e decisiva non immediata sulla costa e quindi di diritto latino, ma prossima al mare e pietra di confine del possente cuneo che separa l'Italia
settentrionale dalla meridionale. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgL1HcXNozKntris4jcCybVIFqLPdxmYuHlOMuqT-ij1TZh11fTWyJreEyTwWnshMrwCBeDB-Tm6UuzUOc_nBL7P6cnjHKnQox1K546Ys5DkW0Tmt0nril0cQxc3cbt1nPqo6sYd_gYVbFVvyOFFJBqDxwu4LXnNyycQDIc8Gp2w6tL5UHJP-MKixh/s550/italici-contro-roma16.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgL1HcXNozKntris4jcCybVIFqLPdxmYuHlOMuqT-ij1TZh11fTWyJreEyTwWnshMrwCBeDB-Tm6UuzUOc_nBL7P6cnjHKnQox1K546Ys5DkW0Tmt0nril0cQxc3cbt1nPqo6sYd_gYVbFVvyOFFJBqDxwu4LXnNyycQDIc8Gp2w6tL5UHJP-MKixh/s16000/italici-contro-roma16.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">VENUSIA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Venusia (Venosa)</b></p><p>In egual modo e di ancora più grande
importanza fu la fondazione di Venusia (463 = 291 ), dove fu accolto il ragguardevole numero di 20.000 coloni; questa città, posta sui limiti tra il Sannio, l'Apulia e la Lucania, in una fortissima posizione
sulla grande strada tra Taranto ed il Sannio, era destinata ad essere
la bastiglia delle popolazioni stanziate in quelle regioni, e prima di
tutto ad interrompere le relazioni fra i due più potenti nemici di Roma
nell'Italia meridionale. Senza dubbio nello stesso tempo anche la strada
meridionale, che Appio Claudio aveva condotta fino a Capua, fu di là
prolungata fino a Venusia. </p><p>Così si estese il territorio romano, chiuso
e composto cioè esclusivamente di comuni di diritto romano o latino, alla fine delle guerre sannitiche: verso settentrione sino alla selva Ciminia, verso oriente sino agli Abruzzi, verso sud fino a Capua, mentre
i due posti avanzati di Luceria e di Venusia, sorgenti verso oriente e
verso mezzodì sulle linee di contatto degli avversari, li isolavano in
ogni direzione. </p><p>Roma non era più soltanto la prima, ma già la potenza dominante sulla penisola, quando alla fine del quinto secolo le
città di quelle nazioni, che il favore degli Dei ed il proprio valore
avevano chiamato ciascuna a capo del proprio paese, cominciarono ad
avvicinarsi le une e le altre nel consiglio e sul campo di battaglia, e
come in Olimpia i precedenti vincitori si preparavano ad una seconda
e più seria battaglia, così ora si preparavano all'ultima e decisiva prova
in una più grande arena, Cartagine, la Macedonia e Roma. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjosslSqCNB0nONzWuOd15Y8rzJrEXLxL5bpkFRLxH1EPYnV74_bF1A-Iaed4tfxVbZtDttqYlKYgx-BGKzU2XLDKAa4YiZ9LL-TL5vgo0gGdPIrxf3z1K7Nt_wmNBZdrz92lRQSuKSSkuB0zg6h4Nakx2G90sOjXqIog6Bt26BW1RR67MRNu7XbfaY/s550/italici-contro-roma17.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="478" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjosslSqCNB0nONzWuOd15Y8rzJrEXLxL5bpkFRLxH1EPYnV74_bF1A-Iaed4tfxVbZtDttqYlKYgx-BGKzU2XLDKAa4YiZ9LL-TL5vgo0gGdPIrxf3z1K7Nt_wmNBZdrz92lRQSuKSSkuB0zg6h4Nakx2G90sOjXqIog6Bt26BW1RR67MRNu7XbfaY/s16000/italici-contro-roma17.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LUCANI</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - RELAZIONI DELL' ORIENTE COLL'OCCIDENTE</span></b></p><p>Ai tempi dell'incontrastata signoria mondiale di Roma i Greci, per
indispettire i loro romani padroni, solevano qualificare come cagione
della grandezza romana la febbre di cui morì in Babilonia Alessandro
il Macedone 1'11 giugno 431 (=323). Non essendo loro troppo consolante il ripensare all'accaduto, essi indugiavano volentieri nel pensiero di ciò che sarebbe potuto avvenire se il gran re, come doveva
essere stata sua intenzione poco prima di morire, si fosse volto contro
l'occidente ed avesse disputato colle sue flotte il mare ai Cartaginesi
e coi suoi eserciti la terra ai Romani. </p><p>Non è impossibile che Alessandro
maturasse tale pensiero, e non occorre per chiarircelo ricordare che
un autocrate, il quale è bramoso di guerra e munito di soldati e di
navi, trova solo difficilmente il confine alla propria potenza militare.
Era veramente un compito degno di un gran re greco quello di proteggere gli Elleni della Sicilia contro Cartagine, i Tarantini contro
Roma e di por fine alla pirateria sui due mari. </p><p>Le ambasciate italiche
come quelle dei Bruzii, dei Lucani, degli Etruschi, le quali con
numerose altre apparvero in Babilonia, offrono abbastanza occasione
a far conoscere le relazioni della penisola. Cartagine intimamente legata
coll'Oriente doveva necessariamente attrarre lo sguardo del grand'uomo,
ed è verosimile che egli avesse intenzione di convertire in vera la
supremazia nominale del re dei Persi sopra la colonia di Tiro; di
questo dovevano aver avuto sospetto i Cartaginesi, come ce lo prova
la spia fenicia da essi mandata alla corte di Alessandro. </p><p>Tuttavia,
fossero questi o sogni o piani, il re morì senza essersi occupato degli
affari d'occidente e ogni pensiero discese con lui nella tomba. Il solo
Alessandro, e per pochi brevi anni, tenne raccolta nelle sue mani tutta
la forza intellettuale dell'Ellade, tutta la forza materiale. dell'Oriente;
colla sua morte però non andò in alcun modo perduta l'opera della
sua vita, il fondamento dell'ellenismo in Oriente, ma l'impero appena
unito si divise ben tosto, e tra le continue contese dei diversi Stati,
che si formavano da queste rovine, la propaganda della coltura greca
in oriente non fu abbandonata, ma indebolita e rallentata. </p><p>Con tali
relazioni non potevano nè gli Stati greci, nè gli asiatico-egizi provarsi
a fermare il piede in occidente e volgersi contro i Romani o contro
i Cartaginesi. Per sistema gli Stati orientali ed occidentali si reggevano l'uno accanto all'altro senza che politicamente venissero neppur
quasi a toccarsi, e Roma specialmente rimase essenzialmente straniera
alle complicazioni dell'età dei Diadochi. </p><p>Solo si stabilirono relazioni
economiche; così, ad esempio, la repubblica di Rodi, che teneva il
primo posto tra gli Stati marittimi della Grecia, e che in quel tempo
di continue guerre era come la mediatrice universale del commercio,
concluse l'anno 448 (=306) un trattato con Roma, naturalmente un
trattato commerciale, quale poteva essere tra un popolo di mercanti
e i padroni delle marine di Cere e della Campania. </p><p>Anche nell'arruolamento dei mercenarii, i quali dall'Ellade, che era
allora mercato generale d'ingaggio, andavano verso l'Italia e specialmente verso Taranto, influivano le relazioni politiche, quelle per esempio
che sussistevano fra Taranto e la città madre Sparta, solo in modo
molto subordinato; in complesso questi arruolamenti non erano che
affari commerciali, e Sparta d'ordinario, sebbene somministrasse ai
Tarantini i capitani per le guerre d'Italia, non trascorse perciò a nessuna ostilità contro gli Italici, come nella guerra dell'indipendenza
americana gli Stati della Germania non entrarono in alcuna lotta con
gli Stati dell'Unione, benchè vendessero i propri sudditi ai loro avversari. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUPS5sx6NZFkSnZJIJGrzsTBlUwRgDRXw7StHr2_394wwhkQp9isdDFP6po2RzsWJdXtsls5lhTLOr_MF0AgHAih3hd9S9TkECSxwV6e3Q6HLC57fb-pBarVY4ay6-HItjGzzM5-uA07DpgGNZXwQlk3lj_dO1mOc0KqnBPTe4fZJvea2XfuC1VA9y/s733/italici-contro-roma18.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="733" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUPS5sx6NZFkSnZJIJGrzsTBlUwRgDRXw7StHr2_394wwhkQp9isdDFP6po2RzsWJdXtsls5lhTLOr_MF0AgHAih3hd9S9TkECSxwV6e3Q6HLC57fb-pBarVY4ay6-HItjGzzM5-uA07DpgGNZXwQlk3lj_dO1mOc0KqnBPTe4fZJvea2XfuC1VA9y/s16000/italici-contro-roma18.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PIRRO</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - POSIZIONE STORICA DI PIRRO</span></b></p><p>Pirro, re d'Epiro, non era che un avventuroso condottiero. Benchè
egli facesse risalire la sua genealogia fino ad Eaco e ad Achille, e non
gli mancasse la possibilità, se fosse stato d'indole più riposata, di vivere
e morire come " re " d'un piccolo popolo di montanari, sotto l'alto
dominio dei Macedoni, o anche, forse, in isolata libertà, Pirro tuttavia
non fu che un cavaliere di ventura. </p><p>Vi fu anche chi lo volle paragonare ad Alessandro di Macedonia, e veramente non si può negare
che formasse il concetto della fondazione d'un regno ellenico d'occidente,
di cui l'Epiro, la Magna Grecia e la Sicilia avrebbero formato il nerbo, e
che avrebbe avuto la signoria sui due mari italici, e retrospinto Roma
e Cartagine a confondersi col mondo barbaro, che cingeva come un
nebbioso orizzonte la sfera degli Stati ellenici ; un tale concetto era grande e audace non meno di quello che condusse il re di Macedonia
al di là dell'Ellesponto. Ma non è solo il diverso esito che distingue
la spedizione orientale dalla spedizione occidentale. </p><p>Alessandro col
suo esercito macedone, dove sotto di lui serviva buon numero di
ufficiali superiori, poteva venire benissimo a paragone col gran re;
ma il re dell'Epiro, che, a ragion di forze, stava alla Macedonia forse
come starebbe ora l'Assi alla Prussia, non riuscì a riunire intorno
a sé un esercito che potesse esser degno di questo nome, se non reclutando mercenari e questuando alleanze che si fondavano su effimere
combinazioni politiche. </p><p>Alessandro invase la Persia da conquistatore, Pirro venne in Italia come capitano al soldo d'una federazione di
Stati di secondo ordine; Alessandro lasciò il suo paese ereditario
sicuro da ogni attacco, per la compiuta sottomissione ella Grecia e e il numeroso esercito rimastovi sotto gli ordini di Antipatro; Pirro
non aveva altra sicurtà per l'integrità del proprio territorio, che la
parola d'un vicino sospetto. </p><p>Per ambedue i conquistatori, se la loro
impresa riusciva, era necessario abbandonare la patria, la quale non
poteva essere il centro del nuovo Stato; ma sarebbe riuscito assai
meno difficile trapiantare la sede della monarchia macedone in Babilonia, che fondare una dinastia militare in Taranto o in Siracusa.
Perchè era affatto impossibile di ridurre la democrazia delle repubbliche greche, da molti anni in eterna agonia, alle forme strette d'uno
stato militare; Filippo sapeva bene perchè non volle incorporare le
repubbliche greche nel suo regno. </p><p>In oriente invece non si doveva
temere alcuna opposizione nazionale; in quelle vaste regioni vivevano
da lungo tempo schiatte dominanti e schiatte serve, le une presso alle
altre, e il mutar signore riusciva alle varie moltitudini indifferente e
talora desiderato. In occidente era ben possibile vincere i Romani, i
Sanniti e i Cartaginesi, ma nessun conquistatore avrebbe potuto mutar e
gli Italici in altrettanti Fellah egiziani, o ridurre i contadini romani
a livellarii d'una baronia ellenica. </p><p>Tutto ben considerato, la propria
potenza, gli alleati, le forze degli avversari, il concetto del Macedone,
guardato sotto ogni aspetto, ci si presenta come un'impresa eseguibile,
quello dell'Epirota come un'impresa impossibile; l'uno ci appare come
il compimento d'una grande missione storica, l'altro come un memorabile errore; l'uno come la pietra fondamentale d'un nuovo sistema
di Stati e di una nuova fase di civiltà, l'altro come un puro episodio
storico. </p><p>L'opera d'Alessandro sopravvisse tuttochè il suo creatore ne
fosse morto prematuramente; Pirro, prima di morire, vide cogli occhi
propri crollare tutto il suo edifizio. Furono due audaci e due grandi
nature d'uomini; ma Pirro non era che il primo capitano del suo tempo, Alessandro era innanzi tutto, e principalmente, il più gran genio politico
dell'epoca; e se la perspicacia di distinguere il possibile dall'impossibile è quella che differenzia gli eroi dagli avventurieri, bisogna annoverare Pirro tra questi ultimi, e non si può metterlo a paragone
d'Alessandro, suo parente e maggiore, come non si saprebbe paragonare
il Connestabile di Borbone a Luigi XI. </p><p>E pure il nome dell'Epirote risveglia in noi un certo senso di meraviglia, e quasi esercita sulle
menti un fascino, che ben si spiega, e per la cavalleresca e seducente
sua personalità, e perchè egli fu il primo greco che si misurasse coi
Romani sui campi di battaglia. Da Pirro cominciano quelle relazioni
tra Roma e l'Ellade, a cui è dovuto tutto l'indirizzo successivo dell'antica civiltà, e che perciò sono anche uno dei principali fattori della
civiltà moderna. </p><p>La lotta tra falangi e coorti, tra eserciti mercenari e
milizie nazionali, tra monarchia militare e governo senatorio, tra il
genio personale e la forza nazionale, questa lotta tra Roma e l'ellenismo fu prima combattuta nelle battaglie tra Pirro e i duci romani;
e sebbene la parte soccombente abbia più volte rinnovato l'appello
alla decisione delle armi, ogni nuova prova non fece altro che confermare il già pronunziato giudizio. </p><p>Ma se i Greci rimasero soccombenti nel campo e nella curia, fuori della politica venne loro assicurata una incontrastabile superiorità, il che già faceva presentire che la vittoria riportata da Roma sugli Elleni sarebbe stata diversa da
quella da essa riportata sui Galli e sui Fenici, ma che ad ogni modo
la magia d'Afrodite non comincia ad operare, se non quando la lancia
è spezzata e l'elmo e lo scudo sono messi in disparte. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXde2t9DXYbs4c_Y7f8WZk1B5CA5anUkQPiPGTZBeWFjd4lM-db4BllHxV5kDxAGoLyJ_7kxh0JoVU8xHROME-0ILdC2vSZHxyDKwFNntY28uKcddGsscy_0Wc118oGQQUDOIgQDZ_6A2jcOfSx_mVIJsnRv5a25tV0KXixti4KPc3ZTgB1TMgiv0v/s550/italici-contro-roma19.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="351" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXde2t9DXYbs4c_Y7f8WZk1B5CA5anUkQPiPGTZBeWFjd4lM-db4BllHxV5kDxAGoLyJ_7kxh0JoVU8xHROME-0ILdC2vSZHxyDKwFNntY28uKcddGsscy_0Wc118oGQQUDOIgQDZ_6A2jcOfSx_mVIJsnRv5a25tV0KXixti4KPc3ZTgB1TMgiv0v/s16000/italici-contro-roma19.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MOSAICO DI TARANTO</td></tr></tbody></table><br /><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - CARATTERE E STORIA ANTECEDENTE DI PIRRO</span></b></p><p>Re Pirro era figlio di Eacide, signore dei Molossi (intorno a Lanina),
il quale, risparmiato da Alessandro come suo parente e suo fedele, fu,
dopo la morte di lui,
trabalzato nel vortice Roma (Museo Capitolino)
della guerra per la
successione della Macedonia, onde prima
ne perdette il regno,
poi la vita (441 ==
313). </p><p>Suo figlio, che
aveva allora sei anni,
fu salvato da Glaucia, signore dei Taulanti illirici, e ancora
adolescente, combattendosi la guerra pel
possesso della Macedonia, fu da Demetrio
l' Assediatore riposto
nel suo principato
(447 = 307), che di
nuovo perdette pochi
anni dopo pel soprammontar e della fazione
a lui contraria (verso
l'anno 452 = 302);
onde egli, come principe fuoruscito, cominciò, al seguito
dei capitani macedoni, la sua carriera
militare. Presto egli
si fece notar e per le
sue qualità personali. </p><p> Egli combattè le ultime campagne di Antigono, sotto la scuola di questo antico generale
di Alessandro, che tutto si compiaceva scoprendo nel giovinetto il guerriero nato, a cui, secondo quello che pronosticava il vecchio condottiero, non mancava che l'età per essere fino d'allora il primo soldato
del suo tempo. </p><p>L'infelice battaglia presso Isso lo condusse ostaggio in
Alessandria, alla corte del fondatore della dinastia dei Lagidi, dove,
con le ardite e risolute sue maniere, con la sua indole soldatesca, sprezzatrice di tutto quello che non s'attenesse al mestiere delle armi,
seppe attirare non solo l'attenzione di re Tolomeo, sagace estimatore
degli uomini, ma per la maschia sua bellezza, che non era scemata
dal selvaggio aspetto e dal possente passo, anche la simpatia delle
dame reali. </p><p>Il temerario Demetrio stava appunto allora ritentando
di farsi un nuovo regno, e naturalmente in Macedonia, nell'intento di
rinnovare colà la monarchia di Alessandro. Bisognava impedire quei
vasti disegni e tener occupato Demetrio nei propri paesi. Il Lagide,
che sapeva da fino politico trar partito dai caratteri ardenti, come era
quello del giovane Epirota, non solo fece cosa ben accetta alla regina
Berenice sua moglie, ma provvide anche ai casi suoi sposando al giovane principe la principessa Antigone, sua figliastra, e proteggendo
colla sua possente influenza l'amato " figlio "' perchè potesse ritornare in patria e nello Stato ( 458 = 296). </p><p>Così rimesso nel retaggio paterno, tutti si strinsero intorno a lui. I
valorosi Epiroti, gli Albanesi dell'antichità, rinfocolando la tradizionale
fedeltà con nuovo .entusiasmo, pendevano dai cenni dell'animoso giovane, cui diedero il soprannome di " Aquila ". Durante i tumulti e le
guerre che in Macedonia (457 = 297) tennero dietro alla morte di Cassandro, l'Epirota allargò il suo territorio; a poco a poco acquistò i
territori sul golfo anibracico, l'isola Corcira e anche una parte del
territorio macedone, e, con non piccola meraviglia degli stessi Macedoni,
tenne testa a re Demetrio, con forze molto inferiori alle sue. </p><p>E quando
Demetrio, per la sua stoltezza, precipitò dal trono macedone, la dignità
reale fu spontaneamente offerta al cavalleresco suo rivale e congiunto,
che infine era degli Alessandridi (467 = 287).
Infatti nessuno era più degno di Pirro di portare il diadema reale
di Filippo e di Alessandro. In un'epoca profondamente depravata,
nella quale la sovranità e la bassezza incominciavano a diventar sinonimi, il carattere di Pirro, personalmente immacolato e puro, luceva
chiaramente. </p><p>Per i liberi contadini del paese macedonico, i quali, benché
diminuiti e impoveriti, pur si tenevano lontani dal decadimento dei
costumi e del valore che il governo dei Diadochi aveva introdotto in
Grecia ed in Asia, Pirro pareva proprio un re specialmente creato;
egli, che, pari ad Alessandro, nella sua casa, nella cerchia degli amici,
conservava il suo cuore aperto a tutte le relazioni umane, e che aveva
sempre tenuto lontano da sé il fare di sultano orientale, così odioso
in Macedonia; egli che, pari ad Alessandro, er a riconosciuto come il
primo tattico del suo tempo. </p><p>Ma il sentimento nazionale, straordinariamente esagerato tra i Macedoni, per cui il più meschino signore macedone era preferito al più valente straniero, e l'irragionevole avversione delle truppe macedoni contro ogni condottiero non macedone,
avversione che già aveva perduto il più grande capitano della scuola
di Alessandria, Eumene Cardiano, preparava una rapida fine anche
alla signoria del principe Epirota. </p><p>Pirro, che non poteva tenere con
la volontà dei Macedoni la signoria della Macedonia e che era troppo
debole, e forse anche troppo generoso, per imporsi contro la volontà
del popolo, abbandonò dopo sette mesi il paese al suo mal governo
nazionale e tornò ai suoi fedeli Epiroti (467 = 287). </p><p>Ma l'uomo, che aveva portato la corona di Alessandro, il cognato di Demetrio, il genero del Lagide e di Agatocle di Siracusa, il coltissimo stratega, che
scrisse memorie e trattati scientifici sull'arte della guerra, non poteva
certamente finir la sua vita, rivedendo in un tempo stabilito nell'anno
i conti del reale amministrator e del bestiame e accettando dai suoi
bravi Epiroti gli usati doni di buoi e di pecore, per poi far da loro
rinnovare all'altare di Giove il giuramento di fedeltà e ripetere esso
il giuramento di mantener le leggi, passando poi con loro la notte
banchettando per meglio confermare questi patti. </p><p>Se per lui non v'era
posto sul trono macedone, nemmeno poteva egli rimanere nella patria;
egli poteva esser e il primo e dunque non il secondo. Così i suoi
sguardi si volsero più lontano. I re che si disputavano il possesso della
Macedonia, benché non fossero mai d'accordo, pure erano pronti ad
agevolare insieme la partenza volontaria di un così pericoloso competitore; ed egli era pur certo che i suoi fedeli compagni di guerra
l'avrebbero seguito dovunque egli andasse. </p><p>Appunto allora le condizioni italiche erano tali da far credere possibile l'impresa che quarant'anni prima aveva avuto in mente Alessandro d'Epiro, parente di
Pirro e cugino di suo padre, e proprio in quel momento suo suocero
Agatocle; e così Pirro decise di rinunciare ai suoi disegni macedonici,
e di fondare in occidente una nuova signoria per sé e per la nazione
ellenica. </p><br /><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - SOLLEVAZIONE DEGLI ITALICI CONTRO ROMA: </span></b><b><span style="color: #990000;">LUCANI, ETRUSCHI, CELTI E SANNITI - </span></b></p><p>L'armistizio che la pace col Sannio aveva prodotto in Italia nell'anno 464=290, fu di breve durata; l'incitamento alla formazione
d'una nuova lega contro la prepotenza romana venne questa volta
dai Lucani. A questa popolazione che, col suo parteggiare per Roma,
aveva paralizzato i Tarantini durante la guerra sannitica, cooperando
così alla decisione di questa, erano dai Romani state abbandonate tutte
le città greche che si trovavano nel suo territorio; e in conseguenza
di ciò dopo conchlusa la pace, i Lucani si erano alleati coi Bruzzii
per ridurre ad obbedienza ad una ad una le dette città. </p><p>I Turini,
ripetutamente assaliti dal generale dei Lucani Stenia Statilio e spinti
all'estremo, si rivolsero al senato romano, chiedendo aiuto contro i
Lucani, proprio come già i Campani avevano chiesto l'aiuto di Roma
contro i Sanniti, e senza dubbio anch'essi a prezzo della libertà e dell'indipendenza. Poichè l'alleanza coi Turini era divenuta indispensabile
per Roma dopo la fondazione della fortezza di Venusia, i Romani concessero ciò che essi chiedevano, e comandarono ai loro amici ed alleati
di non molestare la città che si era arresa ai Romani. </p><p>I Lucani ed i
Bruzzii, ingannati così dai loro possenti alleati circa la partecipazione
al bottino comune, incominciarono a trattare col partito d'opposizione
sannita-tarantina, per formare una nuova coalizione degli Italici; e
quando i Romani mandarono loro un'ambasciata per ammonirli, essi
fecero prigionieri gli ambasciatori e incominciarono la guerra contro
Roma. con un nuovo attacco verso Turii ( 469 = 285), invitando nello stesso tempo non solo i Sanniti e i Tarantini, ma anche i norditalici,
gli Etruschi, gli Umbri, i Galli, a riunirsi con loro nella guerra per
la libertà. </p><p>Infatti la lega etrusca si levò e assoldò numerose schiere galliche;
l'esercito romano, che il pretore Lucio Cecilio guidava in aiuto agli
Aretini, rimasti fedeli, fu distrutto sotto le mura di Arezzo dai mercenari senoni degli Etruschi; lo stesso capitano cadde con 13.000 dei
suoi soldati (470=284). </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ_SBjb3xCNpgfxQkxrGreKdkBylws-opbnIaU9ZpSb6QXDs0j-X8QZcK7FROAnVArGB73RW5WMp_9jt7I5PsrootWX9vofverwlG3KwquU2zQ8MGCM7ZCOE2efg3Lrqox_nAryHLhuHDSMTF_6Jln6hZKLqA7UZorNOUBucKjMOgHvK_qE6WMMZy8/s550/italici-contro-roma20.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="362" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ_SBjb3xCNpgfxQkxrGreKdkBylws-opbnIaU9ZpSb6QXDs0j-X8QZcK7FROAnVArGB73RW5WMp_9jt7I5PsrootWX9vofverwlG3KwquU2zQ8MGCM7ZCOE2efg3Lrqox_nAryHLhuHDSMTF_6Jln6hZKLqA7UZorNOUBucKjMOgHvK_qE6WMMZy8/s16000/italici-contro-roma20.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GALLI SENONI</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Galli Senoni</b></p><p>I Senoni erano tra gli alleati di Roma; quindi i Romani mandarono loro degli ambasciatori a lamentarsi perchè impiegavano disertori
contro Roma, ed esigevano la gratuita restituzione dei prigionieri. Ma
per comando del capo dei Senoni Britomari, che aveva da vendicare
la morte di suo padre contro i Romani, i Senoni uccisero i messi
romani, e si dichiararono apertamente per gli Etruschi. </p><p>Tutta l'Italia
settentrionale, gli Etruschi, gli Umbri, i Galli, furono quindi in anni
contro Roma; grandi avrebbero potuto essere i successi, se i paesi
meridionali avessero approfittato di questo momento e se quelli che
non lo avevano ancor fatto, si fossero dichiarati contro Roma. Infatti
i Sanniti, sempre pronti a combattere per la libertà, pare abbiano dichiarato la guerra ai Romani, ma, indeboliti e chiusi come erano da
ogni lato, poco profitto poterono dare alla lega, e Taranto esitava come
al solito. </p><p>Mentre fra i nemici si trattavano alleanze, si stabilivano
trattati di sussidio, si adunavano mercenari, i Romani agivano.
Prima di tutti toccò ai Senoni di provare come era difficile di vincere i Romani. Il console Pubblio Cornelio Dolabella penetrò con un
forte esercito nel loro territorio; gli abitanti che non furono passati
a fil di spada, furon cacciati dal paese, e questa tribù fu cancellata
dalla lista delle nazioni italiche ( 4 71 = 283).</p><p>Una tale cacciata in massa è abbastanza verosimile per un popolo
vivente specialmente delle proprie greggi; probabilmente questi Senoni,
cacciati dall'Italia, aiutarono a formarsi quelle torme galliche che poco
dopo invasero l'estuario del Danubio, la Macedonia, la Grecia e l'Asia
Minore. </p><p>I più prossimi vicini ed affini di razza dei Senoni, i Boi, spaventati ed irritati da questa improvvisa catastrofe, si unirono immediatamente con gli Etruschi, i quali continuarono ancora la guerra,
ed i cui mercenari Senoni non combattevano più contro i Romani
come gente assoldata, ma come disperati vendicatori della patria; un
possente esercito etrusco-gallo trasse verso Roma per far vendetta della
distruzione della tribù dei Senoni sulla capitale dei nemici, e per radere al suolo Roma, assai più compiutamente di ciò che aveva fatto
un giorno il re condottiero degli stessi Senoni. </p><p>Però al passaggio sul
Tevere, in vicinanza del lago Vadimone, l'esercito alleato fu interamente battuto dai Romani (471=283). Dopochè essi l'anno appresso
ebbero tentato ancora una volta a Populonia con non migliore successo la sorte delle armi, i Boi abbandonarono i loro alleati e conchiusero coi Romani la pace ( 472 = 282).
Così il più pericoloso membro della lega, il popolo dei Galli, fu
singolarmente sopraffatto, prima ancora che la lega si riunisse pienamente, e così fu dato a Roma man libera sull'Italia meridionale, dove,
negli anni 469-471 (= 285-283) non era stata seriamente condotta la
lotta. </p><p>Mentre fino allora il debole esercito romano aveva durato fatica a
sostenersi in Turii contro i Lucani ed i Brezzii, apparve ora (472= 282)
il console Gaio Fabricio Luscino davanti alla città con un forte esercito,
la liberò, battè i Lucani in una grande battaglia, e fece prigioniero
il loro capitano Statilio. Le minori città greche non doriche, che riconoscevano nei Romani i loro liberatori, si diedero a questi spontaneamente; presidii romani rimasero nei posti più importanti, in Locri,
Crotone, Turii e specialmente in Reggio, alla quale ultima città: pareva
avessero la mira anche i Cartaginesi. </p><p>Dappertutto Roma era in vantaggio. La distruzione dei Senoni aveva
dato nelle mani dei Romani un tratto importante del litorale dell' Adriatico; certo per riguardo all'ostilità con Taranto, che senza dubbio
già covava sotto la cenere, e alla già minacciante invasione degli Epiroti,
si affrettarono i Romani a rendersi sicuri di questa costa e del mare
Adriatico. </p><p>Intorno al 4 71 (= 283) fu guidata una colonia cittadina verso
il porto di Sena (Sinigallia), già capitale del distretto senonico, e nello
stesso tempo una flotta romana veleggiava dal mare Tirreno verso le
acque orientali, certamente per stazionare nell'Adriatico e coprirvi le
esistenti colonie romane. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJhnNOjY_kUXrc78QsbkrZCbWKLlmPwJgGCVxSjdMwgCQBsXCAcVOaEZQj6NsVh8Mv2R4NFP-a5rR1WaftqFBaai279xmyn6XgApXQm-el2DjVRPBTeqvyujxP1ru3FZCi3YGLLp1z1k8cIOxOJDaQk_l3h670TqZ92TzfxQe-mKqJSJPCs7ed9S6m/s550/italici-contro-roma21.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="380" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJhnNOjY_kUXrc78QsbkrZCbWKLlmPwJgGCVxSjdMwgCQBsXCAcVOaEZQj6NsVh8Mv2R4NFP-a5rR1WaftqFBaai279xmyn6XgApXQm-el2DjVRPBTeqvyujxP1ru3FZCi3YGLLp1z1k8cIOxOJDaQk_l3h670TqZ92TzfxQe-mKqJSJPCs7ed9S6m/s16000/italici-contro-roma21.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">NAVI DA GUERRA ROMANE - POMPEI</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - ROTTURA TRA ROMA E TARANTO</span></b></p><p>I Tarantini avevano vissuto in pace con Roma fin dal trattato del
450 (= 304) conchiuso con Roma. Essi avevano assistito alla lunga agonia
dei Sanniti, alla rapida distruzione dei Senoni ed avevano sopportato
senza far opposizione la fondazione di Venusia, Atria, Sena e i presidii di Turii e Reggio; ma quand'ora la flotta romana giunse nel suo
viaggio dal Tirreno all'Adriatico nelle acque di Taranto e gettò l'ancora nel porto della città amica, l'irritazione, da lungo tempo contenuta, traboccò; gli antichi trattati, che proibivano ai vascelli romani
da guerra di spingersi ad oriente del promontorio Lacinio, furono richiamati alla memoria dai demagoghi nelle assemblee cittadine; furibonda la moltitudine si precipitò sulle navi da guerra romane, le quali,
attaccate all'improvviso, secondo il costume dei pirati, soggiacquero
alla lotta violenta; cinque navi furono prese, e il loro equipaggio fu
giustiziato o venduto in schiavitù, lo stesso ammiraglio romano cadde
nella zuffa. </p><p>Solo la somma follia e la somma incoscienza del dominio
della plebe spiega questi vergognosi fatti. Quei trattati appartenevano ad un'epoca che da molto tempo era
trascorsa e dimenticata; è evidente che essi non avevano più alcun
significato, almeno alla fondazione di Atria e di Sena e che i Romani entrarono nel golfo in buona fede sull'esistente alleanza coi Tarantini; anzi era nel loro interesse, come lo dimostra il successivo
svolgersi dei fatti, di non dare ai Tarantini alcun pretesto ad una
dichiarazione di guerra. </p><p>Se gli uomini politici di Taranto volevano
dichiarar guerra a Roma, essi non facevano altro se non quello che
avrebbe già dovuto accadere da molto tempo, e se preferivano di fondare la dichiarazione di guerra sopra una formale rottura dei trattati,
invece che sul vero motivo, nulla si può a ciò contrapporre, poichè
la diplomazia di tutti i tempi ha creduto esser cosa inferiore alla sua
dignità il dire semplicemente le semplici cose. </p><p>Però che invece di intimare all'ammiraglio il ritorno, si sia assalita la flotta a mano armata
e per sorpresa, fu non meno una pazzia che una barbarie, una di
quelle orribili barbarie della civiltà, nelle quali la moralità perde
improvvisamente il timone e ci si rivela nuda la volgarità, quasi per
ammonirci contro la credenza puerile che la civiltà valga a sradicare
dalla natura umana la bestialità. </p><p>E come se con ciò non si fosse fatto
abbastanza, dopo questa eroica azione, i Tarantini assalirono Turii,
la cui guarnigione romana capitolò, perchè presa alla sprovveduta
(nell'inverno 472 473=282-281), e punirono duramente i Turini per
aver disertato il partito ellenico in pro dei barbari, quegli stessi che
la politica tarantina aveva abbandonato ai Lucani e costretto violentemente alla sottomissione verso Roma. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCeBTMY98Tmg-eEtRpt4QJFkiEZwPsfn4472eiGxivZW94yB7frSJzMl6Cvq8MpLVQ3XAcTvXqBySWqFTAmn_Ks3rxZHrH01lsHd7vxzI-S824eD9yxn8oa5JBhqRd39tlh_I5Eq6ORXcxrLBPdk6B4MIDXBSR9_5fclimgdzNmg8_GAUvAf9g9K_Q/s550/italici-contro-roma22.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="328" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCeBTMY98Tmg-eEtRpt4QJFkiEZwPsfn4472eiGxivZW94yB7frSJzMl6Cvq8MpLVQ3XAcTvXqBySWqFTAmn_Ks3rxZHrH01lsHd7vxzI-S824eD9yxn8oa5JBhqRd39tlh_I5Eq6ORXcxrLBPdk6B4MIDXBSR9_5fclimgdzNmg8_GAUvAf9g9K_Q/s16000/italici-contro-roma22.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MOSAICO TARANTINO</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - TENTATIVI DI PACE </span></b></p><p>Quelli che i Greci chiamavano barbari usarono però tanta moderazione che, pensando alle loro forze e alle ingiurie patite, non si può
fare a meno di ammirare. Era nell'interesse di Roma di aver quanto
più a lungo fosse possibile la neutralità di Taranto, e gli uomini che
in senato maneggiavano la politica, non assentirono perciò alle proposizioni fatte da alcuni senatori, nel primo e naturale impeto di sdegno,
di dichiarar subito guerra ai Tarantini. </p><p>Al rovescio, dai Romani si
misero innanzi domande piene di moderazione e quali appena salvassero l'onore di Roma, offrendosi di conservare la pace, se si
liberassero i prigionieri, si restituisse Turii, e si consegnassero i provocatori dell'aggressione della flotta. </p><p>Questi patti furono recati a
Taranto da un'ambasciata romana (473 = 281), e nello stesso tempo
per dare forza alle parole, un esercito entrava nel Sannio sotto il
comando del console Lucio Emilio. I Tarantini potevano, senza perder
nulla della propria indipendenza, accettare queste condizioni, e in
Roma, dove si conosceva la poca velleità bellicosa della ricca città
mercantile, si poteva credere con ragione che fosse possibile ancor a
un accomodamento. </p><p>Ma il tentativo di mantener la pace naufragò, sia
per l'opposizione di quei Tarantini che vedevano la necessità di opporsi al più presto con le armi alla potenza di Roma, sia per l'indisciplinatezza della plebe cittadina, la quale, con la solita arroganza greca,
si attaccò in maniera indegna alla stessa persona dell'ambasciatore. </p><p>Allora il console penetrò nel territorio tarantino; ma, invece di aprire
subito le ostilità, offerse ancora la pace alle stesse condizioni, e poichè
anche questo fu vano, incominciò bensì a devastar e i campi e le ville
e battè le milizie cittadine, ma i più ragguardevoli prigionieri vennero rilasciati senza riscatto, e non si abbandonò la speranza che i disagi
della guerra dessero il sopravvento al partito aristocratico della città,
ottenendo così la pace.</p><p>La causa di questa moderazione era che i Romani non volevano
spingere la città fra le braccia del re degli Epiroti. Le intenzioni di
questi sull'Italia non erano più un mistero. Già un'ambasceria tarantina era andata da Pirro, e ne era ritornata senza aver nulla concluso;
il re aveva chiesto più di quello che essi, come plenipotenziari, potessero accordar e bisognava risolversi. </p><p>Che le milizie cittadine non fossero buone ad altro che a fuggire innanzi ai Romani, lo si sapeva a
sazietà; non rimaneva dunque altra scelta che tra la pace con Roma,
che i Romani erano sempre pronti a concedere a miti condizioni, e il
trattato con Pirro, accettando i suoi patti; era dunque per scelta la
sottomissione o alla sovranità romana o alla tirannide di un soldato
greco. </p><p>Nella città i partiti si equilibravano quasi; ma prevalse finalmente
il partito nazionale, e, oltre fu buona ragione di darsi - se la necessità
voleva che Taranto avesse un padrone - piuttosto ad un greco che ad
un barbaro, certo contribuì non poco anche il timore dei demagoghi,
che Roma, nonostante la moderazione impostale in quel momento dalle
circostanze, non avrebbe a tempo opportuno lasciato di vendicare gli
obbrobrii commessi dalla plebaglia di Taranto. </p><p>La città dunque preferì
l'alleanza di Pirro. Egli fu gridato supremo capitano delle truppe dei
Tarantini e degli altri Italioti in armi contro Roma, e a lui fu inoltre
accordato il diritto di por guarnigione in Taranto. Si capisce che la
città sopportò le spese della guerra. Pirro in ricambio promise di non
rimanere in Italia più del tempo necessario, riservandosi, probabilmente,
in cuor suo, di giudicare a suo senno quanto e come egli avesse a starvi. </p><p>Ciò non pertanto poco mancò che non gli sfuggisse dalle mani la
preda. Mentre che gli ambasciatori tarantini - i quali senza dubbio
dovevano essere i caporioni del partito della guerra - si trovavano ancora m Epiro, gli umori nella città, che in quei giorni era messa
alle strette dai Romani, mutarono, e già il supremo comando era stato
deferito a Agide, che parteggiava pei Romani, quando il ritorno dell'ambasceria, apportatrice · del concluso trattato ed accompagnata da
Cinea fido ministro di Pirro, ricondusse il partito della guerra di bel
nuovo al governo. </p><p>Non andò molto che una mano più ferma afferrò le redini dello Stato e
mise fine a questo deplorabile tergiversare. Nell'autunno del 473 (=281)
sbarcò Milone, generale di Pirro, alla testa di 3000 Epiroti e occupò
la cittadella di Taranto; in principio del 474 (=270) gli tenne dietro
il re stesso dopo un tragitto procelloso, che era costato numerose vittime. </p><p>Esso condusse a Taranto un esercito ragguardevole, ma composto
di variatissimi elementi, parte truppe indigene, Molossi, Tesproti, Caonii,
Ambracesi, parte fanteria macedone e cavalleria tessalica, che il re
Tolomeo di Macedonia gli aveva ceduto per trattato, parte anche gente
raccogliticcia assoldata nell'Etolia, nell' Acarnania e nell' Atamania; in
tutto 20.000 falangiti, 2000 sagittari, 500 frombolieri, 3000 cavalieri
e 20 elefanti; esercito che non era molto inferiore a quello, col quale
cinquant'anni prima Alessandro aveva passato l'Ellesponto. </p><p>Quando giunse il re gli affari della lega non erano troppo bene
avviati. Vero è che il console romano, allorché invece della milizia
tarantina si vide a fronte i soldati di Filone, smesso il pensiero di
attaccare Taranto, si era ritirato nell'Apulia; ma ad eccezione del
territorio di Taranto, i Romani signoreggiavano quasi su tutta l'Italia. </p><p>La lega non aveva nell'Italia inferiore alcun esercito pronto a campeggiare, e anche nell'Italia superiore gli Etruschi, i soli che rimanessero
ancora in armi, non avevano raccolto nell'inutile campagna (473=281)
altro che sconfitte. Gli alleati avevano dato al re, prima ancora ch'ei
s'imbarcasse, il supremo comando di tutte le loro truppe, e dichiarato
di poter porre in campo un esercito di 350.000 fanti e di 20.000 cavalieri; ma tra queste millanterie e i fatti correva una grandissima
differenza. </p><p>Il grand'esercito, di cui si era dato il comando a Pirro,
restava ancora a crearsi e per allora non potevasi fare assegnamento
che sulle forze di Taranto. Il re ordinò l'arruolamento d'un esercito
italico di mercenari pagati coll'oro di Taranto e chiamò a scriversi
anche in città tutti gli uomini atti alle armi. Ma i Tarantini non avevano inteso il trattato a quel modo. </p><p>Essi credevano di aver comperata
la vittoria col loro danaro, come si compera qualsiasi altra merce, e
riguardarono la cosa come una specie di lesione di contratto, poiché
il re li voleva costringere a guadagnare combattendo la vittoria. E
quanto si erano rallegrati, appena giunto Milone co' suoi, di vedersi
liberi dalle molestie della vita militare, altrettanto parve loro ostico il
dover scriversi nelle milizie di Pirro, sicché si ebbe perfino a minacciare la pena capitale contro i renitenti. </p><p>Allora tutti d'accordo a
rimpianger la pace e dar ragione a chi la consigliava: anzi furono
tentati, o parve almeno che si volessero tentare, accordi con Roma.
Pirro, che s'aspettava queste opposizioni, prese d'allora in poi a trattare
Taranto come paese conquistato, mandò i soldati a quartiere per le
case de' cittadini, sospese le adunanze del popolo e i convegni politici che erano in buon numero, fece chiudere i teatri, sbarrare le passeggiate, dar le porte della città in guardia a' suoi Epiroti. </p><p>Di quei che governavano parecchi furono mandati come ostaggi oltremare, parecchi altri si sottrassero alla medesima sorte fuggendo verso i Romani. Parvero necessarie le precauzioni severe, perchè non potevasi aver alcuna fede nella costanza dei Tarantini. Dopo di che il re, padrone davvero di quella ricchissima città, si sentì in grado di dar principio alle sue operazioni strategiche.</p><p><br /></p><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - AL MOMENTO IN ROMA -</span></b></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_Ki2WgMbsNKL7dfnVh-I5zqr3k63lT3oropiMb0LaY_yR0azSb7sjNHxWqwcuy52xD_2H0quKQDNUo-7gpByM6KIkEUp_-e-ptflGoQ0W8fmqPD7356cI8yyWMKGvEcxrPm9XsX_Z5XYHdV0760qtViSnqkXlLuYbIhXouT7WYXWJLJKllJXlhFPQ/s638/italici-contro-roma23.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="638" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_Ki2WgMbsNKL7dfnVh-I5zqr3k63lT3oropiMb0LaY_yR0azSb7sjNHxWqwcuy52xD_2H0quKQDNUo-7gpByM6KIkEUp_-e-ptflGoQ0W8fmqPD7356cI8yyWMKGvEcxrPm9XsX_Z5XYHdV0760qtViSnqkXlLuYbIhXouT7WYXWJLJKllJXlhFPQ/s16000/italici-contro-roma23.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I VOLSCI</td></tr></tbody></table><p>Non ignoravano i Romani l'importanza della lotta che stava per cominciare. Anch'essi innanzi tutto vollero pigliar sicurtà della fede dei confederati, o come meglio avrebbero potuto chiamarsi, dei sudditi: onde si mandarono presidii romani a guardia delle città dubbie, e i capi del partito dell'indipendenza furono catturati o dannati del capo; così ad esempio si spacciarono parecchi senatori di Preneste. </p><p>Per la guerra stessa furono fatti grandi sforzi; fu decretata una tassa di guerra, vennero chiamati sotto le armi i contingenti di tutti i sudditi e confederati, anzi gli stessi proletari, che erano esenti dall'obbligo militare, vennero chiamati sotto le armi. Un esercito romano rimase come riserva nella capitale.</p><p>Un secondo esercito condotto dal console Tiberio Coruncanio, penetrò nell'Etruria, e respinse insieme i Volsci e i Volsiniesi. Le forze principali erano naturalmente destinate all'Italia meridionale; si affrettò la loro partenza quanto era possibile, per raggiungere Pirro ancora nella regione di Taranto e impedirgli di congiungere con le sue truppe i Sanniti e gli altri popoli dell'Italia meridionale armati contro Roma. </p><p>Le guarnigioni romane, che stavano nelle città greche dell'Italia meridionale, dovevano intanto formare un argine contro i progressi di Pirro. Frattanto la ribellione delle truppe stanziate in Reggio (era una delle legioni levate fra i sudditi Campani di Roma, sotto un capitano campano, Decio) tolse di mano ai Romani questa importante città, senza però darla in balia a Pirro. </p><p>Se da un lato in questa sommossa militare ebbe parte senza alcun dubbio l'odio nazionale dei Campani contro i Romani, anche Pirro, che era venuto per mare a difesa degli Elleni, non poteva certo accogliere nella lega quella truppa che aveva abbattuto i suoi ospiti Reggiani nelle proprie case; e così essa rimase sola, stretta in alleanza coi suoi compagni di razza e di delitti, i Mamertini, mercenari campani di Agatocle, che avevano acquistato nel medesimo modo Messana, sulla spiaggia opposta, e così uniti saccheggiarono e devastarono per proprio conto le greche città circostanti, Crotone dove la guarnigione romana fu abbattuta, Caulonia che fu distrutta. </p><p>Riuscì invece ai Romani, con un debole corpo di truppa, spinto ai confini lucani, e per mezzo del presidio di Venusia, d'impedire la riunione dei Lucani e dei Sanniti con Pirro, mentre il nerbo delle forze, che pare fosse ·di quattro legioni ed era dunque forte di almeno 50.000 uomini col rispettivo numero delle truppe alleate; marciava contro Pirro sotto il comando del console Publio Levino.</p><p>Pirro si era accampato colle sue proprie truppe e con le tarantine tra le città di Eraclea e Pandosia, per coprire la colonia tarantina di Eraclea (474=280). I Romani, coprendo la loro cavalleria, conquistarono il passaggio sul Siri, ed incominciarono la battaglia con un impetuoso e fortunato assalto di cavalleria; il re, che conduceva egli stesso i suoi cavalieri, cadde, e i cavalieri greci, messi in iscompiglio dalla sparizione del condottiero, cedettero il campo agli squadroni nemici. </p><p>Frattanto Pirro si pose alla testa della sua fanteria, e di nuovo incominciò una mischia più decisiva. Sette volte le legioni si urtarono con le falangi, e sempre durava il combattimento. Allora cadde Megacle, uno dei migliori ufficiali del re, e siccome egli in quella terribile giornata aveva portato l'armatura del re, l'esercite per la seconda volta credette che Pirro fosse caduto; le schiere divennero malsicure, e già Levino credeva d'aver in mano la vittoria, e rovesciò la sua cavalleria sul fianco dei Greci. </p><p>Ma Pirro, percorrendo a capo scoperto le file della fanteria, animò il cadente coraggio dei suoi. Gli elefanti, fino allora ritenuti, furono spinti contro i cavalieri; i cavalli s'impaurirono davanti ad essi, i soldati non sapevano come avvicinarsi ai poderosi animali, e si volsero in fuga. </p><p>Le schiere della cavalleria, rotte e confuse, gli elefanti inseguenti, sgominarono infine anche le file serrate della fanteria romana, e gli elefanti uniti all'eccellente cavalleria tessalica, fecero grande strage tra i fuggiaschi. Se un valoroso soldato romano, Gaio Minucio, primo astato della quarta legione, non avesse ferito un elefante e posto così in iscompiglio le truppe inseguenti, l'esercito romano sarebbe stato distrutto; così si poté ricondurre al di là del Siri il resto delle truppe romane. </p><p>La loro perdita era grande: 7000 romani furono trovati dai vincitori morti o feriti sul campo, 2000 furono condotti prigionieri; i Romani stessi, calcolando certo i feriti riportati dal campo di battaglia, stimarono la loro perdita di 15,000 uomini. Ma anche l'esercito di Pino non aveva sofferto meno; circa4000 dei suoi migliori soldati coprivano il campo di battaglia, e parecchi dei suoi migliori ufficiali erano caduti. </p><p>Considerando che la sua perdita comprendeva specialmente soldati che avevan già servito e che quindi erano assai più difficili a sostituirsi che non la fanteria romana, e che egli doveva la vittoria solo alla sorpresa dell'attacco degli elefanti, la quale non si sarebbe potuto ripetere spesso, può bene il re, da quel critico stratega che egli era, aver definito più tardi questa vittoria come una sconfitta; sebbene egli non potesse essere così pazzo, come poi novellarono i poeti romani, da far nota al pubblico questa critica di sè stesso nell'iscrizione da lui posta sul dono votivo collocato a Taranto.</p><p>Politicamente del resto poco importava sapere quali vittime fossecostata la vittoria; piuttosto il vantaggio di una prima battaglia contro i Romani fu per Pirro di inestimabile conseguenza. Il suo genio di capitano si era dimostrato splendidamente su questo nuovo campo di battaglia, e la vittoria di Eraclea doveva inspirare unità ed energia alla agonizzante lega degli Italici. </p><p>Ma anche le conseguenze immediate della vittoria furono importanti e durevoli. La Lucania fu perduta per
i Romani; Levino richiamò le truppe là stanziate e andò verso l'Apulia.
I Brezzii, i Lucani ed i Sanniti si unirono, senza esserne impediti, a
Pirro. Ad eccezione di Reggio, che gemeva sotto l'oppressione dei rivoltosi Campani, tutte le città greche si diedero a Pirro, anzi Locri
gli consegnò volontariamente il presidio romano, poichè erano persuasi
e con ragione che egli non li avrebbe consegnati agli Italici. </p><p>I Sabelli
ed i Greci passarono dunque a Pirro, ma la vittoria non ebbe altre
conseguenze. Fra i Latini non si mostrò alcuna disposizione a liberarsi
dalla signoria romana, per quanto potesse esser dura, con l'aiuto di un
dinasta straniero. Venusia, sebbene circondata tutt'intorno da nemici,
si tenne incrollabilmente unita a Roma. </p><p>Ai prigionieri fatti sul Siri,
ed il cui valoroso contegno il re cavalleresco ricompensò con un trattamento molto onorevole, egli offrì, secondo il greco costume, di entrare
nel suo proprio esercito; ma allora egli apprese che non combatteva
già con mercenari, ma con un popolo. Neppur uno, romano o latino,
prese servizio da lui. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEhEG43KuAXXojanKsB_Lhj0ZMC__gSp3jo_bK_eF5exIPeNbd3qCdcRqwOddxCAx0MeRUmce8xEOEV_m96WZfQT2eiCObnLRVTx9z0hxVxOYumQlJkLs121oF6-1iPfzLDV_D33QYQSsxRHSdGj8PjcTnYnPzVSbW2d5ZezAQXhHA5l73CN2eCVOS/s550/italici-contro-roma24.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="364" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEhEG43KuAXXojanKsB_Lhj0ZMC__gSp3jo_bK_eF5exIPeNbd3qCdcRqwOddxCAx0MeRUmce8xEOEV_m96WZfQT2eiCObnLRVTx9z0hxVxOYumQlJkLs121oF6-1iPfzLDV_D33QYQSsxRHSdGj8PjcTnYnPzVSbW2d5ZezAQXhHA5l73CN2eCVOS/s16000/italici-contro-roma24.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LUCERIA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - TENTATIVI DI PACE - PIRRO CONTRO ROMA </span></b></p><p>Pirro offrì ai Romani la pace. Egli era un soldato troppo avveduto
per non conoscere la difficoltà della sua posizione, ed un politico troppo
accorto per non approfittare del momento che gli era più favorevole
per conchiudere a tempo un trattato di pace. Ora egli sperava che
sotto la prima impressione della terribile battaglia avrebbe potuto ottenere da Roma la libertà delle città greche in Italia e la costituzione
di una serie di Stati di secondo e terzo grado, posti fra quelle e
Roma, come alleati dipendenti della nuova potenza greca; poiché le
sue pretese erano queste: libertà di tutte le città greche, e specialmente dunque delle campane e lucane, dall'autorità romana, e restituzione del territorio ai Sanniti, ai Dauni, ai Lucani, ai Bruzii, il che
significava la cessione di Luceria e di Venusia. </p><p>Seppure un'altra lotta
con Roma potesse venire difficilmente evitata, pure era desiderabile
d'incominciarla quando gli Elleni occidentali fossero stati uniti sotto
un padrone, e la Sicilia fosse stata guadagnata, e forse conquistata
l'Africa. Munito di queste istruzioni, il tessalo Cinea, fidato ministro
di Pirro, si recò a Roma. </p><p>L'esperto negoziatore, che i contemporanei paragonavano a Demostene, per quanto un retore possa venir paragonato a un uomo di stato,
il servo d'un re ad un capo di popolo, aveva ordine di mostrare in
tutti i modi la stima grandissima in cui il vincitore di Eraclea teneva
i suoi vinti, di lasciar intendere che il re stesso avrebbe desiderato di
venir a Roma; di inclinar e gli animi in favore del suo signore colle
lodi, che suonano sì gradite sulle labbra del nemico, colle lusinghe e,
data l'occasione, coi doni distribuiti a proposito; in breve di sperimentare coi Romani tutte le arti della politica di gabinetto, per cui erano
celebri le corti d'Alessandria e d'Antiochia. </p><p>Il senato tentennava, a
parecchi pareva prudenza far un passo indietro e aspettare, finchè il pericoloso rivale si trovasse ulteriormente impacciato oppure cessasse
di esistere. Frattanto il vecchio e cieco consolare Appio Claudio (censore 442=312 console 447. 458 = 307. 296), il quale da lungo tempo
si era ritirato dagli affari di stato, ma che in questo decisivo momento
s'era fatto condurre nel senato, trasfuse, colle sue parole di fuoco,
l'incrollabile energia di una possente natura nell'anima della giovane
generazione. </p><p>Si rispose al re la superba parola, che qui si udì allora
per la prima volta e che divenne poi principio di stato: che Roma
non poteva trattare, finche le truppe straniere erano sul territorio italico, e per far valere queste parole, si cacciò tosto l'ambasciatore dalla città.
Lo scopo dell'ambasciata era fallito, e l'abile diplomatico, invece di
produrre il desiderato effetto con la sua eloquenza, si era piuttosto
lasciato imporre da questa maschia gravità dopo si dura sconfitta:
tornato in patria egli dichiarò che in Roma ogni cittadino gli era apparso come un re; infatti il cortigiano aveva veduto un popolo libero. </p><p>Pirro, che durante queste trattative era penetrato nella Campania,
appena seppe della rottura di esse, si volse verso Roma, per dar mano
agli Etruschi, scuotere gli alleati di Roma e minacciare la città stessa.
Ma i Romani non si lasciarono nè spaventare, nè guadagnare. Al grido
del banditore " di farsi inscrivere al posto dei caduti " subito dopo la
battaglia di Eraclea i giovani si erano affollati alla leva; con le due
legioni formate di nuovo, e con le truppe ritirate dalla Lucania, Levino, più forte di prima, seguì la marcia del re; egli assicurò Capua
contro di lui e rese vani i suoi tentativi di annodare relazioni con
Napoli. </p><p>L'attitudine dei Romani era cosi ferma, che, al di fuori dei
Greci dell'Italia inferiore, nessun ragguardevole Stato federale osò staccarsi dall'alleanza romana. Allora Pirro si volse contro la stessa Roma.
Attraverso il ricco paese, di cui egli con meraviglia guardava la fiorente condizione, Pirro venne sopra Fregelle, che egli sorprese, sforzò
il passaggio sul Liri, e giunse ad Anagni, che non è più lontana da
Roma di otto miglia tedesche. </p><p>Nessun esercito gli si fece incontro, ma
dappertutto le città del Lazio gli chiudevano le porte, e a passo misurato lo seguiva Levino dalla Campania, mentre dal nord il console
Tiberio Coruncanio, il quale appunto aveva conchiuso con gli Etruschi
un opportuno trattato di pace, conduceva con sé un secondo esercito
romano e in Roma stessa la riserva si preparava al combattimento
sotto il dittatore Gneo Domizio Calvino. </p><p>Così nulla era da fare; al re
non rimaneva altro che ritirarsi. Per qualche tempo rimase egli ancora
nella Campania, inerte di fronte agli eserciti riuniti dei due consoli;
ma non gli si offrì alcuna occasione per una battaglia campale. Quando
l'inverno si avvicinò il re sgombrò il territorio nemico, e distribuì le
sue truppe nelle città amiche; egli stesso pose a Taranto il suo quartier
invernale. Allora anche i Romani cessarono le loro operazioni; l'esercito
prese alloggiamento .presso Fermo, nel Piceno, dove per ordine del
senato, le legioni battute sul Liri accamparono per castigo tutto l'inverno sotto le tende. </p><p><br /></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - SECONDA CAMPAGNA </span></b></p><p>Così finì la campagna dell'anno 474 (=280). La pace separata che
l' Etruria aveva conchiuso con Roma nel momento decisivo e l'inattesa
ritirata del re, che deluse intieramente le alte speranze degli alleati
italici, controbilanciarono in gran parte l'impressione della vittoria di
Eraclea. Gli Italici si lagnarono dei pesi della guerra e specialmente
della cattiva disciplina dei mercenari acquartierati presso di loro, e il
re, stanco dei meschini litigi e del contegno nè politico nè militare
de' suoi alleati, incominciò a presentire che il compito toccatogli potesse
essere politicamente insolubile nonostante tutti i successi della sua tattica. </p><p>L'arrivo di un'ambasceria romana di tre consolari, fra i quali il
vincitore di Turii, Gaio Fabricio, ridestò per un momento in lui le speranze di pace; ma presto si dimostrò che gli ambasciatori avevano
solo facoltà di trattare per il riscatto o lo scambio dei prigionieri.
Pirro rifiutò tale esigenza, ma egli licenziò sulla loro parola d'onore
tutti i prigionieri, perchè potessero assistere alla festa dei Saturnali;
più tardi si esaltò in un modo così significativo la fede, che i prigionieri mantennero ed il rifiuto dell'ambasciatore romano contro un tentativo di corruzione, che queste lodi provano piuttosto la corruttela dei
tempi posteriori che non l'onoratezza dei precedenti. </p><p>Nella primavera del 475(=279) Pirro riprese ancora l'offensiva e
penetrò nell'Apulia, dove l'esercito romano gli mosse incontro. Nella
speranza di scuotere con una vittoria decisiva la simmachia romana
in questi paesi, il re offrì una seconda battaglia e i Romani non la
rifiutarono. </p><p>I due eserciti s'incontrarono presso Ausculum (Ascoli di
Puglia). Sotto le bandiere di Pirro combatterono oltre le sue truppe epirote e macedoni, anche i mercenari italici, la milizia della cittadina di
Taranto (i cosiddetti scudi bianchi), e gli alleati Lucani, Bruzzii e Sanniti, un insieme di 70.000 uomini a piedi, 16.000 dei quali eran
greci ed epiroti; oltre 8000 cavalieri e 19 elefanti. </p><p>Coi Romani stettero in quella giornata i Latini, i Campani, i Volsci,
i Sabini, gli Umbri, i Marrucini, i Peligni, i Frentani e gli Arpani;
anch'essi contavano oltre a 70.000 uomini, dei quali 20.000 cittadini
romani, e 8000 cavalieri. Le due parti avevano fatto cambiamenti
nell'ordine della milizia. Pirro, riconoscendo col suo acuto occhio di
soldato i vantaggi della disposizione in manipoli, adottata dai Romani,
aveva sostituita sulle ali la lunga fronte delle sue falangi con un allineamento interrotto, imitato dalle coorti romane, e forse non meno per
motivi politici che militari, aveva intercalato fra le divisioni della sua
propria gente le coorti tarantine e sannitiche; nel centro solo stava la
falange epirota in linea serrata. </p><p>I Romani per difendersi dagli elefanti
conducevano una specie di carri da guerra, dai quali sporgevano bracieri ardenti sopra aste di ferro ed ai quali erano unite antenne di
ferro, mobili ed atte ad essere abbassate; erano in certo modo il modello di quei ponti d'arrembaggio che nella prima guerra punica
dovevano avere tanta importanza.
Secondo la relazione greca, che sembra meno parziale della romana,
che pur teniamo sott'occhio, i Greci ebbero nel primo giorno la peggio,
poiché non riuscirono nè a distendere la loro fanteria sulle sponde
scoscese e paludose dei fiumi, dove furono costretti ad accettar la battaglia, nè a spingere nella mischia la cavalleria e gli elefanti. </p><p>Nel secondo giorno invece Pirro prevenne i Romani nell'occupazione del
terreno, e raggiunse così senza perdite la pianura, dove egli potè con
agio dispiegare la falange. Invano i Romani si precipitarono con disperato coraggio con le loro spade sui sarissofori; la falange resistette
incrollabile ad ogni attacco, ma nemmeno essa potè far piegare le legioni romane. </p><p>Appena quando la numerosa scorta degli elefanti ebbe
cacciati con frecce e sassi i Romani combattenti sui carri da guerra
e tagliate le corregge dei gioghi, cosicchè gli elefanti poterono lanciarsi
contro la fanteria romana, questa cominciò a tentennare. I guardiani
dei carri voltisi in fuga diedero il segnale della rotta, che però non
costò molte vittime, poiché il campo vicino accolse i fuggiaschi. </p><p>Che
poi, mentre ferveva la gran battaglia, una mano di Arpani, staccatisi
dall'esercito romano, abbia assaltato e arso il campo degli Epiroti, che
era stato lasciato con poca guardia, è cosa che troviamo ricordata solo
dalla cronaca romana; ma ad ogni modo i Romani hanno sostenuto
a torto che la battaglia sia rimasta indecisa. </p><p>Le due relazioni sono
anzi d'accordo nel dire, che l'esercito romano si ritirasse al di là
del fiume lasciando Pirro padrone del campo di battaglia. Il numero dei
caduti fu, secondo la relazione greca di 6000 Romani e 3505 greci;
tra i feriti trovavasi il re stesso, cui un giavellotto aveva passato il
braccio, mentre egli, come era solito, combatteva nel più fitto della
mischia. </p><p>Certo questa fu un'altra vittoria di Pirro; ma gli allori non
portarono frutto, e il fatto procacciò onore al re come a buon capitano
e a prode soldato, ma ne' rispetti politici non lo avvicinò d'un passo alla sua meta. Pirro abbisognava d'uno splendido trionfo, che avesse
a sterminare l'esercito romano e dare occasione e spinta ai tentennanti
alleati di Roma a dichiararsi per lui ma siccome l'esercito e la lega
di Roma rimasero in piedi, siccome l'oste greca, di cui Pirro era l'anima
o l'unità, si trovava per la sua ferita inabile per molto tempo a campeggiare, così egli dovette rassegnarsi a considerare la campagna come
perduta e a riprendere i quartieri d'inverno, che il re prese in Taranto,
i Romani questa volta nell'Apulia. </p><p>Sempre più chiaramente manifestavasi che militarmente le risorse su cui poteva contare il re non
pareggiavano quelle dei Romani, e che, quanto alla politica, la rilassata e ricalcitrante coalizione non poteva per niun conto raffrontarsi
colla simmachia romana fondata su basi solide e profonde. La tattica greca, la novità degli arnesi di guerra che i Greci impiegavano,
l'impetuosità delle loro mosse, il genio del capitano che li guidava,
potevano ben ottenere altre vittorie come quelle riportate ad Eraclea
e ad Ascoli, ma ogni nuova vittoria avrebbe logorato l'esercito vittorioso; ed era evidente che i Romani, dopo la giornata d'Ascoli, si sentivano già i più forti e attendevano con coraggiosa pazienza la vittoria finale. </p><p>Questa guerra non rassomigliava alle guerre di raffinata
destrezza che si facevano dai principi greci; in questa guerra tutte
le combinazioni strategiche riuscivano vane a fronte della piena e
poderosa energia della milizia. Pirro si accorse dello stato delle
cose e sazio di vincere senza frutto, disprezzando i suoi alleati, egli
non mirava più che a garantire contro i barbari i suoi clienti per
abbandonare l'Italia, ove l'onore militare gli imponeva di fermarsi
ancora. E già poteva prevedersi, che coll'impaziente suo carattere egli
avrebbe afferrato il primo pretesto per liberarsi dall'ingrato impegno,
quando gli affari di Sicilia gli offrirono il destro di allontanarsi dall'Italia. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh31l44v00ShwtHC2RhLp19T7B1n3YZHrPwjS8AJ_oJD1cVRMXNn5qip9JwYNsWv6Sd7HqAKtpCVClrlwYCaN0s2DhGUr0rHoVM5T9l7QFvU5NaMmNDufvr2xajvw5J4ComNqzWHZYHD6eXkSgItK9x1Wq-ElAjQriANGP13tTfewkqqm4-EtDTMyjO/s550/italici-contro-roma25.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="445" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh31l44v00ShwtHC2RhLp19T7B1n3YZHrPwjS8AJ_oJD1cVRMXNn5qip9JwYNsWv6Sd7HqAKtpCVClrlwYCaN0s2DhGUr0rHoVM5T9l7QFvU5NaMmNDufvr2xajvw5J4ComNqzWHZYHD6eXkSgItK9x1Wq-ElAjQriANGP13tTfewkqqm4-EtDTMyjO/s16000/italici-contro-roma25.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">SIARACUSA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - CONDIZIONI DELLA SICILIA, SIRACUSA E CARTAGINE </span></b></p><p><b>- Terza campagna -</b></p><p>Dopo la morte d'Agatocle ( 465 = 289) venne meno ai Greci della
Sicilia ogni forza direttiva. Mentre in ciascuna città si avvicendavano al
governo inetti demagoghi ed inetti tiranni, i Cartaginesi, che da gran
tempo possedevano la punta occidentale dell'isola, venivano chetamente
allargando il loro dominio. Ma dopo ch' essi ebbero fermato il piede
in Agrigento, credettero venuto il tempo di correr scopertamente alla
meta a cui miravano da secoli, e di ridurre in loro potere tutta l'isola e però si volsero direttamente contro Siracusa. </p><p>Questa città, che aveva
già conteso co' suoi eserciti e colle sue flotte il possesso dell'isola a
Cartagine, era caduta, causa le intestine contese e la debolezza del
governo, sì profondamente, ch'essa appena poteva sperare di difendersi
dietro le sue mura, e però doveva volgersi a cercar soccorsi stranieri
che nessuno, fuori del re Pirro, poteva accordarle. </p><p>Pirro era genero d'Agatocle, suo figlio Alessandro, allora diciottenne,
era nipote d'Agatocle, ambedue e per sangue e per grandezza d'animo erano gli eredi naturali dei vasti disegni del signore di Siracusa; e se
mai Siracusa non poteva più reggersi a libertà, almeno poteva trovar
un compenso col diventar metropoli del gran regno ellenico occidentale. </p><p>I Siracusani si offrirono spontanei a Pirro, come due anni innanzi
i Tarantini, e alle stesse condizioni (intorno al 475 == 279). Così per
un singolare riscontro di cose pareva che tutto concorresse ad aiutare
i vasti concetti del re degli Epiroti, che aveva fondato tutto il suo
piano sul possesso di Taranto e di Siracusa. </p><p>Questa unione dei Greci italici e siciliani sotto lo stesso signore ebbe
per effetto immediato di far più intima la congiunzione dei loro avversari.
I Cartaginesi ed i Romani trasformarono i loro trattati di commercio
in una lega offensiva e difensiva contro Pirro ( 4 75 = 279). Si convenne
che se Pino avesse messo piede sul territorio d'uno dei confederati,
l'altro avrebbe mandato pronti soccorsi e pagato le truppe ausiliarie;
che Cartagine somministrerebbe le navi di trasporto e assisterebbe
i Romani anche colla flotta, senza obbligo però di arrischiare l'equipaggio in fazioni di terra; finalmente i due alleati proposero di non
accordarsi con Pirro separatamente. </p><p>Lo scopo della convenzione fu da
parte dei Romani quello di rendere possibile un attacco contro Taranto e di tagliare a Pirro le comunicazioni con la sua patria, ciò
che non era possibile senza il concorso della flotta punica; da parte
dei Cartaginesi lo scopo era di trattenere il re in Italia per poter
effettuare senza contrasto i loro disegni sopra Siracusa. Nell' interesse delle due potenze era dunque il disegno di assicurarsi del mare
fra l'Italia e la Sicilia. </p><p>Una parte della flotta cartaginese, di 120 vele,
sotto gli ordini dell'ammiraglio Magone, partì da Ostia, ove pare che
Magone si sia recato per conchiudere quel trattato, verso lo stretto di Sicilia. I Mamertini, che per i delitti commessi contro la popolazione
greca di Messina, non potevano che aspettare il giusto castigo quando
Pirro fosse giunto al governo di Sicilia e d' Italia, si allearono strettamente ai Romani e ai Cartaginesi, e assicurarono loro il litorale siciliano dello stretto. </p><p>Volentieri si sarebbero gli alleati impossessati anche
di Reggio, sulla spiaggia opposta; ma Roma non poteva assolutamente
perdonare alla guarnigione campana, ed un tentativo dei Romani e
Cartaginesi alleati, per impadronirsi a mano armata della città, andò
a vuoto. Di là la flotta cartaginese veleggiò per Siracusa e bloccò la
città dal lato del mare, mentre nello stesso tempo un forte esercito
fenicio ne incominciava l'assedio dal lato di terra (476 = 278). </p><p>Era urgente il bisogno che Pirro giungesse a Siracusa, eppure le
cose d'Italia eran tali, che egli e le sue truppe potevano esservi necessari. I due consoli dell'anno 4 76 (= 278), Gaio Fabrizio Luscino e
Quinto Emilio Papo, entrambi generali esperimentati, avevano cominciata energicamente la nuova campagna, e sebbene fino allor a i Romani
non avessero in questa guerra toccato che sconfitte, non erano già
essi, ma i vincitori che si sentivano spossati e desideravano la pace. </p><p>Pirro
fece ancora un tentativo per ottenere un sopportabile accomodamento.
Il console Fabricio aveva spedito al re un miserabile che gli aveva
fatto la proposta di avvelenare il re per una buona mercede. In
riconoscenza il re non solo liberò senza riscatto tutti i prigionieri romani, ma si sentì così rapito dalla magnanimità de' suoi valorosi
avversari, che egli stesso propose loro una pace infinitamente equa e
favorevole. </p><p>Cinea pare sia andato ancor una volta a Roma, e Cartagine
pare abbia temuto seriamente che Roma si adattasse a far pace. Ma
il senato rimase fermo e ripetè la sua prima risposta. Se il re non
voleva lasciar cadere Siracusa nelle mani dei Cartaginesi, e con ciò fare
distruggere il suo grandioso disegno, non gli rimaneva altro che abbandonare i suoi alleati italici e limitarsi per allora al possesso dei
porti più importanti, specialmente a quelli di Taranto e di Locri. </p><p>Invano i Lucani e i Sanniti lo scongiurarono di non abbandonarli;
invano i Tarentini gli ingiunsero o di compiere il suo dovere di
capitano, o di restituir loro la città. Ai lamenti e ai rimproveri il re
oppose o conforti di speranze in tempi migliori, o acerbi rifiuti: Milone
rimase a Taranto, il figlio del re, Alessandro, a Locri, e Pirro colla
maggior parte delle sue truppe, s'imbarcò nella primavera del 476
(= 278) a Taranto per Siracusa. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtRxpYav3JK7cf5j-NjCusJY6vI_m_u2HMxAKsiVyqFe1LXn2p6j7V1MN4VcW11q-h4AJhIVySDh_9iFU-yg-sdYGR4fIeh74ooFcsSP7_Fk3qv_pwndbolNo_verCv3SFT766yqHPPowNxj2aq8qe64S1l_sEGzOQ1th28bi2lCw-Ew-n74dGH5Rh/s550/italici-contro-roma26.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="547" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtRxpYav3JK7cf5j-NjCusJY6vI_m_u2HMxAKsiVyqFe1LXn2p6j7V1MN4VcW11q-h4AJhIVySDh_9iFU-yg-sdYGR4fIeh74ooFcsSP7_Fk3qv_pwndbolNo_verCv3SFT766yqHPPowNxj2aq8qe64S1l_sEGzOQ1th28bi2lCw-Ew-n74dGH5Rh/s16000/italici-contro-roma26.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ERACLEA LUCANA</td></tr></tbody></table><br /><b><span style="color: #990000;">§ - ASSOPIMENTO DELLA GUERRA IN ITALIA </span></b></div><div><p>Per la partenza di Pirro i Romani ebbero man libera in Italia, dove
nessuno osava resistere loro in campo aperto, e gli avversari si rinchiudevano dappertutto nelle loro fortezze o nelle loro foreste. Pure
la lotta non terminò così presto come si era potuto sperare, sia per la
natura di queste guerre di montagna e di assedi, sia per la spossatezza dei
Romani, delle cui terribili perdite è una prova il censo dal 4 73 (= 281)
al 479 (=275), che dinota una diminuzione di 17.000 cittadini. </p><p>Nell'anno
476 (= 278), riuscì al console Gaio Fabricio di indurre la ragguardevole
colonia tarentina di Eraclea ad una pace separata., che le fu concessa a
favorevolissime condizioni. Durante la campagna del 477 (= 277) si continuò a combattere nel Sannio, dove un attacco, intrapreso spensieratamente contro le alture trincerate, costò molta gente ai Romani; quindi
la guerra si volse all'Italia meridionale dove i Lucani e i Brezzii furono
battuti. </p><p>Milone invece, partendo da Taranto, riuscì a prevenire i Romani in un tentativo di prendere Crotone per sorpresa, e gli Epiroti
fecero anzi una sortita fortunata contro l'esercito assediante. Però il
console riuscì con uno strattagemma di determinare il presidio ad allontanarsi, e prese così la città rimasta senza difesa (477 =277). </p><p>Più
importante fu il fatto dei Locresi, i quali avevano già consegnato al
re precedentemente la guarnigione romana, ed ora, espiando il tradimento col tradimento, trucidarono gli Epiroti, così che tutta la spiaggia
meridionale, ad eccezione di Reggio e Taranto, fu nelle mani dei Romani. Nonostante questi successi assai poco si era guadagnato nell'essenziale. </p><p>L'Italia inferiore era da gran tempo indifesa; Pirro non poteva
dirsi vinto, finché Taranto si trovava in suo potere, così che gli rimanevano i mezzi per rinnovare la guerra a piacimento, nè i Romani
potevano pensare ad un assedio di questa città. </p><p>Poichè oltre la considerazione che i Romani in fatto d'espugnazioni e d'assedi, dopo che Filippo il Macedone e Demetrio l'Assediatore avevano mutata la strategia in una guerra di fortezze, dovevano trovarsi inferiori ad un
esperto e risoluto capitano greco, mancavano anche di un sufficiente
naviglio; e sebbene i Cartaginesi avessero per trattato promesso di
aiutare i Romani sul mare, i fatti di Sicilia non volgevano sì propizi
per essi, da lasciar loro modo di mantenere quella promessa. </p><p>Lo sbarco di Pirro nell'isola, compiuto felicemente ad onta della
flotta cartaginese, vi aveva cambiato a un tratto l'aspetto delle cose.
Pirro liberò tosto Siracusa dall'assedio, ridusse in breve tempo in suo
potere tutte le città greche, e come capo della confederazione sicula
ritolse ai Cartaginesi quasi tutte le loro conquiste. </p><p>Minacciati e combattuti senza posa, appena riuscirono a mantenersi a Lilibeo i Cartaginesi e i Mamertini infessana con l'aiuto della flotta punica, che
allora dominava senza contrasto sul Mediterraneo. In tali circostanze,
badando al tenore del trattato del 475 (= 279), sarebbe stato più agevole a Roma di prestare soccorso in Sicilia ai Cartagine, che a Cartagine colla sua flotta di aiutare Roma ad espugnare Taranto; ma
pare che i due alleati non si curassero troppo di assicurarsi reciprocamente la potenza, e tanto meno di ampliarla. </p><p>Cartagine aveva
offerto il soccorso ai Romani soltanto allora che lo stringente pericolo
di Roma era già passato; i Romani dal canto loro non avevano fatto
nulla per impedire la partenza del Re dall'Italia e la caduta della
potenza cartaginese in Sicilia. Anzi in aperta violazione del trattato
Cartagine aveva perfino mosso pratiche per un accordo particolare col
re, offrendogli di rinunciare a tutte le conquiste siciliane pur che le
fosse lasciato il possesso del Lilibeo, di fornire al re danaro e navi
da guerra, le quali, come è ben naturale, dovevano servire per tornare
in Italia e rinnovare la guerra contro Roma. </p><p>Era però troppo chiaro
che, conservando Lilibeo e allontanando il re, Cartagine avrebbe
subito riacquistato nell'isola quel posto che essa teneva prima dello
sbarco degli Epiroti; le città greche, abbandonate a sè stesse, nulla
potevano, e il perduto territorio era facile a riconquistarsi. Perciò Pirro
respinse le perfide proposizioni, che da ambe le parti gli erano state
fatte, e prese la risoluzione di formarsi una flotta. </p><p>Soltanto la leggerezza
e il poco accorgimento hanno poi biasimato codesto concetto; il quale
non solo rispondeva ad una necessità, ma pei mezzi che offriva
l'isola, poteva facilmente porsi ad effetto. Anche a non voler riflettere
che il sovrano di Ambracia, di Taranto e Siracusa, non poteva essere
senza una potenza marittima, Pirro aveva bisogno di una flotta per espugnare Lilibeo, per proteggere Taranto e infine per attaccare Cartagine
in Africa, come prima e dopo lo fecero con sì grande successo Agatocle, Regolo, Scipione. </p><p>Pirro non fu mai sì vicino alla sua meta come
nell'estate del 478 (= 276), quando ei vedevasi innanzi Cartagine umiliata, la Sicilia raccolta sotto la sua signoria, Taranto, porta d'Italia,
assicurata nelle sue mani, e quando la flotta da lui creata e che doveva
annodare insieme tutti i suoi possessi, assicurare e aumentare i suoi
acquisti, stava ancorata nel porto di Siracusa pronta a salpare. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLJiU9UNMibo5syhYKEalrk6DCS_mp0pATeqyKbqzQHo4qo3dYLJP73ul7aaXMcI-z75lSf2KoTONif1AXYYxvoxP5MkSm9p7S8kfHNMsxPN3JjC0gwzYVVluV3wbEAUM1FrVQvLvXbSyhW2LsqkYJoTd677qJjhifPfjFYMcSkCFbckZVdpqHrXcp/s550/italici-contro-roma27.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="352" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLJiU9UNMibo5syhYKEalrk6DCS_mp0pATeqyKbqzQHo4qo3dYLJP73ul7aaXMcI-z75lSf2KoTONif1AXYYxvoxP5MkSm9p7S8kfHNMsxPN3JjC0gwzYVVluV3wbEAUM1FrVQvLvXbSyhW2LsqkYJoTd677qJjhifPfjFYMcSkCFbckZVdpqHrXcp/s16000/italici-contro-roma27.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CARTAGINE</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - PIRRO IN SICILIA </span></b></p><p>Il lato debole di tutti i disegni di Pirro era la viziosa politica interna.
Egli reggeva la Sicilia come aveva veduto Tolomeo reggere l' Egitto;
non rispettava le costituzioni de' comuni, nominava a suo talento i
suoi fidi a governare le città, quando e fin che a lui piacesse, eleggeva in luogo dei giurati del paese i suoi cortigiani all'ufficio di giudici, pronunziava a suo arbitrio confische, esili, pene capitali, persino
contro quelli che avevano vivamente promosso la sua venuta in Sicilia,
metteva presidii nelle città e dominava in Sicilia non come il capo della
lega nazionale, ma come re. </p><p>Benchè secondo le idee dell'oriente ellenico egli possa essersi creduto un principe buono e savio - e forse
lo era in fatto - i Greci sopportavano con tutta l'impazienza d'un
popolo disvezzato d'ogni disciplina in una lunga agonia di libertà questo
trapiantamento del sistema dei Diadochi in Siracusa; nè andò molto
che allo stolido popolo parve più sopportabile il giogo cartaginese
che non il nuovo governo soldatesco. </p><p>Le più ragguardevoli città strinsero lega coi Cartaginesi e persino coi Mamertini; un forte esercito
cartaginese ricomparve nell'isola, e, aiutato dappertutto dai Greci, fece
rapidi progressi. La fortuna delle battaglie fu, a dir vero, come sempre,
favorevole all' "Aquila" ma era chiaro. ormai, che gli isolani avevano
preso in odio il loro liberatore, ed era facile argomentare quello che
avrebbe potuto e dovuto avvenire, quando il re si assentasse dalla
Sicilia. </p><p>A questo primo ed essenzialissimo errore Pirro ne aggiunge un altro:
andò colla flotta a Taranto invece di andare a Lilibeo. Cogli umori,
che allora correvano in Sicilia, era troppo evidente la necessità di
sradicare affatto dall'isola i Cartaginesi e toglier così ai malcontenti
l'ultimo asilo prima di distrarre le sue forze nell'impresa d'Italia, dove
non v'era alcun pericolo imminente, poiché Taranto era abbastanza
sicura e non s'aveva a far troppo conto degli altri confederati, che già
erano stati lasciati in abbandono. </p><p>Non è difficile però comprendere,
come l'indole soldatesca di Pirro lo tirasse a cancellare con una brillante riapparizione la partenza non molto onorevole dell'anno 476
(= 278), e come il suo cuore sanguinasse quando gli giunsero i lamenti
dei Lucani e dei Sanniti. Però imprese come quelle immaginate da
Pirro possono venir compiute solo da ferree nature, che possono padroneggiare la compassione e perfino il sentimento dell'onore; tale
non era Pirro. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifdUT9u4mtvJSQvIZLR3tXHvqSl3lTrqrK9vBC5fkLSkw3e_3eD1zec1S_xbwHMFL0fcOyfTfTIT9q84SnzOaa2Z9y2-ow2VD2Li-iZoLf-g1lXTyQcS5ZUCrvY6tY14546_a8CmCgfWImEWJ-jA_Mu06Yu_oA3vSoRQkzJdPLrU6HQVJIqdrb2L5V/s595/italici-contro-roma28.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="595" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifdUT9u4mtvJSQvIZLR3tXHvqSl3lTrqrK9vBC5fkLSkw3e_3eD1zec1S_xbwHMFL0fcOyfTfTIT9q84SnzOaa2Z9y2-ow2VD2Li-iZoLf-g1lXTyQcS5ZUCrvY6tY14546_a8CmCgfWImEWJ-jA_Mu06Yu_oA3vSoRQkzJdPLrU6HQVJIqdrb2L5V/s16000/italici-contro-roma28.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PERSEFONE TRAFUGATA ED ESPOSTA A BERLINO</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - CADUTA DEL REGNO SICILIANO </span></b></p><p>Il fatale imbarco avvenne verso la fine dell'anno 478 (=276). Frattanto la nuova flotta siracusana ebbe a sostenere con la cartaginese
un formidabile combattimento e vi perdette un considerevole numero di navi. La lontananza del re e la notizia di questo primo disastro
bastarono per la caduta del regno siculo; tutte le città si rifiutarono
di somministrare uomini e denaro al re assente, e lo splendido Stato si sfasciò in tempo più breve che non fosse sorto, parte perchè il re
stesso aveva sepolto nel cuore de' suoi sudditi l'amore e la fedeltà sulla
quale riposa ogni organismo comunale, parte perchè al popolo mancava
la devozione di rinunciare, fosse pur per breve tempo, alla libertà per
salvare la nazionalità. </p><p>Così l'impresa di Pirro era naufragata, il progetto della sua vita era perduto senza speranza; d'ora in poi egli è
un avventuriere che sente di essere stato molto e non è più nulla, e
che continua la guerra non più come mezzo ad uno scopo, ma per
stordirsi in quel terribile gioco di dadi e possibilmente per trovare nel
tumulto della battaglia la morte del soldato. </p><p>Arrivato alla costa italica, il re incominciò con un tentativo a impadronirsi di Reggio, ma, con l'aiuto dei Mamertini, i Campani respinsero
l'attacco, e nell'ardore della mischia, dinanzi alla città, il re stesso
venne ferito, mentre gittava di sella un ufficiale nemico. Invece potè
egli sorprendere Locri, i cui abitatori espiarono duramente la strage
della guarnigione epirota, e vi saccheggiò il ricco tesoro del tempio di
Persefone per riempire la sua cassa vuota. </p><p>Così egli giunse a Taranto,
probabilmente con 20.000 uomini a piedi e 3000 cavalieri. Ma non
erano più i provati veterani di prima, e gli Italici non salutarono
più in essi i loro salvatori; la fiducia e la speranza con cui era stato
accolto il re cinque anni prima, erano scomparse, e gli alleati erano
senz'armi e senza soldati. </p><p>In aiuto dei Sanniti, gravemente minacciati, nel cui territorio i Romani avevano svernato nel 478-79 (= 276-75), il re entrò in campo
nella primavera del 479 (= 275) e costrinse il console Manio Curio
alla battaglia di Benevento nei campi Arusini, prima che egli potesse
riunirsi col suo collega tornante dalla Lucania. </p><p>Ma la divisione che
era destinata ad attaccare il fianco dei Romani si smarrì durante la
marcia notturna nei boschi e mancò nel momento decisivo; e dopo
un violento combattimento gli elefanti decisero nuovamente la battaglia, ma questa volta in favore dei Romani; poichè, spaventati dai
sagittarii disposti a custodia del campo, si gettarono sulla loro propria
gente. </p><p>I vincitori occuparono il campo; nelle loro mani caddero 1300
prigionieri e 4 elefanti, i primi che Roma vide, inoltre un inestimabile bottino, il cui prezzo bastò a fabbricare più tardi in Roma l'acquedotto che da Tivoli conduceva a Roma l'acqua dell'Aniene. Pirro,
senza truppe per tenere il campo e senza denaro, chiese soccorso ai
re di Macedonia e d'Asia, che lo avevano aiutato nel passaggio verso
l'Italia; ma anche in patria non lo si temeva più e gli si rifiutò la
domanda. </p><p>Disperando della sua impresa contro Roma e irritato da questi rifiuti, Pirro lasciò una guarnigione in Taranto e tornò in quello stesso
anno (479 = 275) nella sua Grecia, dove più facilmente che in Italia,
ove le condizioni erano costanti e misurate, poteva aprirsi all'avventuriere disperato una qualche speranza. </p><p>Infatti non solo egli riguadagnò
presto ciò che era stato strappato al suo regno, ma egli stese ancora una volta la mano, e non senza successo, verso il trono macedone,
ma i suoi ultimi progetti naufragarono contro la calma e astuta politica di Antigono Gonata, e più ancora contro la propria impetuosità e
incapacità di dominare il suo animo superbo; egli guadagnò bensì ancor a delle battaglie, ma senza alcun durevole successo, e fini la sua
vita in un miserabile combattimento per le vie d'Argo nel Peloponneso
(482 = 272). </p><p><br /></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - GLI ULTIMI COMBATTIMENTI IN ITALIA</span></b></p><p>In Italia la guerra finisce con la battaglia di Benevento; le ultime
convulsioni del partito nazionale terminano lentamente. Veramente,
sinchè il principe della guerra, il cui braccio possente aveva osato di
prendere le redini del destino, era ancora tra i viventi, egli tenne,
anche assente, la forte rocca di Taranto contro Roma. </p><p>Dopo la partenza di Pirro il partito della pace prese il sopravvento, ma Milone,
che vi aveva il comando in nome di Pirro, rifiutò ogni consiglio e
lasciò che i cittadini partigiani di Roma conchiudessero per conto
proprio e come a loro piaceva la pace con Roma nel castello che essi
avevano costrutto nel territorio di Taranto, senza però aprire le sue
porte. </p><p>Ma quando, dopo la morte di Pirro, una flotta cartaginese
entrò nel porto e Milone vide la cittadinanza in procinto di cedere la città ai Cartaginesi, egli preferì di cedere la rocca al console romano
Lucio Papirio (482 = 272) e· per tal modo ottenere per sè ed i suoi
libera uscita. Questa fu pe' Romani un'immensa fortuna. </p><p>Dopo gli esperimenti
fatti da Filippo dinanzi a Perinto e Bisanzio, da Demetrio sotto Rodi,
da Pirro a Lilibeo, si può ragionevolmente dubitare, se colla strategia
di quei tempi sarebbe stato possibile ai Romani di espugnare una 'città
regolarmente fortificata e difesa e col libero accesso dalla parte del
mare; e nessuno può dire come sarebbero andate le cose, se Taranto
avesse potuto diventare pei Fenici in Italia, ciò che per essi era stato
Lilibeo in Sicilia. </p><p>Ma il fatto non si poteva ornai mutare. L'ammiraglio cartaginese, vedendo la rocca in potere de' Romani, dichiarò di
essere venuto a Taranto solamente per aiutare, a tenore del trattato,
gli alleati nell'espugnare la città, e s'imbarcò alla volta dell'Africa; e
l'ambasciata de' Romani mandata a Cartagine per domandare schiarimenti e per protestare contro la tentata occupazione di Taranto, non ne
cavò che giuramenti e proteste, ad altro non essersi pensato mai, che
a far opera di leali confederati; di che per allora anche i Romani
mostrarono accontentarsi. </p><p>I Tarantini ottennero dai Romani, a petizione
come pare de' loro emigrati, di conservare l'autonomia, ma dovettero
consegnare le armi e le navi e veder rase le mura della città.
Nello stesso anno in cui Taranto divenne romana si sottomisero
finalmente anche i Sanniti, i Lucani ed i Brezzii, i quali ultimi dovettero cedere metà della ricca foresta della Sila, tanto importante per le
costruzioni navali. </p><p>Finalmente la banda che da dieci anni tiranneggiava la città di Reggio, scontò i suoi delitti meritamente punita
e come sleale a Roma e spergiura alle bandiere e come colpevole dell'assassinio dei cittadini di Reggio e del presidio di Cotrone. </p><p>Era
nello stesso tempo la causa comune degli Elleni contro i barbari
quella che Roma difendeva; il nuovo signore di Siracusa, Gerone, aiutò.
i Romani, che erano a campo sotto Reggio, mandando loro vettovaglie
e uomini e movendo nel tempo stesso e d' accordo con loro una spedizione contro i Mamertini di Messana, complici e quasi compaesani
degli assassini di Reggio. </p><p>L'assedio di Messana andò molto a lungo:
Reggio invece fu dai Romani presa d'assalto nel 484 (= 270), nonostante la valorosa e pertinace difesa dei ribelli. Quei di loro, che furono fatti prigionieri, vennero flagellati e decapitati sul Foro romano; gli antichi
abitanti di Reggio richiamati e, per quanto fu possibile, rimessi in
possesso dei loro beni. </p><p>Così nell'anno 484 (= 270) fu ridotta all'ubbidienza tutta l'Italia. Solo i Sanniti, i più ostinati avversari di Roma,
continuarono, ad onta del formale trattato di pace, come briganti, la
guerra, così che nell'anno 485 = 269) fu necessario mandare contro
essi ambedue i consoli. </p><p>Ma anche il più generoso coraggio e la più
eroica disperazione a lungo andare vengono meno; il ferro ed il
patibolo ricondussero alla fine la tranquillità anche nelle montagne
sannitiche.
Per assicurare questi immensi acquisti furono condotte parecchie
nuove colonie: Pesto e Cosa (481 = 273) nella Lucania, Benevento
(486 = 268) ed Esmia (verso il 491 = 263) come bastiglie per il
Sannio, Arimino (486 = 268) e nel Piceno Firmo (verso il 490 = 264)
e la colonia cittadina Castro novo posti avanzati contro i Galli; venne
inoltre continuata la grande strada meridionale sino ai porti di Taranto e di Brundisio, colla fortezza di Benevento che servisse come
nuova stazione intermediaria tra Capua e Venusia, e finalmente fu
predisposta la colonizzazione del posto marittimo di Brundisio, che la
politica romana aveva scelto ad umiliare Taranto e succedere a quel
ricchissimo emporio. </p><p>Nel costruire queste nuove fortezze e le strade
s'ebbe ancora a combattere contro le piccole popolazioni, di cui con
quelle opere si sminuivano o tagliavano i territori; per questa ragione
si guerreggiò coi Picentini (485. 486=269. 268), buon numero de' quali
fu trapiantato nei dintorni di Salerno, co' Salentini intorno a Brundisio
(487. 488 = 267. 266), e coi Sassinati Umbri (487. 488 = 267. 266)
i quali, a quanto pare, avevano occupato il territorio d' Arimino dopo
la cacciata dei Senoni. Roma estese con quest' arti la sua signoria su
tutto il territorio qella bassa Italia dall'Appennino al Mare Jonio e
sino al confine celtico. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5YNkr4RSki34kveHYHhHt9TV-ltoYAZ3H7VtmEFfvJmTkaMj4ensZSM0Lf6P_Q7cEraa5Zvuau5t4wlRCADEgMrm2mDSpmMEL9TlXCHGVvapcuKFdL8mx2kG4_NC0RDlA9xyJhRy1n7qCvxNWjl8_zQbIQF4guc1sYZ1pVQHmWvsAJoFAw4R4AlH7/s550/italici-contro-roma29.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5YNkr4RSki34kveHYHhHt9TV-ltoYAZ3H7VtmEFfvJmTkaMj4ensZSM0Lf6P_Q7cEraa5Zvuau5t4wlRCADEgMrm2mDSpmMEL9TlXCHGVvapcuKFdL8mx2kG4_NC0RDlA9xyJhRy1n7qCvxNWjl8_zQbIQF4guc1sYZ1pVQHmWvsAJoFAw4R4AlH7/s16000/italici-contro-roma29.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">NAVE ROMANA RITROVATA IN SERBIA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - LA FLOTTA ROMANA </span></b></p><p>Prima di rappresentare l'ordinamento politico, secondo il quale
l'Italia così unita veniva governata da Roma, ci rimangono ancora a considerare le condizioni marittime nel quarto e nel quinto secolo. In
quell'età due erano in sostanza le città, che si disputavano la signoria
del mare d'occidente: Siracusa e Cartagine. </p><p>Ma quest'ultima, nonostante i successi favorevoli, che per qualche tempo avevano ottenuto
sul mare Dionigi (dal 348 al 389 = 406-365), Agatocle (dal 437 al 465
= 317-289) e Pirro (dal 476 al 478 = 278-276), veniva acquistando
sempre maggior prevalenza sulla rivale, che rapidamente declinava a
non aver più che una marineria di secondo ordine. I</p><p>n quanto all'Etrnria, la sua importanza marittima era intieramente finita; la Corsica, rimasta per lungo tempo sotto la dominazione etrusca, venne, se
non in possesso de' Cartaginesi, certo sotto il loro primato marittimo.
Taranto, che per qualche tempo si era pur sostenuta, fu affranta dall'occupazione dei Romani. I valorosi Massalioti durarono bensì padroni
del proprio mare, ma non presero una parte diretta negli avvenimenti
che mutavano le sorti d'Italia. </p><p>Delle altre città marittime non si
faceva quasi alcun caso.
Alla stessa sorte non potè sottrarsi nemmeno Roma, nei suoi stessi
mari dominavano pure navigli stranieri.
Certo Roma era stata in origine una città marittima e nel tempo
della sua maggior fortuna non era mai divenuta così infedele alle antiche tradizioni, da trascurare intieramente la marina di guerra e non
era mai stata così stolta da voler diventare soltanto una potenza continentale. </p><p>Il Lazio offriva per le costruzioni navali i più bei tronchi
d'albero, che sorpassavano di gran lunga quelli famosi dell'Italia meridionale, e i cantieri di Roma, continuamente attivi, dimostrano pure
che non si era mai rinunciato a possedere una propria flotta. Frattanto
durante le crisi pericolose che la cacciata dei re, le scosse interne
nella confederazione romano - latina e le infelici guerre contro gli
Etruschi ed i Celti ebbero portato su Roma, i Romani poterono occuparsi poco dello stato delle cose sul Mediterraneo, e durante l'indirizzo
sempre più spiccato della politica romana circa la sottomissione del continente italico, la potenza marittima decadde ancor più. </p><p>Sino alla fine
dcl quarto secolo, appena si fa parola delle navi da guerra latine,
eccetto che si ricorda la nave che portò a Delfo il dono votivo tolto
dalla preda fatta sui Veienti (360 == 394). Gli Anziati naturalmente
continuarono il loro commercio su navi armate, per poter quindi occasionalmente esercitare anche il loro mestiere di pirati e il " corsaro
tirreno ", Postumio, preso da Timoleonte nell'anno 415, potrebbe bene essere stato un Anziate; ma essi non contavano probabilmente fra le potenze marittime dell'epoca, e se pur fosse, considerando
la posizione di Anzio verso Roma, questo fatto sarebbe stato tutt'altro
che un vantaggio. </p><p>Di quanto fosse scaduta la potenza marittima romana intorno all'anno 404 (= 350), lo dimostra il saccheggio delle
coste latine per mezzo d'una flotta greca, probabilmente sicula, nell'anno 405 (= 349), mentre nello stesso tempo alcune bande celtiche
percorrevano, mettendolo a ferro e a fuoco, il paese latino. </p><p>L' anno
dopo (406 = 348), e senza dubbio sotto l'immediata impressione di
questi gravi avvenimenti, il comune romano e i Fenici di Cartagine
conchiusero un trattato di commercio e di navigazione per sè e per gli alleati loro dipendenti; e questo è il più antico documento romano
il cui testo, naturalmente tradotto in greco, sia pervenuto fino a noi. </p><p>I Romani si obbligavano in esso di non navigar e, salvo nei casi di
necessità, sulla costa libica ad occidente dal bel promontorio (Capo Bon);
in contraccambio essi ottennero libero commercio, come gli indigeni,
nella Sicilia cartaginese, e in Africa e in Sardegna almeno il diritto
di vendere le loro merci ai prezzi che sarebbero stati stabiliti dagli
ufficiali cartaginesi e garantiti dalla Repubblica cartaginese.</p><p>Pare che
ai Cartaginesi venisse assicurato commercio libero almeno in Roma, e
forse anche in tutto il Lazio, sotto la condizione di non usar violenza
ai comuni latini dipendenti da Roma, e nel caso divenissero nemici,
di non pernottare sul territorio latino, e quindi di non estendere le
loro scorrerie nell'interno, e di non costruire fortezze nel paese latino. </p><p>Probabilmente a quest'epoca appartiene pure il già menzionato trattato
fra Roma e Taranto, e della cui origine si sa soltanto che esso fu
conchiuso assai prima del 472 (= 282); col medesimo si obbligavano
i Romani, non si sa contro quali promesse da parte dei Tarantini, di
non navigare nelle acque a oriente del capo Lacinio, così che essi
rimanevano compiutamente esclusi dal bacino orientale del Mediterraneo.</p><p>Queste erano vere sconfitte, proprio come quelle sull' Allia, ed
anche il senato romano pare le abbia intese così, e il corso favorevole
che le condizioni italiche presero tosto per Roma, dopo la conclusione
degli umilianti trattati con Cartagine e Taranto, pare sia stato energicamente rivolto a migliorare la posizione marittima assai depressa. </p><p>Le più importanti città della costa furono occupate da colonie romane: Pirgi, porto di Cere, la cui colonizzazione cade probabilmente
in quest'epoca; sulla costa occidentale Anzio, nell'anno 415 (= 329);
Terracina nell'anno 415 (=329); l'isola di P onza (441 =313); cosicchè
avendo già prima Ardea e Oirceii ricevuto coloni romani, tutte le
più importanti città marittime nel territorio dei Rutuli e dei Volsci
divennero colonie latine o cittadine; più oltre Minturno e Sinuessa
nell'anno 459 (= 295); Pesto e Cosa nel 481 (= 273); nella Lucania
e sul littorale Adriatico Sena Gallica e Castro novo verso l'anno
471 (=283); Arimino l'anno 486 (= 268), e ultima l'occupazione di
Brundisio subito dopo la fine della guerra pirrica. </p><p>Nella maggior parte
di queste città, nelle colonie cittadine o marittime i giovani erano
dispensati dal servizio delle legioni, come quelli che erano destinati
soltanto a guardia delle coste marine. </p><p>Nel tempo stesso i privilegi
ben ponderati, con cui si gratificavano i Greci della bassa Italia in
confronto dei loro vicini sabellici, e specialmente i favori accordati alle
più importanti comunità, come a Napoli, a Reggio, a Locri, a Turio,
ad Eraclea, e l'eguale esenzione dalla leva per l'esercito di terra, concessa alle condizioni soprammentovate, formavano il compimento della
rete, che i Romani tesero ed assicurarono tutt'intorno ai lidi d'Italia. </p><p>Ma gli uomini di stato che allora reggevano la cosa pubblica riconobbero, e le posteriori generazioni avrebbero potuto prenderne esempio,
che tutte queste fortificazioni litoranee e guarda-coste erano di poco
momento senza una marineria da guerra che potesse tenere in rispetto
i nemici. </p><p>Dopo la sottomissione d'Anzio (416 = 338), quante galee vi si trovarono atte alla guerra vennero riarmate negli arsenali di Roma,
e l'ordine preso in quello stesso tempo, che gli Anziati non potessero
attendere neppure al traffico marittimo, prova chiaramente quanto
i Romani si sentissero ancora deboli sul mare e come la loro politica
marittima fosse ancora incerta, quand'essi occuparono le fortezze della
costiera. </p><p>Entrate che furono di poi le città greche del mezzodì nella
clientela romana, Napoli la prima nel 428 (= 326), le navi da guerra,
che ognuna si era obbligata di fornire ai Romani come contingente federale, servirono, se non altro, ad ingrossare quel primo nucleo, intorno a cui veniva formandosi la flotta romana. Nell'anno 443 (= 311)
furono oltre a ciò, per deliberazione pubblica e presa appositamente,
eletti due ammiragli (duoviri navales). </p><p>Le forze di mare cominciarono
nella guerra co' Sanniti a dar mano a quella di terra, concorrendo
all'espugnazione di Nuceria. E forse si deve riferire a questi tempi
anche la famosa spedizione di una flotta romana di venticinque vele
per fondare una colonia in Corsica, della quale spedizione parla Teofrasto nella sua " Storia delle piante " l'anno 447 (== 307). </p><p>Il nuovo
trattato concluso con Cartagine l'anno 448 (= 306) prova però quanto
poco si sia raggiunto direttamente con questi mezzi. Mentre i capitoli
del primo trattato dell'anno 406 (= 348), che riferivansi all'Italia e
alla Sicilia, furono conservati nel nuovo trattato, venne in esso vietato
ai Romani non solo di navigare nelle acque orientali, ma anche di
spingersi nel mare Atlantico, ciò che prima era stato concesso, e di
trafficare coi sudditi cartaginesi in Sardegna e in Africa, e fors'anche di prendere stabile dimora in Corsica, tal che non rimanevano aperti ai commerci di Roma altri paesi fuor della Sicilia cartaginese e di Cartagine stessa. </p><p>In tutto questo ci si manifesta la gelosia dominatrice del mare, che cresceva con l'estendersi della signoria romana sulle coste; essa costrinse i Romani a rassegnarsi al sistema proibitivo ed a lasciarsi escludere dagli scali del commercio sì nel levante che nello occidente (e forse è qui luogo di riferire quel che si racconta del premio accordato per pubblico decreto ad un marinaio fenicio, il quale, mettendo per perduta la propria barca, tirò su un banco di sabbia una nave romana, la quale lo andava seguendo sull'Oceano Atlantico). </p><p>I Romani non poterono allora far altro che adattarsi senza però tralasciare gli sforzi per strappare la loro marineria a quello stato di impotenza in cui era venuta. Un provvedimento efficace riuscì la creazione dei quattro nuovi questori della flotta. (Quaestores classici), decretata l'anno 487 (= 267), il primo dei quali ebbe sua stanza in Ostia, porto della città di Roma; il secondo fu deputato a vigilare da Cales, allora capitale della Campania romana, i posti campani e quei della Magna Grecia; il terzo doveva da Arimino sorvegliare i porti transappennini; non si conosce quale fosse l'incombenza del quarto. </p><p>Questi nuovi ufficiali stabili non erano incaricati solo di sorvegliare le coste e di formare una marina da guerra per difenderle, ma certo era questo uno dei loro compiti. L'intenzione del senato romano di riconquistare l'indipendenza sul mare e parte di tagliare le relazioni marittime di Taranto, parte di chiudere il mare Adriatico alle flotte venienti dall'Epiro, e parte ancora di emanciparsi dalla supremazia cartaginese, è quindi chiaramente manifesta. </p><p>Già le relazioni con Cartagine, durante l'ultima guerra italica, mostrano qualche indizio di ciò. Bensì il re Pirro costrinse ancora una volta, e fu l'ultima, alla conclusione d'un'alleanza offensiva; ma la tiepidezza e la slealtà di questa lega, i tentativi dei Cartaginesi di stabilirsi a Reggio e a Taranto, l'immediata occupazione di Brindisi da parte dei Romani dopo la fine della guerra, dimostrano chiaramente come gli interessi delle due parti si urtassero già gravemente. </p><p>Si comprende che Roma cercasse di appoggiarsi agli Stati marittimi ellenici nelle sue difese contro Cartagine. Con Massalia continuava ininterrotta l'antica e stretta relazione amichevole. Il dono votivo mandato da Roma a Delfi, dopo la conquista di Veio, veniva conservato nella tesoreria dei Massalioti. </p><p>Dopo la presa di Roma, per mezzo dei Celti fu fatta in Massalia una colletta per gliincendiati, e la cassa pubblica diè prima l' esempio; in compenso di ciò il senato romano concesse poi ai mercanti massalioti alcuni privilegi commerciali, e nelle pubbliche feste dei giochi nel Foro i massalioti ebbero un posto d'onore presso la tribuna dei senatori (grmcostasis). </p><p>Dello stesso genere sono i trattati di commercio e d'amicizia conchiusi dai Romani con Rodi nell'anno 448 (= 306), e non molto dopo con Apollonia, una ragguardevole città commerciale sulla spiaggia epirota, e principalmente l'avvicinamento di Roma con Siracusa; che aveva un grave significato per Cartagine e che ebbe luogo appena finita la guerra con Pirro. Se dunque la potenza dei Romani sul mare non segue neppur lontanamente l'enorme sviluppo della loro potenza in terra, se specialmente la propria marina di guerra dei Romani non era certamente quello che avrebbe dovuto essere secondo la posizione geografica e commerciale dello Stato, tuttavia essa incominciava a rialzarsi gradatamente dall'assoluto annichilimento in cui era caduta intorno all'anno 400 (= 354); e considerando i grandi mezzi di cui disponeva l'Italia, potevano bene i Fenici seguire con qualche preoccupazione queste tendenze.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq_A_o49NlL6h3QMsBVeInQJnhZc7EBPYbYEGlIfjnJHt_a862eJbT-lNzH1_aXe7Blf1FnbS1j1ohcdRRsniFrowAgRdxT-zTIV_GW1XVP-KwaW8l210vSbsNcPvu1yxqtKyAfug9puP_06gIexThVQGKWHzeUE-SPYLOs4WC_s945UT_iAwgsbB7/s672/italici-contro-roma30.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="672" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq_A_o49NlL6h3QMsBVeInQJnhZc7EBPYbYEGlIfjnJHt_a862eJbT-lNzH1_aXe7Blf1FnbS1j1ohcdRRsniFrowAgRdxT-zTIV_GW1XVP-KwaW8l210vSbsNcPvu1yxqtKyAfug9puP_06gIexThVQGKWHzeUE-SPYLOs4WC_s945UT_iAwgsbB7/s16000/italici-contro-roma30.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ORIGINI ROMANE DELL'ITALIA</td></tr></tbody></table><p></p><p><b><span style="color: #990000;">§ - L'ITALIA UNITA </span></b></p><p>La crisi per la signoria sulle acque italiche si avvicinava; per terra la lotta era già decisa. Per la prima volta l'Italia fu riunita in uno Stato sotto la signoria del comune romano. Quali politici diritti il comune romano togliesse con ciò agli altri Italici, impossessandosene unicamente, cioè quale idea di diritto politico si possa associare a questa signoria di Roma, non vien detto chiaramente in nessun luogo, e manca anzi in modo significativo e chiaro un'espressione generalmente valida per questo concetto.</p><p>Certamente vi si devono comprendere i diritti di far guerra, di stipulare trattati e di batter moneta, così che nessun comune italico poteva dichiarar guerra ad uno Stato estero o trattare con esso o battere moneta, mentre ogni dichiarazione di guerra fatta dal comune romano ed ogni contratto politico da esso conchiuso legava tutte le comunità italiche, e la moneta d'argento romana aveva corso legale in tutta Italia; ed è verosimile che i diritti formulati del comune principale non andassero più oltre. </p><p>Ora necessariamente a questi si dovevano congiungere molti altri diritti di signoria assai più estesi. Nei casi particolari le relazioni degli Italici col comune principale erano molto disuguali, e da questo punto di vista, oltre alla piena cittadinanza romana, bisogna distinguere tre diverse classi di sudditi.</p><br /><b>Cittadinanza romana</b><p>La cittadinanza assoluta aveva tutta quell'estensione che era possibile darle senza distruggere interamente il concetto d'una Repubblica cittadina per il comune romano. Il vecchio territorio civile era stato fino allora principalmente esteso mediante le singole assegnazioni in modo che l'Etruria meridionale fin verso Cere e Falerii, i territorii sul Sacco e sull'Aniene tolti agli Ernici, la maggior parte della campagna sabina e grandi tratti di quella che era stata dei Volsci, e specialmente la pianura pontina, erano stati trasformati in territorio agricolo romano e per i loro abitanti si erano formati nuovi distretti cittadini. </p><p>Ciò era anzi accaduto già col distretto di Falerno sul Volturno, ceduto da Capua. Tutti questi cittadini domiciliati al difuori di Roma non avevano un proprio ordinamento comunale ed una amministrazione propria; sul territorio assegnato sorgevano al più piccoli mercati (fora et conciliabula); in posizione non troppo diversa si trovavano i cittadini
mandati alle cosiddette colonie marittime già menzionate, ad essi rimase
pure l'assoluto diritto di cittadinanza romana e la loro amministrazione autonoma contava poco.</p><br /><b>Estensione della cittadinanza</b><p>Verso la fine di questo periodo pare che il comune romano abbia
incominciato a concedere ai prossimi comuni cittadini-passivi, di pari
e di affine nazionalità, il diritto di cittadinanza assoluta; ciò che ottenne probabilmente anzitutto Tuscolo, e lo stesso accadde probabilmente anche per gli altri comuni di cittadinanza passiva nel Lazio
propriamente detto, e questo principio fu quindi esteso al fine di questo
periodo alle città sabine, le quali senza dubbio eran già allor a sostanzialmente latinizzate, e avevano manifestato sufficientemente la loro
fedeltà nell'ultima grave guerra. </p><p>A queste città rimase la limitata
amministrazione autonoma, che già avevano nel loro precedente ordinamento giuridico, anche dopo il loro ingresso nella lega cittadina romana: i singoli comuni esistenti nell'interno della piena cittadinanza
romana furono originati assai più da queste città che non dalle colonie
marittime, e così nel corso del tempo da essi fu formato l'ordinamento
municipale romano. </p><p>Quindi la cittadinanza romana assoluta si sarà
estesa a quest'epoca a settentrione sino nella vicinanza di Cere, a
oriente fino all'Appennino, a mezzogiorno fino a Terracina, benchè
naturalmente non si possa qui parlare propriamente di un confine, e
che una quantità di città alleate secondo il diritto romano latino, come
Tibur, Preneste, Signia, Norba e Cfrceii, si trovavano entro questi
confini, e parte si trovavano al di fuori di esse; gli abitanti di Minturno, Sinuessa, quelli del territorio di Falerno, di Sena Gallica e di
altri luoghi possedevano pure pieno diritto di cittadinanza, -mentre
altre famiglie di cittadini romani, o isolati, o riuniti in villaggi, probabilmente si trovavano fin d'ora dispersi per tutta Italia. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt_gLmDgQozjj5qS3-Ecp1-kzshTi8bRiouE8xqkWJ7Ju8OOwt56bpGubzvpSEtRreiyCg49zXd_IRuLvTIE6uExc8AviLJu-wEld7erJ7BWIFe8jPxBmlJEBqLJxFGvL5v0Bb9LcCz9OMpbKAaR0DtiBMU6fsCRI_56NJxoKlg7NhoieOxG80DxtP/s550/italici-contro-roma31.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="349" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt_gLmDgQozjj5qS3-Ecp1-kzshTi8bRiouE8xqkWJ7Ju8OOwt56bpGubzvpSEtRreiyCg49zXd_IRuLvTIE6uExc8AviLJu-wEld7erJ7BWIFe8jPxBmlJEBqLJxFGvL5v0Bb9LcCz9OMpbKAaR0DtiBMU6fsCRI_56NJxoKlg7NhoieOxG80DxtP/s16000/italici-contro-roma31.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p><p><b>Cittadini senza suffragio</b></p><p>Fra i comuni soggetti stanno i cittadini passivi (cities sine suffragio),
i quali, meno il diritto attivo e passivo di elezione, erano pari ai veri
cittadini in diritti e in doveri. La loro protezione giuridica era regolata dalle decisioni dei comizi romani e dalle norme pronunciate per
essi dal pretore romano, pure mettendo indubbiamente come fondamento di tutto ci ò gli ordinamenti durati fino allora.</p><p>Il pretore romano
li giudicava oppure il prefetto, mandato in sua vece nei singoli comuni.
Alle città meglio collocate, a Capua, ad esempio, rimase l'amministrazione autonoma, e così pure l'uso della propria lingua e i singoli impiegati destinati alle imposte e al censimento. </p><p>Ai comuni di minore importanza, come, ad esempio, a Cere, fu tolta anche l'amministrazione propria, e questa senza dubbio era la forma più opprimente
della sudditanza. Pure, come già abbiamo notato, alla fin e di questo
periodo si mostra la tendenza di incorporare questi comuni, in quan to
che erano latini di fatto, nella cittadinanza assoluta. </p><p>La classe più
favorita e più considerata fra i comuni soggetti era quella delle città
latine, le quali ottennero copioso e ragguardevole incremento fra i
comuni autonomi fondati dentro e anche fuori d'Italia, cioè fra le
cosiddette colonie latine, e aumentarono sempre mediante nuove fondazioni di questa specie. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsQNbEkWfGzPX72Su88tsyK1147FFXcZ5uV9x-Tenm2Opcn-9J7JKcTMQHRoQp4sQWxITqdr2oXOdb6g1IxJBy0ixNDZjdMyZPpk-g3jJBx2lrzbK4sOjZ-Jq6S2pJFonY495p9_FG2Obj_mIK4mmsDGU2KRngVVKm_0DXdXmQDwhmCrHZP7gF_J-4/s550/italici-contro-roma32.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsQNbEkWfGzPX72Su88tsyK1147FFXcZ5uV9x-Tenm2Opcn-9J7JKcTMQHRoQp4sQWxITqdr2oXOdb6g1IxJBy0ixNDZjdMyZPpk-g3jJBx2lrzbK4sOjZ-Jq6S2pJFonY495p9_FG2Obj_mIK4mmsDGU2KRngVVKm_0DXdXmQDwhmCrHZP7gF_J-4/s16000/italici-contro-roma32.jpg" /></a></div><br /><p></p><p><b>Città di diritto latino</b></p><p>Questi nuovi comuni cittadini, di origine romana, ma di diritto latino, divennero sempre più i veri sostegni
della signoria romana in Italia.
Questi latini non erano già quelli, coi quali si combattè sulle sponde
del lago Regillo e presso Trifano, non quegli antichi membri della
lega d'Alba, che da principio si stimavano eguali se non migliori dei
Romani, e che, come lo provano le severissime misure di sicurezza
prese contro Preneste nei primordi della guerra pirrica, e le lunghe contenzioni, che si agitavano particolarmente con quei dell'accennata
città, trovavano grave il giogo della signoria romana. </p><p>L'antico Lazio
era stato assorbito specialmente sotto Roma o da Roma, e contava solo
pochi comuni indipendenti, politicamente di nessuna importanza, ad
eccezione di Preneste e Tibur. </p><p>Il Lazio della più tarda età repubblicana componevasi quasi esclusivamente dei comuni, i quali sino dalla
loro origine avevano imparato a riguardar Roma come la loro metropoli, anzi come madre patria, i quali, piantati in mezzo a paesi di
lingue e di costumi diversi, erano vincolati alla capitale per la comunanza della lingua, delle leggi e dei costumi, i quali, come piccoli
tiranni dei paesi circonvicini, erano costretti di tenersi uniti con Roma
per la propria esistenza, come i posti avanzati tengono al grosso dell'esercito, i quali alla fine dai crescenti vantaggi materiali dei cittadini
romani traevano pur essi grandissimo utile, giacchè, mercè il loro
pareggiamento politico coi Romani, sebbene limitato, tenevano, ad
esempio, come usuari una parte dei domini pubblici, ed era loro permesso come ai cittadini romani di concorrere agli appalti dello Stato.</p><br /><b>Venusia e Benevento </b><p>Nemmeno qui furono evitate interamente le conseguenze della indipendenza loro concessa. Inscrizioni venusine dal tempo della Repubblica romana ed altre beneventane, venute da poco alla luce, insegnano che Venusia ha avuto, come Roma, la sua plebe e i suoi tribuni
del popolo. E che ufficiali superiori di Benevento, almeno all'epoca della
guerra con Annibale, portavano il titolo di console. </p><p>Entrambi questi
comuni appartengono alle più recenti fra le colonie latine di antico
diritto; si vede quali esigenze si destassero in essi alla metà del quinto
secolo: anche questi cosiddetti latini, derivati dalla cittadinanza romana,
e che sotto ogni aspetto si consideravano pari ad essi, incominciavano
già a sentire malvolentieri il loro diritto di alleanza subordinato, e già
tendevano al pareggiamento assoluto. </p><p>Perciò quindi il senato era affaccendato ad opprimere quant'era
possibile, nei loro diritti e privilegi, questi comuni latini, e di trasformare la loro posizione di alleati in quella di sudditi, almeno in quanto
che ciò poteva accadere senza togliere la barriera che esisteva fra
quelli e i comuni non-latini d'Italia.</p><p> L'abolizione della lega dei comuni
latini, come pure quella del pareggiamento giuridico d'un tempo e la
perdita dei più importanti diritti politici, sono già stati narrati; con
la compiuta sottomissione d'Italia si fece pure un passo a vanti e si
incominciò a limitare pure anche i diritti individuali del singolo uomo
latino, e specialmente quello importante del libero andare e venire. Per il comune di Arimino, fondato nell'anno 486 (= 268), come pure
per tutti i comuni autonomi privato, e a quello dei cittadini romani in commercio, cambiamento di domicilio e diritto di successione.</p><p>Probabilmente intorno a questo tempo fu limitato il pieno diritto concesso prima ai già fondati comuni latini, per il quale ogni cittadino, che si trasferisse a Roma, vi poteva acquistare l'assoluta cittadinanza, e per le colonie latine, fondate più tardi, questo diritto venne elargito solo a quelle persone che nella loro patria erano giunte alla suprema carica nella Repubblica; soltanto a queste fu permesso di scambiare il loro diritto coloniale di cittadinanza col romano. Qui appare chiara la compiuta trasformazione della posizione di Roma.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2K5cz6jZlHgkpmL4b0a8KM_Cq7UxnNNIp0nNSeIP3oiLnWeV1bZb75CQaZhvkZO1NVFJRl81lq8klqRQVJ4WaZdVbdUq13nV7XyR2xTQh19eTplhypDmG6rvsLhzvkvf_3CRZM5o-8G9rMxswzvNYXPRXVlvqnqotHOyj9maLgTPN038V3559OZml/s550/italici-contro-roma2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="307" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2K5cz6jZlHgkpmL4b0a8KM_Cq7UxnNNIp0nNSeIP3oiLnWeV1bZb75CQaZhvkZO1NVFJRl81lq8klqRQVJ4WaZdVbdUq13nV7XyR2xTQh19eTplhypDmG6rvsLhzvkvf_3CRZM5o-8G9rMxswzvNYXPRXVlvqnqotHOyj9maLgTPN038V3559OZml/s16000/italici-contro-roma2.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p><p><b>Roma</b></p><p>Finchè Roma rimase bensì il primo, ma pur sempre uno dei tanti comuni italici, l'ingresso nell'illimitato diritto di cittadinanza romana venne considerato come un guadagno per il comune accogliente, e l'acquisto di questo diritto di cittadinanza era stato facilitato in tutti i modi ai non-cittadini, anzi qualche volta era stato loro imposto come punizione. </p><p>Ma dacchè il comune romano imperava da solo e tutti gli altri gli servivano, le condizioni si invertirono: il comune romano incominciò a conservare gelosamente il suo diritto di cittadinanza, e fece così cessare l'antica libertà di andare e venire; benchè gli uomini politici di quest'epoca fossero pure abbastanza intelligenti di aprire legalmente almeno ai più insigni uomini dei più alti comuni soggetti l'ingresso di diritto di cittadinanza romana. </p><p>Anche i Latini quindi ebbero a provare che Roma, dopo avere principalmente col mezzo loro sottomessa l'Italia, non aveva ora più, come prima, bisogno di loro. Le relazioni poi tra Roma e le comunità federate che non avevano il diritto latino, andavano soggette, come si può facilmente immaginare, alle più variate norme, appunto come le speciali convenzioni federative da cui nascevano. </p><p>Parecchie di queste eterne leghe, come ad esempio quella dei comuni emici, e quelle di Napoli, di Nola, di Eraclea, garantivano diritti larghissimi, specialmente in paragone del modo con cui erano governate altre comunità, che pure erano legate a Roma da patti federali, i quali però, come ad esempio quei di Taranto e del Sannio, dovevano condurre ad un quasi assoluto dispotismo.</p><p>Del resto si deve credere che fu una massima generale di politica dichiarare sciolto il diritto e annullati di fatto tutti i consorzi particolari tra i popoli italiani, come erano già state sciolte le federazioni tra i Latini e quella degli Emici, di cui parla la tradizione; e questa massima ha dovuto essere rigorosamente applicata a tutte le altre leghe, di modo che nessuna comunità italiana conservò la facoltà di porsi in relazione politica colle altre comunità, come non era pur concessa la libertà dei connubii di cittadini di comunità diverse e la facoltà di consultare e prendere deliberazioni insieme.</p><br /><b>Comunità federate non-latine</b><p>Si sarà inoltre fatto il possibile che le forze materiali di tutte le comunità italiche, in modi varii, secondo i casi e le diverse costituzioni, fossero tutte messe a disposizione del comune egemonico. Sebbene continuassero sempre a considerarsi come parte integrante ed essenziale dell'esercito romano, i soldati cittadini da un lato, dall'altro i contingenti " di nome latino " e sebbene con ciò si volesse conservare all'esercito il suo carattere nazionale, furono tutta via chiamati
ad ingrossarlo, non solo i cittadini passivi romani, ma anche le comunità federate non-latine, le quali erano obbligate o a fornire navi
da guerra, come le città greche, o a dar milizie di leva, in proporzione dei registri che tenevano nota di tutti gli italiani (formula togatorum), come o subito dopo la conquista, o a poco a poco deve
essere stato prescritto per i comuni pugliesi, sabellici ed etruschi. </p><p>Pare
che questa misura del contingente sia stata stabilita dappertutto secondo norme fisse, appunto come quelle del contingente latino, senza
però che Roma si legasse le mani, nè potesse, in caso di bisogno, chiamare maggior numero di soldati. Questi contingenti riuscivano nel
tempo stesso una imposta indiretta, poichè ogni comune aveva l'obbligo di dar il soldo e il fornimento dei suoi soldati. </p><p>Non senza ragione furono quindi assegnate di preferenza le più dispendiose prestazioni di guerra ai comuni latini o ai federali non-latini, la marineria
di guerra fu lasciata a carico delle città greche, e nella cavalleria
furono numerosi, almeno coll'andar del tempo, i federati in tripla proporzione dei cittadini romani, mentre per la fanteria fu mantenuta,
almeno per lungo tempo, l'antica massima, che il contingente federale
non dovesse superare mai di numero l'esercito cittadino. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgES2gxD13PaDtigZgRhHf0m71x2p8WnoUfFT06TyCIx8IF8p_BcJHT2EYEAvgSkO1sJljdtbMIcmJ6P2HB0wJyuIlwJo1hOi2grETPKPbIPfFyRWRhhCsuTBUxLrHnKVvkZDmbtkAy1ZNiz2g3aWjjnRfKDvxXHa1wsifpe7IO59-RhDRdRj2F9cae/s550/italici-contro-roma3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="305" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgES2gxD13PaDtigZgRhHf0m71x2p8WnoUfFT06TyCIx8IF8p_BcJHT2EYEAvgSkO1sJljdtbMIcmJ6P2HB0wJyuIlwJo1hOi2grETPKPbIPfFyRWRhhCsuTBUxLrHnKVvkZDmbtkAy1ZNiz2g3aWjjnRfKDvxXHa1wsifpe7IO59-RhDRdRj2F9cae/s16000/italici-contro-roma3.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p><b><span style="color: #990000;">§ - SISTEMA DI GOVERNO </span></b></p><p>Colle scarse notizie che ce ne giunsero non potremmo specificare
il sistema con il quale questo edifizio fu connesso e tenuto assieme. E
non sapremmo nemmeno per approssimazione fissare la ragione numerica in cui stavano le tre classi dei sudditi tra loro e in confronto
dei cittadini originari, e così si conosce solo imperfettamente la
distribuzione geografica di queste categorie nelle diverse regioni italiche. </p><p>I concetti che servirono di base a quest'edifizio sono invece così
chiari, che non occorre consumare intorno troppe parole. Prima di
tutto fu esteso il territorio del comune dominante alla maggior distanza possibile per non iscardinare Roma, che era e doveva rimanere una repubblica urbana. </p><p>Quando poi il sistema di effettiva incorporazione nella città toccò i confini, che le erano assegnati dalla
possibilità effettiva di coesistenza urbana, confini che furono anche
troppo allargati, le comunità, che vennero di poi aggregandosi alla
città di Roma, furono costrette di rassegnarsi ad una condizione di
sudditanza, poichè la semplice egemonia nello interno assestamento
d'uno Stato è impossibile. </p><br /><b>Fine delle federazioni italiche</b><p>Così venne formandosi a fianco della classe
di cittadini dominanti una seconda classe di cittadini sudditi, non
già per ingordigia di potere e istinto dispotico dei Romani, ma per
l'irresistibile forza delle cose. Nè può negarsi del resto, che fra le arti della signoria romana non
fosse prima fra tutte quella di dividere i sudditi, come si fece, sciogliendo le federazioni italiche, istituendo gran numero di comunjtà di
poco conto e graduando la gravezza del dominio secondo le diverse
categorie dei sudditi. </p><p>Nel modo stesso che Catone governava la sua
famiglia in modo da non permettere che gli schiavi fossero in troppa
concordia tra loro, e anzi si studiava di mantener vivi i dissidii e le
gare, così faceva anche Roma; il mezzo non era bello, ma era efficace. </p><p>E una più larga e generale applicazione di questo politico avvedimento produsse la ricostituzione di quant'erano le comunità vassalle
sullo stesso tipo di Roma, per modo che il governo dei municipii rimanesse affidato alle famiglie nobili e ricche, le quali naturalmente
vennero a trovarsi in più o meno recisa opposizione colle moltitudini,
e che tanto a cagione dei loro interessi economici, quanto della loro
situazione politica, nel comune, non potevano far altro che appoggiarsi
su Roma. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitiwgBJIHSlyloo4bow_aNpvYrzGoHIhVdiMevt9RHpb4JZdwztQ7xye2m_qcYBbC5wojfFqlKrX3tA2Zjf3OVe3XLBA6_CghMbCNxW6gxCgBHAz_rD1PP03QFaAWaRfs-lVvIsEOfZ9x27_mxu4oQ86XCevWoN0u3kf1ylp6EOuz6To9wRxARHtZ6/s550/italici-contro-roma35.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="324" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitiwgBJIHSlyloo4bow_aNpvYrzGoHIhVdiMevt9RHpb4JZdwztQ7xye2m_qcYBbC5wojfFqlKrX3tA2Zjf3OVe3XLBA6_CghMbCNxW6gxCgBHAz_rD1PP03QFaAWaRfs-lVvIsEOfZ9x27_mxu4oQ86XCevWoN0u3kf1ylp6EOuz6To9wRxARHtZ6/s16000/italici-contro-roma35.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CAPUA VETERE</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Capua</b></p><p>Ne abbiamo chiarissimo esempio nel modo con cui vennero
assestate le cose a Capua, la quale, siccome pareva la sola fra le città
italiane che potesse competere con Roma, così fu trattata fin da principio colla più previdente diffidenza. Della nobiltà capuana si fece,
sotto ogni aspetto, un corpo privilegiato; tribunali speciali, luoghi distinti per raccogliersi a consulta, e persino larghi assegni sull' erario
della comunità; v' erano mille e seicento pensionari, a ciascuno dei
quali si dovevano pagare 450 stadelli (circa 200 talleri). </p><p>Furono questi
cavalieri campani quelli che, stando fuori della grande sollevazione
latino-campana nel 414 (= 340), in gran parte ebbero il merito di farla
riuscire a vuoto; furono le loro buone spade che decisero nel 459 (= 295), la vittoria di Sentino; mentre invece i fanti campani furono
i primi nella guerra pirrica a voltarsi contro Roma togliendole Reggio. </p><br /><b>Volsinii</b><p>Un altro documento importante per conoscere come Roma sapesse l'arte
di approfittare dei dissensi intestini dei suoi sudditi, dando nel suo
proprio interesse favore agli ottimati, lo troviamo nel modo con cui
aggiustò Volsinii nell'anno 489 (= 265 ). </p><p>In questa città, come a Roma,
pare che dopo le solite lotte fra antichi e nuovi cittadini, si fosse
stabilita l'eguaglianza politica delle due classi. Ma gli anziani ricorsero al senato romano pregandolo di restaurare gli antichi ordinamenti
della città; e questo, a quelli che reggevano allora Volsinii, parve, ed
era giusto, caso di delitto, di cui furono chiamati a scolparsi coloro
che avevano fatto quelle pratiche con Roma. </p><p>Il senato sostenne gli
anziani, e siccome quelli di Volsinii non seppero acconciarsi a quella
intromissione, i Romani non solo abolirono gli ordinamenti, coi quali
si reggeva Volsinii, ma rasero al suolo la città che era stata capitale
dell'Etruria; esempio tremendo che mostrava agli Italiani ciò che
importasse la signoria di Roma.</p><br /><b>Esenzione delle tasse</b><p>Si deve però notare che il senato romano aveva troppo senno per
non sentire come non vi fosse altra via per rendere durevole l'assoluta podestà che la moderazione di quei che l'usano. Perciò alle comunità venute in soggezione di Roma, in luogo dell'indipendenza che
avevano perduta, o fu accordato il pieno diritto di cittadinanza romana, o un reggimento proprio che riuniva in sè i vantaggi più reali di partecipare alla grandezza militare e politica di Roma, e soprattutto
di aver e una liberissima costituzione comunale; negli Stati federali
d'Italia non si trova indizio d'una comunità d'iloti. </p><p>Per questo Roma
fin da principio rinunciò, con una magnanimità di cui non si trova
esempio nella storia, al più odioso di tutti i diritti politici, quello di
imporre gravezze ai sudditi. Tutt'al più si può supporre che fu posta
qualche angheria sui paesi celtici soggetti a Roma, ma entro la confederazione italica non esisteva alcun comune tributario. </p><br /><b>I bottini di guerra</b><p>Per lo stesso
motivo, se fu imposto a tutti i soci e sudditi il dovere di concorrere
alla difesa dello Stato, non ne furono esenti i cittadini del comune
dominante, anzi, in proporzione, essi ne furono assai più gravati che
la confederazione, e in questa probabilmente il complesso dei latini
più ancora che non i comuni non la tini della lega; così che poi, nel
ripartire le prede di guerra, parve quasi giusto che prima venisse
Roma, poi i Latini, ultimi gli altri. </p><p>A vigilare quella moltitudine di comuni soggetti, affinchè tenessero
in numero le milizie e le inviassero a tempo, il governo romano provvedeva, o col mezzo dei quattro questori italici, o estendendo la giurisdizione della censura romana a tutte le comunità italiane. </p><p>Ai questori della flotta, oltre gli ordinari uffici, fu dato incarico di riscuotere le rendite dei nuovi domini, e di riscontrare se fossero a ruolo
tutti i contingenti dei nuovi soci; furono questi i primi ufficiali romani che per legge avessero sede o giurisdizione fuori di Roma, e che
di necessità si trovassero in mezzo fra il senato r omano e le comunità
italiane. </p><br /><b>Censimento</b><p>I supremi magistrati d'ogni comunità italiana, sotto qualunque
nome venissero, erano obbligati di fare il censimento ogni quattro
o cinque anni: istituzione che certo doveva ricever e le mosse da Roma,
e che non poteva avere altro scopo se non quello di fornire al senato un quadro compendioso delle forze militari e delle pubbliche
ricchezze di tutta Italia in corrispondenza al censimento romano. </p><p>Con questa unione militare amministrativa di tutte le genti stanziate di qua dell'Appennino sino al capo Iapigico e allo stretto di
Reggio, comincia a stabilirsi e a divulgarsi anche un nome nuovo e
comune a tutte queste popolazioni, quello cioè di " uomini togati ",
che è la più antica designazione dei Romani e degli Italici, la quale
si trovò originariamente usata dai Greci, e che venne poscia ordinariamente adottata. </p><p>Le diverse nazioni che abitavano queste regioni
devono per la prima volta aver avvertito la loro unità, e devono essersi sentite congiunger e fra loro da una forza naturale, sia per contrapporsi agli Elleni, e ciò anche più frequentemente e più risolutamente, per difendersi contro i Celti; poichè se pure accadeva talvolta
che qualche comune italiano facesse causa comune con i barbari contro
Roma e cercasse approfittare di quest'occasione per ricuperar e la perduta indipendenza, il sentimento nazionale prevaleva. </p><p>Nel modo che
il paese gallico sin nei tempi più tardi ci si presenta come la legale
antitesi del paese italico, anche gli " uomini togati " sono così chiamati per antitesi ai Celti " uomini bracati " (bracati) ; ed è possibile
che per ottenere l'accentramento delle forze militari d'Italia nelle proprie mani, Roma abbia in tutte le pratiche fatto valere principalmente,
come causa, o come pretesto, la necessità di difendersi contro le invasioni celtiche. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEsiRJLtp-JcH1ysxKdog9t5sl9VyugkHF2yNLE728c2S3tXUZ8Ogcrf_npGTw1h-R2_EX8QKni2szOTSIv5GxG7DI5i6dNjop8_QwQnOJgNlpqfA8c3z6KUkq4Kpc7CDD5OYEjxmm8igZeJ8F6y3a-S0vJgBlih5mz_NIgV8PePZV4mg_b1gHppzP/s550/italici-contro-roma33.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="354" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEsiRJLtp-JcH1ysxKdog9t5sl9VyugkHF2yNLE728c2S3tXUZ8Ogcrf_npGTw1h-R2_EX8QKni2szOTSIv5GxG7DI5i6dNjop8_QwQnOJgNlpqfA8c3z6KUkq4Kpc7CDD5OYEjxmm8igZeJ8F6y3a-S0vJgBlih5mz_NIgV8PePZV4mg_b1gHppzP/s16000/italici-contro-roma33.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">§ - L'</span></b><b><span style="color: #990000;">ITALIA, DOMINIO DI ROMA</span></b><p>Così durante le lunghe e ripetute guerre, nelle quali
i Romani si mettevano alla testa della difesa nazionale, e obbligarono
poi gli Etruschi, i Latini, i Sabelli, gli Apuli e gli Elleni a concorrervi secondo le loro forze e dentro i confini loro assegnati di volta
in volta, quella unità, che sino allora era stata vacillante e più che
altro virtuale, acquistava una saldezza definita e basata sul diritto pubblico, e il nome d'Italia, che in origine, anzi sino al quinto secolo, gli
autori greci davano solo al paese che ora si chiama Calabria, come
può vedersi in Aristotile, venne anche esteso a tutte le regioni abitate
dalla gente togata. </p><p>I più antichi confini della federazione militare capitanata da Roma,
che è come dire della nuova Italia sui lidi occidentali, non giungevano alla foce dell'Arno, fermandosi vicino al luogo dove ora sorge
Livorno, e sui lidi orientali toccavano l'Esino poco sopra Ancona; i
luoghi posti fuori di questi confini, colonizzati da Italici, come Sena
Gallica e Arimino al di là dell'Appennino, e Messana in Sicilia,
erano considerati nella geografia politica come fuori d'Italia, benchè
fossero ammessi, come Arimino, nella confederazione, o fossero, come
Sena, comunità col diritto di cittadinanza romana. </p><p>Tanto meno poi
potevano riguardarsi come paesi italiani quelli abitati dai Celti posti
oltre l'Appennino, benchè forse alcuni di quei paesi fossero già fin
d'allora nella clientela di Roma.
La nuova Italia adunque era diventata una unità politica, ed era
avviata a diventare una unità nazionale. </p><p>Già la nazionalità latina dominante si era assimilata i Latini e i Volsci ed aveva sparsi numerosi comuni latini su tutta l'Italia; fu solo lo sviluppo di questi germi
che col volgere degli anni contribuì a fare della lingua latina l'idioma
di tutti coloro che portavano la toga latina. Che poi i Romani riconoscessero già fin d'ora chiaramente questo scopo, lo dimostra l'estensione consuetudinale del nome latino su tutta la confederazione italica
obbligata al servizio militare.</p><br /><b>Edificio politico romano</b><p>Ciò che si può ancora riconoscere di
questo grandioso edifizio politico, rivela ancora l'alta intelligenza politica dei suoi numerosi architetti e la non comune solidità che questa
confederazione, composta di tanti e così diversi elementi, ha conservato più tardi nelle scosse più gravi, impresse al suo alto valore il
suggello del successo. </p><p>Dopochè le fila di questa rete non meno fina che forte, avvolgente
tutta l'Italia, furono tutte raccolte nelle mani del comune latino, questo
divenne una grande potenza e nel sistema degli Stati del Mediterraneo
sottentrò a Taranto, alla Lucania, e alle altre piccole e mediocri repubbliche che le ultime guerre avevano cancellato dal numero delle
potenze. </p><p>Questa nuova posizione di Roma venne in certo modo ufficialmente riconosciuta dalle due solenni ambascerie che nell'anno 481
(= 273) andarono da Alessandria a Roma e poi da Roma ad Alessandria, e benchè esse non avessero da regolare altro che le relazioni
commerciali, pure prepararono senza alcun dubbio un'alleanza politica. </p><p>Come Cartagine lottava col Governo egiziano per il possesso di Cirene, e presto avrebbe dovuto lottare coi Romani per il dominio
della Sicilia, così la Macedonia disputava all'Egitto il predominio della
Grecia, e in breve doveva contendere con Roma per la signoria delle
coste adriatiche; nè poteva mancare che le nuove lotte, che si andavano preparando da ogni parte, non si intralciassero, e che Roma,
come padrona dell'Italia, non fosse trascinata nel vasto circo che le
vittorie e i disegni del grande Alessandro avevano lasciato aperto alle
gare dei suoi successori.</p><p>(STORIA ANTICA ROMANA . Theodor Mommmsen)</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglpijhAuwxhrcCteKV_9cPWKNbKV1ooDBZwEml5QRiRhhET8Ko1L4YyoqXaPAAvHkhpB14AmLtcCs5pFhYKOnYoZFpXmIXLug7WvtCSrJFKF2-iWpXWWQtqiVEJMp1wM6ERNnGp_RHrXvvG19hj7Srxpr091odrOAg6Q8Pp1awjQsgZ_AzvYq8BkZ3/s800/italici-contro-roma34.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglpijhAuwxhrcCteKV_9cPWKNbKV1ooDBZwEml5QRiRhhET8Ko1L4YyoqXaPAAvHkhpB14AmLtcCs5pFhYKOnYoZFpXmIXLug7WvtCSrJFKF2-iWpXWWQtqiVEJMp1wM6ERNnGp_RHrXvvG19hj7Srxpr091odrOAg6Q8Pp1awjQsgZ_AzvYq8BkZ3/s16000/italici-contro-roma34.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">THEODOR MOMMMSEN</td></tr></tbody></table><p></p><p><b>Theodor Mommsen</b></p><p>Giurista di formazione, Mommsen dedicò le sue ricerche principalmente a tre campi:<br />- la storia di Roma antica, di cui è tuttora considerato uno dei più insigni specialisti e in cui produsse il suo capolavoro, la Storia di Roma che gli valse il Nobel;<br />- l'epigrafia romana, pioniere e promotore dell'impresa scientifica ed editoriale del Corpus Inscriptionum Latinarum [CIL], per raccogliere e pubblicare tutte le iscrizioni latine;<br />- il diritto romano, disciplina di cui fu anche docente e a cui dedicò importanti saggi e trattati.<br /><br />Gli vennero conferiti:<br />- nel 1902 il Premio Nobel per la letteratura per la monumentale opera sulla storia di Roma Römische Geschichte.<br />- Per la sua attività di numismatico nel 1895 gli fu assegnata la medaglia della Royal Numismatic Society.<br />- Nel 1871 ricevette la Medaglia dell'Ordine di Massimiliano per le scienze e le arti.<br />- Gli venne dedicato l'asteroide 52293 Mommsen.</p></div></div></div><br /><b>BIBLIO</b><br /><br />Teodoro Mommsen - Storia di Roma Antica - Gli Italici contro Roma --<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-32687416688895340792024-03-22T16:26:00.000+01:002024-03-22T16:26:20.716+01:00NEQUINUM - NARNI (Umbria)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaZLUeVfxoQ-AhvuZ2w3I_Gnx0fRFWw9WlL8noQBzxBfc9Eh5GghyIwvl0_jcSL3v5tF1cbR4T34wbDeUB91vYiYKHtgD0o9RYT4Kfmi2GLTxL85A7OUwVnZELoHBQ6ANM3iu6hiRXwXK-T_xLm_hN3LqyD7tneHpzoZjEa_z8iyODCVqHVkDfNCdt/s550/nequinum1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="365" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaZLUeVfxoQ-AhvuZ2w3I_Gnx0fRFWw9WlL8noQBzxBfc9Eh5GghyIwvl0_jcSL3v5tF1cbR4T34wbDeUB91vYiYKHtgD0o9RYT4Kfmi2GLTxL85A7OUwVnZELoHBQ6ANM3iu6hiRXwXK-T_xLm_hN3LqyD7tneHpzoZjEa_z8iyODCVqHVkDfNCdt/s16000/nequinum1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">FONTE FERONIA</td></tr></tbody></table><br /><div class="separator" style="clear: both;">Nequino, cittadina dell'Umbria posta sul fiume Nera, oggi Narnia, corrispondente all'attuale Narni. Sappiamo che Narnia divenne colonia latina all’inizio del III sec. a.c., che si arricchì e ampliò con la costruzione della via Flaminia, che doveva passare su una antica strada già esistente, tanto da avere un suo porto fluviale sul Nera, e ancor più prosperò dopo essere divenuta municipium. Tra l'altro ebbe l'onore di dare i natali all’imperatore Marco Cocceio Nerva (IMP·NERVA·CAES·AVG·PONT·MAX· TR·POT. 30 - 98 d.c.) </div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0YTEaG7uce4WLyxAkbknQu_wBMxCOyXYGGNg5FMP_-32RFTUZbgKabPIqbQ5HfGKddhXpH_eFJQQZ9bkxFoChRM6aJEih7mW4MIn02ywM0F2oPmCP0yhFAA46noswydh4PaEryjGxPJ7LdWlV5V08D7o7IG68e3mB7flk6t5v1KFf_ZPnWORdWgNI/s550/nequinum6.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="418" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0YTEaG7uce4WLyxAkbknQu_wBMxCOyXYGGNg5FMP_-32RFTUZbgKabPIqbQ5HfGKddhXpH_eFJQQZ9bkxFoChRM6aJEih7mW4MIn02ywM0F2oPmCP0yhFAA46noswydh4PaEryjGxPJ7LdWlV5V08D7o7IG68e3mB7flk6t5v1KFf_ZPnWORdWgNI/s16000/nequinum6.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PORTA ROMANA</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div></div><div class="separator" style="clear: both;"><b><span style="color: #990000;">LA NARNIA ROMANA</span></b></div><div class="separator" style="clear: both;"><br />Tito Livio ci ha tramandato lo stratagemma col quale l’inespugnabile oppidum di Nequinum fu presa dai<br /> romani nel 299 a.c. che l'avevano inutilmente assediata per più di un anno, attraverso l'esercito guidato dal console Quinto Appuleio Pansa. Attraverso il tradimento di due narnesi, che realizzarono un cunicolo nei pressi della loro abitazione posta nei pressi delle mura, i Romani riuscirono a entrare a Nequinum e conquistarla.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">Recenti rinvenimenti di siti protostorici sulle alture intorno a Narni fanno ipotizzare che i romani abbiano conquistato un territorio controllato non da un unico centro abitato ma da una sorta di confederazione di villaggi, dei quali Nequinum rappresentava forse il centro strategico più importante.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br />Nequinum divenne così Narnia, colonia latina posta a controllo dello snodo strategico tra i centri sulla valle tiberina di Ocriculum e Ameria (Otricoli e Amelia) e l’Umbria interna, raggiungibile attraverso quella che diventerà presto la via Flaminia nelle due direzioni: quella a nord, verso Carsulae (che sarà resa più agevole con la costruzione del Ponte di Augusto), e quella verso nord-est diretta a Interamna – oggi Terni.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj45fwkWqVx3Gd4BrQUTvZjstRIEvyQ4T-StV5_9K9fPj3I1tDK7bg524rlqFfcFfwK_uOw21MZ6WMIbNvHyXs-iJTeYbJGEYICvOOe39Ig2mkhvFbxVXVv0NBD3foFG2R57wjErd0KDbmoKk_-LwQIvdxN0O4HxhtIaCSXeoymhEGa3SGHpdZ-CLpw/s550/nequinum2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="347" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj45fwkWqVx3Gd4BrQUTvZjstRIEvyQ4T-StV5_9K9fPj3I1tDK7bg524rlqFfcFfwK_uOw21MZ6WMIbNvHyXs-iJTeYbJGEYICvOOe39Ig2mkhvFbxVXVv0NBD3foFG2R57wjErd0KDbmoKk_-LwQIvdxN0O4HxhtIaCSXeoymhEGa3SGHpdZ-CLpw/s16000/nequinum2.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;"><b>Da Nequinum a Narnia.</b><br /><br />Sembra che i Romani, piuttosto superstiziosi, considerando il nome della città di cattivo auspicio, in latino nequeo significa “non posso”, cambiarono il nome in Narnia, proprio dal fiume Nar che vi scorre sotto. Del resto per la stessa ragione cambiarono il nome Maleventum in Beneventum, oggi Benevento.<br /><br />Testimoniato anche dalle fonti e dai ritrovamenti archeologici si sa che la città godeva del porto di Narnia, prima di Nequinum, e soprattutto del cantiere navale costruito nei pressi dell’odierna Stifone, il borgo e il porto lungo le Gole del Nera. Sotto la rupe rocciosa su cui poggia il castello di Taizzano, oggi pressochè scomparso, ma in un luogo di bellezze naturalistiche e storiche.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">La zona dove oggi insiste il borgo fu il porto fluviale di Narni già in epoca pre-romana e crebbe, nel <br />periodo successivo, con la realizzazione di un cantiere navale, probabilmente realizzato a partire dalla prima guerra punica. Tacito narra del viaggio verso Roma, con imbarco presso il porto di Narnia, del console Gneo Calpurnio Pisone nel 19 d.c. e alcuni ritrovamenti di sepolture e mosaici di età imperiale attestano che il porto divenne un luogo sempre più frequentato.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">Fu probabilmente in uso prima della romanizzazione, e si presume vi furono costruite – al riparo dagli attacchi possibili sul Tevere – quelle navi che supportarono Roma nel conflitto contro Cartagine.<br />È certo che, come riferisce Tacito, il console Gneo Calpurnio Pisone nell’anno 19 d.c. raggiunse la capitale imbarcandosi proprio a Narni.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYcgVu2NW_Jm3d6DIidkN02bIknvZBXUuVnmAGxKOIAlbnu0cYO1Gzc1Xk79UwBIacXmCcHui8OBKUNDVK7vFA389BIu79mCjh6xsxQhEce_1Ewj6ZNc0X7tTwJnC4fduzSRgyWWJPTnuRxp2zwbbhgJ-v3xzrPgsoX1QM7UwscoQPox8lv3e70y0O/s550/nequinum3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="347" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYcgVu2NW_Jm3d6DIidkN02bIknvZBXUuVnmAGxKOIAlbnu0cYO1Gzc1Xk79UwBIacXmCcHui8OBKUNDVK7vFA389BIu79mCjh6xsxQhEce_1Ewj6ZNc0X7tTwJnC4fduzSRgyWWJPTnuRxp2zwbbhgJ-v3xzrPgsoX1QM7UwscoQPox8lv3e70y0O/s16000/nequinum3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PONTE DI AUGUSTO</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;"><b>La Via Flaminia</b><br /><br />La costruzione della via Flaminia, intorno al 220 a.c., con l’uso in parte di tracciati preesistenti, rappresentò uno sviluppo sul territorio, realizzato per fini militari, ma anche di sviluppo economico.<br />Purtroppo le tracce archeologiche della fase repubblicana sono poche e si limitano a quanto resta delle mura urbiche e ai pochi reperti mobili oggi conservati nel museo.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br />Di certo uno dei monumenti di questo periodo è, in Via dell’Arco Romano, quello che oggi è detto arco del Vescovo che doveva essere la porta principale di accesso alla città. Narnia, divenuta municipio dopo la guerra sociale del 90-88 a.c., fu ascritta alla tribù Papiria e inserita nella Regio VI in età augustea, quando l’opera degli ingegneri dell’imperatore edificarono l’opera più importante di cui oggi si conservano i monumentali resti: il Ponte di Augusto.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">In questo periodo il fertile territorio di Narnia fu sfruttato per la costruzione di ville sia rustiche sia per l’otium, come quelle attestate dagli autori antichi, della ricchissima Pompeia Celerina, suocera di Plinio il Giovane.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM12Ww8TDZvxP8Xmru-l2AXcG96sDUa44a2CbgpQpe0A7tUbXQHDHpD4P4xWBcSgVqJez0JGUz7KKYblpD-K-GAPkqXAj89BNmbayAElAy-dTEht4n6XEmK16gF7j4CXx61W7r5JtEt_iM8MRvbB72991IAql3pVRhVvTg6fpUBMlITAkbpdqcdAEq/s550/nequinum7.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="347" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM12Ww8TDZvxP8Xmru-l2AXcG96sDUa44a2CbgpQpe0A7tUbXQHDHpD4P4xWBcSgVqJez0JGUz7KKYblpD-K-GAPkqXAj89BNmbayAElAy-dTEht4n6XEmK16gF7j4CXx61W7r5JtEt_iM8MRvbB72991IAql3pVRhVvTg6fpUBMlITAkbpdqcdAEq/s16000/nequinum7.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ACQUEDOTTO DELLA FORMINA</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">- Tra il 24 e il 33 d.c. - venne edificata, sotto la direzione del curator aquae Marco Cocceio Nerva, avo del futuro imperatore, la mirabile opera idraulica dell’Acquedotto della Formina.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br />- Nel 30 d.c. - vi nacque Marco Cocceio Nerva, imperatore dal 96 al 98 per adozione da parte di Domiziano: fu l’ultimo di origini italiche tra gli imperatori romani e gli successe Traiano.<br /><br />Per ciò che concerne gli edifici pubblici: un’ipotesi posizionerebbe l’anfiteatro a valle, nei pressi del ramo della Flaminia che va verso Terni; carte del XVII secolo fanno supporre che il teatro potesse essere disposto dove ora sorge il complesso della Beata Lucia, nei pressi di Piazza Galeotto Marzio.<br /><br />Non si hanno notizie di luoghi di culto. Unico sito, il cui toponimo è legato a una divinità italico-sabina, è quello della Fonte Feronia, luogo votato al culto delle acque con strutture primitive del IV-III sec. a.c. poi più volte rimaneggiate. Nonostante le tradizioni orali ponessero sotto la Chiesa di Santa Maria Impensole un tempio dedicato a Bacco, e sotto Santa Maria Maggiore, poi San Domenico e oggi Auditorium Bortolotti, quello dedicato a Minerva, da recenti studi queste ipotesi non sono state confermate.<br /><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrQDj-aTwM1lGYhHkG-g9-esy3YA12AE-FISaYMxuNMx1Tpdy5Tqt4LTj1y-M924uiAWLZJGkcEShpPdnzOKKGdqmu3dRed3TG5IUDQ7DitbulcCaE4txEa96mhmSaiRtU_LFISufqTNmzrsfvnf7ofk_5k78JbUdblcjlrA7gLWQ9ZL61w7BUuGjf/s550/nequinum4.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrQDj-aTwM1lGYhHkG-g9-esy3YA12AE-FISaYMxuNMx1Tpdy5Tqt4LTj1y-M924uiAWLZJGkcEShpPdnzOKKGdqmu3dRed3TG5IUDQ7DitbulcCaE4txEa96mhmSaiRtU_LFISufqTNmzrsfvnf7ofk_5k78JbUdblcjlrA7gLWQ9ZL61w7BUuGjf/s16000/nequinum4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">NARNI SOTTERRANEA</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div>Secondo Tertulliano, che scrive alla fine del II secolo e si riferisce a un’opera perduta di Terenzio Varrone, a Narnia si venerava il Dio indigeno Visidianus (come a Ocriculum la dea Valentia).</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">Rare anche le aree funerarie che sono state rinvenute principalmente lungo la via Flaminia. L’area sepolcrale più importante è quella di fianco le mura lungo la via Flaminia dove per tradizione venne sepolto San Giovenale morto nel 376 e dove, alcuni anni dopo, venne edificato quel sacello che accolse i vescovi di Narnia e che fu la base su cui fu edificata la Cattedrale di Narni.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;"><b>BIBLIO</b></div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div>- Christian Armadori - Il Porto di Narnia e il Cantiere Navale Romano sul Fiume Nera - Ed. Quasar - 2012 -<br />- Alvaro Caponi - I segreti del porto etrusco e il cantiere navale di Narnia: ritrovamenti unici al mondo: Villa Pompeia Celerina - Ricerca obiettivo - 2006 -<br />- Structurae - "Ponte di Augusto (Narni) | Structurae" - En.structurae.de. 2013-03-26 -<br />- Holly Hartman - Narnia: A Look Back - factmonster.com -<div><br /></div><div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d21625.74151146302!2d12.509146992315825!3d42.52107759768707!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x132ee187279ff577%3A0x5bd102ddf7e5f1f!2s05035%20Narni%20TR!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1684936227204!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-37240234209389380292024-03-18T00:17:00.000+01:002024-03-18T00:17:42.341+01:00LUCUS JUNONIS LUCINAE<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgORkgljWbeYvo4nVGZz9p1cHdgzqQ4G1udT-wlmFSD3p7Mc1ETFNuYkTQhyM6sX40m1kSf3ZDOjGgUQmZP1IV-qLVkpteesc-sFD8OFqseAbx0wuOeANGeAjCZvRvLY-Jaq8ipN-eTPAVIz8_ZepvFuMFjr4JRjZepzZ4erCj4dYiOqS0drr-9ACz7/s550/lucus-iunonis1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="339" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgORkgljWbeYvo4nVGZz9p1cHdgzqQ4G1udT-wlmFSD3p7Mc1ETFNuYkTQhyM6sX40m1kSf3ZDOjGgUQmZP1IV-qLVkpteesc-sFD8OFqseAbx0wuOeANGeAjCZvRvLY-Jaq8ipN-eTPAVIz8_ZepvFuMFjr4JRjZepzZ4erCj4dYiOqS0drr-9ACz7/s16000/lucus-iunonis1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">IL LUCUS ROMANO</td></tr></tbody></table><p></p><b><span style="color: #990000;">IL TEMPIO DI GIUNONE LUCINA</span></b><br /><br />Prima dell'edificazione del tempio, sull'Esquilino il culto di Giunone Lucina era già attivo in un bosco sacro (lucus, da cui potrebbe derivare l'epiteto della dea Lucina); Varrone assegna l'introduzione del culto a Tito Tazio, re dei Sabini.<br /><br />Nel VI secolo a.c. Servio Tullio aveva promulgato una legge che obbligava il versamento al tempio di Giunone lucina una moneta da parte dei genitori in occasione della nascita di ogni neonato al fine di avere una statistica delle nascite.<br /><br />Ma il tempio di Giunone Lucina fu dedicato però il 1º marzo del 375 a.c. per cui non poteva trattarsi di quel tempio. Nel 190 a.v. il tempio fu colpito da un fulmine, che ne danneggiò il timpano e le porte, interpretato come segno della collera della Dea.<br /><br />Nel 41 a.c., il questore Quinto Pedio costruì o ristrutturò un muro che probabilmente recintava sia il tempio sia il bosco sacro. Alcune iscrizioni ne testimoniano l'esistenza anche in età imperiale.<div><br /><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirKgrZo_iYh7Rmxr9DCgaJ1d9b_C8lnPWclZZ7KQ-nSlM0S-hA569d4FYzwMzDaZ6bsNgONapxWF0Tt10ZlLCVYRfs24kUt_KU5ldpaXFng5r3Qj9USsxsiQuIdksDreVBgv1Kj9HFJ9p-2aEIRbXvhEmDxdkRh9ZJ86BJXmB_h0kKLg1BKpuhPBCq/s550/lucus-iunonis2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="347" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirKgrZo_iYh7Rmxr9DCgaJ1d9b_C8lnPWclZZ7KQ-nSlM0S-hA569d4FYzwMzDaZ6bsNgONapxWF0Tt10ZlLCVYRfs24kUt_KU5ldpaXFng5r3Qj9USsxsiQuIdksDreVBgv1Kj9HFJ9p-2aEIRbXvhEmDxdkRh9ZJ86BJXmB_h0kKLg1BKpuhPBCq/s16000/lucus-iunonis2.jpg" /></a></div><p class="MsoNormal"><b><span style="color: #990000;">IL LUCUS DI GIUNONE LUCINA</span></b> </p><p class="MsoNormal"><span lang="it">Di nessun altro bosco come di </span>questo si è in grado di meglio fissare la posizione, conoscendosi con ogni certezza quella del tempio di Giunone Lucina, e del sesto sacello degli Argei che presso il bosco era situato. <span lang="it">Sorgeva il tempio, come si può vedere nella tavola XXIII </span>della F. TI. del chiaro professor Lanciani, sull'estremo lembo del Cispio, nel versante che guarda il vico Patricio, e precisamente tra le moderne vie in Selci ed Urbana, non lungi dal punto in cui dalla via Cavour si dirama la via G. Lanza. </p><p class="MsoNormal">Ciò per molte ragioni che non giova ripetere, potendosi leggere nei libri di topografia romana; ma soprattutto per essersi ivi scoperta nel 1770 una iscrizione appartenente al tempio di Lucina, e ritrovata si può dire in situ. </p><p class="MsoNormal">Infatti, benché la iscrizione sia tornata in luce, non proprio nel Cispio, ma nell' estremo confine dell'Oppio, fu però rinvenuta a così breve distanza dal Cispio, da far credere che nell'Oppio giacesse, perchè sbalzatavi nel cadere dall'alto di qualche parete, o perchè trasportatavi più tardi dal luogo ove si trovava originariamente.</p><p class="MsoNormal"><span lang="it">Lì presso adunque si collocava dai topografi il Lucus ed il </span>sesto sacello degli Argei, ciò essendo pure consigliato dalla ragione più volte accennata, che cioè i sacrari degli Argei dovevano anche topograficamente succedersi in quell'ordine con cui vengono enumerati nel testo varroniano. Pertanto, servendo il bosco di Lucina a determinare l'ultimo sacello della regione Esquilina, è chiaro che tanto il sacello quanto il bosco erano da ricercare all'estremità del Cispio, dove appunto passava la linea di confine tra la seconda regione Esquilina e la terza Collina.</p><p class="MsoNormal"><span lang="it">Orbene, questa deduzione è stata mirabilmente confermata </span><span lang="it">dalla scoperta (avvenuta nel 1888, ed illustrata con la solita eru</span><span lang="it">dizione dal ch. prof. Gr. Gatti nel Bull. com. di quello stesso </span><span lang="it">anno) di uno dei sacelli compitalici eretti da Augusto nel </span><span lang="it">luogo medesimo dove sorgevano gli antichi sacrari degli Argei, </span><span lang="it">e rispettando anzi, per quanto era possibile, come ha pure dimostrato la scoperta di cui parlo, la precedente costruzione. </span></p><p class="MsoNormal"><span lang="it">Il sacello tornato in luce nel 1888, a cagione del luogo in cui </span>fa scoperto, dietro l'abside della chiesa di san Martino ai Monti altro non può essere se non il sesto della regione Esquilina. In quelle adiacenze, dunque, si deve collocare il sacro boschetto di Lucina, nel quale si sarebbe fatta udire la voce <span lang="it">che prescrisse alle sterili Sabine di farsi battere dai Luperci </span><span lang="it">per diventare feconde. Perciò la tradizione attribuiva la </span><span lang="it">dedicazione del tempio alle matrone, e se ne celebrava la ricorrenza alle none di marzo.</span> </p>Del progressivo sparire del luous si lamenta Varrone nel passo che mi è servito di guida principale per fissare la posizione dei boschi dell'Esquilino; e ne incolpa l'avidità dei privati, i quali pur di accrescere l'area fabbricabile» non si astenevano dall'invadere i confini del lucus. Suppone perciò il Nibby che il muro, di cui parla la già ricordata iscrizione a proposito di .restauri fattivi, avesse precisamente lo scopo di proteggere il bosco dalle continue usurpazioni, di cui si lagna Varrone. </div><div><br /></div><div>E forse a questo muro si deve se qualche avanzo del lucus si potè conservare almeno fino ai tempi di Plinio il Vecchio, il quale riferisce che davanti al tempio di Lucina si vedevano ancora alcuni alberi di loto antichissimi, e che ad uno di questi, chiamato perciò "arbor cavillata", si appendevano i capelli che il pontefice massimo 'tagliava alle Vestali. </div><div><br /></div><div>Questi alberi si ritenevano più antichi dello stesso tempio, la costruzione del quale si fa da Plinio risalire all'anno 379 di E,. Anche se ciò non sia vero nel caso particolare, è però sempre una prova dell'anteriorità dei luci sui templi fabbricati.</div><div><br /></div><p><b>BIBLIO</b><br /><br />- R. Lanciani - Storia degli Scavi di Roma e le Notizie intorno alle Collezioni Romane di Antichità -<br />- Giuseppe Ragone - Dentro l'àlsos. Economia e tutela del bosco sacro nell'Antichità Classica in Il sistema uomo-ambiente tra passato e presente - Bari - 1998 -<br />- AA.VV. - Les bois sacrés - Actes du Colloque International, du Centre J. Bérard - Napoli - 1993 -<br />- Servio - Ad Aeneidem -<br /></p></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m14!1m12!1m3!1d1363.2057780299144!2d12.493592141912577!3d41.89601596946342!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1684393692325!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-81281084765787171792024-03-12T06:19:00.000+01:002024-03-12T06:19:25.210+01:00GAIO ATEIO CAPITONE - G. ATEIUS CAPITO<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzlY4C_X-XtgtttCMYcHvkLoDUbegYCcndroCeEbJfYfKKomFIQsCs_q1NYOF6cHVzougNItZS66nWaBy0ag7fILlALFDZ2wFRC2yrVeIJQpjFWdMDDW4zsdxClhuCm4PJzTUkJfqeXq7R7yAZowk0TGUGnifctVvLy4-GlTM9kf1wAMP_NMs6hiMn/s550/gaio1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="363" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzlY4C_X-XtgtttCMYcHvkLoDUbegYCcndroCeEbJfYfKKomFIQsCs_q1NYOF6cHVzougNItZS66nWaBy0ag7fILlALFDZ2wFRC2yrVeIJQpjFWdMDDW4zsdxClhuCm4PJzTUkJfqeXq7R7yAZowk0TGUGnifctVvLy4-GlTM9kf1wAMP_NMs6hiMn/s16000/gaio1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ATEIO MALEDICE CRASSO CHE VA A FARE UNA GUERRA PARTICA DISASTROSA</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">Nome:</span></b> Gaio Ateio Capitone, ovvero Gaius Ateius Capito</div><div><b><span style="color: #990000;">Nascita:</span></b> 38 a,c,</div><div><span style="color: #990000;"><b>Morte:</b> </span>22 d.c.</div><div><b><span style="color: #990000;">Padre:</span></b> Gaio Ateio Capitone</div><div><b><span style="color: #990000;">Console suffetto:</span></b> anno 5 d.c.</div><div><b><span style="color: #990000;">Gens:</span></b> Ateia</div><div><b><span style="color: #990000;">Professione:</span></b> giurista</div><div><br /></div>Figlio di Gaio Ateio Capitone, il tribuno della plebe che nel 55 a.c. ostacolò ed esecrò pubblicamente Marco Licinio Crasso che andava a combattere i Parti procurando a Roma una delle più grandi sconfitte della sua storia. Fu uno dei più distinti giuristi dell'età augustea, che fu console suffectus nell'anno 5.<br /><br />Capitone divenne il più insigne giurista della prima età imperiale alla pari del suo più famoso rivale, Marco Antistio Labeone, ovvero Marcus Antistius Labeo (... – 10 o 11), dal quale si differenziava sia per le opinioni politiche, sia nei concetti della giurisprudenza.<br /><br />Roma fu civilissima proprio perchè i suoi studiosi si applicavano per migliorare le fonti del diritto, onde dare ai cittadini una possibilità di uguaglianza almeno nei diritti fondamentali. In tal senso Roma fu la massima civiltà antica, civiltà che riportò non solo nel diritto ma anche nell'arte pittorica, scultorea, poetica, letteraria, storica e architettonica ancora oggi insuperate. <div><br /></div><div>Capitone e Labeone fondarono le due più importanti scuole di diritto della Roma antica, caratterizzate da un differente approccio al diritto (Cfr. D.1.2.2.47):<br />- la scuola dei Sabiniani, fondata da Ateio Capitone, si distingueva per un atteggiamento maggiormente conservatore rispetto al diritto.<br />- la scuola dei Proculiani, fondata da Labeone, caratterizzata da un atteggiamento più innovatore nei confronti del diritto da parte dei suoi adepti.<br /><br />A questo proposito si racconta un aneddoto:<br />"<i>Un barbiere che operava all’aperto, al di fuori della sua bottega, serviva un cliente radendolo sul marciapiede del foro; dei bambini, giocando fra loro, tirano una pallonata maldestra che colpisce la mano del barbiere che disgraziatamente taglia la gola dell’avventore. </i><div><i>Il barbiere era responsabile della morte del cliente? <br />Se oggi la risposta può sembrare piuttosto scontata, altrettanto non era all’epoca: i Sabiniani ne sostenevano, infatti, l’innocenza, indicando come causa, piuttosto, il comportamento sprovveduto del cliente a farsi radere in un luogo esposto. <br />Molto più ragionevolmente la scuola di Labeone, ovviamente, sottolineava come fosse l’esercente dell’attività il responsabile, in quanto doveva svolgere la sua attività in luoghi idonei e sicuri, scegliendoli ed operando secondo la normale diligenza</i>."<br /><br />Labeone si dimostrò più conservatore e difensore degli ideali repubblicani, Capitone aderì prontamente al nuovo ordine costituzionale romano legandosi ben presto ad Augusto, l'imperatore di Roma. Le sue idee politiche gli garantirono il favore di Ottaviano che lo ricompensò facendolo accedere al consolato (sebbene solo come consul suffectus) all'età di 43 anni, nel 5 d.c.<br /><br />Tacito ci fornisce un giudizio alquanto negativo di Capitone, proprio in raffronto al rivale Labeone:<br />« <i>Labeone serbava incorrotto il senso della libertà e godeva per questo di più larga rinomanza, mentre la condotta ossequiosa di Capitone lo rendeva più caro ai dominatori. Al primo, appunto perché non salì oltre la pretura, questa ingiustizia procurò maggior considerazione: il secondo, per avere ottenuto il consolato, si attirò l'odio che nasce dall'invidia</i>. »<br />(Annales, III, 76)</div><div><br /></div><div>Non si può però dimenticare che il dominio degli imperatori romani dette all'Impero un impulso notevolissimo non solo nell'estensione ma pure nei commerci, nelle innovazioni, nelle scoperte di terre e di scienza, di leggi e di diritto, di matematica e di medicina, di arte e di architettura.<br /><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEie45ykrucKPQMuqjhonoF8KsYWaFJDACg9RFlQ7H-otIF6hH6BGgaclz9EC5D05HCDrOg5OFrUTVwDNz1hhxC_WJCs8vFvFCYxSAqVXgZbVpTS-sDUj-5t32Jn7EWHJ4mo2br_yeruPwDwb25X0Y7icjXsVmy0E7zlN0ZZZOruft-DraSboPIdD8v9/s792/gaio2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="792" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEie45ykrucKPQMuqjhonoF8KsYWaFJDACg9RFlQ7H-otIF6hH6BGgaclz9EC5D05HCDrOg5OFrUTVwDNz1hhxC_WJCs8vFvFCYxSAqVXgZbVpTS-sDUj-5t32Jn7EWHJ4mo2br_yeruPwDwb25X0Y7icjXsVmy0E7zlN0ZZZOruft-DraSboPIdD8v9/s16000/gaio2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LABEONE IL RIVALE DI CAPITONE</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">IL PEGGIOR NEMICO DI ATEIO</span></b><br /><br />Iniziò circa duemila anni fa da alcune ambigue insinuazioni di Tacito, che hanno trasformato Capitone in un cortigiano ambizioso e corrotto e nota altresì che Capitone discendeva da un avo che era stato centurione di Silla e da un padre che non era andato oltre la carica di pretore, insomma un uomo da poco che nulla aveva a che vedere un homo novus perchè era pure un tradizionalista.</div><div><div><br /></div></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LE OPERE</span></b><br /><br />Tutte le opere di Capitone sono andate perdute, purtroppo vi fu con il cristianesimo una devastazione totale di tutti i libri o scritti in quanto ritenuti pagani e fuorvianti dalla religione che, al contrario della religione pagana, prevaleva su ogni campo. Pertanto di queste preziose opere se ne conosce solo il titolo attraverso la citazione di autori della tarda antichità:</div><div><br /></div><div>- De pontificio iure (Sulla legge del pontificato), di almeno sei libri;<br />- De iure sacrificiorum (Sulle leggi sui sacrifici);<br />- Coniectanea (Varie) almeno nove libri su tematiche varie;<br />- De officio senatorio (Sul ruolo senatorio)<br />- Un'opera il cui titolo è sconosciuto sugli auguri;<br />- Epistulae (Lettere).<br /></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3e3f3e; font-family: Crimson Text, Garamond, Times New Roman, serif;"><span style="font-size: 22px;"><br /></span></span></div><br /><b>BIBLIO</b><br /><br />- Theodor Mommsen - Diritto pubblico romano - V volumi - 1888 -<br />- Theodor Mommsen - Diritto penale romano - 1899 -<br />- Theodor Mommsen - Codex Theodosianus - editore critico con Paul Meyer - 1905 -<br />- Alexander e Barbara Demandt - Storia di Roma imperiale. Dagli appunti delle lezioni del 1882/86 di Sebastian e Paul Hensel - 2004 - <br />- Melillo G., Palma A., Pennacchio C. - Labeone nella giurisprudenza romana. Le citazioni nei giuristi successivi, le Epitomi, i Pithana, i Posteriores - Edizioni scientifiche - 1995 -<br />- De Martino Francesco - Storia della Costituzione romana - ed. Iuvene - 1975 -</div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-570670370050626422024-03-09T20:18:00.000+01:002024-03-09T20:18:43.659+01:00BATTAGLIA DI ARAUSIO (105 a.C.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizi9LiWc-tSj5_2xXLLPASg5XxME_gc-0UAN5YS5iPTCrP4x7pSX98aA-dag7ucE2qwALmJ8nUpTWzaP5svwMjrXcFzZ9QSlRA6nqOV9c8bqM1Jaj6O7g3L05D1zqBk1MLU2BtpiCEuMR7EitFuOx0jEOwp-GmUWgPJtReFU9scCSE0_6HrDlLEGz8/s550/battaglia%20di%20arausio2.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizi9LiWc-tSj5_2xXLLPASg5XxME_gc-0UAN5YS5iPTCrP4x7pSX98aA-dag7ucE2qwALmJ8nUpTWzaP5svwMjrXcFzZ9QSlRA6nqOV9c8bqM1Jaj6O7g3L05D1zqBk1MLU2BtpiCEuMR7EitFuOx0jEOwp-GmUWgPJtReFU9scCSE0_6HrDlLEGz8/s16000/battaglia%20di%20arausio2.png" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">L'INVASIONE</span></b><br /><br />La battaglia di Arausio fu combattuta il 6 ottobre 105 a.c. nell'attuale città francese di Orange, in Provenza, fra l'esercito romano e le tribù nomadi di alcuni popoli germanici, Cimbri e Teutoni, i più numerosi, con Ambroni, Tigurini e Cimbri. Tra il 120 e il 115 a.c. la popolazione dei germani Cimbri abbandonò l’odierna Scandinavia, per cercare nuovi terreni verso l’Europa meridionale. Sono circa circa 300.000.<div><br /></div><div>Nel 113 a.c, i germanici raggiungono il Danubio e si incontrarono con i Taurisci, alleati di Roma. I Taurisci, preoccupati per l'invasione dei loro territori, inviarono ambasciatori al Senato chiedendo aiuto. Il Console Gneo Papirio Carbone si recò così con un esercito in zona, i Cimbri e i Teutoni inviarono dei messaggeri, sostenendo che la loro occupazione del territorio dei Taurisci non voleva danneggiare la repubblica romana, non sapendo degli accordi tra i due popoli.</div><div><br /></div><div>I Romani cercano di proteggere l’area danubiana, ma subiscono una prima sconfitta a Norea nel 113 a.c.: è solo l’inizio delle guerre romano-germaniche che si protrarranno per secoli.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit547T_9a677lfHqYggazRYF6hcozojJPQIfne5pCrm6uWLbYxPmE9GYV7EFUdqhrJVyBqWN3z7z_I9uLihTDtyT_hGluzKNc9Mf-sW1yLiksGRJeKN0koo6CFzyatBdcQPaBnpibBJy6wnFfvSqWQLiDsFVFlihtpRCPy7shp91eBgeY_sb1hGplO/s550/battaglia%20di%20arausio4.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="375" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit547T_9a677lfHqYggazRYF6hcozojJPQIfne5pCrm6uWLbYxPmE9GYV7EFUdqhrJVyBqWN3z7z_I9uLihTDtyT_hGluzKNc9Mf-sW1yLiksGRJeKN0koo6CFzyatBdcQPaBnpibBJy6wnFfvSqWQLiDsFVFlihtpRCPy7shp91eBgeY_sb1hGplO/s16000/battaglia%20di%20arausio4.png" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div></div><div><br /></div><div><div><div><b><span style="color: #990000;">L'IMBOSCATA</span></b></div><div><br /></div><div>Carbone diede dunque l’ordine immediato di abbandonare i territori che erano stati occupati, per poi superare il fiume Danubio e ritornare nelle loro terre. I Germani accettarono l’ordine, ma mentre questi venivano condotti dalle guide a tornare nei loro territori, il Console Carbone senza aver consultato il senato di Roma organizzò un’imboscata per sterminarli, sperando in una gloria militare. </div></div></div><div><br /></div><div><div>Da notare che i germani avevano i guerrieri Ulfheonar (vestiti di lupo) che della mitologia norrena si coprivano esclusivamente con la pelle del lupo ucciso da loro stessi. Erano famosi per il loro impeto guerriero, concesso loro dal Dio Odino e dal lupo, loro animale totemico. </div><div><br /></div><div>Questi guerrieri prima del combattimento, assumevano: birra, un estratto di amanita muscaria (tossico e allucinogino) e digitale. Questo mix dava loro allucinazioni, e comportava un aumento della temperatura corporea, del battito cardiaco e dell'adrenalina. Dopo aver assunto queste sostanze, festeggiavano sino allo stremo e da lì si lanciavano in battaglia, combattendo come lupi.</div></div><div><br /></div>Inoltre tra le file dei loro combattenti si annoverano anche le donne, coraggiose e capaci, per nulla inferiori ai maschi, delle vere e proprie “valchirie”. <div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL RIFIUTO DEL SENATO</span></b></div><div><br /></div><div>Fatto sta che l'imboscata si rivelò uno sfacelo, i germani si difesero prima e poi attaccarono sconfiggendo i romani. Incoraggiati dalla vittoria i Cimbri e i teutoni si sentirono autorizzati a inviare messaggi al Senato richiedendo una terra in cui vivere. Il Senato rifiutò e le tribù germaniche si spostarono nella Gallia Narbonese, dove sconfissero anche il Console Marco Giunio Silano, lì giunto per arginare la loro migrazione. Ormai era guerra. Quello che una volta era il Metus Gallicus ora era diventato il Metus Teutonicus.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNCLIEwzrb7fnOBobmDgMA9DnyJVnrUu3Rnljyv79dJXy9ulcYjpv6pM4K7wanhtNs8yuhlW6USK8LSRFiGx917as32T67jKW1uK3239yBjiFK-647WYB6XFHTx6Jg5hlDawCyCXF0zjp8msHG-0rNx6Nmi-3fAq8L4oVZ3n4U6Tn-8w9iJEr5uI4C/s550/battaglia%20di%20arausio1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="483" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNCLIEwzrb7fnOBobmDgMA9DnyJVnrUu3Rnljyv79dJXy9ulcYjpv6pM4K7wanhtNs8yuhlW6USK8LSRFiGx917as32T67jKW1uK3239yBjiFK-647WYB6XFHTx6Jg5hlDawCyCXF0zjp8msHG-0rNx6Nmi-3fAq8L4oVZ3n4U6Tn-8w9iJEr5uI4C/s16000/battaglia%20di%20arausio1.png" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><br /></div><div><div></div></div><b><span style="color: #990000;">IL RIFIUTO DI PUBLIO RUFO</span></b><br /><div><span style="color: #990000;"><b><br /></b></span></div><div>A Roma si scatenò il dibattito politico per decidere a quale generale assegnare la guerra. Il più anziano dei due Consoli di quell’anno, Publio Rutilio Rufo, era un generale esperto e, veterano della recente guerra di Numidia, ma decise di non farsi carico della campagna militare, rimanendo a Roma e lasciando la gestione del conflitto al suo collega più giovane e più inesperto Mallio Massimo.</div><div><br /></div><div>L'esercito di Roma era dunque comandato dal console Gneo Mallio Massimo, un homo novus, e dal proconsole per la Gallia Quinto Servilio Cepione, che era stato console l'anno precedente nonchè esponente dell'aristocrazia.</div><div><span style="color: #990000;"><span style="color: black;"><br /></span></span></div><div>Lo scontro, avvenuto nei pressi di Arausio nella Gallia Transalpina, seguiva di due anni la disfatta di Agen, evidenziando le difficoltà dei Romani di combattere in luoghi poco conosciuti e con la guerriglia<br />La differenza di status tra i due comandanti generò mancanza di coordinazione e dissidi, che inevitabilmente ebbero ripercussioni durante le manovre. </div><div><br /></div><div>Come console in carica per quell’anno, Massimo aveva una autorità superiore rispetto a quella di Cepione, e per legge avrebbe dovuto prendere l’ultima decisione sulla tattica da impiegare. Ma poiché massimo era un Homo Novus, Cepione, si rifiutò così di prestare servizio sotto di lui e si accampò di propria iniziativa sulla sponda opposta al fiume.</div><div><span style="color: #990000;"><span style="color: black;"><br /></span></span></div><div>Poco prima del combattimento, due tra i maggiori contingenti romani disponibili nell’area erano accampati vicino al fiume Rodano, nei pressi della città di Arausio. Il primo contingente era guidato direttamente da Mallio Massimo, mentre l’altro dal proconsole Quinto Servilio Cepione. </div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><div><span style="color: #990000;"><b>LE SCONFITTE ROMANE</b></span><br /><br />Dopo l’ennesima vittoria, i Cimbri e i Teutoni decisero di allargare i loro alleati coinvolgono anche la popolazione dei Tigurini e degli Elvezi infliggendo un’ulteriore sconfitta ai romani a Burdigala, odierna Bordeaux, nel 107 a.c.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><div><b><span style="color: #990000;">QUINTO SERVILIO CEPIONE</span></b></div><div><br /></div><div>- <b>106 a.c. </b>- Quinto Servilio Cepione, figlio dell'omonimo console del 140 a.c., nel 106 a.c. fu eletto console, promulgò una legge che reintegrava i senatori nelle giurie e marciò da Narbona con otto legioni contro le tribù cimbriche stanziate nella zona di Tolosa, che si erano ribellate a Roma impossessandosi di un'enorme somma di denaro custodita nei santuari dei templi (Oro di Tolosa o Aurum Tolosanum).<br /><br />Il tesoro, che si diceva maledetto, di 50.000 lingotti d'oro pari a 15.000 talenti d'oro, 10.000 lingotti d'argento e macine interamente in argento per un valore di 10.000 talenti d'argento, fu rinvenuto vicino alla città. La maggior parte del bottino durante il trasporto verso Massilia (Marsiglia) fu prelevato dai predoni i quali si impadronirono dei 450 carri che trasportavano i lingotti d'oro. Secondo la leggenda l'aura di maledizione che accompagnava quel bottino sarebbe stata alla base della disfatta dei Romani nella battaglia di Arausio.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtDk7RCOHCBswgZZ8TwUrfSXiKclX1VN41qZPqFikhWzT1atuEG6seKzYRU5IluVAK0VwsjBmlO0GaAJOo-p50WfjDe0worqk001bJ6nShMHCidwLuQ-uYmoHIJ3WUK-jk9Y7zzoCBp4xpPcDeBM60-Ctudyc5I4zkn1uS-jsN8z7aJoeOkZ4s0e5g/s550/battaglia%20di%20arausio3.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="411" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtDk7RCOHCBswgZZ8TwUrfSXiKclX1VN41qZPqFikhWzT1atuEG6seKzYRU5IluVAK0VwsjBmlO0GaAJOo-p50WfjDe0worqk001bJ6nShMHCidwLuQ-uYmoHIJ3WUK-jk9Y7zzoCBp4xpPcDeBM60-Ctudyc5I4zkn1uS-jsN8z7aJoeOkZ4s0e5g/s16000/battaglia%20di%20arausio3.png" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div></div></div><div><div><b><span style="color: #990000;">MARCO AURELIO SCAURO</span></b><br /><br />Comandante della cavalleria dell'esercito di Gneo Mallio Massimo nella Gallia Narbonese. Il suo distaccamento, accampatosi a distanza dal resto dell'esercito, nella città di Arausio, fu il primo ad essere attaccato dai germani e fu completamente annientato; Scauro fu catturato e portato al cospetto dei capi germanici e lì, secondo Granio Liciniano, "<i>non fece né disse nulla che non si addicesse a un romano che ricopriva un ruolo così elevato</i>". </div><div><br /></div><div>Le epitomi di Tito Livio riferiscono che mentre cercava di dissuadere i germani dal valicare le Alpi, dicendo che sarebbe stato impossibile vincere Roma, Boiorige, un giovane germano carico di ferocia, lo uccise. Pochi giorni dopo l'esercito di Mallio e quello di Quinto Servilio Cepione, in conflitto tra l'oro per la detenzione del comando supremo, furono sconfitti e annientati nella battaglia di Arausio.</div><div><br /></div><div>Theodor Mommsen commenta: "<i>Mallio e Cepione si equivalgono come capacità militari: sono due perfette nullità</i>."<br /><div><br /></div></div></div></div></div><div><br /></div><div><span style="color: #990000;"><span style="color: black;"><br /></span></span></div><div><span style="color: #990000;"><span><b>LA BATTAGLIA</b><br /></span></span><div><br /></div><div>- <b>105 a.c.</b> - Lo scontro ebbe luogo il 6 ottobre del 105 a.c. in una zona tra la città di Arausio, odierna Orange, Sud - Est dell’attuale Francia, e il fiume Rodano. La battaglia si verificò tra i due eserciti romani guidati dal proconsole Quinto Servilio Cepione e dal console Gneo Mallio Massimo contro le tribù germaniche dei Tigurini, degli Ambroni, dei Cimbri, guidati dal Re Boiorix, e i Teutoni guidati dal Re Teutobod.</div><div><br /></div><div><div>Cepione, nonostante la gravità della situazione, ignorava tutte le disposizioni di Massimo, aspettando che fosse direttamente il Senato ad ordinargli di traversare il Rodano. </div><div><br /></div></div><div><div>Il primo scontro si ebbe a 65 km nord di Arausio (Orange in Francia), allorché Marco Aurelio Scauro, alla testa di 5.000 cavalieri, ingaggiò una prima battaglia perdendo contro le avanguardie della coalizione germanica. </div><div><br /></div><div>Inoltre, il territorio in cui combattevano divenne sfavorevole, dal momento che l’accampamento era stato posizionato con un fiume alle spalle, che impediva ogni fuga. All’attacco dei Cimbri, i romani tentarono di scappare in quella direzione, ma con le loro ingombranti armature, la loro fuga si trasformò in un suicidio. </div><div><br /></div></div><div>La battaglia di Arausio fu la peggiore sconfitta subita dalle armate di Roma nella sua storia (peggio della battaglia di Canne contro Annibale). Le perdite sono stimate da Tito Livio, che cita Valerio Antias, in 80.000 soldati, oltre ad altre 40 mila truppe ausiliarie, praticamente tutti i partecipanti alla battaglia. Pochissimi romani riuscirono a sopravvivere, compresi i servitori e gli addetti all’accampamento, che di solito contavano almeno la metà delle truppe effettive. </div><div><br /></div><div><div>Negli scontri successivi Cepione alla testa di sette legioni fu battuto a 48 km Nord di Arausio e poi Mallio con nove legioni subì una nuova disfatta. I Cimbri riuscirono addirittura a saccheggiare l’accampamento di Cepione, che rimase praticamente indifeso in balìa del nemico, anche se Cepione riuscì a fuggire dal campo di battaglia, illeso. Incoraggiati dalla straordinaria vittoria, i Cimbri attaccarono la forza comandata da Massimo. che aveva assistito impotente alla completa distruzione dei suoi commilitoni.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA FINE</span></b><div><br /></div>Quinto Servilio Cepione: si salva dal campo di battaglia e con un rapido viaggio si reca a Roma per spiegare la sua versione dei fatti. Messo sotto accusa dal Senato, per la vicenda dell'oro tolosano, perse la cittadinanza, gli furono confiscati i beni e fu condannato all'esilio. Morì a Smirne, in Asia minore.perde la cittadinanza romana e muore in esilio a Smirne (attuale Izmir in Turchia).</div><div><br />Gneo Mallio Massimo: viene salvato dal campo di battaglia dal figlio di Cepione, ma perde i suoi due figli. Rientrato a Roma di lui si perdono le tracce nella storia ufficiale.</div><div>Sebbene ai più ignota la Battaglia di Arausio fu la più grande sconfitta subita dalle legioni, nella secolare storia romana.</div></div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9VqzBVD0go-bl1UC7DrxkUjjBSGXiMshUKaxopy2UVutR_P2LLlfMIr7zUPRcT2K4jX7Hj-5FhMzYme06_6R18ao9aBaeagtvX8N2GKweJLLbL9URi5MsXJOk3Z7OsLbz4qiOkh-XS6dmmNT4BSMzP_oA8UJKMPqfOpQmM3m3ZVGVYbiJf-Xk-GgW/s550/battaglia-di-arausio5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="383" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9VqzBVD0go-bl1UC7DrxkUjjBSGXiMshUKaxopy2UVutR_P2LLlfMIr7zUPRcT2K4jX7Hj-5FhMzYme06_6R18ao9aBaeagtvX8N2GKweJLLbL9URi5MsXJOk3Z7OsLbz4qiOkh-XS6dmmNT4BSMzP_oA8UJKMPqfOpQmM3m3ZVGVYbiJf-Xk-GgW/s16000/battaglia-di-arausio5.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">COLPA DELL'EMPIETA'</span></b></div><div><br />La disfatta aprì le porte della Gallia Narbonense e dell'Italia ai Teutoni e ai Cimbri. Alla sconfitta di Cepione è legata una tradizione semi-leggendaria, che la vorrebbe causata dal suo furto sacrilego dell'Aurum Tolosanum, il presunto bottino del santuario di Apollo a Delfi, saccheggiato durante la spedizione celtica in Grecia.<br /><br />Cicerone nel De natura deorum cita il modo di dire "aurum habet Tolosanum" per intendere quelle disgrazie che derivano dal guadagno tratto in modo empio. Questa tremenda sconfitta verrà poi vendicata da Gaio Mario nelle successive celebri battaglie (battaglia di Aquae Sextiae e battaglia dei Campi Raudii) che posero definitivamente fine all'espansione dei Teutoni e dei Cimbri.</div><div><br /></div></div><div><p style="background: 0px 0px rgb(255, 255, 255); border: 0px; color: #5e5e5e; font-family: Gudea, sans-serif; font-size: 16px; line-height: 22.4px; margin: 0px 0px 15px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: top;"><br /></p><b><span style="color: #990000;">LE CONSEGUENZE</span></b><br /><br />La sconfitta privò l’esercito di un grandissimo quantitativo di uomini e di manodopera. Il nemico, ormai incoraggiato dalle sue vittorie, era veramente ad un passo dalla invasione del nord Italia. Successivamente i Cimbri si scontrarono con gli Arverni e, dopo una dura lotta, partirono verso i Pirenei, il che dette ai romani il tempo di riorganizzarsi e di eleggere un nuovo generale che sarebbe diventato noto come il salvatore di Roma.<br /><br />Il Senato romano, constatata la gravità della situazione, ignorò infatti i vincoli legali che impedivano ad un uomo politico di essere console per una seconda volta fino a quando non fossero trascorsi 10 anni dal suo primo incarico, e i patrizi ignorarono pure che fosse plebeo. e proposero l’elezione immediata dell’abilissimo generale <a href="https://www.romanoimpero.com/2010/03/gaio-mario.html" target="_blank"><b>Gaio Mario</b></a>.<br /><br />Mario avrebbe combattuto ed annientato quei popoli di lì a poco in due battaglie: la <a href="https://www.romanoimpero.com/2019/11/battaglia-di-aquae-sextiae-102-ac.html" target="_blank"><b>battaglia di Aquae Sextiae</b></a>, 102 a.c, e la <a href="https://www.romanoimpero.com/2020/07/battaglia-dei-campi-raudii.html" target="_blank"><b>battaglia dei Campi Raudii</b></a>, 101 a.c. Con queste due vittorie Caio Mario non solo entra nella storia di Roma, ma pone le basi per il cambiamento radicale della struttura dell’esercito romano. I Cimbri e Teutoni sono completamente annientati o resi schiavi.<br /><br /><br /><b>BIBLIO</b><br /><br />- Theodore Mommsen - Storia di Roma - volume II - Milano - Armando Curcio Editore - 1964 -<br />- Vincenzo De Vito - Calata dei Cimbri in Italia - Roma - 1886.-<br />- Lodovico Mangini - Historie di Asola, fortezza posta tra gli confini del ducato di Mantova, Brescia e Cremona - Vol. I - Mantova - 1999 -</div>- S. Fischer Fabian - I Germani - ed. Garzanti - 1985 -<div>- Giuseppe Antonelli - Gaio Mario - Newton - 1995 -<div>- Tacito - De origine et situ Germanorum - traduzione italiana del Progetto Ovidio -</div><div>- Fabian S.Fischer - I Germani - ed. Garzanti - 1985 -<br />- Maureen Carroll - Romans, Celts & Germans: the german provinces of Rome - Gloucestershire & Charleston - Tempus Pub Ltd - 2001 -</div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-73431489678231793572024-03-08T07:31:00.000+01:002024-03-08T07:31:08.005+01:00QUINTO FABIO MASSIMO E. - Q, FABIUS MAXIMUS AEMILIANUS<div class="separator" style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0); clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiP7bDy_eabY6EAn1BWijv5hF33nF9iffg3XiWHebINyZTnq-GfoLdQ5mkM2WK6jCM3rzBD_ZBYK0aRWDMO1krnFDuDhdiHzvR78cQTKCUhsz6RiG2wWgYLqFhkvb8d4LeUr6l7vpdsBFG_LCwDEALBDvBfr-ZV3WRFWRr6eNM86Yb4kl9mOCgtIac/s550/fabio-massimo.jpg" style="--link-color-active: rgb(113, 179, 234) !important; --link-color-hover: rgb(144, 196, 238) !important; --link-color: rgb(117, 182, 234) !important; --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0); --visited-color-active: rgb(157, 113, 234) !important; --visited-color-hover: rgb(179, 144, 238) !important; --visited-color: rgb(160, 117, 234) !important; margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="467" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiP7bDy_eabY6EAn1BWijv5hF33nF9iffg3XiWHebINyZTnq-GfoLdQ5mkM2WK6jCM3rzBD_ZBYK0aRWDMO1krnFDuDhdiHzvR78cQTKCUhsz6RiG2wWgYLqFhkvb8d4LeUr6l7vpdsBFG_LCwDEALBDvBfr-ZV3WRFWRr6eNM86Yb4kl9mOCgtIac/s16000/fabio-massimo.jpg" style="--link-color-active: rgb(113, 179, 234) !important; --link-color-hover: rgb(144, 196, 238) !important; --link-color: rgb(117, 182, 234) !important; --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0); --visited-color-active: rgb(157, 113, 234) !important; --visited-color-hover: rgb(179, 144, 238) !important; --visited-color: rgb(160, 117, 234) !important; border-color: rgb(22, 22, 202) !important; filter: saturate(0.9) brightness(0.8);" /></a></div><div class="separator" style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0); clear: both; text-align: center;"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Nome: </span></b>Quintus Fabius Mazimus Aemilianus, ovvero Quinto Fabio Massimo Emiliano <div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Nascita:</span></b> 186 a.c.<br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Morte:</span></b> 130 a.c.<div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Professione: </span></b>statista e console romano</div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Padre biologico:</span></b> Lucius Aemilius Paulus Macedonicus</div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Madre biologica:</span></b> Papiria Masonis<br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Padre adottante:</span></b> il nipote di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Zia:</span></b> Emilia Terzia, figlia di Lucio Emilio Paolo</div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Fratello minore: </span></b>Scipio Aemilianus</div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">Figlio: </span></b>Quinto Fabio Massimo Allobrogico </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Quintus Fabius Mazimus Aemilianus, ovvero Quinto Fabio Massimo Emiliano fu uno statista e console romano (nel 145 a.c.). Quando il padre ebbe da un secondo matrimonio altri due figli, fece passare i due più grandi per adozione in altre gentes, cioè, il secondo nella gente Cornelia, con il nome di Publio Cornelio Scipione Emiliano, e il primo, maggiore di uno o due anni, nella gente Fabia, nel ramo dei Fabî Massimi e nella famiglia di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, perché molto probabilmente fu un nipote di questo che adottò il figlio maggiore. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" />Dunque Fabius era per adozione un membro della gens patrizia Fabia, da un figlio o da un genero di Quinto Fabio Massimo Verrucoso, ovvero di Quintus Fabius Maximus Verrucosus, ma per nascita era il figlio maggiore di Lucio Emilio Paulo Macedonico, ovvero Lucius Aemilius Paulus Macedonicus, e di Papiria Masonis, la sua prima moglie. Inoltre era il padre di Quinto Fabio Massimo Allobrogico. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">III GUERRA MACEDONICA</span></b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Nella III Guerra Macedonica sia lui che Scipione prestarono servizio con distinzione sotto Paolo durante la campagna contro Perseo. Infatti appena diciottenne, Fabius accompagnò il padre biologico nella campagna contro la Macedonia e guidò insieme con Paolo Scipione Nasica l'aggiramento dell'esercito macedone. <div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">La battaglia di Pydna avvenuta nel 168 a.c., fu lo scontro decisivo della guerra macedonica, conclusa con la netta vittoria delle legioni romane guidate dal console Lucio Emilio Paolo, padre di Quinto Fabio Massimo, sull'esercito macedone del re Perseo. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Ma Quinto Fabio divenne famoso tra il popolo per avere a proprie spese mostrato varie pitture e aver messo su varie scene che illustrassero le fasi salienti e più drammatiche della III Guerra Macedonica cui egli stesso aveva partecipato.</div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">AMBASCERIA A ROMA</span></b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Questa vittoria portò alla fine della guerra e al passaggio di tutta la Grecia sotto il controllo romano, il padre naturale lo inviò a Roma per annunciare la sua vittoria. e visse in quei circoli in cui brillò il fratello, Scipione Emiliano l'Africano, e che accolsero con tanta simpatia Polibio. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">IN GRECIA</span></b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Tornato in Grecia, partecipò alle spedizioni punitive del 167 a. c. contro le città ribelli dell'interno della Macedonia e dell'Illiria. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">CONSOLE E PROCONSOLE</span></b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Nel 154 a.c. andò ambasciatore in Pergamo. Poi Fabius servì come pretore in Sicilia tra il 149 a.c. e il 148 a.c. e fu eletto console insieme con Lucio Ostilio Mancino per il 145 a.c.. Dopo il consolato si recò come proconsole in Hispania, dove combatté e sconfisse Viriato che aveva fatto prigioniero e fatto uccidere il pretore Caio Vetilio, ma non riuscì a catturarlo. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Il comando delle due provincie spagnole fu allora riunito nelle mani di Fabius e fu suo merito aver compreso che invece di inseguire grandi successi, conveniva riordinare tutto l'esercito. </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">La guerra continuò fino a quando suo fratello, Scipione Emiliano, prese la Numantia un decennio dopo.</div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;">AMBASCERIA ROMANA</span></b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><span style="--editable-content-color: rgb(250, 158, 158); --original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: #990000;"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(153, 0, 0); color: rgb(250, 158, 158) !important;" /></span></b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Fece poi parte di quell'ambasceria romana alla quale fu sottoposta, come è ricordato in epigrafi (Dittenberger, Syll., 3ª ed., n. 6845 e Suppl. Ep. gr., II, 511, cfr. III, 775), una controversia confinaria fra Ierapitna e Itano, e in quello stesso torno di tempo indirizzò agli abitanti di Dime una lettera ordinante la punizione dei capi d'un tentativo rivoluzionario contro la costituzione data alla città dai Romani nel 146 a. C. (Dittenberger, op. cit., n. 684). </div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div>Nel 145 venne eletto console insieme al magistrato e generale Lucius Hostilius Mancinus, insieme a cui illustrò al popolo la guerra macedonica.<div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">Fabius e suo fratello furono allievi e patroni dello storico Polibio, che registrò il forte legame fraterno tra i fratelli, anche dopo la loro adozione in altre case. Nel 133 Fabio fu legato del fratello Scipione nella guerra numantina, e morì sicuramente prima di lui, verso il 130 a.c.<br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /><b style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"> BIBLIO</b></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);"><br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" /></div><div style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);">- Cicero, Marcus Tullius - De Amicitia - Evelyn Shirley Shuckburgh - (ed.) Laelius; Elem. classics series - Oxford University. - 1885 -<br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" />- M. Hoffmann - De Viriathi Numantinorumque bello - Greifswald - 1865 -<br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" />- F. Münzer - in Pauly-Wissowa - Real-Encycl. - VI - 1791 -<br style="--original-background-color: body-trans; --original-color: rgb(0, 0, 0);" />- Harriet I. Flower - The Cambridge Companion to the Roman Republic - Cambridge University Press - 2014 -</div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-87919818479117001502024-03-06T16:10:00.000+01:002024-03-06T16:10:08.026+01:00CULTO DI LATERANUS<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjT5az8nvUjvUI1Yrd7HszKQ1dsJ2FVK2JklwOP_R18U3GghIINh4mmGN6TY1ChyPgDmVXah9sGFDWsgGuCkTZ7H9tDzofhFypRQ3Nw0S1ZtDDhFtfO2q6NyDK1zqTe6EVsqFhe3dZeokwjrcBnIirSfULWaxfGZjAK5T_qEjixPkGGEJU8Vzjm-1L2/s732/culto-di-lateranus1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="732" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjT5az8nvUjvUI1Yrd7HszKQ1dsJ2FVK2JklwOP_R18U3GghIINh4mmGN6TY1ChyPgDmVXah9sGFDWsgGuCkTZ7H9tDzofhFypRQ3Nw0S1ZtDDhFtfO2q6NyDK1zqTe6EVsqFhe3dZeokwjrcBnIirSfULWaxfGZjAK5T_qEjixPkGGEJU8Vzjm-1L2/s16000/culto-di-lateranus1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">FORNO ROMANO A POMPEI</td></tr></tbody></table><p>Lateranus è un antico Dio tutelare romano dei focolari (focus - foci) e un genio dei forni di mattoni, secondo un passaggio satirico dello scrittore cristiano Arnobio, un apologista cristiano di origini berbere durante il regno di Diocleziano (284–305).</p><div><span class="sources"><span class="tiret">" <i>Lateranus, ut dicitis, deus est focorum et genius adiectus que hoc nomine, quod ex laterculis ab hominibus crudis caminorum istud exaedificetur genus. Quid ergo? si testa aut materia fuerint quacumque alia fabricati, foci genios non habebunt, et ab officio tutelae quisquis iste est Lateranus abscedet, quod regni sui possessio non luteis constructa est formis? et quid, quaeso, ut faciat, praesidatum focorum deus iste sortitus est? </i><span face="sans-serif" style="color: #202122;"><span style="background-color: white; font-size: 0.85em;">" </span></span></span><span face="sans-serif" style="color: #202122;"><span style="background-color: white; font-size: 0.85em;">(</span></span></span>Arnobe, Adversus Nationes)</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1Zm8qUkNG1srmWn-fcXcIGe2ZNtYKyzpiTwvhDbjX-X1qpdMOLdrwYHgxnsONKW5O8H7fKawrbPvMxrMxY84HcJSVL5K4aRu0Yp-fCq3AGGXDI4_fTscHz8AVL544VB68f1HEk0rfM2myBxSVFKzaSUZAn7wcQOLNEPtE3HGvmpBENcMMRzqWw9_4/s607/culto-di-lateranus2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="607" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1Zm8qUkNG1srmWn-fcXcIGe2ZNtYKyzpiTwvhDbjX-X1qpdMOLdrwYHgxnsONKW5O8H7fKawrbPvMxrMxY84HcJSVL5K4aRu0Yp-fCq3AGGXDI4_fTscHz8AVL544VB68f1HEk0rfM2myBxSVFKzaSUZAn7wcQOLNEPtE3HGvmpBENcMMRzqWw9_4/s16000/culto-di-lateranus2.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">FORNAX</span></b></div><div><br /></div>La Dea Fornace era però una divinità preromana antichissima, precedente al Dio Lateranus, come colei che presiedeva alla cottura dei cibi e alla sessualità. Si ritiene che da lei venga il termine fornicare, cioè esercitare la sessualità, anch'essa collegata al calore. Grazie a Numa Pompilio venne introdotta una festa propiziatoria in onore della Dea Fornace, protettrice dei forni per il pane.<div><br />Il forno costruito con mattoni pieni che si scaldavano e si raffreddavano molto lentamente, permetteva dopo aver cotto il pane, di cucinare arrosti, verdure e dolci. Fornace (dal latino fornax) era dunque la Dea del forno in cui si cuoce il pane. In suo nome si festeggiavano le Fornacalia (19-20 e 21 gennaio), feste di ringraziamento per la tostatura del farro nei forni dei panificatori, infatti nel periodo più arcaico in territorio romano si coltivava il farro, solo successivamente si coltivò il grano, che era più nutriente e di sapore migliore. </div><div><br />Le Fornicalia erano le feste in onore della Dea Fornix dove si cuoceva e si offriva la mola salsa alla Dea e il pane alla gente, dopo avervi impresso i segno del sole, un punto centrale coi raggi intorno. Soprattutto i poveri si giovavano di queste elargizioni festive pagate dallo stato. Si organizzava la processione con pane vino e latte che veniva offerto ai cittadini.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7_WOgvW_XWyiWSg8ZtZqPssMTAbuW_oTU02ojlXeWR_OBl1H4qMAwB9Z3yZP4i6ukxIAAzKSz_ABbtKHAAUdvJ1UvNFv0ZSHF1qNBa17ygbUy8ctsQsPN2NtjBRC-BtlT7yU5eKf-ux5FgrRjKrl0f9ZfkE73bsYUBsuYRIfpOJVjP3hniceTZ6Nz/s550/culto-di-lateranus3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="426" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7_WOgvW_XWyiWSg8ZtZqPssMTAbuW_oTU02ojlXeWR_OBl1H4qMAwB9Z3yZP4i6ukxIAAzKSz_ABbtKHAAUdvJ1UvNFv0ZSHF1qNBa17ygbUy8ctsQsPN2NtjBRC-BtlT7yU5eKf-ux5FgrRjKrl0f9ZfkE73bsYUBsuYRIfpOJVjP3hniceTZ6Nz/s16000/culto-di-lateranus3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LA VENDITA DEL PANE</td></tr></tbody></table><div><br /></div></div><div><b><span style="color: #990000;">IL MATTONE</span></b></div><div><span style="color: #990000;"><b><br /></b></span>Il nome del Dio deriva da Lateritium, il mattone che da crudo diventa cotto ad alte temperature. Il Dio, o genio, controlla con quali tipi di legna si produca il calore nei focolari; dà forza e coesione ai vasi di creta, perché non volino in pezzi, vinti dalla violenza delle fiamme; si adopera affinchè il sapore dei cibi raggiunga il gusto del palato con la propria piacevolezza, fa la parte dell'assaggiatore, e prova se le salse siano state ben preparate.<br /><br />Il nome Lateranus si basa infatti sulla radice latina che significa mattone, "later", come in "opus latericium", un tipo di muratura fatta di mattoni cotti dai romani per renderli resistenti alla pioggia e nel tempo. WH Roscher colloca Lateranus tra gli indigitamenta, l'elenco delle divinità mantenuto dai sacerdoti romani per assicurare che la divinità corretta fosse invocata per i rituali. </div><div><br /></div><div>Il Dio Laterano era dunque il Dio del forno a mattoni cotti ad alte temperature in grado di scaldare fortemente il forno e cuocere rapidamente e uniformemente i cibi. I forni diventano tabernae o thermopolii dove si cuociono e si vendono i cibi, </div><div><br /></div><div>L'artigianato diventa commercio, La Dea Fornax viene affiancata dal Dio Lateranus, la cucina romana, dapprima di area mediterranea si estese anche ai gusti dell'oriente formando una cucina varia e gustosa a tal punto da guadagnarsi oggi il titolo di patrimonio dell'UNESCO.</div><div><br /></div><div><b>Vedi anche: <a href="https://www.romanoimpero.com/2009/08/la-religione-romana.html">LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE</a></b></div><div><br /></div><div><br /></div><b>BIBLIO</b></div><div><b><br /></b><div>- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -</div><div>- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -<br />- Howard Hayes Scullard - Festivals and ceremonies of the Roman republic - 1981 -</div>- W. Warde Fowler - The Roman Festivals of the Period of the Republic: An Introduction to the Study of the Religion of the Romans - London - Macmillan and Co. -1899 -</div><div>- J. Eckhel - Doctrina numorum veterum - IV - Vienna - 1794 -</div><div>- Jorg Rupke - Communicating with the Gods - A Companion to the Roman Republic - Blackwell - 2010 -<br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-58421298683850375022024-03-04T07:20:00.002+01:002024-03-04T07:27:00.423+01:00TORRE DI ERCOLE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwQJL-nsQwLdTUtdJSyqpIEhyA2heJHrHf3qkCnQVr6fbVslE00Lnzdo0LRARE_35FHv3Hp3qS2Vc4ynzdNoCacCe7NWurpnYnAVVC8UB6RPGCktj3Oqz7m5qigxZmGKC7m95jyMWprIO6EPltYxAJI32OJ_wQGjjw4OAS7ljS7PByLRb2ssoVl0gB/s550/torre-di-ercole1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="550" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwQJL-nsQwLdTUtdJSyqpIEhyA2heJHrHf3qkCnQVr6fbVslE00Lnzdo0LRARE_35FHv3Hp3qS2Vc4ynzdNoCacCe7NWurpnYnAVVC8UB6RPGCktj3Oqz7m5qigxZmGKC7m95jyMWprIO6EPltYxAJI32OJ_wQGjjw4OAS7ljS7PByLRb2ssoVl0gB/s16000/torre-di-ercole1.jpg" /></a></div><br />La Torre di Ercole (Torre de Hércules) è un faro di origine romana sulla penisola della città di Coruña, in Galizia, Spagna. La città, situata nel Magnus Portus Artabrorum dei geografi classici, e di probabile origine celtica, fu attivo porto all'epoca romana e ne conserva ancora lo splendido faro. Dal 2009 il faro è inserito tra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, ed è considerato il più antico faro ancora funzionante esistente al mondo.<br /><br />La Torre di Ercole fu costruita per assolvere alla funzione di faro per la navigazione nel II secolo durante il mandato dell'imperatore Traiano (53-117) o Adriano (76 - 138) come riporta l'iscrizione che si trova ai piedi della torre. La sua realizzazione si attribuisce all'architetto del II secolo Caio Servio Lupo, di origine portoghese (lusitano), come testimonia questa epigrafe sul monumento:<div><br /></div><div>"MARTì /AGO[USTO] SACR[UM] /C[AIUS] SEVIUS /LUPUS /ARCHITECTUS /AEMININIENSIS /LUSITANO EX VO[TO]"</div><div>"Consacrato a Marte Augusto. Gaio Sevio Lupo, architetto dell'Eminio Lusitano in adempimento di una promessa"<br /><div><div><br /></div>Eminium (latino: Aeminium) è un'antica città romana costruita sul sito dell'attuale città portoghese di Coimbra, Il progetto fu dunque affidato a Caio Servio Lupo, un architetto romano ma di origine lusitana, chiamato a erigere un faro di segnalazione per le navi che costeggiavano la Penisola iberica, e che contemporaneamente servisse come punto di osservazione per l'antico porto di Brigantium, cioè l'attuale A Coruña. Secondo alcuni Servio Lupo fu anche l'architetto del criptoportico.</div><div><br /><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkzvYDQRafIcS2jyyS3FJA7lNMTSSQDlzaaBkyyxdIOqtY24LiCedB_6LfgkkO912G63LU0lX_uhXjAfVrM4kB7bPl9dVXR5BARW2kI-iIA5XsYLo6lc--H_v5WPZgYRXNh5RHpxCBfInEwkadP1u2z8x-Or8d-crDVa5O1htPcTs2qenU0Zsy_6D6/s879/torre-di-ercole4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="879" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkzvYDQRafIcS2jyyS3FJA7lNMTSSQDlzaaBkyyxdIOqtY24LiCedB_6LfgkkO912G63LU0lX_uhXjAfVrM4kB7bPl9dVXR5BARW2kI-iIA5XsYLo6lc--H_v5WPZgYRXNh5RHpxCBfInEwkadP1u2z8x-Or8d-crDVa5O1htPcTs2qenU0Zsy_6D6/s16000/torre-di-ercole4.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Secondo il progetto originale, la Torre di Ercole, di pianta quadrata, doveva avere muri laterali larghi 18 metri, per una altezza di 36, (ma l'attuale aspetto è di 48 m, che diventano 68 se ci si aggiunge la base), era suddivisa in tre piani e ogni piano aveva quattro stanze comunicanti tra loro con scala esterna, con sopra un pinnacolo di 4 metri, di forma cilindrica. </div><div><br /></div>Il faro fu consacrato al Dio della guerra, Marte, in quanto la sua funzione era anche di punto di avvistamento per proteggere il porto di Brigantium, l'odierna A Coruña. La torre è suddivisa in tre parti progressivamente più strette fino ad arrivare alla lanterna.<div><br /></div><div>La luce che emana si scorge in mare da una distanza di 32 miglia. e all'epoca era prodotta dal fuoco che ardeva in alcuni bracieri intorno al pinnacolo. La Coruna romanizzata di Brigantium con la sua torre di Ercole fanno dunque parte dell'eredità della conquista dell'lmpero Romano in GaIlaecia (Galizia).</div><div><br /></div><div>Che A Coruna fu sottoposta a romanizzazione, lo testimoniano:<br />- Un accampamento militare (la Cittadella di Sobrado),</div><div>- i ponti e le strade che ne strutturavano il territorio (la strada romana sul Ponte dos Brozos ad Arteixo),</div><div>- il porto che era un centro commerciale di grandi dimensioni.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimHWq1mTNOzN7Ah2kpF5JfrGHzs8D7yzdF_lniD_4lT-1C1q46r5pThAF-PZRiGAQCnqRtoLlUCJmoP8iPKPK_sIvsRCLUJifyb8cdt8yxGgPxqOMr1J9nWGwoMNEg8MUfD3j5jBtADtI81GSw_mvJbKknJ2DACKnodx_2FqoaGetJBR0TVwUIrgwi/s550/torre-di-ercole2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="453" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimHWq1mTNOzN7Ah2kpF5JfrGHzs8D7yzdF_lniD_4lT-1C1q46r5pThAF-PZRiGAQCnqRtoLlUCJmoP8iPKPK_sIvsRCLUJifyb8cdt8yxGgPxqOMr1J9nWGwoMNEg8MUfD3j5jBtADtI81GSw_mvJbKknJ2DACKnodx_2FqoaGetJBR0TVwUIrgwi/s16000/torre-di-ercole2.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>La torre ha perso il suo uso come strumento utile per la navigazione nel corso del Medioevo quando fu convertita in fortificazione. L'aspetto odierno della fortificazione è del 1788, quando essa fu interessata da un restauro in stile neoclassico condotto dall'ingegnere navale (e successivamente governatore intendente del Paraguay) Eustaquio Giannini, per ordine del re Carlo IV.</div><div><br /></div>La Torre romana all'esterno aveva un muro in pietra con due porte nella parte inferiore e finestre asimmetriche che lo attraversavano fino al piano superiore. L'interno presenta anch'esso una base quadrata, con 4 aperture interne. </div><div><br /></div><div>Gli spazi erano tutti ricoperti da volte a botte e secondo gli studiosi servivano come riparo per il personale che erano in servizio alla torre e che vi alloggiavano almeno temporaneamente, ma anche per conservare il combustibile che avrebbe bruciato nella parte superiore.</div><div><div><br /></div>L’architetto Giannini rivestì l'antica Torre con una copertura in granito, che le conferì maggiore volume, ridistribuendo le finestre e le porte e costruendo una scala interna in pietra. Infine, smontò la cupola e al suo posto eresse un edificio ottagonale in cui ospitò il faro. Una fascia diagonale percorre attualmente la Torre d'Ercole in ricordo dell'originaria rampa.<div><div style="text-align: center;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguKpRrnlUtzya7iatR5Al6eFVGOlgVNWBehVfufmnkzzzwgHpB5NIj9Wl77jLfIB--zLzYdifAtBbknryESxmOK9-oJRCz44zlCCQ0G6Z1sCNMLm5khFYGecyD7Pcx9yp9WSLj3mNmZ0Pcn08kOFcAsP5JD0ZTDhgd08eVj2PMjJamH-xq-PLQVQ4i/s544/torre-di-ercole5.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="544" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguKpRrnlUtzya7iatR5Al6eFVGOlgVNWBehVfufmnkzzzwgHpB5NIj9Wl77jLfIB--zLzYdifAtBbknryESxmOK9-oJRCz44zlCCQ0G6Z1sCNMLm5khFYGecyD7Pcx9yp9WSLj3mNmZ0Pcn08kOFcAsP5JD0ZTDhgd08eVj2PMjJamH-xq-PLQVQ4i/s16000/torre-di-ercole5.jpg" /></a></div></div><b><span style="color: #990000;"><div><b><span style="color: #990000;"><br /></span></b></div><div><b><span style="color: #990000;"><br /></span></b></div>I MITI</span></b><br /><br />Nel corso dei secoli sono state raccontate molte storie mitiche sull'origine del faro. <br /><br /><br /><b>I MITO</b><br /><br />Secondo un mito che mescola elementi celtici e greco-romani, l'eroe Ercole uccise il gigante tiranno Gerione dopo tre giorni e tre notti di battaglia. Ercole quindi ordinò che fosse costruita una torre sul punto esatto in cui aveva seppellito la testa di Gerione con le sue armi. Il faro, sopra a un teschio e ossa incrociate che rappresentano la testa del nemico ucciso da Ercole, appare nello stemma della città di A Coruña.<br /><br /><br /><b>II MITO</b><br /><br />Invece nel Lebor Gabála Érenn, ovvero "Il libro della Presa dell'Irlanda" si dice che Breogán, un discendente del patriarca biblico Noè, costruì la torre, e che il figlio di Breogán, Ith, riuscì a vedere per la prima volta dalla torre l'Irlanda (!), che si trovava 900 Km a nord di A Coruñ. Successivamente Ith fu a capo della prima spedizione che partì dalla penisola iberica alla volta dell'Irlanda, che fu infine conquistata dai figli di Míl Espáine, pronipoti di Breogán.</div><div><br /><br /><b>III MITO</b><br /><br />Breogán fu un mitico sovrano celtico proveniente dalla Galizia (Spagna), di cui sarebbe stato il fondatore. Era figlio di Brath. Secondo il Lebor Gabála Érenn (Il libro della presa dell'Irlanda), fondò la città di Brigantium (La Coruña), che avrebbe preso il nome da lui, e vi costruì una gigantesca torre, identificata con la Torre di Ercole.</div><div><br />Secondo la leggenda, suo figlio Ith riuscì a scorgere l'Irlanda dalla cima della torre, e lui e suo fratello Bile giunsero sull'isola verde, dove furono accolti dai Túatha Dé Danann (nelle tradizioni irlandesi uno dei sei popoli preistorici che invasero e colonizzarono l'Irlanda prima dei Gaeli), che in seguito uccisero Ith. Decenni dopo i pronipoti di Breogan, AmerSecondo il Lebor Gabála Érenn, Breogán ebbe dieci figli. Bile fu il padre di Míl Espáine, e Ith fu il padre di Lughaidh. </div><div><br /></div><div>Gli altri figli furono Breogha, Cuailgne, Muirtheimhne, Cualu, Fuad, Bladh, Eibhle e Nár. La maggior parte di essi sono ricordati in nomi di località o montagne irlandesi. L'idea secondo cui l'origine dei moderni irlandesi sia da tracciare nella Spagna settentrionale è basata probabilmente sulle similarità tra i nomi Iberia e Hibernia, e tra Galizia e Gaeli.</div><div><br /></div><div>Al di là del mito, tuttavia, la conquista dell'Irlanda da parte di immigrati provenienti dalla penisola iberica in epoca preistorica si accorda con uno studio genetico condotto nel 2006 presso l'Università di Oxford, dove si notò che la maggior parte degli abitanti delle Isole britanniche discendono in realtà da pescatori neolitici che attraversarono il Golfo di Biscaglia provenienti dalle regioni costiere del nord della Spagna.<br /><br />La storia di Breogán è ancora piuttosto popolare in Spagna, e in particolare in Galizia, dove è sentita l'origine celtica del popolo gallego (della Galizia). A La Coruña è stata posta vicino alla Torre di Ercole una statua che lo raffigura, e anche l'inno gallego cita molte volte il personaggio. Ma la torre di Ercole è squisitamente romana e stupisce ancora il mondo per la sua maestosità e bellezza.</div></div></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>BIBLIO</b></div><div><br /></div>- Squire, Charles - Celtic Myth and Legend - Newcastle Publishing Co. - USA - 1975 - <div>- Celts descended from Spanish fishermen, study finds - in The Independent - 2006 -<br />- Patricia Monaghan - The Encyclopedia of Celtic Mythology and Folklore - Infobase Publishing - 2004 -</div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d9220.81486662914!2d-8.410946085812496!3d43.38437192063509!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0xd2e7c72b185d557%3A0x82932864f310d7a0!2sTorre%20di%20H%C3%A9rcules!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1670285020730!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe>Romanoimperohttp://www.blogger.com/profile/04241360059894739474noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-73538504563492992832024-02-27T06:47:00.002+01:002024-03-04T07:29:38.901+01:00FORTE EQUESTRE VEMANIA<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgS79tkuueVn9hIjQX6Hh7gHUJgEunLV1LZ9x9y59HsJIqkU-5K7Z2l7wUgDG72y0RCv-BPsR9OiDsAllGZRZsnF-2fhcPqXJpGatw8uC965S2dxvoyM918lvB9YZcCYrXJaJdBX3wj8jGy6wG7teQ3VefFyG2xvlRu-gcJkMpyLnr1ZMa3dRii4gUM/s550/forte-di-vemania1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="464" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgS79tkuueVn9hIjQX6Hh7gHUJgEunLV1LZ9x9y59HsJIqkU-5K7Z2l7wUgDG72y0RCv-BPsR9OiDsAllGZRZsnF-2fhcPqXJpGatw8uC965S2dxvoyM918lvB9YZcCYrXJaJdBX3wj8jGy6wG7teQ3VefFyG2xvlRu-gcJkMpyLnr1ZMa3dRii4gUM/s16000/forte-di-vemania1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">RICOSTRUZIONE DEL CASTELLO ROMANO</td></tr></tbody></table><p><b><span style="color: #990000;">L'ALTA SVEVIA</span></b></p>Nella Germania meridionale, tra l’Algovia e le Alpi sveve, il Lago di Costanza e il Danubio, si trova l’Alta Svevia, ricca di centri storici e i popoli che l'abitarono. gli Svevi o Suebi (in latino Suēbi o Suevi) furono un popolo germanico proveniente dall'area del Mar Baltico, e le sue città principali sono Augusta e Tubinga. La Svevia venne invasa dagli Alamanni-Svevi nel III secolo d.c. insieme celto-romani con i Germani ebbe origine la popolazione svevo-alemanna. <div><br /></div><div>Allora il nome della regione fu Alamannia (come appare dall’Anonimo Ravennate e da Paolo Diacono), sostituito poi con Svevia. I romani vi arrivarono all'inizio del secolo e nel corso degli anni costruirono un sistema di sicurezza di confine che oggi è conosciuto come Limes. C'erano diversi corsi. Nella massima estensione dell'Impero Romano, il Limes correva via Aalen fino a Gunzenhausen e da poco prima di Ratisbona lungo il Danubio.<a href="https://www.oberschwaben-tipps.de/"></a><br /><br />Dal III secolo, soprattutto sotto l'imperatore Diocleziano, i romani si ritirarono nel Danubio-Iller-Reno-Limes. Il corso precedente, noto come Limes germanico-retico superiore, fu abbandonato. Il Donau-Iller-Rhein-Limes correva dal Lago di Costanza via Bregenz fino a Kempten e poi lungo l'Iller. Tra Bregenz (Brigantium) e Kempten (Cambodunum) si trovava il forte di cavalleria Vemania (anche Vimania), dove oggi si trova la cittadina di Bettmauer, che appartiene a Isny.</div><div><br /></div><div>Questo Limes fu istituito dal 280 d.c. sotto l'imperatore Diocleziano - come nuovo confine e sostituto del Limes germanico-retico superiore che fu abbandonato alla fine del III secolo d.c. La fortificazione fu probabilmente anche il nucleo della successiva città di Isny, menzionata per la prima volta nel 1043.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><div><b><span style="color: #990000;">LA RETIA II</span></b></div><div><br />La provincia romana protetta dal Limes era Raetia II, che comprendeva anche l'Alta Sveviae la città di Isny è emersa dal forte abbandonato. Secondo alcuni Isny derivava il suo nome dalla Dea Iside, oppure derivava dal nome del ferro. Tuttavia, il muro del letto potrebbe essere associato al forte, in quanto i resti del muro erano ancora lì fino al Medioevo. Bettmauer è stato menzionato come Bettmaur nel 1307 come punto di confine.</div></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbhpvozz65ct4fRltB6rBbvvAup8PEwF__m3wbIvI6lMY903C8FKsxNSI_cTfs9AQygyPRjKAugGw_MLUO8ZwQSWmdCn4TLCz6L3Tc3e9kI0MiJ6NxLOBfyUkCfUVUHlI4b-xAUKzr0o0JaQUoHzeB_jf9udM6PEunZzWmgBk4R1A4OspCwM4aNZTq/s550/forte-di-vemania2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="485" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbhpvozz65ct4fRltB6rBbvvAup8PEwF__m3wbIvI6lMY903C8FKsxNSI_cTfs9AQygyPRjKAugGw_MLUO8ZwQSWmdCn4TLCz6L3Tc3e9kI0MiJ6NxLOBfyUkCfUVUHlI4b-xAUKzr0o0JaQUoHzeB_jf9udM6PEunZzWmgBk4R1A4OspCwM4aNZTq/s16000/forte-di-vemania2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PLASTICO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL FORTE VEMANIA</span></b></div><div><br /></div>Il forte Vemania era un forte di cavalleria tardo romano nell'odierno comune di Isny in Allgäu al confine di stato del Baden-Württemberg con la Baviera nel distretto di Ravensburg nel Baden Württemberg. Faceva parte della catena di forti del tardo antico Donau-Iller-Rhein-Limes nella provincia romana di Raetia II.<div><br /></div><div>Vemania è generalmente identificata con il forte vicino a Isny/Burkwang ma potrebbe aver incluso anche un insediamento civile nell'area Gestratz-Maierhöfen-Grünenbach, che avrebbe potuto anche servire a proteggere.<br /><div><br /></div><div>L'area del forte si trovava due chilometri a est della periferia di Isny, ai piedi di un crinale (Adelegegg) tra Kleinhaslach, a circa 500 m a nord-nord-ovest della frazione di Bettmauer nel distretto di Burkwang. Da qui si godeva una buona visuale delle colline circostanti a nord ea ovest e di un vicino guado al di là del fiume. In epoca romana, il rigonfiamento risultante <a href="https://de.wikipedia.org/wiki/Prallhang"></a>a est offriva protezione naturale, mentre i lati ovest e sud dovevano essere protetti dagli assalitori da un fossato. <br /><div><div><br /></div><div>Vemania è menzionata in diverse importanti fonti antiche: la Tabula Peutingeriana, l' Itinerarium Antonini e la Notitia Dignitatum. Quindi il posto doveva avere una certa importanza. Nell'Ottocento si credeva che il nome della città di Isny derivasse da un tempio della Dea Iside, che si dice sorgesse un tempo nelle immediate vicinanze del castello. Significativi resti della muratura in aumento dovevano essere visibili fino al medioevo, poiché il nome dell'adiacente frazione "Bettmauer" si riferisce probabilmente ai ruderi del castello. <br /><div><br />Il forte doveva essere di grande importanza ed è stato citato in varie fonti fin dall'antichità. Si trovava di fronte alla catena montuosa Adelegg. La pianta del forte è ancora visibile a tutt'oggi e misurava fino a 80 metri di lunghezza e fino a 45 metri di larghezza. Era un pentagono tagliato sulla sommità della collina morenica su cui sorgeva, all'epoca protetto dal terreno paludoso, ora prosciugato da fossati. <div><br /></div><div>Nelle vicinanze c'era un importante fiume affluente del Danubio, che a quel tempo poteva passare proprio accanto al forte. La posizione era ottima per controllare la zona. Il forte serviva principalmente a proteggere il confine e quindi la popolazione romana dalle invasioni germaniche. Molte persone si stabilirono anche nelle vicinanze del forte. C'era anche un insediamento vicino a Maierhöfen che era sotto la protezione del forte.<br /><br />I legionari proteggevano il tratto fino a Bregenz e venivano inviati per ogni necessità. Anche le strade tra Leutkirch e Immenstadt, tra Kempten e Wangen ( "Piccolo pezzo di terra") erano particolarmente sorvegliate e protette dai nemici. L'unità di cavalleria di stanza qui doveva sorvegliare la sezione di Limes fino a Bregenz (Brigantium). La guarnigione del forte controllava quindi gli attraversamenti fluviali e un nodo stradale, da dove partivano i collegamenti stradali:</div><div>- Leutkirch a Immenstadt, </div><div>- da Kempten (Cambodunum) </div><div>- a Wangen e a Bregenz.</div><div>- Presumibilmente anche un percorso per Augusta (Augusta Vindelicorum) correva via "Viaca" prima che il confine imperiale fosse ritirato all'Iller, perché ciò risparmiava un'intera giornata di tappa rispetto al percorso un più lungo via Cambodunum</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQwYVroNv4T4IIVQWh0ZGKZXePsc3t4qtdvpsNOuGQ0PdrQtqXD7DPGHDMu0Cayb5oOcDG4FO83gVINM5CMBuLAyYA34ENcGmum0KCM2RsLxwdwqwBU2RuKuLSL2EJkEcJHGd_v2qZ00P7WpjNAd_4ew5-qhnaAckGsXjtgv9CarA4443gEDk-we7l/s628/forte-di-vemania6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="628" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQwYVroNv4T4IIVQWh0ZGKZXePsc3t4qtdvpsNOuGQ0PdrQtqXD7DPGHDMu0Cayb5oOcDG4FO83gVINM5CMBuLAyYA34ENcGmum0KCM2RsLxwdwqwBU2RuKuLSL2EJkEcJHGd_v2qZ00P7WpjNAd_4ew5-qhnaAckGsXjtgv9CarA4443gEDk-we7l/s16000/forte-di-vemania6.jpg" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><b><span style="color: #990000;">LE TORRI</span></b></div><div><br /></div><div>C'erano diverse torri di sorveglianza presidiate, note come burgi. Circa 15 di queste torri di guardia furono assegnate al forte. La torre successiva era vicino a Nellenburg o vicino a Weitnau, probabilmente dove nel Medioevo sorgeva il castello di Alttrauchburg (Baviera). Si sa che vi operò l'ala II Valeria Sequanorum, nel IV e V secolo.</div><div><span style="color: #990000;"><b><br /></b></span></div><div>Il Castello di Vemania è stato più volte adattato alle circostanze nel corso dei decenni. Dopo che la struttura fu iniziata a metà del III secolo, i primi lavori di trasformazione furono già sotto l'imperatore Valentiniano. Gli scavi hanno rivelato ben sei fasi costruttive.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL FOSSATO</span></b></div><div><br /></div><div>Oltre alle mura difensive vi era anche un fossato, probabilmente fu scavato all'inizio del fortilizio, profondo oltre 1,50 metri. Il castello è stato ampliato nel corso degli anni ponendole torri agli angoli e in mezzo, che aumentavano di numero man mano che veniva ampliato. Lo spessore delle pareti misuravano fino a un metro.</div><div><span style="color: #990000;"><span style="color: black;"><br /></span></span></div><div>C'era una porta nella parte nord-occidentale, protetta da torri sporgenti alte quattro metri. Inoltre, il fossato venne approfondito di tre metri sui lati occidentale e meridionale. Dopo aver scavato, gli eventuali aggressori dovevano superare un terrapieno fino a sette metri aldilà del quale trovavano un muro, mentre subivano i colpi e le frecce dall'alto.</div><div><span style="color: #990000;"><span style="color: black;"><br /></span></span></div><div>Vemania aveva un sedile in muratura per il comandante (principia) e baracche in legno per soldati e artigiani. Il Principia misurava 15 metri per 19,5 metri. Le stanze dell'amministrazione erano situate nella parte orientale. Caserme e scuderie si trovavano a circa cinque metri di distanza nel resto del sito. A seconda dello stadio di espansione, questi hanno raggiunto dimensioni diverse.<br /><br />Il forte era dotato di 200 cavalieri. Altri 300 furono formalmente assegnati al forte ma erano in servizio sulle torri di guardia della zona. Gli ausiliari erano spesso schierati lontano da dove provenivano per sedare le ribellioni. I soldati di Vemania erano Sequani, guerrieri celto-romani della Francia orientale. Furono inviati contro Cartagine dal 296 al 299.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivYZ-DkSiGDCJOMnTlFyijFxaKCciOF4FtjLqLfxafsv0PzDXs7DVXWEkhXOD5GldyL4WNCvA8E-P3Gnho3Hnp4VT1iEOflm2gO61_zkH7VGuey-xd6ThMEiIX_4aWJpDqJ_5Rv8ceTBuTP7hQ7k4IXyig6hqcYDvk4dKDugT_gmTgLjU6Jad9zhrz/s550/forte-di-vemania3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="343" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivYZ-DkSiGDCJOMnTlFyijFxaKCciOF4FtjLqLfxafsv0PzDXs7DVXWEkhXOD5GldyL4WNCvA8E-P3Gnho3Hnp4VT1iEOflm2gO61_zkH7VGuey-xd6ThMEiIX_4aWJpDqJ_5Rv8ceTBuTP7hQ7k4IXyig6hqcYDvk4dKDugT_gmTgLjU6Jad9zhrz/s16000/forte-di-vemania3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">IL LUOGO</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><span><b><span style="color: #990000;">GLI ALEMANNI</span></b><br /></span><br />Nel 213 gli Alemanni sfondarono il limes retico, ma si spinsero nell'entroterra solo vent'anni dopo, quando le truppe romane di frontiera sul Reno e sul Danubio alla fine del III secolo si erano spostate in oriente per combattere i Sassanidi, sguarnendo le guarnigioni di confine. La popolazione del Limes alto germanico-retico era abbandonata a se stessa e i barbari saccheggiarono le ricche città e i possedimenti delle campagne.</div><div><br /></div><div>Le truppe di frontiera romane erano state assottigliate a causa delle guerre in Medio Oriente, così gli Alemanni utilizzavano le infrastrutture romane e potevano muoversi rapidamente sulle strade asfaltate. Conquistarono Augsburg e Kempten e si spinsero a saccheggiare fino a Milano.</div><div><br />- Sotto l'imperatore Valeriano (299 - 260) e Gallieno (218 - 268), la pressione degli Alemanni divenne così forte che i Romani, sotto l'imperatore Diocleziano alla fine del III secolo, si ritirarono nel Danubio-Iller-Reno-Limes, per il quale Vemania era una base importante. Si pensa però che ci fosse già prima, nel 260 d.c., un insediamento romano a Vemania e il precedente imperatore Probus fece quindi rafforzare e ampliare l'insediamento. </div><div><br /></div><div>- L'imperatore Massimino Trace (235-238) riuscì a stabilizzare nuovamente il Limes retico, ma sotto i suoi successori Valeriano (253-260) e Gallieno (253-268) le difese di confine in Rezia crollarono nuovamente per cui gli Alamanni devastarono la provincia senza ostacoli, distruggendo Augsburg e Kempten e avanzando fino a Milano (Mediolanum). Una prima fortificazione, forse provvisoria, fu costruita intorno al 260 d.c.</div><div><br /></div><div>- Sotto l'imperatore Probus (276-282) fu costruita una nuova catena di forti dal Lago di Costanza alla foce dell'Iller, che comprendeva anche Vemania. Infine gli Alemanni distrussero il forte nel 282 e nel 302.<br /><br />- La ricostruzione iniziò nel 306 e durò fino al 337. A quel tempo regnava Costantino I (306-337), da cui prese il nome la città di Costanza, dove c'era anche un forte. Nell'anno 350 il forte fu riparato e nel 360 ci fu un devastante incendio. Ma il castello di Vemania venne restaurato e poi abbandonato tra il 401 e il 406. </div><div><br /></div><div>L'equipaggio stesso del forte aveva ripulito l'accampamento da tutto ciò che poteva essere ancora utilizzato e gli aveva dato fuoco. Il reggente romano d'Occidente Flavio Stilicone (362 - 408) ritirò quasi tutte le truppe di frontiera per proteggere il cuore dell'Italia dall'esercito gotico di Alarico (370 - 410). I ruderi furono poi completamente rimossi nei secoli dai saccheggi.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioxz7bTvccV5YqMkEiqc9MScp6amejCYETL0X8c7PSLHpUK5htlOcFoXAWgu5So9ZJJftKXsmLazAFn32ImBjTXMA0rovfoyXOGT6ykNTz77Hj2EmMm2PVNAPTc5TWyAl-WCw7ls7Nr_6R4yc3Ndn593YG20PeKYo1APZz5QszX9hGwDsWtf4DAGh0/s653/forte-di-vemania5.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="653" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioxz7bTvccV5YqMkEiqc9MScp6amejCYETL0X8c7PSLHpUK5htlOcFoXAWgu5So9ZJJftKXsmLazAFn32ImBjTXMA0rovfoyXOGT6ykNTz77Hj2EmMm2PVNAPTc5TWyAl-WCw7ls7Nr_6R4yc3Ndn593YG20PeKYo1APZz5QszX9hGwDsWtf4DAGh0/s16000/forte-di-vemania5.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL CASTELLO</span></b></div><div><br /></div>Un fossato largo 5 m e profondo 1,7 m (fossato A) del primo forte si trovava solo a nord. Nelle successive fasi costruttive e per l'ampliamento del forte, l'area dell'altopiano venne ampliata con terrapieni. Il muro di cinta largo da 1–1, 80 m, misurava 88 m ad est, rinforzato con tre torri angolari e due intermedie.</div><div><br /></div>Il forte era accessibile solo a nord-ovest attraverso una porta fiancheggiata da due torri a ferro di cavallo, ciascuna di 4 m di diametro. Sul lato ovest e sud c'era un fossato difensivo largo 12 m e profondo 3, ancora visibile. A ovest e a sud venne creato un fossato largo 12 m e profondo 3 (Spitzgraben B), ancora visibile.</div><div><br /></div><div>All'interno del forte si trovavano edifici in legno e a graticcio, posti lungo il muro difensivo. L'unico edificio costruito in pietra era il <i>Principia cum praetorio</i> (15 × 19,50 m), con stanze abitative o amministrative per il comandante, sulla parete est. Fino a cinque caserme a graticcio si trovavano a una distanza di 1,50-5 m dalle mura nord, sud e ovest, che servivano da alloggi per i soldati, officine e scuderie. Nelle officine si lavoravano principalmente ferro, bronzo e legno. L'approvvigionamento di acqua potabile era garantito da due pozzi.</div><div><br /></div><div>La disposizione lineare delle torri di guardia garantiva il sistema di sicurezza del Donau-Iller-Rhein-Limes, per attraversare la zona di confine dalle città con una ottima rete di strade, controllate da una catena di forti e torri di guardia o Burgi. In caso di attacchi, si trasmettevano messaggi a tutte le unità di truppa disponibili di stanza lungo il Limes, attraverso i roghi che venivano accesi in successione sulle varie torri. </div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQxV8aINeYnzbsnVZldVXY-fD9wpXfqWPp3Ljae8sNoNkLD-gP9iCrlznVbikl9zoL4ia4Q7Xf_A4YAYl86RIREbF_GmwVkDGhOGWiu3S_QNUkW4b0H97CTjDYAPqL2oLalM6pQrS5zt6XCqsdRqbLczanZereh1sTK5ee93HBAnw0TxfizbGKqedF/s550/forte-di-vemania7.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="446" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQxV8aINeYnzbsnVZldVXY-fD9wpXfqWPp3Ljae8sNoNkLD-gP9iCrlznVbikl9zoL4ia4Q7Xf_A4YAYl86RIREbF_GmwVkDGhOGWiu3S_QNUkW4b0H97CTjDYAPqL2oLalM6pQrS5zt6XCqsdRqbLczanZereh1sTK5ee93HBAnw0TxfizbGKqedF/s16000/forte-di-vemania7.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I RITROVAMENTI</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA GUARNIGIONE</span></b><br /><br />L'unità di guarnigione e il grado del comandante del campo sono noti dalla Notitia Dignitatum, dove è citato per "Vimania" il Praefectus alae secundae Valeriae Sequanorum, Vimania ("il prefetto del secondo squadrone di cavalleria valeriana dei Sequaniani in Vemania ").<br /><br />Presumibilmente erano soprattutto Sequani celto-romani reclutati nell'area di Besançon (Vesontio), tra Saona e Giura della Svizzera occidentale), provincia di Maxima Sequanorum. Un'ala era composta da circa 500 cavalieri e un massimo di 200 soldati erano ospitati nel forte stesso. I restanti 300 uomini furono probabilmente divisi come guarnigione tra i dodici-quindici Burgi tra Vemania e Brigantium. Dal 296 al 299 d.c. l'unità combattè una campagna africana dell'imperatore Massimiano (240 - 286).<br /><div> <br /><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">L'ABBANDONO DEL CASTELLO</span></b><br /><br />Solo dal 401 e infine fino al 406 il forte di cavalleria Vemania fu abbandonato dai Romani. A questo punto i Romani distrussero essi stessi il complesso per non lasciare nulla di valore agli Alemanni in avvicinamento. </div><div><br /></div><div>Le truppe furono inviate sotto il comandante Flavio Stilicone contro il Goto Alarico, che era già penetrato molto nel cuore dell'Impero Romano. Le pietre del sistema difensivo furono riutilizzate in altri edifici, come era comune nel medioevo.</div></div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEZ6htMPNRjnDVKwz0JT4-n2oLMWFiOG9mnvaQeUCI3hfCvgoLnuOSj1MXtUgfLSasuE6lMM3PJpekmxRHgp4_2j-uRKkIGVynI4pqqGDvjAthMXGncBkK6ypU09AB0s49PoaKXYqWddt4Ee3Xn67Kkac05nC3b4rb1dt87J55AMf_0ne9I9aPlNEo/s691/forte-di-vemania8.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="691" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEZ6htMPNRjnDVKwz0JT4-n2oLMWFiOG9mnvaQeUCI3hfCvgoLnuOSj1MXtUgfLSasuE6lMM3PJpekmxRHgp4_2j-uRKkIGVynI4pqqGDvjAthMXGncBkK6ypU09AB0s49PoaKXYqWddt4Ee3Xn67Kkac05nC3b4rb1dt87J55AMf_0ne9I9aPlNEo/s16000/forte-di-vemania8.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><figure class="wp-caption alignnone" style="-webkit-font-smoothing: antialiased; background-color: white; box-sizing: border-box; color: #010101; font-family: -apple-system, BlinkMacSystemFont, "Noto Sans", "system-ui", "Segoe UI", Roboto, Helvetica, Arial, sans-serif, "Apple Color Emoji", "Segoe UI Emoji", "Segoe UI Symbol"; font-size: 16px; margin: 0px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; width: 782px;"><br /></figure><b><span style="color: #990000;">GLI SCAVI NEL CASTELLO</span></b></div><div><br />Nel 1490 il sito fu scavato per conto dell'abate Georg dal monastero di Isny alla ricerca di tesori presumibilmente nascosti e in effetti rinvennero dei manufatti d'oro e d'argento. Nel 1855 iniziarono gli scavi archeologici. Tuttavia, cercavano principalmente i resti di un tempio di Iside per confermare la derivazione del nome della città di Isny con Iside.<br /><br />Gli scavi più importanti furono eseguiti tra il 1966 e il 1970 dalla Commissione per la ricerca archeologica dell'Accad. bavar. delle scienze di Monaco e dall'Uff. statale per la conservazione dei monumenti di Tubinga, presieduto da Jochen Garbsch, ritrovando 4 tesori:</div><div><span face="sans-serif" style="background-color: white; color: #202122; font-size: 14px;"><br /></span></div>- un ritrovamento smarrito presso la porta;<br />- uno di 387 monete nella caserma sulla parte meridionale del muro est, ambedue databili al 282/283; <br />- Un altro contenente 771 folles di Cartagine è stato rinvenuto nella caserma dell'equipaggio sulla parete nord:<br />- Un altro ancora composto da monete e gioielli femminili, rinvenuto all'estremità sud della stessa caserma composto da 157 monete conservate in un sacchetto di lino. Una selezione di collane, bracciali, orecchini e anelli d'oro era in una scatola di legno. Questi due reperti di tesoro sono databili agli anni 302/303. <div><p style="background-color: white; color: #202122; font-family: sans-serif; font-size: 14px; margin: 0.5em 0px;"><br /></p><br /><b><span style="color: #990000;">MONUMENTO STORICO </span></b></div><div><br /></div>Il monumento al suolo è protetto come monumento culturale registrato ai sensi della legge sulla protezione dei monumenti dello Stato del Baden-Württemberg (DSchG) . La ricerca e la raccolta mirata di reperti sono soggette ad approvazione, reperti accidentali da segnalare alle autorità monumentali.</div><div><br /></div><div><br /><b>BIBLIO</b><br /><br />- Eduard Paulus - Scavo del forte romano vicino a Isny - riviste trimestrali del Württemberg per la storia regionale - 1883 -<br />- Jochen Garbsch - Scavi e ritrovamenti nel forte tardo romano Vemania - Allgäu - 1973 -<br />- Winfried Piehler - I reperti ossei dal forte tardo romano Vemania - Dissertazione all'Università di Monaco - 1976 -<br />- Jochen Garbsch, Peter Kos - Il forte tardo romano Vemania vicino a Isny - Due tesori dell'inizio del IV secolo - Verlag Beck - Monaco - 1988 -<br />- Bernhard Overbeck - Il forte tardo romano Vemania vicino a Isny - Un tesoro di monete dal tempo di Probo - Beck -Monaco - 2009 -<div><br /></div></div></div></div></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d3036.469086880615!2d10.064206211950408!3d47.69803243222283!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x479b839cb583cc29%3A0x1246b894c668df11!2sR%C3%B6merkastell%20Vemania!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1683137884966!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-4102390830685198112024-02-25T12:18:00.000+01:002024-02-25T12:18:45.244+01:00ORTENSIA L'AVVOCATA ROMANA<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNv6lHtAu2kap4OFAQJyXdEtzizHUaDx3RnNA-rp2E-MW8z4b_7anAORQ6MGrIpxLBYpvcMkaoyYWZ0-IzHJvSDoq-ud4Pmgf_mGHs6Glkn34c6KuD9D1ICPHPDJ4gxDT6tilEN2f_3mFar5i5Uc_mKfMsKZMXcOc_qmpGWsoBv5vYEXI5vMEbzBY_/s733/ortensia1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="733" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNv6lHtAu2kap4OFAQJyXdEtzizHUaDx3RnNA-rp2E-MW8z4b_7anAORQ6MGrIpxLBYpvcMkaoyYWZ0-IzHJvSDoq-ud4Pmgf_mGHs6Glkn34c6KuD9D1ICPHPDJ4gxDT6tilEN2f_3mFar5i5Uc_mKfMsKZMXcOc_qmpGWsoBv5vYEXI5vMEbzBY_/s16000/ortensia1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ORTENSIA</td></tr></tbody></table><br />La storia di Ortensia, l’avvocatessa delle matrone romane, si svolge nel periodo in cui i membri del secondo triumvirato, Ottaviano, Lepido e Antonio, nel cercare di reperire quanto più denaro possibile, per finanziare la guerra contro gli assassini di Giulio Cesare, padre adottante di Ottaviano, decisero di testa loro di tassare circa 1.400 matrone romane fra le più ricche, che fossero rimaste sole al mondo, quindi vittime designate in quanto prive quindi di una figura maschile in grado di tutelarle.<div><br /></div><div>Sul termine avvocatessa o avvocata vi sono state diverse discussioni su cui i letterati non si sono messi d'accordo. Alcuni dicono che il termine giusto sia avvocata, per altri i termini avvocatessa o avvocata sono ugualmente accettabili, per cui ognuno è padrone di usare quel che preferisce, senza correrere pertanto in errore.<br /><br />Le donne romane erano abituate a tacere sia in famiglia che fuori, anzi soprattutto fuori, tacere per la donna era un obbligo, così come non potevano bere vino, tante volte le rendessero troppo loquaci. Ne fa fede il culto di Tacita Muta, divinità degli inferi, divenuta in seguito la Dea del silenzio, una figura istituita dal secondo Re di Roma, ma con intenti misterici, in seguito divenuti intenti oppressivi nei riguardi delle romane.<br /><br />Detto culto si ritrova nei “Fasti” di Ovidio, dove la bellissima ninfa Lala, desiderata da Giove, aveva osato respingere il re degli Dei, e per giunta osò denunciare l’accaduto, prima con la sorella e poi con Giunone, che, non osando arrabbiarsi col marito si sfogò sulla poveretta e per vendetta di non si sa cosa le strappò la lingua. </div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimb1OFr64SqZIRfMlvB8ZmxE2VTZXRDHFnVRlscCLVCCUAdb0rg9VXXO4du6-hmtMLwK0mHwGvZb04_2RRxQ7Ind98z532_mboCHhvxQ4vOtZzNTCAdkZs750KeTg57Waz866UQxYWVnxJY_aErGCen76FoY9FPlveK5j7Jz8NGokkgBFqcOR0rH1q/s778/ortensia2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="778" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimb1OFr64SqZIRfMlvB8ZmxE2VTZXRDHFnVRlscCLVCCUAdb0rg9VXXO4du6-hmtMLwK0mHwGvZb04_2RRxQ7Ind98z532_mboCHhvxQ4vOtZzNTCAdkZs750KeTg57Waz866UQxYWVnxJY_aErGCen76FoY9FPlveK5j7Jz8NGokkgBFqcOR0rH1q/s16000/ortensia2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">DEA TACITA</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Ma pure Giove si adontò per la delazione, e ordinò a Mercurio di condurla negli inferi per punizione, perchè non aveva ceduto e perchè l'aveva raccontato. Durante il tragitto Lala ormai muta, non potè nemmeno denunciare che Mercurio l’avesse violentata, a monito della delirante e ingiusta supremazia maschile.<div><br />Lala divenne però da ninfa si trasformò in una Dea, la Tacita Muta, madre di due gemelli, i Lares Compitales, due divintà protettive, figlie di uno stupro operato sulla via per gli inferi. A Roma il silenzio in pubblico per le donne era d'obbligo ma non era sancito da nessuna legge scritta, e qualche donna, come Ortensia, ne approfittò si che nel 42 a.c., divenne avvocatessa a difesa delle matrone romane. <br /><br />Ma anche altre donne osarono difendersi da sole, lo storico Valerio Massimo, che non approva questo ardire, cita per esempio Afrania, descrivendola come: “<i>un mostro, con la voce simile al latrare di un cane</i>”, oppure Mesia, che a suo dire era simile a un uomo come carattere, e non era un complimento. Queste donne diedero quindi scandalo per aver alzato la testa e portato le loro ragioni in un tribunale senza che un uomo le patrocinasse. <br /><br />Ci fu pure Gaia Afrania, della gens plebea Afrania, moglie del senatore Licinio Buccio, che difese se stessa in tribunale dimostrando buone capacità retoriche e buona conoscenza delle leggi. Fu talmente brava che diverse donne che si dovevano rivolgere al tribunale si riferirono a lei anziché agli avvocati maschi dell'epoca, un peccato imperdonabile. <div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMsh0aE68o1sf5rb094tp2MzCySb-jj927YNAMUQu9oWdhSHGfRlWt9MQtIHHrcJwPXfMjmEP01NEjBsiR7aX9l60Khus9f7maGZRoFAJnRaiEBGdXHtyYeUcOOmw7PtdBu_Kmfi2ShB5YWlN1Xmseu4XTOsdY5frjpY3nrxOhAEMazxPPaMp7ndVT/s761/ortensia3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="761" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMsh0aE68o1sf5rb094tp2MzCySb-jj927YNAMUQu9oWdhSHGfRlWt9MQtIHHrcJwPXfMjmEP01NEjBsiR7aX9l60Khus9f7maGZRoFAJnRaiEBGdXHtyYeUcOOmw7PtdBu_Kmfi2ShB5YWlN1Xmseu4XTOsdY5frjpY3nrxOhAEMazxPPaMp7ndVT/s16000/ortensia3.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;"><br />IL DISCORSO DI ORTENSIA </span></b></div><div><span style="text-align: center;"><br /></span></div><div><span style="text-align: center;">Ortensia era figlia di Quinto Ortensio Ortale, un avvocato rivale di Cicerone</span><span style="text-align: center;">, che divenuto console, permise alla propria figlia di ricevere un’istruzione superiore e di studiare la legge. Tali studi erano permessi solamente ai maschi, quindi un padre illuminato, ma per molti esecrabile.</span></div><div><br /></div><div>Ortensia fa la sua orazione, ribadisce anzitutto il fallimento dell'intercessione delle mogli dei triumviri per legittimare la sua presenza nel foro, e qui non le si può dare torto. </div><div><br /></div><div>Sottolinea poi la rottura delle tradizioni familiari che prevedevano che fossero le mogli a dover parlare con i mariti. E nemmeno a questo ci si può opporre se si è tradizionalisti.</div><div><br /></div><div>Il perorare la propria causa era un'attività dalla quale le donne avrebbero dovuto astenersi, aggiunge l'avvocata, perchè avrebbe determinato un'inversione del corretto funzionamento delle istituzioni pubbliche.</div><div><br /></div><div>Ortensia afferma la tradizione ma supera questa preclusione affermando che, poiché le guerre civili le hanno private di padri, figli, mariti e fratelli, le donne sono "sui juris" ossia non hanno più alcun familiare maschile che le possa rappresentare davanti alla legge. </div><div><br /></div><div>Se i triunviri, oltre a privarle del loro diritto a difendersi, le priveranno anche dei loro beni, non potranno neanche mantenere la condizione economica sociale a cui i padri le avevano destinate. E i padri vanno ascoltati e obbediti nei costumi romani tradizionali,</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoKniecxe1BXqUuq7vlRJgHOgRC67oA5suNqRypWAJxzDuEzwlIqpcv72LWbGThAGqFTAscxv3aLlBGZYYSHC5Ny9O9i53qKZ5XTzwQymmB_8Pebgbf76cN2VmPZddjhbbeGmwJFctj4DE7eGwhfiaWVCbkGokoBspnwBZcuaW-khxTD4StqTQWNkM/s762/ortensia4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="762" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoKniecxe1BXqUuq7vlRJgHOgRC67oA5suNqRypWAJxzDuEzwlIqpcv72LWbGThAGqFTAscxv3aLlBGZYYSHC5Ny9O9i53qKZ5XTzwQymmB_8Pebgbf76cN2VmPZddjhbbeGmwJFctj4DE7eGwhfiaWVCbkGokoBspnwBZcuaW-khxTD4StqTQWNkM/s16000/ortensia4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'ORATRICE</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><b><span style="color: #990000;">LA SENTENZA</span></b></div><div><br /></div><div>Ortensia dimostrò di essere un'abile oratrice, seppe usare le argomentazioni del diritto romano secondo il quale alle donne era negato l'accesso al potere ed alle cariche di magistratura e se dal potere erano escluse allo stesso modo non si poteva chiedere loro il pagamento di tasse per il suo esercizio.<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Ortensia riuscì a vincere in parte la causa tanto che furono tassate soltanto 400 matrone delle iniziali 1400. ma il fatto era sorprendente per la società romana; una donna che riusciva a far riconoscere le ragioni di altre donne davanti ad un tribunale maschile era una cosa mai avvenuta prima.</div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Il bello è che poi altre donne dovendosi difendere in tribunale ricorsero a lei e il fatto che in genere vinceva le cause fece risentire gli avvocati e in particolare Cicerone, era un sovvertimento inaccettabile, si che poi ne fecero un dibattito al senato che si concluse nel 48 a.c. con l'assoluto divieto alle donne di praticare la professione di avvocato.<div><br /></div><div><br /></div><div><b>BIBLIO</b></div><div><br /></div>- Vittoria Longoni - Ortensia - enciclopediadelledonne.it. URL - 2023 -<br />- La storica orazione di Ortensia, cancellata dalla storia - youtube.com. -<br />- Augusto Pierantoni - Gli avvocati dell'antica Roma - Tipografia elzeviriana - 1896 -<br /></div><div>- Eva Cantarella - Passato prossimo: donne romane da Tacita a Sulpicia - Milano - Feltrinelli - 1998 -<br />- Francesca Cenerini - La donna romana: modelli e realtà - Bologna - il Mulino - 2002 -</div></div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-29926294098127633372024-02-23T06:43:00.000+01:002024-02-23T06:43:43.076+01:00FORTE DI HISTRIA (Limes Pannonicus)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhipUB-LjW7_ewD3E-OVT4kikSAus5naULxXM7MBDLRHrp9HZlotvB36oXEh458zdPccwQihjRk6XpS4qzrs2egukJquiEXTdUxOeFYOGhEtru227DOCXhXXpKMmeH8r2GlKpPDbvz1n6MEJ9VZ3fVdoA8L-ByQZ4a1uG2AC0BDMwxckpYZsNfgg48p/s550/fortezza-di-histria1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="309" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhipUB-LjW7_ewD3E-OVT4kikSAus5naULxXM7MBDLRHrp9HZlotvB36oXEh458zdPccwQihjRk6XpS4qzrs2egukJquiEXTdUxOeFYOGhEtru227DOCXhXXpKMmeH8r2GlKpPDbvz1n6MEJ9VZ3fVdoA8L-ByQZ4a1uG2AC0BDMwxckpYZsNfgg48p/s16000/fortezza-di-histria1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'INSEDIAMENTO</td></tr></tbody></table><br />Histria o Istros (greco antico: Ἰστρίη, Dio fluviale della Tracia, Danubio), era una colonia greca o polis (πόλις, città) vicino alle bocche del Danubio (noto come Ister in greco antico), sulla costa occidentale del Mar Nero. Fondato dai coloni milesi per facilitare il commercio con i nativi Getae, è considerato il più antico insediamento urbano sul territorio rumeno.<br /><br />Venne fondato dai coloni milesi nel VII secolo a.c. e nell'antichità portava anche i nomi Istropolis, Istriopolis e Histriopolis (Ἰστρόπολις, Ἰστρία πόλις). Scymnus di Chios (110 a.c.), datava la sua fondazione al 630 a.c., mentre Eusebio di Cesarea la collocò durante i 33° Giochi Olimpici (657 – 656 a.c.). La prima valuta documentata su territorio rumeno è una dracma d'argento di 8 grammi, emessa intorno al 480 a.c.<br /><br />L'antica Histria era situata su una penisola, a 5 km (3 miglia) a est del moderno comune rumeno dell'Istria, sulla costa della Dobrugia. Da allora l'antica riva del mare è stata trasformata nella sponda occidentale del lago Sinoe, poiché i depositi di limo del Danubio formavano una secca che chiudeva l'antica costa.<p></p><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGWqeLxZiyEYgYWHs_GleAch4Ksp2uSRjQh9ndqQPOzWBDTUEk1lHf_vPFX-Bq1R3NBZK3fnyDcw1vpcZuIif74n9GVmhHeI5vlYIfIvx0grw3VtyOl5_nEMRggMKVAa1RJw3XUdpf-GNLsFF_i_lZFS_EdCyTh4NXmGW_cgIyxY3vs_iGCAzO0YrF/s550/fortezza-di-histria2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGWqeLxZiyEYgYWHs_GleAch4Ksp2uSRjQh9ndqQPOzWBDTUEk1lHf_vPFX-Bq1R3NBZK3fnyDcw1vpcZuIif74n9GVmhHeI5vlYIfIvx0grw3VtyOl5_nEMRggMKVAa1RJw3XUdpf-GNLsFF_i_lZFS_EdCyTh4NXmGW_cgIyxY3vs_iGCAzO0YrF/s16000/fortezza-di-histria2.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div>L'attuale lago Sinoe era all'epoca la baia settentrionale aperta, mentre un'altra baia sulla sponda meridionale fungeva da porto. L'acropoli con santuari venne eretta nel punto più alto della pianura costiera nel VI secolo, il centro si trovava a 800 metri a ovest dell'acropoli. L'insediamento aveva strade lastricate in pietra ed era protetto da forti mura. L'acqua veniva raccolta lungo acquedotti lunghi 20 km. <br /><br />L'abitato era situato vicino a fertili terreni coltivabili e i commercianti raggiungevano l'interno attraverso Histria e la valle del Danubio, come dimostrano i ritrovamenti di ceramica attica a figure nere, monete, oggetti ornamentali, un lebeto ionico e molti frammenti di anfore. Anfore sono state trovate in grande quantità a Histria, alcune importate ma altre locali. La ceramica locale è stata prodotta dopo l'insediamento della colonia e sicuramente prima della metà del VI secolo. <br /><br />Histria servì come porto commerciale subito dopo la sua fondazione, con la pesca e l'agricoltura come fonti di reddito aggiuntive ma nel 100 d.c., la pesca era diventata la principale fonte di entrate istriane. Come mostra la Tabula Peutingeriana si trova tra Tomis e Ad Stoma; 11 miglia da Tomis e 9 miglia da Ad Stoma.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-i82udULfrJk1q8xsxYZLl-014tTU_KF_PK4cjMcTYzo0WTNwgbahcJ65s9fWkN6vULb2FDwQ71YKabAyqnU1EvRdRrRtgC76k6StR4pekwNeCUs3UjMsjKwV0JlxoGYDu9RIWlPkLY4hBkn1BXaHLKcn5E9tvfwzZrPWEB-9YD61wZ863qWhopS1/s601/fortezza-di-histria12.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="601" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-i82udULfrJk1q8xsxYZLl-014tTU_KF_PK4cjMcTYzo0WTNwgbahcJ65s9fWkN6vULb2FDwQ71YKabAyqnU1EvRdRrRtgC76k6StR4pekwNeCUs3UjMsjKwV0JlxoGYDu9RIWlPkLY4hBkn1BXaHLKcn5E9tvfwzZrPWEB-9YD61wZ863qWhopS1/s16000/fortezza-di-histria12.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div>Intorno al 30 d.c. Histria passò sotto il dominio romano e dal I al III secolo d.c., furono costruiti templi per gli dei romani, oltre a bagni pubblici e case per i ricchi. Il dominio romano durò dal I al III secolo d.c. e, con il nome di Histriopolis, divenne un fortilizio nella provincia romana della Mesia.<br /><br />Complessivamente esistette ininterrottamente per circa 14 secoli, a partire dal periodo greco fino al periodo romano-bizantino. La baia di Halmyris dove fu fondata la città fu chiusa da depositi di sabbia e l'accesso al Mar Nero fu gradualmente interrotto. Il commercio continuò fino al VI secolo d.c.<br /><br />L'invasione degli Avari e degli Slavi nel VII secolo d.c. distrusse quasi del tutto la rocca, infine la resero indifendibile e la città fu abbandonata. Gli istriani si dispersero; il nome e la città scomparvero dalle memorie storiche.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB0Kov_jGT9tNmg4SE_JgDRJC3Eteo01ImlmBhDh5kCA-gDqPnMiqm6jCh9qwqS4qm4D9_Ey5r-7haP4nOaRq85M5R29jns6_Gvu7-2B5vS41ePs76f8KOGyiJwFk9Iu1aGFaQfHZoredkQKQxF12DMCNgduQheMq51Kh-uz7pFy-JXr4gXVDN5BJm/s550/fortezza-di-histria4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="297" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB0Kov_jGT9tNmg4SE_JgDRJC3Eteo01ImlmBhDh5kCA-gDqPnMiqm6jCh9qwqS4qm4D9_Ey5r-7haP4nOaRq85M5R29jns6_Gvu7-2B5vS41ePs76f8KOGyiJwFk9Iu1aGFaQfHZoredkQKQxF12DMCNgduQheMq51Kh-uz7pFy-JXr4gXVDN5BJm/s16000/fortezza-di-histria4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LE PORTE DELLA CITTA'</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Le rovine dell'insediamento furono identificate per la prima volta nel 1868 dall'archeologo francese Ernest Desjardins. Gli scavi archeologici furono iniziati da Vasile Pârvan nel 1914 e continuarono dopo la sua morte nel 1927 da squadre di archeologi guidati successivamente da Scarlat e Marcelle Lambrino (1928-1943), Emil Condurachi (1949-1971), Dionisie Pippidi (1971-1989), Petre Alexandrescu (1990-1999), Alexandru Suceveanu (1990-2009), Alexandru Avram e Mircea Angelescu (a partire dal 2010). <br /><br />Il Museo Histria, fondato nel 1982, espone alcuni di questi reperti mostrando una stratificazione di strati tra il periodo arcaico e quello classico:</div><div><br /></div><div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfETgINmytuoYQAcbzkDMopGEVqd2izufp6fK7992Mi41suVWjnOiBR4jM8tH4f1ydF8A91R4udPVWQHCdrrNVpD6xnuKKUSFdgGy4L5KrBvADaKB6XBUPeJF9xMNnVM-rZ3deA7MywBZbaX0b-z88yv3u9-awJDm9hUYd59IIIpRkbnLR7jATJXoO/s550/fortezza-di-histria5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="269" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfETgINmytuoYQAcbzkDMopGEVqd2izufp6fK7992Mi41suVWjnOiBR4jM8tH4f1ydF8A91R4udPVWQHCdrrNVpD6xnuKKUSFdgGy4L5KrBvADaKB6XBUPeJF9xMNnVM-rZ3deA7MywBZbaX0b-z88yv3u9-awJDm9hUYd59IIIpRkbnLR7jATJXoO/s16000/fortezza-di-histria5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">STRUTTURA PUBBLICA</td></tr></tbody></table><br /></div></div><div><b><span style="color: #990000;">I GRECI ARCAICI</span></b></div><div><br />L'antica città greca copriva circa 60 ettari. La divinità principale era Apollo Ietros (Il Guaritore). Zeus (Gr. Polieus) era invece il protettore della città e si adorava anche Afrodite. Sembra che tutte e sei le tribù milesie fossero rappresentate nella colonia, ma solo quattro tribù sono attestate: Aigikoreis, Argadeis, Boreis e Geleontes. Il governo della città, come narra ìAristotele nella Politica, è un'oligarchia. All'inizio del VI a.c. secolo Histria era già una prospera colonia.</div><div><br /><br /><b>Greci arcaici II (600-550 a.c.)</b></div><div><br />Venne costruita una nuova cinta muraria intorno alla città, visto le frequenti incursioni degli sciti. L'Acropoli iniziò ad essere difesa da un muro, scoperto da Sc. Lambrino. Un'altra cinta muraria correva intorno all'Altopiano occidentale, difendendo anche il porto.</div><div><br /></div><div><br /><br /></div><div><b>Greci arcaici III (550-500 a.c.)</b></div><div><br />L'età arcaica di Histria termina con la distruzione ad opera di una spedizione del generale persiano Mardonios (latino Mardonius) nel 479 a.c. con la battaglia di Platea. Secondo altri la distruzione della città avvenne nel 512 a.c., quando Dario I intraprese una guerra contro gli Sciti. Nel 2021 è stato pubblicato l'articolo "Of Human Sacrifice and Barbary: a case study of the Late Archaic Tumulus XVII at Istros" in cui M. Fowler presenta le prove nella necropoli settentrionale dell'insediamento greco del Ponto che vennero fatti sacrifici umani.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5pHXBWNIkBr-nAJJIF0wC0GmenL02nYTIB79KEkV6NEuBU3rzvLj8m8T2smmYGtiK-hWG9VcwZuZeU9FmSGvgnFCswyIK9xUX9Gw9UeQsOfiNdDq5yGMnc_L0MKJZdOK9WYpEq982iHLm8QSp68WrY5NBo2QyImF8i3tWrXXppI3QumpspZ0sT1Lx/s550/fortezza-di-histria3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="366" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5pHXBWNIkBr-nAJJIF0wC0GmenL02nYTIB79KEkV6NEuBU3rzvLj8m8T2smmYGtiK-hWG9VcwZuZeU9FmSGvgnFCswyIK9xUX9Gw9UeQsOfiNdDq5yGMnc_L0MKJZdOK9WYpEq982iHLm8QSp68WrY5NBo2QyImF8i3tWrXXppI3QumpspZ0sT1Lx/s16000/fortezza-di-histria3.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">I GRECI CLASSICI</span></b></div><div><br />Durante il periodo classico vi fu continuità nei culti di Apollo Ietros; Zeus (Gr. Polieus) e Afrodite. Histria si trovò coinvolta nella lotta con gli Sciti per cui fu costretta a unirsi alla Lega di Delo. Nel V secolo aC queste colonie passarono dall'oligarchia alla democrazia e nacquero le prime monete istriane: un didramma, oboli e monete di bronzo.</div><div><br /></div><div><br /><b>Greci classici I (500–425 a.c.)</b></div><div><br />Quando la flotta ateniese giunse presso le colonie greche poste sulle rive del Pontos Euxeinos (Mar Nero) per riscuotere i contributi per il Tesoro di Delo (Tucidide) venne costruito un nuovo muro attorno all'acropoli istriana, probabilmente per la "rivoluzione" democratica di cui parla Aristotele nella Politica, e la cinta muraria, a protezione dell'insediamento e del porto, fu riparata.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiD5w7uuzUmbkbOJaPWPvF9ZhQNvEQJJoarUBtoXjkfIcLAUWaPEp9Nh0YwzT0b1nb7nbtN478tSS_EbkPrCATdJlidTocZabqtJbcbETous59TmNCbpi99CzcnAJvqRxuDhS21NnE7AUkjdGFwQ1BP9OPSF5_2c-xbJOwrtmG2tG8DVES8ohiRcFbd/s772/fortezza-di-histria7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="772" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiD5w7uuzUmbkbOJaPWPvF9ZhQNvEQJJoarUBtoXjkfIcLAUWaPEp9Nh0YwzT0b1nb7nbtN478tSS_EbkPrCATdJlidTocZabqtJbcbETous59TmNCbpi99CzcnAJvqRxuDhS21NnE7AUkjdGFwQ1BP9OPSF5_2c-xbJOwrtmG2tG8DVES8ohiRcFbd/s16000/fortezza-di-histria7.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><br /><b>Greci classici II (425–350 a.c.)</b><br /><br />La città venne di nuovo distrutta nel IV secolo a.c., nella guerra tra il potente Ateas re degli Sciiti e il re Filippo II dei Macedoni, padre di Alessandro il Grande. che distrusse la cinta muraria che proteggeva l'Acropoli e quella che proteggeva l'intera città.</div><div><br /></div><div><br /><b><span style="color: #990000;">ELLENISTI CLASSICI</span></b><br /><br />Durante il periodo ellenistico, continuarono i culti di Apollo Ietros, Zeus e Aphrodita e pure i culti di Atena, Poseidone, Helikonios, Taurios, Demetra, Hermes Agoraios, Heracles, Asclepios, Dioscurii e altri.. Fu costruito un nuovo tempio per una grande divinità e un nuovo muro, che proteggeva un'area di 10 ettari. Histria divenne un importante fornitore di grano per la Grecia. Tuttavia, il potere economico di Histria era rappresentato dal commercio. In età ellenistica furono eretti il ginnasio e il teatro.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhynMWecPhcGxasqOzXi91XLj5Llk20Uf0gUrZg05WSVyQH96ElnYCnsOMdbJl41ruif2FrV8duJyfaIflylafjNc4V6_gsQyTapqrp-J9PItccc64BrbGQjzZ6eeuevGc_ML0uyXMFCAi2EDBIMiCc1dYAg5BLLkqZPc5Q6M5oqlqPA0qXDEJWVjDJ/s550/fortezza-di-histria11.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhynMWecPhcGxasqOzXi91XLj5Llk20Uf0gUrZg05WSVyQH96ElnYCnsOMdbJl41ruif2FrV8duJyfaIflylafjNc4V6_gsQyTapqrp-J9PItccc64BrbGQjzZ6eeuevGc_ML0uyXMFCAi2EDBIMiCc1dYAg5BLLkqZPc5Q6M5oqlqPA0qXDEJWVjDJ/s16000/fortezza-di-histria11.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div></div><div><b>Ellenisti classici I (350–300 a.c.)</b><br /><br />La città venne di nuovo distrutta nel 339 a.c.. Nel periodo 313–309 a.c., ebbe luogo una ribellione di città Pontiche. Però Mileto conferì agli istriani pari diritti politici.</div><div><br /><br /><b>Ellenisti classici II (300–175 a.c.)</b><br /><br />Intorno al 260 a.c., Bisanzio fu coinvolta in una disputa con Histria e Callatis (l'odierna Mangalia) su Tomis emporion (Εμπόριον, mercato) (odierna Constanţa). Un'altra distruzione della città, da qualche parte intorno al 175 a.c., probabilmente provocata dai Bastarni di passaggio dopo essere stati chiamati dal re macedone Filippo V o Perseo per rafforzare l'esercito.</div><div><br /><br /><b>Ellenisti classici III (175–100 a.c.)</b><br /><br />Mitridate installò una guarnigione militare in Histria, che probabilmente causò la terza distruzione della città nel periodo ellenistico. Durante il regno di Mitridate in Histria vengono coniati gli stateri.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiz-h7-pTMnqrywww2Y47LFvefg4p3_UNIgPva8fLrXyIh0xlOxDT0PNCwP0naXE-rWbjZFfI7mFp6Ysaiw6bEwrE1yrQjOwx5TcNC-NRT_iUhNBKHXY_2yLaTZn2SHqmQhH-0uQFsERroFcVF6uWv_c4AS4OBrvVws_kXtGu7FQj6IkhBFp3sSMaQY/s550/fortezza-di-histria6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="366" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiz-h7-pTMnqrywww2Y47LFvefg4p3_UNIgPva8fLrXyIh0xlOxDT0PNCwP0naXE-rWbjZFfI7mFp6Ysaiw6bEwrE1yrQjOwx5TcNC-NRT_iUhNBKHXY_2yLaTZn2SHqmQhH-0uQFsERroFcVF6uWv_c4AS4OBrvVws_kXtGu7FQj6IkhBFp3sSMaQY/s16000/fortezza-di-histria6.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">INSEDIAMENTI DACIO-ROMANI</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><b>Ellenisti classici IV (100–20 a.c.)</b><br /><br />Burebista fu il re delle tribù Getae e Daci dall'82 al 45 a.c., unificando le tribù del regno dei Daci. Nel VII e VI secolo a.c. divenne la dimora dei popoli traci, inclusi i Getae ei Daci. Nel II secolo a.c. i Daci espulsero i Celti dalle loro terre. I Daci spesso combattevano con le tribù vicine, ma il relativo isolamento dei popoli Daci nei Carpazi permise loro di sopravvivere e persino di prosperare. Nel I secolo a.c. i Daci erano diventati la potenza dominante.<br /><br />Gaius Antonius Hybrida, governatore della Macedonia, aveva inflitto molte ferite al territorio soggetto come a quello che era alleato con Roma, e dopo aver devastato i possedimenti dei Dardani e dei loro vicini, fingendo di ritirarsi per qualche scopo, si diede alla fuga; ma il nemico circondò i suoi fanti e li scacciò con la forza dal paese, togliendo loro anche il bottino. Il periodo ellenistico fu concluso da Marco Antonio, che era a capo del governo romano d'oriente, e fu sconfitto da Ottaviano ad Azio.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTjyCR1TW-gkhoDIxBWCCuJ2e1MlO72PpM7ZnJN33f8rEXUTP18SnT-QWqTeIiJWEfD07vdyWt8YT87bQE3Tjj-C0OF8BtlQtIy5XsChlI1-OOdQBTiUnrBnEDINN3Il3DaI4AHaBGKFywJF8B6kfvVQrQlOJsmT0VPm4OBdrwv0dY3CMtgWXaf9BX/s550/fortezza-di-histria8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="395" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTjyCR1TW-gkhoDIxBWCCuJ2e1MlO72PpM7ZnJN33f8rEXUTP18SnT-QWqTeIiJWEfD07vdyWt8YT87bQE3Tjj-C0OF8BtlQtIy5XsChlI1-OOdQBTiUnrBnEDINN3Il3DaI4AHaBGKFywJF8B6kfvVQrQlOJsmT0VPm4OBdrwv0dY3CMtgWXaf9BX/s16000/fortezza-di-histria8.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b>Ellenisti classici IA (30–100 d.c.)<br /></b><br />Vennero costruite le nuove Thermae (Thermae I). Gli storici considerano questo periodo come una seconda fondazione della città.</div><div><br /><br /><b>Ellenisti classici IB (100–170 d.c.) </b><br /><br />Intorno al 170 d.c., una parte della città venne distrutta.</div><div><br /><br /><b>Ellenisti classici IC (170–250 d.c.)</b><br /><br />La città soffrì una vasta distruzione dalla quale non si riprese mai più. Si pensa venne distrutta da un'invasione di Goti e di Carpi. Alcuni pensano invece che sia stata distrutta da un terremoto.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMMFAFzYuL53-P4iMY73aCH3EwWGvt7eRGMPMuHywpM0ruPgXvXLW5o53VmfFA9aPqeGinaqdvEPWxzepanW3zvsnorIoR9gcoODpfv0RC6bd3RBgvuGTWP_5qNVvnct_XLZ36a5calBOJts5Pm5NJ5WnbTUOVQXiabI0zA1m9MxG7o3Xds7F_yeMY/s550/fortezza-di-histria10.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="201" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMMFAFzYuL53-P4iMY73aCH3EwWGvt7eRGMPMuHywpM0ruPgXvXLW5o53VmfFA9aPqeGinaqdvEPWxzepanW3zvsnorIoR9gcoODpfv0RC6bd3RBgvuGTWP_5qNVvnct_XLZ36a5calBOJts5Pm5NJ5WnbTUOVQXiabI0zA1m9MxG7o3Xds7F_yeMY/s16000/fortezza-di-histria10.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div><b>Periodo Bulgariano (IX - X secolo)</b></div><div><br /></div><div>I bulgari arrivarono in Scizia Minore alla fine del VII secolo. La Scizia Minore (in greco: Μικρά Σκυθία, romanizzata: Mikra Skythia) era una provincia romana corrispondente alle terre tra il Danubio e il Mar Nero, l'odierna Dobrugia divisa tra Romania e Bulgaria. Fu staccata dalla Mesia Inferiore dall'imperatore Diocleziano per formare una provincia separata tra il 286 e il 293 d.c. </div><div><br /></div><div>La capitale della provincia era Tomis (oggi Costanza). La provincia cessò di esistere intorno al 679-681, quando la regione fu invasa dai bulgari, che l'imperatore Costantino IV fu costretto a riconoscere nel 681.</div></div><div><br /></div><div>Secondo il Laterculus Veronensis del 314 e la Notitia Dignitatum del 400, la Scizia apparteneva alla diocesi di Tracia. Il suo governatore deteneva il titolo di praeses e il suo dux comandava due legioni, Legio I Iovia e Legio II Herculia. L'ufficio di dux fu sostituito da quello di questore exercitus, coprendo un'area più ampia, nel 536. </div><div><br /></div><div>La popolazione della Scizia Minore era dacica e la loro cultura emerge anche nel VI secolo. Sono state rinvenute anche ville romane. Le città erano antiche fondazioni greche sulla costa (come Tomis) o più recenti fondazioni romane sul Danubio. Le fortificazioni romane risalgono per lo più alla tetrarchia o alla dinastia costantiniana. Sostanziali riparazioni furono effettuate sotto gli imperatori Anastasio I e Giustiniano I, che concessero alla provincia l'immunità fiscale. </div><div><br /></div><div>Nel V secolo, la maggior parte delle truppe di stanza in Scizia erano foederati di origine germanica, turca, unna o (forse) slava, una continua fonte di tensione nella provincia. Il cristianesimo fiorì in Scizia nel V e VI secolo e già nel IV secolo iniziò il culto dei martiri. Le chiese con numerose cripte di reliquie.</div><div><ul class="gallery mw-gallery-traditional" style="background-color: white; color: #202122; font-family: sans-serif; font-size: 14px; list-style-image: url("/w/skins/Vector/resources/common/images/bullet-icon.svg?d4515"); margin: 2px; padding: 2px;"> </ul><br /><b>BIBLIO</b><br /><br />- Erodoto - Storie -<br />- Justin - Epitome of Pompeius Trogus -<br /> - Smith, W. - Istropolis - Dictionary of Greek and Roman Geography - London - John Murray - 1857 - <br />- Fowler, Michael - Of Human Sacrifice and Barbarity: A Case Study of the Late Archaic Tumulus XVII at Istros - 2021 -<br />- Memnon - History of Heracleia - Hellenistic Greek inscriptions of Istros in English translation<br />Greek cities on the western coast of the Black Sea -<br /><br /></div></div></div></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d1962.943905989812!2d28.771802626481275!3d44.546953978241156!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x40ba421ce952634b%3A0xd162e44482cb202a!2sHistria%20Citadel!5e1!3m2!1sit!2suk!4v1682526511724!5m2!1sit!2suk" style="border: 0;" width="600"></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-69554941225893752362024-02-21T15:46:00.000+01:002024-02-21T15:46:57.030+01:00VILLA DI DESENZANO DEL GARDA (Lombardia)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqrPiNp6hJ1TKMwuGpB5Vqao0PzRR-U9TWMJVqBUmwgzqzblNvILLYPE_2ixezS5AfhZXCeskl9uYASGLWi8PHl2Bh2YSxL8GANhlxOE9laTmM_8GRj6e0OD-kJmdx_LkEf1hX_pdsfz8CbG6oX0psF7gtmh5U1VMPoFKtOWNReEKli_o9O_GqBFuP/s550/desenzano7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="382" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqrPiNp6hJ1TKMwuGpB5Vqao0PzRR-U9TWMJVqBUmwgzqzblNvILLYPE_2ixezS5AfhZXCeskl9uYASGLWi8PHl2Bh2YSxL8GANhlxOE9laTmM_8GRj6e0OD-kJmdx_LkEf1hX_pdsfz8CbG6oX0psF7gtmh5U1VMPoFKtOWNReEKli_o9O_GqBFuP/s16000/desenzano7.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Si sa che i romani si appropriavano dei posti più belli del mare e della campagna per farci su le loro magnifiche ville dell'otium e Desenzano del Garda è tra questi. La cosa era favorita dalla Via Emilia, strada consolare romana, appositamente costruita per velocizzare viaggi e spostamenti.</div><div><br /></div><div>Il nome della località sembra provenga da Decentius, un ricco uomo romano dell'epoca, proprietario di una prestigiosa villa edificata nel IV secolo e tutt’ora visitabile. Ma le coste del lago erano luogo di villeggiatura di molti romani attratti dal clima mite e dalla bellezza del luogo.</div><div><br /></div><div><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSdZ_hZ5BvDEKNSqLn2Be6NMU1YYeJ3Q8By_12x07lAzycewgYQ6sVV5CqSnvm-pHcpRVcTwCqgZ7MEOVRvsRueUhIiQHupLG5387vKbZ7LpwVJnoGKLp4rL8NPMT0vSyjSO5c5OZmL-yGkhXm3ShnAS620VOM4j3KJbs006rMUH2tloRCQhVYL8BO/s659/desenzano-del-garda2.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="659" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSdZ_hZ5BvDEKNSqLn2Be6NMU1YYeJ3Q8By_12x07lAzycewgYQ6sVV5CqSnvm-pHcpRVcTwCqgZ7MEOVRvsRueUhIiQHupLG5387vKbZ7LpwVJnoGKLp4rL8NPMT0vSyjSO5c5OZmL-yGkhXm3ShnAS620VOM4j3KJbs006rMUH2tloRCQhVYL8BO/s16000/desenzano-del-garda2.png" /></a></div><br />Ed ecco tre importanti siti archeologici riemersi durante i lavori della Tav nella zona tra Montonale e San Lorenzino, non lontano dal Lavagnone: in epoca romana, un centro di attrazione e di sviluppo civile tra i più importanti del basso Garda. Anzitutto una villa di epoca romana, ritrovata in località Montelungo (accanto alla trattoria la Rossa), che ha già restituito numerosi reperti tra cui fibule, ornamenti, ceramiche.</div><div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div>Ma sono emerse anche tante monete, con l’effige degli imperatori che si sono susseguiti tra cui Costantino ed Augusto, dal I al IV secolo. Secondo gli archeologi, pur essendo dello stesso periodo, era molto diversa dalla villa romana riccamente decorata del centro storico di Desenzano:</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHrpQYdfJY1bBFwoHMHqxdnsjwLGY1Yw-ZBI3ErXFU_SuGTYzMuCAYe7ejBEN2tISUseBvBhlrIkUQZeiLRmVTY5DNqbSnTP0nUzhd91HhJ448j3Dw_W0YCx5ibIpSG1fvNWioxf-e-Mbdk6oYFReB7k_i97331HFw_r0rUKr0ImFXoo7HhTxAXSy3/s616/desenzano4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="616" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHrpQYdfJY1bBFwoHMHqxdnsjwLGY1Yw-ZBI3ErXFU_SuGTYzMuCAYe7ejBEN2tISUseBvBhlrIkUQZeiLRmVTY5DNqbSnTP0nUzhd91HhJ448j3Dw_W0YCx5ibIpSG1fvNWioxf-e-Mbdk6oYFReB7k_i97331HFw_r0rUKr0ImFXoo7HhTxAXSy3/s16000/desenzano4.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div>"<i>Oggi come allora l’area era un’importante zona di passaggio verso il Veneto, come una Tav dei tempi antichi</i> - ha spiegato il funzionario archeologo della Soprintendenza Brescia Bergamo, Serena Solano - <i>Stiamo analizzando tutti i dati per costruire un quadro preciso dell’epoca</i>."</div><div><br /></div><div>Tutti i materiali rilevanti sono ora in fase di restauro e verranno esposti al pubblico entro il 2022, nella sezione romana del museo Rambotti. Sempre in fase di studio il sito di Montonale, ma gli archeologi comunque concordano nel ritenerlo un edificio di culto di epoca romana.<br /><br /></div></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6w-iTN-1tEB1Z8B8g_Qug6aKxWG8jFavPOsJ9MGV8NvD5yYcMlF9UxakGp5m7SebDcqpJdeh0T9mWeOiHTj9cwgv8AZIDthRd7k8jzy3ZmQv3XgsjqWotfD4Oo407Eokp5X5tZbIPQNW0scJtGGS5KUcwe8nPB50GsNtRtnLWMN-oy_wKLUYKUBGH/s550/desenzano3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="412" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6w-iTN-1tEB1Z8B8g_Qug6aKxWG8jFavPOsJ9MGV8NvD5yYcMlF9UxakGp5m7SebDcqpJdeh0T9mWeOiHTj9cwgv8AZIDthRd7k8jzy3ZmQv3XgsjqWotfD4Oo407Eokp5X5tZbIPQNW0scJtGGS5KUcwe8nPB50GsNtRtnLWMN-oy_wKLUYKUBGH/s16000/desenzano3.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div></div><div><div>Verso nord, all’interno del centro storico di Desenzano, si arriva dunque alla Villa Romana, un importante sito archeologico che è visitabile sia in estate che in inverno. Al suo interno vi è l’Antiquarium, un piccolo museo con due sale espositive contenenti alcuni reperti ritrovati nella Villa, tra cui statue e un antico frantoio. </div><div><br /></div>Seguono poi altri tre settori dove si possono ammirare i magnifici mosaici raffiguranti scene di amorini affaccendati nella vendemmia, corse di bighe, giochi vari e diversi animali selvatici. La Villa Romana è la più importante testimonianza archeologica delle grandi villae tardo antiche nell'Italia settentrionale .<br /><br />I resti, scoperti a partire dal 1921-1923, sono riferibili a più fasi databili tra la fine del I sec. a.c. e il V sec. d.C. e si distinguono per l'eccezionale complesso delle pavimentazioni a mosaico. La villa aveva un'ottima posizione essendo situata poco a Nord della via Gallica, che collegava Bergomum, Brixia e Verona, in una splendida posizione lungo la riva meridionale del lago di Garda, che oggi dista poche decine di metri.<br /></div><div><br /></div><div><div><br /></div></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh07l5JaYfwjfD2j4RKEOqDBdSZplub9TNpsB7lRn2ZeiSim4XeJol9Q3dvX97aFva1yy_A0zFbriiPPykkSZb0ZnrI_HiL_ZZPs6PP0f0bZ5WYHocnrDSxryhWLyohOsh18W1t2ryrxz8-cFxQVHmX9BVJ8Ct9txKYWCnm0w8L4rWUzrlSOXOnTDAR/s550/desenzano-del-garda4.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh07l5JaYfwjfD2j4RKEOqDBdSZplub9TNpsB7lRn2ZeiSim4XeJol9Q3dvX97aFva1yy_A0zFbriiPPykkSZb0ZnrI_HiL_ZZPs6PP0f0bZ5WYHocnrDSxryhWLyohOsh18W1t2ryrxz8-cFxQVHmX9BVJ8Ct9txKYWCnm0w8L4rWUzrlSOXOnTDAR/s16000/desenzano-del-garda4.png" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div><div><div>All'interno del perimetro dell'area archeologica, oltre ad un ampia zona di verde, si trova l'Antiquarium che espone una ricca selezione dei materiali provenienti dalla Villa. Il sito è un Istituto di proprietà statale ed è gestito dalla Direzione Regionale Musei Lombardia organo periferico del Ministero della Cultura.</div><div><br /><div>Essa venne costruita in diverse fasi tra il I secolo a.c. e il IV secolo d.c.: le parti ancora oggi visibili risalgono naturalmente all'ultima fase, quando gli spazi all'interno della villa furono riorganizzati e suddivisi in diversi settori. </div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpSCifN8W-IpO5YERyr4IPJ8MZA6w3vxvGjwIhndzCYWUYGh5eDwyeFr0ogWYAiNfIGHs8f4ZwbLt7-UBPq5GogAiaje6cYxGV8KGKzNjaRdHxJGXr-0O1IUSx7Xk3bPnul3qTy4gkxxwZMEVuielix23M-mvM5AwEHCQyNCudkfLpvPmt_iKVgM7U/s550/desenzano-del-garda5.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="357" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpSCifN8W-IpO5YERyr4IPJ8MZA6w3vxvGjwIhndzCYWUYGh5eDwyeFr0ogWYAiNfIGHs8f4ZwbLt7-UBPq5GogAiaje6cYxGV8KGKzNjaRdHxJGXr-0O1IUSx7Xk3bPnul3qTy4gkxxwZMEVuielix23M-mvM5AwEHCQyNCudkfLpvPmt_iKVgM7U/s16000/desenzano-del-garda5.png" /></a></div><div><br /></div><div>Il complesso della villa si estendeva su una superficie di circa un ettaro, in cui i quartieri residenziali si affiancavano agli edifici agricoli e, all'epoca della sua costruzione, la villa si affacciava sul lago. Il paesaggio circostante deve essere stato l'elemento decisivo nella distribuzione delle stanze, che offrivano tutte una vista panoramica.</div></div></div></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div>Il sito presentava una serie di ramificazioni costituite da moli e banchine, e probabilmente da stagni dove veniva allevato il pesce. Diversi pavimenti a mosaico colorato, affascinanti e ben conservati, raffigurano scene pagane.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJAwHh6W0xlkS1C6UG1uqi8Fmsf5SVhWhxNJiDBc_NMDA25WToo8kRFvybC9CBf2nMGBlpPGtQOc5qfFXE-5m3tIZHePbZIwXEh3ALWf7oUj3tMovWXYrZTVu5ESApfoOPmiW3wPeeCI3aVC0qUCfOP59GGVbFNqDAQidH0hZrKivtW2nAiJ7dWuXF/s832/desenzano1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="832" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJAwHh6W0xlkS1C6UG1uqi8Fmsf5SVhWhxNJiDBc_NMDA25WToo8kRFvybC9CBf2nMGBlpPGtQOc5qfFXE-5m3tIZHePbZIwXEh3ALWf7oUj3tMovWXYrZTVu5ESApfoOPmiW3wPeeCI3aVC0qUCfOP59GGVbFNqDAQidH0hZrKivtW2nAiJ7dWuXF/s16000/desenzano1.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div><b><span style="color: #990000;">FLAVIO MAGNO DECENZIO</span></b></div><div><br /></div><div>Sebbene il nome del proprietario della villa non sia certo in modo assoluto, ci sono ottime possibilità che il proprietario, o almeno il committente di questa fase finale dei lavori sia stato il fratello dell'imperatore Magnenzio (350 - 353 d.c.) e cioè Flavio Magno Decenzio, usurpatore di origini barbariche, da cui oggi prende il nome la città di Desenzano.</div></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisSBjQsaqSxik1JJHta2i0C4YG3S1KdANnqGu4q2Iu9nvEy4xYezEHZ2MQUl20U7c3NYp8qV7CrMPO8w8Ci9VaPl6ChP0g2DI-i_wfcYMrNEoean3oeitegU4N845m8WhxI1ixj5Ws3dxEzbU-3MKjYsOUXSuF-fhMRJ5AKZefVAan0rtKpzZ8uwks/s550/desenzano2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisSBjQsaqSxik1JJHta2i0C4YG3S1KdANnqGu4q2Iu9nvEy4xYezEHZ2MQUl20U7c3NYp8qV7CrMPO8w8Ci9VaPl6ChP0g2DI-i_wfcYMrNEoean3oeitegU4N845m8WhxI1ixj5Ws3dxEzbU-3MKjYsOUXSuF-fhMRJ5AKZefVAan0rtKpzZ8uwks/s16000/desenzano2.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div>I reperti più importanti rinvenuti nell'area della villa sono esposti nelle tre sale dell'Antiquarium:</div><div><br />- La prima ospita recipienti da cucina e da pranzo in ceramica e piccoli utensili in bronzo. </div><div><br /></div><div>- Nella seconda sala sono esposti frammenti delle statue che decoravano la villa. </div><div><br /></div><div>- Nella terza sala, due grandi pannelli espongono i frammenti di un affresco decorativo che ornava una delle stanze della villa.</div></div><div><br /></div><div>La scultura in marmo bianco esposta nella seconda sala risale alla metà del II secolo d.c. Insieme alle altre effigi esposte in questa sala, ornava uno dei giardini della villa, in particolare quello aperto ai visitatori o quello riservato al proprietario e alla sua famiglia.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkf92HmwWG5L5IiIYhqqNOXUtozrYf2yCd9QHIhWiMnTzRwz-UKl9lLo4z-A9m-9KEyE9eDlub9sLz5ja2osgya7NXVSIAf_ZjwDSA2EWfCYHUPV9SM15hHbsAPym3uq8mCoIlseHLPfHfoR_JdRL4iepAPIQm-mucQWlc5lDS7YwlFdoDIF05SY8J/s550/desenzano-del-garda7.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="470" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkf92HmwWG5L5IiIYhqqNOXUtozrYf2yCd9QHIhWiMnTzRwz-UKl9lLo4z-A9m-9KEyE9eDlub9sLz5ja2osgya7NXVSIAf_ZjwDSA2EWfCYHUPV9SM15hHbsAPym3uq8mCoIlseHLPfHfoR_JdRL4iepAPIQm-mucQWlc5lDS7YwlFdoDIF05SY8J/s16000/desenzano-del-garda7.png" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">REPERTI</span></b><br /><br />C'è una tazza di vetro, datata al IV secolo d.c., l'immagine della superficie esterna ritraeva il Cristo rivolgersi a un gallo. la scena notturna, che mostrava le stelle nel cielo, dovrebbe alludere al triplice diniego di Pietro nei riguardi del Cristo in accordo al famoso passaggio dai Gospels di origine popolare afro-americana su temi evangelici sviluppatosi nell'America nel XIX secolo.</div><div><br /></div><div>C'è poi un busto di adolescente in marmo bianco di Carrara, proveniente da una statua a grandezza naturale. Si tratta probabilmente di una rappresentazione celebrativa di uno dei membri della famiglia proprietaria della villa nel II secolo d.c., secondo un'usanza comune alle varie domus e ville dell'epoca.</div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXGBGUB2kDin2tnazOvlrAyT8e-Uymmq6bkzLy8LzNDE0jX99x3cLem0NDWWOX9Ab3VMhfW2nACd8G4FQCxjjIw_i9We5P-AOUpkovtug0IezgCncNXPGTBIsNQjTWUiieawknXCqsKw1P2LAnK3C-XMP0kt3Ioukbk99RktqD89M7sOPnMUbv5aoH/s614/desenzano-del-garda6.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="614" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXGBGUB2kDin2tnazOvlrAyT8e-Uymmq6bkzLy8LzNDE0jX99x3cLem0NDWWOX9Ab3VMhfW2nACd8G4FQCxjjIw_i9We5P-AOUpkovtug0IezgCncNXPGTBIsNQjTWUiieawknXCqsKw1P2LAnK3C-XMP0kt3Ioukbk99RktqD89M7sOPnMUbv5aoH/s16000/desenzano-del-garda6.png" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">STATUA DI ERCOLE</td></tr></tbody></table><div><br /></div></div><br /><div><b>BIBLIO</b></div><div><br /></div>- Gino Benedetti, Desenzano dalla sponda del lago di Garda - storie e colori - Bornato - Sardini -1979 - <br />- Attilio Mazza - Il Bresciano - Volume II - Le colline e i laghi - Bergamo - Bortolotti - 1986 -<br /><div>- Ulisse Papa, La scomunica ed interdetto di Desenzano - Brescia - Tipografia F. Fiori - 1871 -</div><div><br /></div><iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d2725.0328307944874!2d10.535506011758864!3d45.473187870953396!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x47819441f72feebf%3A0xdf89d1488505b30e!2sVilla%20Romana%20di%20Desenzano%20del%20Garda!5e1!3m2!1sit!2suk!4v1682415646337!5m2!1sit!2suk" style="border: 0;" width="600"></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-89911721614630723182024-02-17T17:06:00.000+01:002024-02-17T17:06:23.169+01:00CARPI (Nemici di Roma)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNXTbdlvNHqAZMwHYKcbKWCMliRo0dKO8N8k9CfVvpA5PSHSNdu8XVua13NnBx2i0X1jAPFm3IjTMeqv7PivUujk935ewxk8spESDkvpY0CcBGhN5ckJinSpP-f8oAB1Ciqpt0dLKCshBbnGZnIc4W0SD04d9fcEWdrngJ4OZDC42OxgBwOFM3pJSJ/s550/carpi1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="476" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNXTbdlvNHqAZMwHYKcbKWCMliRo0dKO8N8k9CfVvpA5PSHSNdu8XVua13NnBx2i0X1jAPFm3IjTMeqv7PivUujk935ewxk8spESDkvpY0CcBGhN5ckJinSpP-f8oAB1Ciqpt0dLKCshBbnGZnIc4W0SD04d9fcEWdrngJ4OZDC42OxgBwOFM3pJSJ/s16000/carpi1.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>I Carpi o Carpiani erano una tribù dacica che risiedeva nella Romania orientale, in Moldavia, dal 140 circa fino almeno al 318. Sembra che i Carpi fossero una tribù della nazione dacica, per altri erano una serie di gruppi etnici, tra cui Sarmati, Traci, Slavi, popoli germanici, Balti e Celti.<br /><br />I Romani li chiamavano Carpi o Carpiani. La prima menzione di questi popoli, come Carpiani, si trova nella Geographia del geografo Tolomeo del II secolo d.c.. Il nome potrebbe derivare dalla catena montuosa dei Carpazi che essi occupavano, anch'essa citata per la prima volta da Tolomeo con il nome di Καρπάτης - Karpátēs. Oppure significava "popolo dei Carpazi", o ancora potrebbe derivare dalla parola slava krepu che significa "forte" o "coraggioso".<div><br /></div><div>L'iscrizione sulla lapide di Publio Elio Proculino, centurione della Cohors VII Praetoria (Philippiana) "mancato nella guerra dacica a Castellum Carporum", secondo Bichir e altri, si riferisce alla guerra contro i Carpi condotta dall'imperatore Filippo l'Arabo nel 246/7, e il castellum Carporum è la roccaforte dei Carpi, menzionata da Zosimo, dove si svolse la battaglia finale della campagna. Ciò dimostrerebbe che i Carpi fossero Daci. Ma altri identificano il castellum Carporum come un forte ausiliario romano sul basso Danubio,<br /><br />Lo studioso rumeno Vasile Pârvan ha ritenuto che i seguenti popoli registrati nelle fonti antiche corrispondano ai Karpiani di Tolomeo;<br />- i Kallipidai, menzionati nelle Storie di Erodoto del 430 a.c.. come residenti nella regione del fiume Borysthenes (Dnieper);<br />- i Karpídai, intorno alla foce del fiume Tyras (Dniester), ricordati nello Pseudo-Scymnus del 90 a.c.;<br />- gli Harpii, situati vicino al delta del Danubio, citati da Tolomeo.<br />In tal caso i Carpi sarebbero migrati verso ovest nel periodo 400 a.c. - 140 d.c.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihM4iJHHVNkgwqsGRrmB8bdVBm9ZHZlzktyaMFzs5uldhYfhMaGDCIec7Bc3ZOLXvxLQUvG0vxUAnSjIItSw9ZGsy09INdwVU2i6JVXmrudrYqHbTu-D-OLlvtTobMoQulXareKCKltqeGVCOd_OPUTIVJQ8qrShAaGdRGRGZyrsQC7BYsI3EDChbu/s550/carpi2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="412" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihM4iJHHVNkgwqsGRrmB8bdVBm9ZHZlzktyaMFzs5uldhYfhMaGDCIec7Bc3ZOLXvxLQUvG0vxUAnSjIItSw9ZGsy09INdwVU2i6JVXmrudrYqHbTu-D-OLlvtTobMoQulXareKCKltqeGVCOd_OPUTIVJQ8qrShAaGdRGRGZyrsQC7BYsI3EDChbu/s16000/carpi2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GUERRE DACICHE</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div>- <b>106 </b>- <b>318</b> - Dalla conquista romana della Dacia, Bichir identifica due culture distinte in Moldavia, una cultura sedentaria, "daco-carpica", iniziò intorno al 106 e scomparve intorno al 318 e una cultura più piccola simile ai popoli nomadi delle steppe eurasiatiche, "sarmatica".<br /><div><br /></div><div>- <b>230</b> - I Sarmati e i Bastarnae sono attestati in Valacchia, Moldavia e Bessarabia. Vi furono ripetute incursioni dei Carpi a sud del Danubio scontrandosi con i Romani nel III secolo, è probabile che verso il 230 i Carpi avessero esteso la loro egemonia sulla Valacchia orientale, precedentemente dominata dai Roxolani.</div><div><br />-<b> 250 - 270 </b>-<b> </b>Tolomeo, che li cita come pacifici nei confronti di Roma, nel 238 li menziona come uno dei nemici più persistenti di Roma. Nel 250-270 i Carpi si coalizzarono con tribù barbare transdanubiane che comprendevano anche elementi germanici e sarmati, autori della "crisi del terzo secolo".<br /><br />- <b>270</b> - <b>318</b> - gli "imperatori militari" romani li sconfissero nel 273, nel 297, nel 298-308 e nel 317, trasferendoli poi con la forza nella Pannonia (Ungheria occidentale), per ripopolare le province danubiane devastate con le tribù barbare arrese. Poiché i Carpi non sono più menzionati dopo il 318, è possibile che i Carpi siano stati in gran parte rimossi dalla regione dei Carpazi verso il 318 o, se ne sono rimasti, si mescolarono con altri popoli residenti o immigrarono in Moldavia, come i Sarmati o i Goti.</div><div><br /></div><div><br /><br /><b><span style="color: #990000;">GLI INSEDIAMENTI</span></b><br /><br />Nel 1976 erano stati identificati 117 insediamenti sedentari, 89 dei quali a ovest del Siret, all'interno dei confini della Dacia definiti da Tolomeo. Vivevano sia in abitazioni di superficie sia in capanne con il pavimento infossato: </div><div>- le abitazioni di superficie, a una sola stanza, erano in argilla e terra battuta, rettangolare o quadrata, tra i 9 e i 30 mq. con un focolare in argilla al centro della stanza. <br />- le capanne in terra cruda, più numerose, sono invece ovali o tonde. Cremavano i loro morti, ponendo le ceneri dentro le urne. </div><div>Alcune tombe contenevano corredi funerari, ma nessuna arma a parte un unico pugnale. Tra i beni comuni vi sono coltelli, chiavi e fibbie per cinture; specchi, orecchini d'argento, pendenti e perline d'oro.<br /><br />La cultura sedentaria non emetteva moneta, ma la moneta romana circolò "intensamente" nel loro territorio, come dimostrano 90 ripostigli di monete rinvenuti in Moldavia e circa 100 monete isolate. Ma la circolazione delle monete romane cessò dopo il 218, dato che non sono stati trovati depositi di monete e solo 7 monete isolate dopo Caracalla (211-218).<br /><br />Le tombe della cultura nomade sono prevalentemente di inumazione e sono state trovate, nel 1976, in 38 località della Moldavia. Si trovano prevalentemente in pianura, singolarmente o in piccoli gruppi di 2-13 tombe. La grande maggioranza delle tombe della cultura nomade è piatta e contiene sempre corredi funerari, armi e specchi incisi. I sedentari costituivano la maggioranza della popolazione della Moldavia.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIntB_er9sENydxW_hQMcBSYoM8aqjAU28vY3prYfy30t_yw2EkqMisyRO_PrWA0AF0OohXJNslS6o5lTaCiNXAiF1GEL07SCu204jyxUmBLPvKgXeoWmH7e2z21hVuj7HcNrKSlDBQ30n9i9buUGt3LjChZ9EzRT2vhIFo3ftpg0qOXaeuyacRuS_/s824/carpi3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="824" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIntB_er9sENydxW_hQMcBSYoM8aqjAU28vY3prYfy30t_yw2EkqMisyRO_PrWA0AF0OohXJNslS6o5lTaCiNXAiF1GEL07SCu204jyxUmBLPvKgXeoWmH7e2z21hVuj7HcNrKSlDBQ30n9i9buUGt3LjChZ9EzRT2vhIFo3ftpg0qOXaeuyacRuS_/s16000/carpi3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">FILIPPO L'ARABO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">I NEMICI DI ROMA</span></b></div><div><br /></div><div>- <b>200</b> - Intorno al 200 iniziarono i grandi spostamenti barbarici forse per la Peste Antonina (165-180), che uccise15-30% degli abitanti dell'impero romano. I Carpi Vengono descritti da Jordanes come "<i>una razza di uomini molto desiderosi di fare la guerra e spesso ostili ai Romani</i>".</div><div><br />-<b> 238 </b>- I Carpi attaccano i romani a sud del Danubio, sotto Gordiano III e i senatori Balbino e Pupieno Massimo, perchè il governatore della Moesia Inferiore, Tullio Menofilo, non vuole versare il sussidio annuale per mantenere la pace. Tuttavia, il governatore riuscì a scacciare i Carpi nel 239.<br /><br /></div><div>- <b>245</b>-<b>247</b> - sotto Filippo l'Arabo (244-249) i Carpi devastarono la Moesia inferiore. Poichè i governatori non riuscirono a respingere l'invasione, l'imperatore assunse il comando e lanciò il contrattacco ricacciandoli oltre il Danubio. Il corpo principale dei Carpi si rifugiò in una grande roccaforte, dove furono circondati e assediati da Filippo. Gli assediati inscenarono una sortita per distrarre i Romani dall'avvicinarsi dei soccorsi. Ma gli equites Maurorum di Filippo (cavalleria leggera berbera proveniente dal Nord Africa) li intercettarono, costringendo i Carpi a chiedere la pace. Filippo fu acclamato Carpicus Maximus.<br /><br />- <b>250</b>-<b>251</b> - I Carpi parteciparono a una massiccia invasione transdanubiana della Moesia e della Tracia sotto la guida del re goto Kniva limitandosi però al saccheggio: la cattura del maggior numero possibile di schiavi, cavalli, tesori e altri beni da portare nelle loro terre d'origine oltre il Danubio. Nel 250, i Goti si erano spostati a sud, nell'Ucraina occidentale, e compivano frequenti incursioni nell'impero insieme alle tribù locali.</div><div><br /></div><div>L'orda di Kniva pare comprendesse Goti, Taifali, Vandali, Roxolani, oltre ad alcuni veterani rinnegati dell'esercito romano. Goti e Bastarnae entrarono nella Moesia inferiore, guidata dai due luogotenenti di Kniva. <span style="background-color: white; font-family: "Fanwood Text", serif; font-size: 16px;">L’assedio di Marcianopoli da parte di una delle colonne di Cniva è respinto, così come l’assedio di Novae, guidato da Cniva stesso. Qui Kniva sarà respinto dal futuro imperatore Treboniano Gallo.</span></div><span style="background-color: white; font-family: "Fanwood Text", serif; font-size: 16px;">Ancora, quando Kniva punta a sud verso Nicopoli sull’Istro, viene sconfitto in battaglia da Decio, seppur non in modo decisivo.</span><div><div class="wp-block-image" style="background-color: white; box-sizing: inherit; color: #888888; font-family: "Fanwood Text", serif; font-size: 16px;"><br /></div></div><div>Il contingente di Carpi contava 3.000 uomini, a fronteggiare l'invasione c'era l'imperatore Decio Traiano, un generale esperto e comandante di Filippo sul fronte danubiano, succeduto al suo patrono dopo che quest'ultimo era stato assassinato da truppe ammutinate nel 249, e Caio Treboniano Gallo, nominato governatore della Moesia Superiore. A Gallo venne affidato il comando delle forze nei forti di frontiera lungo il Danubio, mentre l'imperatore comandava una forza mobile di assalto.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhROGDfUIvqhHREREukrlS5ocDY0EqD7EIDkK3ilhf71qJJBNsc3p2TV4TJ1E0DtLkDArfeESBReOayaUWevc8Cf3RJr2QufhKksW6B5iY0gWFBGMuKL6ctM5-PzA1vCXt5LzN0jM1Ix93Atzu9sMyD-cTEcYFKsqj7S-zqkJQXIVZkHqpNZQs6np17/s733/carpi6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="733" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhROGDfUIvqhHREREukrlS5ocDY0EqD7EIDkK3ilhf71qJJBNsc3p2TV4TJ1E0DtLkDArfeESBReOayaUWevc8Cf3RJr2QufhKksW6B5iY0gWFBGMuKL6ctM5-PzA1vCXt5LzN0jM1Ix93Atzu9sMyD-cTEcYFKsqj7S-zqkJQXIVZkHqpNZQs6np17/s16000/carpi6.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GOTI</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Kniva a sorpresa attraversò inosservato le montagne dell'Haemus (Balcani) per entrare in Tracia, in gran parte indifesa. L'imperatore dovette portare il suo esercito in Tracia a marce forzate. A Beroe (Stara Zagora, Bulgaria), Kniva sferrò un attacco a sorpresa all'esercito romano esausto, infliggendogli una grave sconfitta. L'imperatore dovette ritirarsi nella Moesia inferiore e a lasciare che la Tracia al saccheggio dei barbari. L'orda di Kniva assaltò Philippopolis (Plovdiv, Bulgaria) e trascorse l'inverno del 250/251 nella provincia.<br /><br />Intanto Decio ricostruì il suo esercito nella Moesia inferiore e nel 251, mentre l'esercito barbaro si dirigeva verso il Danubio, carico di un'enorme quantità di bottino, fu intercettato dall'imperatore ad Abrittus, nella Moesia inferiore. In una dura battaglia, il grosso delle forze di Kniva fu sbaragliato. </div><div><br /></div><div>L'imperatore guidò quindi i suoi uomini attraverso una palude per attaccare la forza di riserva di Kniva, che custodiva il bottino dei barbari. Ma i Romani si immobilizzarono nel pantano e morirono tutti, compreso l'imperatore e suo figlio, massacrati a lunga distanza dagli arcieri di Kniva o annegati.<br /><br />Quando la notizia del disastro raggiunse le legioni rimaste sul Danubio, queste proclamarono imperatore il loro comandante Gallo che concluse una pace con i Goti, che permise loro di tornare in patria con il bottino intatto e garantì la ripresa dei sussidi. Ma l'esercito romano fu paralizzato da una devastante pandemia di vaiolo, (251 - 270 circa) peggiore dell'epidemia antonina, che uccise il 15-30% degli abitanti dell'impero. I barbari transdanubiani invasero più volte il territorio imperiale. </div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyxpyGyyDa9Q-Qvoi4xb6ArPqnWQ40WE6koFtFwAM7cS12PItMrn-foEun9xLu8WtqaX8SgbnaMFuxSESR5EEaf5-z5YMEw2C0l35qOciO8XoVRNwfP2nr_Rm9cqxxZx4ueYrLZUDU_5RYq_oo9CNe_AbPIcn3On53YUaWprUoLgUdUlEX8dbVKEpg/s794/carpi4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="794" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyxpyGyyDa9Q-Qvoi4xb6ArPqnWQ40WE6koFtFwAM7cS12PItMrn-foEun9xLu8WtqaX8SgbnaMFuxSESR5EEaf5-z5YMEw2C0l35qOciO8XoVRNwfP2nr_Rm9cqxxZx4ueYrLZUDU_5RYq_oo9CNe_AbPIcn3On53YUaWprUoLgUdUlEX8dbVKEpg/s16000/carpi4.jpg" /></a></div><div><br /></div><div>- <b>252</b>-<b>253</b> - I Carpi si unirono ai Goti e a due tribù sarmatiche (Urugundi e Borani) devastando la Moesia e la Tracia e le forze romane del basso Danubio non furono in grado di impedirlo. </div><div><br /></div><div>Infine, furono intercettati sulla via del ritorno da Emiliano, comandante dell'esercito di Pannonia con un attacco a sorpresa che li sconfisse. </div><div><br /></div><div>Inseguirono i barbari nelle loro terre d'origine, recuperando grandi quantità di bottino e liberando migliaia di civili romani che erano stati rapiti. </div><div><br /></div><div>Caio Valerio Serapio infatti dedicò un altare ad Apulum (Alba Iulia), nella Dacia romana, come ringraziamento per essere stato liberato dai Carpi[<br /><br />Emiliano fu acclamato imperatore dalle sue truppe vittoriose e marciò su Roma, dove le forze di Gallo uccisero il loro capo piuttosto che combattere contro l'esercito danubiano. </div><div><br /></div><div>Ma solo tre mesi dopo, Emiliano fu a sua volta assassinato dalle stesse truppe che si sottrassero a Valeriano (253-260), comandante delle forze sul Reno, che aveva marciato in Italia per salvare Gallo.<br /><br />Valeriano fu proclamato imperatore ed elevò il figlio Gallieno (253-268) ad Augusto (co-imperatore). L'impero subì molteplici e massicce invasioni barbariche sul Reno, sul Danubio e in Oriente; almeno 11 generali lanciarono colpi di stato; l'impero fu diviso in tre parti autonome; lo stesso Valeriano fu catturato dai Persiani e morì dopo anni di prigionia.<br /><br />- <b>256</b>-<b>257</b> - I Carpi, con gli stessi alleati del 253, invasero la Moesia, la Tracia e assediarono senza successo Tessalonica in Macedonia. Valeriano e Gallieno sono costretti a lasciare subalterni con forze inadeguate, essendo occupati, il primo contro i Persiani, il secondo sul Reno contro i Germani. Gli Ateniesi ricostruirono le loro mura già demolite da Silla nell'87 a.c.. I barbari vennero sbaragliati dal luogotenente di Gallieno, Aureolo, che portò a Roma molti prigionieri.<br /><br />- <b>259</b>-<b>260</b> - Gli Sciti, compresi i Carpi, si divisero in due eserciti. Uno invase la Grecia e saccheggiarono Atene. L'altro giunse alle mura di Roma, dove il Senato romano armò la popolazione civile per presidiare i bastioni, poiché Gallieno era sul Reno a combattere l'usurpatore Postumo. I Goti passarono allora a devastare tutta l'Italia. Furono infine scacciati dal luogotenente di Gallieno, Macriano, che portò in Italia l'esercito del Reno.<br /><br />- <b>256</b>-<b>268</b> - Altre grandi invasioni "scite" nel 265-266 e nel 267-268, che fu un'invasione marittima nel Mar Egeo, e che devastò la Tracia. Fu fermata dall'imperatore Claudio II Gothicus, che distrusse l'esercito barbaro a Naissus (268). <br /><br />Avvenne una ripresa militare dell'impero sotto il ferreo dominio dei cosiddetti "imperatori illirici", un gruppo affiatato di militari di carriera con origini comuni nelle province e nei reggimenti danubiani, che dominarono l'impero per oltre un secolo (268-379). Questi non solo sconfissero le tribù transdanubiane ma reinsediarono le tribù sconfitte nelle province danubiane dell'impero, devastate dalla peste e dalle invasioni barbariche.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYLr1fkzOcobOw-RjTjap_IHJawEmGsCAooFAhBV5tPrqnBA58lHtU0CI-aVIzYmKiK3rqzqlfVVtNjIL2_vVhI18PQ9g4kqBZOwpONEy57PxCQBqhXjGtuX4iq9B0zpaSOBw6e5L_W9aMuq0AZn1F_kpMfMABqiyy-QWMu7Lmv8c4ltrrOvoY7xuq/s942/carpi5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="942" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYLr1fkzOcobOw-RjTjap_IHJawEmGsCAooFAhBV5tPrqnBA58lHtU0CI-aVIzYmKiK3rqzqlfVVtNjIL2_vVhI18PQ9g4kqBZOwpONEy57PxCQBqhXjGtuX4iq9B0zpaSOBw6e5L_W9aMuq0AZn1F_kpMfMABqiyy-QWMu7Lmv8c4ltrrOvoY7xuq/s16000/carpi5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">AURELIANO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div>-<b> 272</b> - L'imperatore Aureliano (270-275) vince i Carpi, e gli viene concesso dal Senato il titolo di Carpicus Maximus. In seguito reinsediò un gran numero di prigionieri carpigiani nei dintorni di Sopiana (Pécs, Ungheria), nella provincia romana della Pannonia. <br /><br />- <b>296</b>-<b>305</b> - nel 296, l'imperatore Diocleziano (284-305) entrò in guerra contro i Carpi, vincendoli in modo schiacciante nel 297. Diocleziano diventa Carpicus Maximus. Nel 298, Diocleziano affidò il comando del basso Danubio al suo Cesare, cioè a Galerio che inflisse ai Carpi altre quattro sconfitte in due anni. <br /><br />- <b>305</b>-<b>311</b>- Dopo essere stato nominato Augusto (imperatore a tutti gli effetti) nel 305, Galerio rivendica per la sesta volta il titolo di Carpicus, in un momento del suo regno.<br /><br />- <b>318 </b>- L'imperatore Costantino I il Grande (312-337) è registrato come detentore del titolo di Carpicus Maximus in un'iscrizione di quell'anno. Ognuna di queste acclamazioni probabilmente implicava l'uccisione di almeno 5.000 Carpi (come tradizionalmente richiesto per la concessione di un Trionfo a Roma). Per i Carpi, queste sconfitte furono accompagnate da deportazioni di massa e dal reinsediamento all'interno dell'impero, centinaia di migliaia di deportati. Secondo Victor, che scrive nel 361, l'intero popolo carpigiano rimasto fu trasferito nell'impero.<br /><br />Dopo la morte di Costantino, la pianura valacca e la Moldavia caddero sotto il dominio del ramo dei Thervingi della nazione gotica, come dimostra l'esistenza di un consistente regno gotico alla metà del IV secolo. La Transilvania sembra essere stata dominata nel IV secolo da un gruppo, probabilmente germanico, i Taifali anche essi sotto tutela gotica.<br /><br />- <b>350</b> - Dopo il 350, questi regni germanici furono sopraffatti dagli Unni, dando luogo alla grande migrazione dei Transdanubiani, guidata dai Goti, attraverso il Danubio, che culminò nel disastro romano della battaglia di Adrianopoli nel 378. I Carpi non sono menzionati da nessuna parte nel dettagliato resoconto di Ammiano di questi eventi epici, suggerendo che chi era rimasto a nord del Danubio aveva probabilmente perso la propria identità.</div><div><br /></div><div><br /><b>BIBLIO</b></div><div><br /></div><div>- Bichir, Gh. - The History and Archaeology of the Carpi from the 2nd to the 4th centuries AD - <br />- Zosimus - Historia Nova - 1976 -<br />- Halsall, Guy - Barbarian migrations and the Roman West, 376-568 - Cambridge Univ. Press - 2007 -<br />- Ammianus Marcellinus - Res Gestae -<br />- Eutropius - Historiae Romanae Breviarium -<br />- Anonymous - Historia Augusta -<br />- Ptolemy - Geographia -<br />- Gibbon, Edward (1792): The history of the decline and fall of the Roman empire<br /></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-38700819759818924292024-02-15T07:39:00.001+01:002024-02-15T07:41:31.176+01:00HISTORIUM - VASTO (Abruzzo)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5HKWvuoC_XuwP1xtJVU1MIaWg-f59qPLWpFW_Lx-ch-y5cMBTrkxbOOy50fxl0gh-w2zLJwg04-yGXj9nQLDhAyhjIR1frXefbo5UnSbksuGD5QQ00WXd2iSJwavyt9mFkL8SyEwomsLaZBBN4PBQLSltS2A7-3vrb8J6t6DGMWyLwJmejjQXczcm/s550/historium5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5HKWvuoC_XuwP1xtJVU1MIaWg-f59qPLWpFW_Lx-ch-y5cMBTrkxbOOy50fxl0gh-w2zLJwg04-yGXj9nQLDhAyhjIR1frXefbo5UnSbksuGD5QQ00WXd2iSJwavyt9mFkL8SyEwomsLaZBBN4PBQLSltS2A7-3vrb8J6t6DGMWyLwJmejjQXczcm/s16000/historium5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">RESTI DI VILLA ROMANA</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div>La storica Histonium (Ἱστόνιον Histónion in greco antico), corrispondente all'odierna Vasto, della provincia di Chieti in Abruzzo, era un'antica città del popolo italico dei Frentani, con un territorio che iniziava a sud del porto di Ostia Aterni (Pescara) e si estendeva fino al Fortore. I Frentani erano antico popolo italico di lingua osca della costa adriatica centrale, molto affini ai Sanniti, posti nell'Abruzzo sud-orientale e nel basso Molise.<div><br /></div><div> Histonium, secondo la tradizione mitica, viene fatta fondare da Diomede, il condottiero greco, esule dopo la guerra e la distruzione di Troia. Questi nel suo peregrinare nel Mediterraneo, sbarcò con i suoi reduci nell'Italia meridionale dove fondò diverse città. I coloni greci furono indotti a stabilirsi in loco per via dell'industria ed il commercio della lana. </div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL NOME</span></b><br /><br />La denominazione potrebbe provenire dal greco HERCOS (recinto fortificato) oppure ERCE dal latino ARX (sommità), ipotizzare ci fosse un'acropoli o una roccaforte; oppure il nome deriverebbe da ARKHAIOS (cioè antico) perchè in queste zone esisteva una colonizza greca, prima dell'arrivo degli italici. </div><div><br /></div><div><div>In località Selvotta venne rinvenuta la lapide che riporta: </div><div>HERRCVLI EX VOTO ARAM / L.SCANTIVS / L LIB.MODESTVS.MAG. / AVG.MAG.LARVM. AVGVST. / M AG. / CERIALLIVM VRBANORVM, riferita a Lucio Scanzio Modesto, capo dei cereali urbani (sacerdoti addetti alla città di Historium).</div></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA STORIA</span></b></div><div><br /></div><div>Si batterono con la Repubblica romana alla fine del IV secolo a.c., da cui vennero costretti a un' alleanza con Roma, in posizione subordinata. I Frentani erano una popolazione italica che occupava gran parte dell'attuale costa abruzzese meridionale. In seguito alla conquista romana (305 a.c.) il centro frentano si dotò di vari edifici pubblici, in parte ancora visibili.</div><div><br /></div><div>Tuttavia Roma lasciò loro una certa autonomia interna fino al I secolo a.c., quando si estese a tutti gli Italici la cittadinanza romana, in seguito alla guerra sociale a cui avevano preso parte anche i Frentani. Da allora si accelerò la loro romanizzazione, inquadrati nelle strutture politico-culturali di Roma.</div><div><br /></div><div><div> Nel 91 a.c. il popolo di Histonium, insieme a tutti i popoli italici prese parte alla confederazione dei popoli italici per ottenere il titolo di municipio.</div><div><br /></div><div>La città fu ricostruita e, nel 117 venne inserita nella regio Sannio. In seguito la città man mano perse d'importanza e decadde. I vari edifici romani furono saccheggiati durante le "Invasioni barbariche" subendone anche le lotte che si susseguirono fino in epoca feudale.</div><div><span face="sans-serif" style="color: #202122;"><span style="font-size: 14px;"><br /></span></span> L'antico nome di Histon da lui dato sarebbe dovuto al fatto che il suo promontorio dal mare ricordasse all'eroe troiano il monte Histone di Corfù.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrrNuZ-RGEQyqDyFKAz0fO34XWCqoXjhfHKmfwoaxp3zeOEyCPDAsfCe0HW76lz8Kpu5Zvg7UAsxqv2qjwhlNDHiYnNnMMTvf9SwgyVfI5Pnb5DzFqyGe4oCuE3YxnPabgg8Ok-S1zpUt2ojjapWJQzK3kNm1FG6XyCT8tgkfv6Wktmf0RsilpVMpr/s550/historium3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrrNuZ-RGEQyqDyFKAz0fO34XWCqoXjhfHKmfwoaxp3zeOEyCPDAsfCe0HW76lz8Kpu5Zvg7UAsxqv2qjwhlNDHiYnNnMMTvf9SwgyVfI5Pnb5DzFqyGe4oCuE3YxnPabgg8Ok-S1zpUt2ojjapWJQzK3kNm1FG6XyCT8tgkfv6Wktmf0RsilpVMpr/s16000/historium3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MOSAICO DI NETTUNO ALLE TERME</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>In effetti i coloni greci furono indotti a stabilirsi in loco per via della posizione adatta al commercio della lana che già praticavano da Troia. Historium fu infine municipio romano iscritto alla tribù Arnensis. Tra i culti religiosi sono testimoniati quelli di Ercole, di Cerere, del Sole, di Giove Dolicheno. </div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;"><div><span style="color: black; font-weight: 400;">In seguito alla conquista romana del 305 a.c. il centro frentano si dotò di vari edifici pubblici, in parte ancora visibili oggi. Nel 91 a.c. il popolo di Histonium, insieme a tutti i popoli italici prese parte alla confederazione dei popoli italici per ottenere il titolo di municipio, che ottenne venendo iscritto alla tribù Arnensis. Le famiglie maggiori di Histonium erano i Didia, gli Helvidia e i Vibia.</span></div><div><span style="color: black; font-weight: 400;"><br /></span></div><div><span style="color: black; font-weight: 400;"><div>Fabio Massimo fece restaurare il campidoglio. La città fu devastata da Silla nella lotta contro Mario. La città fu ricostruita e, nel 117 venne inserita nella regione del Sannio. L'area archeologica del quartiere Gisone sorto sulla città romana è compreso tra via Roma (fuori Porta Nuova) a nord, e via Barbarotta a sud, dentro cui si ergono quattro file di due isolati rettangolari su strade perfettamente ortogonali. </div><div><br /></div><div>Il Corso Palizzi è considerato il cardo maximus, e il Corso Dante il decumanus maximus, mentre altri cardi sono costituiti da Corso Plebiscito e di via Adriatica. Presso l'ospedale si trovano alcuni resti murari di un edificio della fine del I-metà del II secolo d.c.,</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib4-U5iMLTzfixFyNv0w3QiYdJXDYqEBBE7b3qLKLq-5bxvIdUGVkjp0P099MabmtK_OxdvCYQi0UfGkOgTlbHe3MTfKORAnQDuRlobWaqcjjQXuL5V8Zqs8wYWri5roSQcWLZbnIy3i3Td6NCs7pZiih84rvVYVIoK3axH-G7RRHH_0N_qMPheVX3/s550/historium4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="373" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib4-U5iMLTzfixFyNv0w3QiYdJXDYqEBBE7b3qLKLq-5bxvIdUGVkjp0P099MabmtK_OxdvCYQi0UfGkOgTlbHe3MTfKORAnQDuRlobWaqcjjQXuL5V8Zqs8wYWri5roSQcWLZbnIy3i3Td6NCs7pZiih84rvVYVIoK3axH-G7RRHH_0N_qMPheVX3/s16000/historium4.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div></span></div><div><br /></div></span></b><div><b><span style="color: #990000; font-size: medium;">IL SITO ARCHEOLOGICO</span></b></div><div><b><span style="color: #990000; font-size: medium;"><br /></span></b></div><div><div>La città antica corrisponde alla città vecchia, che ne ha conservato la pianta almeno in parte. Restano le vestigia di: teatro, anfiteatro, terme, vari acquedotti, serbatoi idrici, mura civiche reticolate, pregiati pavimenti, statue, colonnati di granito orientale, templi.</div><div><br /></div><div>Nella città moderna si trovano i resti della remota città romana in gran parte riutilizzati sia nelle chiese (Madonna delle Grazie, San Pietro, piazza del Popolo), sia nelle strade e nelle piazze cittadine (Ospedale, Tagliamento, Sant'Antonio, piazza Dante Gabriele Rossetti).</div><div><br /></div><div>La zona settentrionale della città attuale, vale a dire il centro storico, ricalca l'antico impianto urbanistico romano. La città antica è infatti corrispondente alla città vecchia, che ne ha conservato la pianta almeno in parte. In quest'area ubicata sulla collina prospiciente il mare si innalzavano i templi e il Campidoglio. </div></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000; font-size: medium;"><br /></span></b></div><div><b><span style="color: #990000;">L'ANFITEATRO</span></b></div><div><br /></div><div>La Piazza Rossetti conserva la forma ellissoidale dell'anfiteatro che fu costruito tra la fine del I e la metà del II secolo Alcuni resti dell'edificio sono tuttavia visibili visibile sotto teca di vetro allo sbocco di via Cavour sulla piazza, in opus reticolatum inglobati nei sotterranei del castello di Vasto ed in parte nelle mura che si affacciano nel lato orientale della piazza stessa. </div><div><br /></div><div>Vi sono anche atri tratti dell'anfiteatro presso la Torre di Bassano e in un negozio della piazza. I resti visibili sono parte dell'ingresso e parte del perimetro ellissoidale dell'anfiteatro. L'anfiteatro di cui una porzione è fuori dal perimetro urbano, realizzato in opus cementizia: misurava circa 225 piedi (67 m ca.) di lunghezza per 210 (62 m) di larghezza. Gli edifici situati nella parte nord-est della piazza sorgono a forma ellittica, presso la Torre di Bassano, segno che dopo la caduta di Roma, l'anfiteatro fu smantellato per ricavarci materiale di costruzione di nuove case. </div><div><div><br /></div><div>La presenza vicino alla piazza di via Naumachia, a fianco della chiesa dell'Addolorata, ha fatto ipotizzare che l'anfiteatro fosse stato usato anche per le celebri battaglie navali. Un'alluvione nel tardo impero romano ricoperse l'anfiteatro di fango, determinandone l'abbandono.</div></div></div><div><div><div><br /></div><div>Presso Via S. e F. Ciccarone vi è un rudere detto cappella della Madonna del Soccorso da cui proviene la lastra funeraria di Gaio Osidio Veterano (Caius Hosidius Veteranus) ora posta nel museo archeologico di Vasto. Il sito venne trasformato nel 1442 in carcere ed in seguito, nel 1614, nella cappella di Santa Maria del Soccorso. Nel 1794 risulta abbandonata.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzhwqJpqp8b6NvOts4D80tI1JM_C8nOjZqiucrBIT3Bg31Ds9yWKCUpaUQ1fWhuN-6ihQ5O0cmJGgELKa0SHNj_CaCmL6MpJhKc4Dq1q2aRUeUybVYibX406SpDiek6gkmdybAv2mwWTuztYEuoDy3k4SKRGkt0Y0kMJXwM00pMslkVO9rbLZSwAOj/s550/historium6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="366" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzhwqJpqp8b6NvOts4D80tI1JM_C8nOjZqiucrBIT3Bg31Ds9yWKCUpaUQ1fWhuN-6ihQ5O0cmJGgELKa0SHNj_CaCmL6MpJhKc4Dq1q2aRUeUybVYibX406SpDiek6gkmdybAv2mwWTuztYEuoDy3k4SKRGkt0Y0kMJXwM00pMslkVO9rbLZSwAOj/s16000/historium6.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div>Nel 1817 la porta viene murata, indi, mediante un'apertura sulla volta viene usata come tumulazione per neonati non battezzati e per impenitenti. L'esterno ha una muratura in calcestruzzo di manifattura romana. L'interno con volta a botte presenta un'intonacatura e pavimentazione moderne. </div><div><br /></div><div>Nella parte di via Anelli, all'altezza della Scuola d'Arte, è ancora visibile un muro di 20 metri risalente all'epoca romana, nella facciata di una casa civile; in via Tagliamento affiorano resti di un muro in opus caementitia. In via B. Laccetti la chiesetta della Trinità poggia su fondamenta di un'abitazione romana, con visibili resti sulla destra. </div><div><br /></div><div>In seguito la città man mano perse d'importanza e decadde. I vari edifici romani furono saccheggiati durante le invasioni barbariche subendone anche le lotte che si susseguirono fino in epoca feudale.</div><br />Nella seconda metà del XVI secolo sul pianoro intorno a Santa Maria della Penna erano visibili fra gli altri i resti di due templi e di un teatro, il che potrebbe ricollegare il contesto al noto complesso di Pietrabbondante, e ancora oggi sono visibili i resti di un abitato e forse dello stesso luogo di culto, databili fra IV-III e I secolo a.c.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhE4WuXMIyct8Fn3MXbFFIxD5EZ2qRFr4iViyM4OrTQUXxEyqmglucZs-BjnHVJo1OFerjfE8fLvHSnr_U9d7BHkU0n0RxLy9vYvpULVotnk8aquC2WMVWE3XVcDeEyTmmWAhqhgCRTXUqk_NvONZC7zqZaFagX6mgoECJMwJkF17g9MrAn_lsC3byN/s550/historium1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="328" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhE4WuXMIyct8Fn3MXbFFIxD5EZ2qRFr4iViyM4OrTQUXxEyqmglucZs-BjnHVJo1OFerjfE8fLvHSnr_U9d7BHkU0n0RxLy9vYvpULVotnk8aquC2WMVWE3XVcDeEyTmmWAhqhgCRTXUqk_NvONZC7zqZaFagX6mgoECJMwJkF17g9MrAn_lsC3byN/s16000/historium1.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div><b><span style="color: #990000;">I TEMPLI</span></b><br /><br /></div><div>I culti testimoniati a Historium sono quelli di Ercole, di Cerere, del Sole, di Giove Dolicheno. In Via Antonio Bosco 16 vi è un tempietto romano, scoperto nel 1975 in seguito a lavori a palazzi della stessa via, con forma a V e vertice ad ovest. I lati a sud ed a nord misurano 4,90 e 4,30 m, il primo lato ha un basamento di 25 cm ed una cortina di 10 cm, mentre il secondo ha il basamento e la cortina 10-50 cm. I muri interni ed esterni sono in cortina laterizia con mattoni di 25 cm X 15 X 3 con colori dal rosso vivace all'ocra.</div><div><br /></div><div>I templi, di cui si ha riferimento da antichi documenti, vennero riordinati dallo storico Luigi Marchesani: </div><div>- un Tempio dedicato al Dio Elio presso la chiesa di Sant'Antonio di Padova, sopra cui oggi poggia la cappella della Madonna delle Grazie, </div><div>- quello della Dea Cerere nell'area dove venne eretta la chiesa collegiata di San Pietro, </div><div>- il tempio di Giove Delicheno o Ammone sorgeva presso Piazza del Popolo, </div><div>- insieme al vicino tempio di Bacco. </div><div>- In località Selvotta si trovava il tempio di Ercole, con la lapide conservata nel Museo archeologico del Palazzo d'Avalos.</div><div><br /></div><div>Nel 1888 fu rinvenuta, presso la chiesa di Santa Maria della Penna in località Punta Penna, una lastra di rivestimento in terracotta appartenente ad un edificio templare, oggi conservata presso il Museo Civico Archeologico di Vasto. </div><div><br /></div><div> Il motivo principale consiste in due teste contornate da elementi vegetali: in quella di sinistra appare riconoscibile Ercole con la clava sulla destra, l'altra con volto largo e piatto e capelli a fiamma, sembra attribuibile ad una figura femminile inquadrate da una cornice di motivi vegetali, con grossi fiori a forma di campanula. </div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNY85S_3ZZScGbyP2NBw_b98P9nf6ZRoB4bHPPLZ3oIS96KSSOo_Mr5ab7Grk0ceCZ_iQM2BdUSOjKw1v9cF6MvIcRvnDQAhsjcqBsYZKA3I69RXt2FyNQQ1ezuBrIbZaefOPDyqjU6TI7PKZx-Tgw9PefRljgBB0ni972vcL522Cz6W5udBHRUGzV/s550/historium12.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="370" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNY85S_3ZZScGbyP2NBw_b98P9nf6ZRoB4bHPPLZ3oIS96KSSOo_Mr5ab7Grk0ceCZ_iQM2BdUSOjKw1v9cF6MvIcRvnDQAhsjcqBsYZKA3I69RXt2FyNQQ1ezuBrIbZaefOPDyqjU6TI7PKZx-Tgw9PefRljgBB0ni972vcL522Cz6W5udBHRUGzV/s16000/historium12.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CAVALLUCCIO MARINO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div><b><span style="color: #990000;">LE TERME</span></b></div><div><br />Nella zona del Muro delle Lame, dopo la frana del 1956 che inghiottì parte del quartiere, ci fu l'affioramento di un pavimento a mosaico di grande valore, e delle fondamenta dell'edificio termale presso l'ex convento di San Francesco. In Via Adriatica le terme del II secolo d.c. sono divise in tre livelli. Il restauro eseguito a partire dal 1994 ha ricollocato in situ un mosaico riportato alla luce nel 1974 un mosaico con raffigurazioni di Nettuno col tridente. </div><div><br /></div><div>Da queste terme il mosaico di Nettuno, di ben 13.50 x 12.60 m, per un totale di 170 mq, uno dei più estesi mosaici mai rinvenuti lungo l'intera costa adriatica, ha una decorazione molto articolata, basata su un raffinato intreccio di elementi vegetali stilizzati all'interno del quale campeggia la possente figura del Nettuno con il tridente e quattro Nereidi, due in sella a cavalli, una ad un drago, e una ad un cavallo marino. </div><div><br /></div><div>Il mosaico è tessere bianche su sfondo scuro e risale alla prima metà del II secolo d.c. </div><div><div> Gli scavi del 1997 hanno riportato alla luce quattro ambienti destinati ad essere riscaldati e il praefurnium, la fornace che riscaldava i locali presso l'ingresso. </div><div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNWns46fKNCF7p20kLgy4xU4oVG43d-iHBzXwMrBFLOSmwbqbNnryIiCG349YFC8l8ceVGQuZs_KEBDSdi5ZbGoU1vNkYaZt_WA07q5rBpipKvvvrN-IzwyMzaFYHIxq6aFJTyKKgusBnO-smqgwYbDgiqjvqlGcIGbQPQPyaFeTRd7851tT_Jm3A8/s585/historium8.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="585" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNWns46fKNCF7p20kLgy4xU4oVG43d-iHBzXwMrBFLOSmwbqbNnryIiCG349YFC8l8ceVGQuZs_KEBDSdi5ZbGoU1vNkYaZt_WA07q5rBpipKvvvrN-IzwyMzaFYHIxq6aFJTyKKgusBnO-smqgwYbDgiqjvqlGcIGbQPQPyaFeTRd7851tT_Jm3A8/s16000/historium8.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'ANFITEATRO SOTTO PIAZZA ROSSETTI</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div> <b><span style="color: #990000;">ANFITEATRO </span></b></div><div><br /></div><div>La Piazza Rossetti conserva la forma ellissoidale dell'anfiteatro. L'anfiteatro fu costruito tra fine I secolo e metà II secolo d.c.. Alcuni resti dell'edificio sono tuttavia visibili, trattasi di resti in opus reticolatum inglobati nei sotterranei del castello di Vasto ed in parte nelle mura che si affacciano nel lato orientale della piazza stessa, ma vi sono anche atri tratti dell'anfiteatro presso la Torre di Bassano e in un negozio della piazza. </div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheNtom3fP6AIiSlSnS9Yxhb7pr1RF2cpv97CKBPf_C7CLH77AajobfiuQMP_i9OrkDR6ZB_lL2JuI72AIhmz2nfTQOtveg3qPTfon2Fg_AMtOGKJ6n6l4olzlh6WZcu9eDcyJTyJ-gxSasA3oTweI1j92JegWTukmm9TL9HqUpmdQkpf2Rc4QNdNlN/s413/historium11.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheNtom3fP6AIiSlSnS9Yxhb7pr1RF2cpv97CKBPf_C7CLH77AajobfiuQMP_i9OrkDR6ZB_lL2JuI72AIhmz2nfTQOtveg3qPTfon2Fg_AMtOGKJ6n6l4olzlh6WZcu9eDcyJTyJ-gxSasA3oTweI1j92JegWTukmm9TL9HqUpmdQkpf2Rc4QNdNlN/s16000/historium11.jpg" /></a></div>I resti visibili sono parte dell'ingresso e parte del perimetro ellissoidale dell'anfiteatro. In via Pampani nel 1854 venne estratto un pavimento musivo, lungo via Santa Maria Maggiore sono visibili tracce di antiche fondazioni, che corrispondono all'anfiteatro di Piazza Rossetti, di cui una porzione è visibile sotto teca di vetro allo sbocco di via Cavour sulla piazza) fuori dal perimetro urbano, realizzato in opus cementizia. </div><div><span face="sans-serif" style="background-color: white; color: #202122; font-size: 14px;"><br /></span></div>Il teatro misurava circa 225 piedi X 210 (67 X 62 m). Gli edifici situati nella parte nord-est della piazza sono a forma ellittica, presso la Torre di Bassano, segno che dopo la caduta di Roma, l'anfiteatro fu smantellato per ricavarci materiale di costruzione di nuove case. </div><div><br /></div><div>La presenza vicino alla piazza di tal via Naumachia, a fianco della chiesa dell'Addolorata, ha fatto ipotizzare che l'anfiteatro fosse stato usato anche per le celebri battaglie navali, data la presenza degli acquedotti di alimentazione idrica. Un'alluvione avvenuta nel tardo impero romano coprì l'anfiteatro di fango, determinandone l'abbandono.</div><div> <div style="text-align: center;"><span face="sans-serif" style="background-color: white; color: #202122; font-size: 14px;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgalun9Wt4ijMSppuHnaL7-CftQNZp-atXunUKRtG-qUhmrnejAFG5hDRJF8BWQVwu9gps_zbcvapuOVAPCP05Xy8W1LFCqiQaVNTbVLdDWi-oTZekOpD4paghf1byqlkPEcZQ5aQev8rbZCNrg4Al3dUxVsXu_SZROg0gJgwVCBvB4UGdJNc8bCkg1/s550/historium2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgalun9Wt4ijMSppuHnaL7-CftQNZp-atXunUKRtG-qUhmrnejAFG5hDRJF8BWQVwu9gps_zbcvapuOVAPCP05Xy8W1LFCqiQaVNTbVLdDWi-oTZekOpD4paghf1byqlkPEcZQ5aQev8rbZCNrg4Al3dUxVsXu_SZROg0gJgwVCBvB4UGdJNc8bCkg1/s16000/historium2.jpg" /></a></div><br /></span></div><b><span style="color: #990000;">ACQUEDOTTI E CISTERNE </span></b><div><span face="sans-serif" style="background-color: white; color: #202122; font-size: 14px;"><br /></span></div>Nel 1614 furono rinvenute in via Lago delle condotte, che si dirigevano verso le chiese di San Giovanni dei Templari e di San Pietro (il Murello), mentre l'acquedotto delle Luci invece era già disseccato. <br />In via Cavour sono presenti i ruderi delle cisterne di Santa Chiara realizzate in opus signinum. Le cisterne erano alimentate dall'acquedotto delle Luci. Le cisterne erano degli ambienti rettangolari con volta a botte comunicanti tra loro mediante arcate. Anche in Via V. Laccetti vi sono delle Piccole Cisterne.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPZgUJx03SA7bUShS_9YduYlD4_VaER1GvSZ66lXwEETv0y4buMyeN4yL-QYPcrLIMfBqQYw6sjc_c85DhpDcCNf90ede0rMmIYBclCyFbN_k6TjbhROj6QDjdGkn-7d6yGjLC37MJc6wCn97xiVZ0F6nXyl9jYHiYRAQkssD0HM2oDWrtzw7PnxYF/s550/historium9.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="364" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPZgUJx03SA7bUShS_9YduYlD4_VaER1GvSZ66lXwEETv0y4buMyeN4yL-QYPcrLIMfBqQYw6sjc_c85DhpDcCNf90ede0rMmIYBclCyFbN_k6TjbhROj6QDjdGkn-7d6yGjLC37MJc6wCn97xiVZ0F6nXyl9jYHiYRAQkssD0HM2oDWrtzw7PnxYF/s16000/historium9.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: start;">PARCO ARCHEOLOGICO SOMMERSO DI VASTO (HISTONIUM)</span></td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL PARCO SUBACQUEO</span></b></div><div><br />Importanti presenze archeologiche dell'antica città come muri, absidi, colonne e resti di edifici attendono di essere ammirati a Histonium nel piccolo paradiso del Parco archeologico sommerso nel tratto di costa vastese compreso tra il Monumento alla Bagnante e il trabocco “Concarerella”, centro portuale dell'antica città.<br /><br />Lo storico Luigi Marchesani riferisce che i resti murari attualmente sommersi riemersero nel 1816 e che furono quindi visti dai Vastesi quando le acque del mare si ritirarono a causa dell’innalzamento del fondale, avvenuto in coincidenza di un’enorme frana che sconvolse il settore orientale del promontorio su cui sorge Vasto. Nel 2014 è stato pubblicato per la prima volta un saggio che documenta ed inquadra storicamente l’esistenza del centro.<br /></div><div><br /></div><div> <div><b><span style="color: #990000;">EPIGRAFI</span></b></div><div><b><span style="color: #990000;"><br /></span></b></div><div>Il materiale archeologico, proveniente dalla città e dai dintorni, e in particolare la ricca collezione epigrafica, sono esposti nel Museo Civico. </div><div>- Notevoli due lastrine bronzee con iscrizioni osche, che testimoniano l'esistenza dell'abitato in età preromana.</div>- Caio Hosidio Geta, che nel 43 fu legato dell'Imperatore Claudio, al comando dell'esercito romano, sbaragliando i nemici in Inghilterra; divenne console e ricevette le insegne del trionfo a carico dell'impero, testimonianza se ne ha dai resti del monumento pedestre che gli venne dedicato a Histonium.<br />- Publio Paquio Sceva, questore e giudice, pretore dell'erario e proconsole di Cipro. Il suo sepolcro si conserva nel museo del Palazzo d'Avalos, insieme alla moglie Flavia. </div><div>- Marco Bebio che fu edile della città, e questore e sacerdote, nominato dall'imperatore Tito Flavio Vespasiano. Alla sua morte gli histoniensi gli eressero una statua, di cui si conservano elementi nei musi civici.<br />- Il più famoso fu però il poeta decorato d'alloro al Campidoglio nel 106 d.c., Lucio Valerio Pudente, nominato da Antonino Pio procuratore delle imposte a Isernia. </div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;"> NECROPOLI</span></b></div><br />La necropoli più grande risale al V-II sec a.c. e si trovava lungo viale Incoronata, le sepolture erano allineate lungo la via del tratturo che collegava le città di Egnazia, Anxanum, Ortona, Larinum, Cliternia. Presso la città, le tombe si dispongono lungo i lati nord e ovest, e una via lastricata che scendeva al mare presso la chiesa della Madonna delle Grazie, dove si scoprirono due tratti che racchiudevano l'area di un grande cimitero.</div><div><br /><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj925QRHLQ3EZvgy1TQJzTZ9E6y2_LlmzaTlcIOmekS_gpBCvZVoU_KfkZr5k53uP4glAW2welefEx1ykWDLNmpGDsgJE14ZTguO0PYXM1qg3Bm9KAGzlNUG9Nl-sMiqwl-uMCA3x0-SRyvDLNoKPIjVBN5hwdPmsd2Gc7-AHhT5-Prasqmmy4WhDSa/s300/historium10.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="279" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj925QRHLQ3EZvgy1TQJzTZ9E6y2_LlmzaTlcIOmekS_gpBCvZVoU_KfkZr5k53uP4glAW2welefEx1ykWDLNmpGDsgJE14ZTguO0PYXM1qg3Bm9KAGzlNUG9Nl-sMiqwl-uMCA3x0-SRyvDLNoKPIjVBN5hwdPmsd2Gc7-AHhT5-Prasqmmy4WhDSa/s16000/historium10.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">TOMBA DI PAQUIUS SCEVA</td></tr></tbody></table>La prima parte comprende via Crispi e via Roma sud, il vallone San Sebastiano ad ovest e la chiesa della Madonna delle Grazie ad est, con tombe a tegoloni, pavimento musivi, in opus spicatum e cementizia, con rivestimento in opus reticulatum; dal vallone di San Sebastiano le tombe proseguono in Piazza Diamante, scendendo sino a Piazza Barbacani. </div><div><br /></div><div>Le tombe sono a l'inumazione, l'incinerazione è rara, i sepolcri sono a tegoloni, con copertura a cappuccina, ma anche di altri tipi, come il sarcofago monumentale di P. Paquius Sceva. </div><div><br /></div><div>Il monumento più importante è infatti il grandioso sarcofago dove erano sepolti P. Pacuvio Sceva e la moglie Flavia. All'interno del sarcofago, sui lati rispettivi, sono incise le iscrizioni che si riferiscono ai due defunti. In quella di Sceva è riportata la brillante carriera del personaggio. Il sarcofago appartiene ad un raro tipo di età augustea, utilizzato da personaggi che preferivano l'inumazione in un periodo di quasi universale diffusione della cremazione.</div><div><br /></div><div>Molte tombe nell'area di Santa Maria del Soccorso, dove si trova una cappella, con pavimenti musivi rinvenuti fuori dall'abitato, coincidendo nell'area della Madonna delle Grazie con opus spicatum, e nei sepolcri rinvenuti nell'area conventuale di Santa Lucia, fuori Vasto. In contrada "Incoronata" è venuta alla luce una necropoli molto interessante.<br /><br />Alcune lapidi, tra le meglio leggibili, riportano di :</div><div>- Faustina, vissuta 15 anni. </div><div>- Caio Figellio Frontone vissuto 9 anni otto mesi e due giorni (presso la chiesa di Santa Maria Maggiore - Tito Giulio Hilari Pudente (presso la raccolta dei baroni Genova Rulli).</div><div>- Mevia Vittoria dedicata alla sorella Cassandra (in Piazza Barbacani).<br /><br /></div><div>Il monumento più importante è però il grandioso sarcofago dove erano sepolti P. Pacuvio Sceva e la moglie Flavia. All'interno del sarcofago, sui lati rispettivi, sono incise le iscrizioni che si riferiscono ai due defunti. In quella di Sceva è riportata la brillante carriera del personaggio. Il sarcofago è a inumazione. </div><div><br /></div><div>Nel Palazzo d'Avalos, insieme a sculture come il busto in marmo con basamento, che componeva la scultura del poeta vastese Lucio Valerio Pudente, un busto acefalo di donna, diverse statue e lucerne in terracotta, idoli in bronzo. <div><br /></div></div><br /><b>BIBLIO</b><div><br /></div><div>- AA. VV., Histonium, resti della città romana, in Musei e siti archeologici d'Abruzzo e Molise, Pescara, Carsa edizioni, 2001 -<br />- A. Marinucci, Le iscrizioni del Gabinetto Archeologico di Vasto, in "Documenti di antichità italiche e romane" Vol. 4, Tipografia Centanri 1973 -<br />- A.R. Staffa, Dall'antica Histonium al castello del Vasto, Fasano di Brindisi: Schena Editore, 1995 -<br />- L. Marchesani, Storia di Vasto. Città in Abruzzo Citeriore, Napoli 1838 -<br />- AAVV - Dall'antica Histonium al Castello del Vasto - a cura di A.R. Staffa - Fasano di Brindisi - 1995 -<br />- AA.VV - Parco Archeologico delle Terme Romane - Vasto, in Trigno Sinello, Amore a prima visita, Brochure Trigno-Sinello Card - Vasto - 2007 -</div><div><br /></div></div></div></div></div></div></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d61721.85745793571!2d14.68496372172176!3d42.1236830542402!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x1330ddb34fea79a5%3A0xceb6b7f77a4a9b71!2s66054%20Vasto%20CH!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1681105327744!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe></div>Romanoimperohttp://www.blogger.com/profile/04241360059894739474noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-77933427230357984752024-02-13T06:41:00.001+01:002024-02-13T06:42:31.868+01:00VIA ARIMINENSIS<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2I08JuxuOPnczXkau24eibZhHNRQr2b-b5UAffh0-AOMWXxjAZ4hO6ZwHWgiii5j5pSxgUt1D7-B92oaL-StpyS7UfNTCCuwfX-Nn3dmbzLRo7reQ0NpB-Swxs3NIBMAGs4KsHSLAdVHw-5_LrDONi58xPmBIu4sGDTWlsTpOMWSscL1g1je3hcr2/s550/via-ariminensis3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2I08JuxuOPnczXkau24eibZhHNRQr2b-b5UAffh0-AOMWXxjAZ4hO6ZwHWgiii5j5pSxgUt1D7-B92oaL-StpyS7UfNTCCuwfX-Nn3dmbzLRo7reQ0NpB-Swxs3NIBMAGs4KsHSLAdVHw-5_LrDONi58xPmBIu4sGDTWlsTpOMWSscL1g1je3hcr2/s16000/via-ariminensis3.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div>La via Ariminensis fu un'importante strada consolare romana, che oggi esiste ancora nel suo percorso su reti provinciali attraverso l’Appennino, da Arezzo fino a Rimini. La via venne fatta costruire per scopi militari da Marco Livio Salinatore verso la fine del III secolo a.c. sul tracciato di un antichissimo percorso che collegava l’Etruria alla Val Padana, da cui più volte i Galli scesero per attaccare Roma.<div><br /></div><div>Essa collegava Arezzo, caposaldo a difesa dei confini settentrionali, a Rimini e ai porti dell’Adriatico consentendo un rapido spostamento delle legioni, e la rapidità per l'esercito romano era fondamentale, ma anche un migliore transito commerciale tra Etruria e Valle Padana. </div><div><br /></div><div>Inoltre, raccordandosi alla Cassia, che da Arezzo conduceva a Florentia (Firenze) e da qui fino a Lucca (già romana, Livio narra che nel 28 a.c. il console Sempronio Longo si rifugiò a Lucca per sfuggire ad Annibale).</div><div><br /></div><div>La via si snodava poi fino a Luni, raggiungeva il Mar Tirreno, toccando così entrambi i mari, finchè poi divenne una semplice strada vicinalis in epoca imperiale.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGcNko0TpcUE3lotr0YY6AM5OfIzpl26oNsIlLSpMnQ8nIl8pjWKAi1SweSwxDgbT9TX3pyNxPRYVu9uWYoCJ1qKnsuXa5H0FbpKYGzx9H47CVAZqVQq3nOsPljP75cNhxyNl1TqEOPIH_jThzVMGepSzGqavJj_lSuNnrZ0nx9SZRqm0QEMjkk_ul/s582/via-ariminensis1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="582" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGcNko0TpcUE3lotr0YY6AM5OfIzpl26oNsIlLSpMnQ8nIl8pjWKAi1SweSwxDgbT9TX3pyNxPRYVu9uWYoCJ1qKnsuXa5H0FbpKYGzx9H47CVAZqVQq3nOsPljP75cNhxyNl1TqEOPIH_jThzVMGepSzGqavJj_lSuNnrZ0nx9SZRqm0QEMjkk_ul/s16000/via-ariminensis1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">IL PERCORSO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL PERCORSO</span></b><div><div><br />- Uscita da Arezzo in prossimità di Porta San Biagio la via Arimensis attraversava il borgo La Catona (dove sono stati rinvenuti moltissimi reperti archeologici di epoca etrusco romana) e toccava:<br /><br />- Praedium Tricotianum (Tregozzano), </div><div><br /></div><div>- Praedium Camperianum (Campriano), </div><div><br /></div><div>- poi, piegando a destra (statale della Libbia), attraverso il passo della Scheggia giungeva al Castello di Montauto.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both;">Poi si biforcava: </div><div class="separator" style="clear: both;">- un ramo si dirigeva verso Castrum Angularium (Anghiari) per poi scendere verso la valle del Tevere, Sansepolcro e Città di Castello (Tifernum Tiberinum);</div><div class="separator" style="clear: both;"> </div><div class="separator" style="clear: both;">- l’altro ramo procedeva verso Ponte alla Piera, Praedium Asilianum (Sigliano) e Pieve Santo Stefano, ricongiungendosi all'altro ramo.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;"><div>La strada aveva probabilmente due varianti per entrare in Valmarecchia: </div><div><br /></div><div>- la Via Major (risaliva al Passo di Viamaggio e poi, attraversato il territorio di Badia Tedalda (con antica abbazia costruita su resti romani vicino al castello dei Tedaldi), scendeva al Ranco e seguiva il corso del fiume Marecchia per raggiungere Verucchio e Rimini); </div><div><br /></div><div>- la via di Frassineto (dopo l’omonimo valico toccava i territori delle attuali frazioni di Caprile, Fresciano e Rofelle per ricongiungersi con la Via Major al Ranco).</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidN2bXbtHUdwAeS4chpr-Kg0T_UDtG5kMI6cyjoxQfsmwgnm_PqT3FkiBcV3bs973FHqosr2oImz7uP_Xlox3CgHGeRo5MwDqtX1qb5HQ-ML7MBaUQ0To4WcckZNO9FbIjPSmIu4xgRiNtQ7EYK25hO1I_n6nBFBdumB1TQv418_pbuwr6Eyg3OWV_/s635/via-ariminensis2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="635" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidN2bXbtHUdwAeS4chpr-Kg0T_UDtG5kMI6cyjoxQfsmwgnm_PqT3FkiBcV3bs973FHqosr2oImz7uP_Xlox3CgHGeRo5MwDqtX1qb5HQ-ML7MBaUQ0To4WcckZNO9FbIjPSmIu4xgRiNtQ7EYK25hO1I_n6nBFBdumB1TQv418_pbuwr6Eyg3OWV_/s16000/via-ariminensis2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">VIA ARIMINENSIS</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA VIA DEL SALE</span></b></div><div><br />La località del Ranco fu importante crocevia per la “via del sale” e “dei pescivendoli” verso le abbazie di Camaldoli e Montecoronaro, sede di dogana ma anche di fiere e di mercati, dove si incontravano gli abitanti delle vallate circostanti di Romagna, Marche e Toscana. Da qui la via seguiva il percorso del torrente Marecchia (fluvius Ariminus) lungo la riva destra fino a Rimini.</div></div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgS0IXd1w0u40cvX2bQDEuf6hZpXXV2Og-tmmW3lA6Ah3w7Zyhx0Ju9lkge88PPumfusO1wD6T9wUS63X6Gg110r5sZQ3Yl6tvK5Q8I8O8yyjGzn4c-FVR1BohvGHEGfm84Y9XMcwqTGanvqljptojhxl732PoNxxbhgkCJXuVdeayBRZcCnzVJyR7c/s733/via-ariminensis4.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="733" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgS0IXd1w0u40cvX2bQDEuf6hZpXXV2Og-tmmW3lA6Ah3w7Zyhx0Ju9lkge88PPumfusO1wD6T9wUS63X6Gg110r5sZQ3Yl6tvK5Q8I8O8yyjGzn4c-FVR1BohvGHEGfm84Y9XMcwqTGanvqljptojhxl732PoNxxbhgkCJXuVdeayBRZcCnzVJyR7c/s16000/via-ariminensis4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; color: #050505; font-size: 15px; text-align: start;">PORTA MONTANARA, DOVE LA VIA ARIMINENSIS ENTRAVA A RIMINI</span></td></tr></tbody></table><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;"><b><span style="color: #990000;">PORTA MONTANARA</span></b><br /><br />Il moderno tracciato segue abbastanza fedelmente quello dell’antica via romana e conta numerosi siti archeologici. La costruzione della Porta Montanara di Rimini, detta anche di Sant'Andrea, risale al I secolo a.c. e presenta un arco a tutto sesto, in blocchi di arenaria, che consentiva l'accesso alla città per chi proveniva dalla via Aretina. Il doppio fornice agevolava la viabilità, incanalando in passaggi paralleli il percorso in uscita da Ariminum, attraverso il cardine massimo, e quello in entrata.<br /><br />Viene attribuito al sistema difensivo cittadino attribuito a Silla. La porta rientrerebbe nell’ambito delle ricostruzioni che nei primi decenni del secolo, seguirono alle rappresaglie nei confronti della città, già sostenitrice di Mario, suo avversario nella guerra civile.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKyheZ_jT261PAQwCO-pLaOOhPZcWq7hxrYitk6Q5fDiwYoomr5rnOKaNxe5faPufbwLdObBhytLXgpAX8r0K1dporPTC91YQ0haEqo4JwSUREkXq7SeiypH3dtHnQ7PO-Ku3fxjjzK3pV2eWtTK6RttPFyFelBMS7UxodP0FzpVPelsHPacTcyaL8/s550/via-ariminensis5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="548" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKyheZ_jT261PAQwCO-pLaOOhPZcWq7hxrYitk6Q5fDiwYoomr5rnOKaNxe5faPufbwLdObBhytLXgpAX8r0K1dporPTC91YQ0haEqo4JwSUREkXq7SeiypH3dtHnQ7PO-Ku3fxjjzK3pV2eWtTK6RttPFyFelBMS7UxodP0FzpVPelsHPacTcyaL8/s16000/via-ariminensis5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PILONE SUPERSTITE DEL PONTE</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">IL PONTE ROMANO</span></b></div><div><br />Il ponte era costituito originariamente di 5 arcate, su di esso transitò la V coorte di Marco Antonio, luogotenente di Cesare, diretto ad Arezzo per sottometterla dopo il passaggio del Rubicone. Oggi rimane solo un pilone superstite del ponte sul Tevere della Ariminensis all'altezza della frazione di Sigliano a Pieve Santo Stefano AR.</div><div><span style="color: #050505;"><span style="font-size: 15px;"><br /></span></span><div><br /></div></div><div><br /><b><span style="color: #990000;">RINTRACCIANDO L'ANTICA VIA</span></b><br /><br />- Il sentiero ha inizio a Badia Tedalda dal “Parco della Memoria”, sopra i campi sportivi.</div><div><br />- Si segue la strada per Tramarecchia per circa 1 km, quindi la si lascia per prendere a destra la vecchia strada che scende a San Patrignano e prosegue poi su sentiero fino alla strada asfaltata per Rofelle (in prossimità del ponte sul Marecchia). </div><div><br /></div><div>- Si scende ancora su asfalto e si attraversa il ponte, risalendo in direzione di Rofelle per circa 700 m. </div><div>- A questo punto si lascia l’asfalto e si prende a destra la strada per Giuncheto.</div><div><br /></div><div>- Dopo poco si prende di nuovo a destra il sentiero CAI 15 con cui si scende fino a guadare un piccolo torrente.</div><div><br />- Ora la traccia e i segnavia si perdono su un campo incolto, ma seguendo il margine del campo delimitato dal bosco, con ampia curva a destra si ritrovano i segnavia poco prima del guado sul Marecchia. </div><div><br /></div><div>- Anche traversando diagonalmente il campo, oltre il dosso, è visibile il segnavia che immette sull’ampia traccia che porta al guado. </div><div><br /></div><div>- Siamo sempre sul sentiero CAI 15 che conduce alla storica frazione del Ranco, alla confluenza tra il Marecchia e il Presale.</div><div><br /></div><div>- Dal Ranco si prosegue sempre sul CAI 15 che ricalca ora lo storico tracciato romano fino alla frazione di Mondatio.</div><div><br /></div><div>- Poi ancora avanti fino alla strada asfaltata che va da Badia Tedalda a Rofelle. </div><div><br /></div><div>- Giunti all’asfalto si prende a sinistra e in poco più di 1 km si rientra a Badia.<br /><br />Lungezza totale: 7,5 km.<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0zvJZJwF_LehLNpyPGRAhpwdeRzKihPrAGxbAHPsEE7PxskeKICK99QoknaHZm3aP8BoxII-lL2q0v9GO6KyMJYcrqoMES4qyTAvoC2OH79R8aQzUB1-BbAZTcKGCwkTreNEiUK77QkYXg1bvlhTky5iLXU_I_58r0yc3KFVD1dFZk91EoWCYi5ev/s550/via-ariminensis6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="334" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0zvJZJwF_LehLNpyPGRAhpwdeRzKihPrAGxbAHPsEE7PxskeKICK99QoknaHZm3aP8BoxII-lL2q0v9GO6KyMJYcrqoMES4qyTAvoC2OH79R8aQzUB1-BbAZTcKGCwkTreNEiUK77QkYXg1bvlhTky5iLXU_I_58r0yc3KFVD1dFZk91EoWCYi5ev/s16000/via-ariminensis6.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><span style="font-size: medium;"><b>Alla scoperta dell'antico tracciato della via Ariminensis, visita guidata al sito archeologico</b></span></div><div><br /></div><div>Una mattina di visite guidate alla scoperta del sito archeologico tra Corpolò e Villa Verucchio che mette in luce l’antico tracciato della via Ariminensis.<br /><br />La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Ravenna, in collaborazione con Scm Group S.p.A., con la ditta adArte Srl e con il supporto dei Musei Comunali di Rimini e del Museo Civico Archeologico di Verucchio, organizza per sabato 8 ottobre tre visite guidate allo scavo archeologico in corso tra Corpolò e Villa Verucchio.<div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>L’indagine archeologica è collegata con un intervento di nuova edificazione da realizzare da parte di Scm Group S.p.A., che tramite alcune indagini a carattere preventivo ha portato al rinvenimento di un interessante sito archeologico con evidenze di epoca romana. </div><div><br /></div><div>In particolare, gli scavi hanno messo in luce per la prima volta l’antico tracciato stradale della via che univa la colonia di Rimini alla città di Arezzo (via Ariminensis) e un gruppo di sepolture di epoca romana imperiale.<br /><br />Le visite guidate, condotte dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Ravenna e dalla ditta adArte Srl, prevedono la presentazione dello scavo da parte degli archeologi che lavorano sul campo e l’esposizione dei reperti dei corredi tombali recuperati.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhamY722T9Q4BjsTluRTDL4IXfrP5kLTv7srNN1jd-VSSmFDjAQYUm3pivTNgNcIUp1nHbvMuy5QEjmCG9ZlQJsQ6YqxEKJdnuaJF6Gl1aG_vlTayBjA5sEab0Srg5Ltf4wok4TSCggyG09AU8zBfrJqPMlRagNvsZYPPWZE5uUZbuZrRlV6zHu3n3D/s550/via-ariminensis7.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="550" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhamY722T9Q4BjsTluRTDL4IXfrP5kLTv7srNN1jd-VSSmFDjAQYUm3pivTNgNcIUp1nHbvMuy5QEjmCG9ZlQJsQ6YqxEKJdnuaJF6Gl1aG_vlTayBjA5sEab0Srg5Ltf4wok4TSCggyG09AU8zBfrJqPMlRagNvsZYPPWZE5uUZbuZrRlV6zHu3n3D/s16000/via-ariminensis7.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><b><span style="font-size: medium;">Portati alla luce resti della via Ariminensis</span></b></div><div><br /></div><div>Resti della via Ariminensis, che collegava in epoca romana Arezzo con la colonia Ariminum, oggi Rimini, sull’Adriatico, sono stati rinvenuti grazie alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, a SCM Group e AdArte Srl di Rimini. </div><div><br /></div><div>Questa strada, realizzata probabilmente per scopi militari nel III sec. a.C., si impiantava su un percorso precedente che collegava l’Etruria e l’Umbria con la Val Padana già tra il IX e l’VIII sec. a.C.<div><br /></div><div><br /></div><div><b>BIBLIO</b><br /><br />- Salvatore Aurigemma - Rimini guida ai più notevoli monumenti romani e al museo archeologico comunale - Cappelli - Bologna - 1934 -</div></div></div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-55203259856244879182024-02-11T15:44:00.002+01:002024-02-11T15:44:46.004+01:00CULTO DI CAMULUS<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-QLdlRTRV2lG2IF_kb46boY4GYW8x7PyaplXwpNBtU5WVBsCQf9KLuU403IjtXtu2waA_wQEKafUv35N_IDT0nox3hDtCfSN3_hfhHtUEpOepw9UudmMeR1UGjgmYYOJulEYLEfo0EQtUhuzkF6fGYcOHk9fUkuPIQs9429kyRFcMxUbFE7uRe0s9iTY/s963/camolus2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="963" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-QLdlRTRV2lG2IF_kb46boY4GYW8x7PyaplXwpNBtU5WVBsCQf9KLuU403IjtXtu2waA_wQEKafUv35N_IDT0nox3hDtCfSN3_hfhHtUEpOepw9UudmMeR1UGjgmYYOJulEYLEfo0EQtUhuzkF6fGYcOHk9fUkuPIQs9429kyRFcMxUbFE7uRe0s9iTY/s16000/camolus2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MARS CAMULUS</td></tr></tbody></table></div></div><p>Camalus era un Dio celtico conosciuto attraverso delle iscrizioni e delle rappresentazioni (C. VI 46) col Mars romano: BRh. 164 = 0. 1977, di Rindem presso Olivia:</p>"MARTI CAMULO SACRUM PRO SALUTE TIBERI CLAUDI CAESARIS AUGUSTI GERMANICI IMPERATORIS CIVES REMI QUI TEMPLUM EOMSTITUERUNT;<br /><br />C. VI 46: ARDUINNE, CAMULO lOVI, MERCURIO, HERCULIS MARCUS QUARTIANUS MARCI FILIUS CIVES SAHINUS REMUS MILES COHORTIS"<br /><br />Nella mitologia celtica, Camulo (in latino Camulus o Camulos) era la divinità della guerra dei Remi, una tribù celtica, britannica e gallica che abitava nell'area dell'attuale Belgio. Tracce di questo culto sono ritrovate anche in Gran Bretagna. Germania, Croazia, Italia, Francia, Romania, Scozia e Inghilterra.. Cesare narra che i Remi furono fedeli alleati dei romani e offrirono ostaggi e vettovaglie per il suo esercito. (De bello Gallico, II, 3.)<div><br /><div>È più spesso equiparato al Marte romano ed è la divinità patrona di Camulodunum (Colchester). La città di Camulodunum, antica fortezza legionaria della provincia romana della Britannia, che corrisponde all'odierna città britannica di Colchester, e poi al centro romano di Colonia Claudia Victricensis. Era posizionata nel territorio dell'antica tribù celtico-belgica dei Trinovanti. Potrebbe anche essere stato patrono dei campioni, soprattutto nei giochi gladiatori.</div><div><br /></div><div><div><span>Camulos è noto grazie alle epigrafi rinvenute in tutta Europa: a Magonza e Rindern, in Germania, dove è equiparato a Marte; a Solin, in Croazia, dove è equiparato a Marte e associato a Giove ed Epona; a Roma, associato ad Arduinna, Giove, Mercurio ed Ercole e a Reims, in Francia. La pietra di Rindern è decorata con un albero su entrambi i lati e un contorno di foglie di quercia. </span></div><div><span><br /></span></div><div><span>Ma le molte iscrizioni in Belgio, nelle regioni di Arlon e Kruishoutern, fanno supporre che Camulos fosse una divinità importante per i Remi, una tribù belga della regione, dai quali era denominato Camulos della Spada Invincibile. </span>Il suo nome deriva dal celtico"Camuloduon", che significa "La Rocca di Camulo" dove Camulo rapprersentava il corrispettivo celtico di Marte, il Dio romano della guerra. </div><div><br /></div><div>Il suo nome fu alla base della città leggendaria di Camelot col suo castello d'oro e d'argento. I tolleranti Romani identificato Camulo con Marte e ne accolsero il culto, ma quando subentrò l'intransigente cristianesimo, gli Dei celtici vennero demoliti e i loro templi distrutti come tutti gli altri Dei.</div><div>Nelle immagini successive è stato talvolta raffigurato con le corna di un ariete e un invincibile con la spada. </div></div><div><br /><div><span face="sans-serif" style="color: #202122;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvE-hIKZ4vfVLBLwhOjRoTfltg36A1_2SWm4rcmbVivEiyEyjHcWTzuT63FSxLUlQqUCDs0DebXLoREFhBMRrczGyO8sSjOR-tpKx3YM1XUWZnbnQeJyihIby72RzIylqc7rcnYm5QIQvlTm_LsC3qSxF2K8gtmcCnEXRlFWhghTvYjeCuxzvpnVSl04A/s632/camulus3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="632" data-original-width="500" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvE-hIKZ4vfVLBLwhOjRoTfltg36A1_2SWm4rcmbVivEiyEyjHcWTzuT63FSxLUlQqUCDs0DebXLoREFhBMRrczGyO8sSjOR-tpKx3YM1XUWZnbnQeJyihIby72RzIylqc7rcnYm5QIQvlTm_LsC3qSxF2K8gtmcCnEXRlFWhghTvYjeCuxzvpnVSl04A/s16000/camulus3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CAMULUS RIPRESO DA UNA MONETA CELTICA</td></tr></tbody></table></span></div><div><br /></div><div>Vari reperti riguardanti la divinità sono stati rinvenuti: </div><div>- a Reims (Durocortorum - Gallia Belgica), </div><div>- Arlon (Orolaunum - Gallia Belgica), </div><div>- Kruishoutem e Rindern (Harenatium nella Germania inferiore), </div><div>- Mainz (Mogontiacum nel Germania Superior), </div><div>- Kilsyth/ Bar Hill presso il Vallo Antonino in Scozia, </div><div>- Sarmizegetusa (Colonia Ulpia Traiana Augusta Dacica Sarmizegetusa nella Dacia) </div><div>- Southwark, Londra. </div><div><br /></div><div>Queste iscrizioni menzionano Marte Camulo. Si fa spesso riferimento a una pietra votiva a Roma, eretta da Marco Quartinio di Reims che prestò servizio con la guardia pretoriana, dove Camulo sarebbe menzionato senza il collegamento con Marte, ma questo non dimostra nulla. </div><div><br /></div><div>- Un'iscrizione trovata a Bar Hill, nel Dunbartonshire, sul muro di Antoine, recita Deo Marti Camulo. - Una seconda iscrizione che recita Marti Camulo è stata trovata a Croy Hill. Per il resto, le prove provengono dai nomi dei luoghi: - Camulodunum (Forte di Camulo) oggi Colchester, - Essex e Camulodunum oggi Almondbury, Yorkshire. - Anche il toponimo Camulosessa Præsidium (sede di Camulos), identificato come Castle Greg, nel West Lothian, in Scozia, sembra associato a questa divinità, - e la vicina Camilty, che, come Cameltree (XVIII secolo), potrebbe derivare dal brittico Camulos Tref, che significa "villaggio di Camulos".</div><div><br /></div><div>La recente scoperta di una targa con una nuova iscrizione dedicata a Camulos a Londra recita: NVM AVGG DEO MARTI CAMVLO TIBERINIVS CELERIANVS C BELL MORITIX LONDINIENSIVM MVS (Per gli spiriti degli imperatori e per il dio Martius Camulos, Tiberinius Celerianus, custode dei guerrieri, Moritex del popolo di Londinium, [offre] questo memoriale in adempimento di un voto). Moritex, il dedicatario dell'iscrizione, si descrive come custode dei guerrieri, probabilmente coinvolto con i gladiatori di Londra. </div><div> Data la possibile etimologia del nome Camulos come "Il Campione" (dalla stessa radice del cimbro camwr [campione] e campwr uno che compie imprese), si può associare Camulos ai gladiatori londinesi. L'interpretazione di Camulos come "campione" può anche alludere alla preferenza dei Celti per i conflitti individuali dei campioni piuttosto che la guerra.</div><div><br /></div><div>Colonia Victricensis, o semplicemente Colonia, fu la prima delle tre colonie che i Romani fondarono in Britannia (C. in Essex), posta in un oppidum (forte) conosciuto come Camulodunum che significa “luogo fortificato di Camulus”, il dio celtico della guerra. Camulodunum era l’insediamento principale dei Trinovantes e comprendeva il più vasto complesso di terrapieni difensivi esistenti allora in Britannia. </div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu7slj5U-5SPurxPOq_LIe_3dBjcvbLBvMChLc7aXDkU3iTk8rJrKH_EhxYCuve7gw4wNqA81u254Cka7acs3enwmb7EyLkaiiaB9wbAzxNMxon5xfawgn4we5w-IJJrMhkVPJlpLN4gPQWj_KP70Pc8IlEy_Hjp1-p_z1OIYguQsS7FHGcP53Ovr-HMs/s999/camulus4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="999" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu7slj5U-5SPurxPOq_LIe_3dBjcvbLBvMChLc7aXDkU3iTk8rJrKH_EhxYCuve7gw4wNqA81u254Cka7acs3enwmb7EyLkaiiaB9wbAzxNMxon5xfawgn4we5w-IJJrMhkVPJlpLN4gPQWj_KP70Pc8IlEy_Hjp1-p_z1OIYguQsS7FHGcP53Ovr-HMs/s16000/camulus4.jpg" /></a></div><div><br /></div><div>Dal 10 al 40, fu la sede di Cunobelinus, il più potente tra i re della Britannia. Nel 43 l'imperatore Claudio entrò a Camulodunum, quindi tornò a Roma per celebrarvi il trionfo. Vi fu costruita una fortezza per la legio XX. Nel 49 la legione fu ritirata e fu creata la colonia. La maggior parte delle vie venne conservata e molte caserme furono trasformate in case. </div><div><br /></div><div>Le difese legionarie furono rase al suolo e nella parte orientale, al posto degli abitati, vennero costruiti alcuni edifici pubblici. Tra essi vi erano un teatro e un grande tempio dedicato a Claudio. Nel 60/1 i Trinovantes si unirono alla vicina tribù degli Iceni e, guidati dalla regina Boudicca, incendiarono gli insediamenti romani di Camulus, Londinium (Londra) e Verulamium (St. Albans). </div><div><br /></div><div>Trent’anni più tardi la colonia di Camulus fu ricostituita e munita di un muro difensivo e di un fossato. Il tempio di Claudio fu restaurato e vi fu ristabilito il culto imperiale, benché sia possibile che nel frattempo Londinium fosse già divenuta più importante di Camulus</div><div><br /></div>Dalla metà del II al III sec. si ebbe un periodo di relativa prosperità. Le abitazioni divennero più grandi e meglio costruite, molte dotate di un cortile o di padiglioni laterali, con pavimenti a mosaico. Vennero edificati diversi templi celtico-romani, il più importante si trovava a Gosbecks, dove era stato costruito un santuario sopra l’oppidum. Intorno al 275 vennero rinforzate le difese della città allargando il fossato e chiudendo tre porte cittadine per ostacolare le incursioni sulla costa orientale. I sobborghi si ridussero fin quasi a scomparire e gli abitanti diminuirono sempre più. </div><div><br /></div><div>Una chiesa costruita nel 330 presso un vasto cimitero cristiano dimostra che verso la metà del IV secolo vi doveva essere una notevole comunità cristiana nella colonia. Intorno alla metà del V secolo gli abitanti romano-britanni vennero assorbiti dalla cultura sassone straniera. All’interno delle mura comparvero capanne sparse mentre nelle antiche zone cimiteriali romane si trovano cremazioni sassoni con scudi e armi.</div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><br /></div><br /><b>MITOLOGIA</b></div><div><br /></div><div>Amando la bellissima Muirné, ma suo padre il druido Tagd è contrario, Cumhal deve rapirla. Allora il druido, per punire il figlio disobbediente, fa entrare il re d' Irlanda , Conn Cetchathach (Conn "alle cento battaglie"), che uccide il rapitore. </div><div><br /></div><div>Nella mitologia celtica irlandese , Cumhal (o Cumaill ) è un Dio guerriero molto temuto. È figlio del re dei Tuatha Dé Danann Nuada , marito di Muirné e padre di Finn Mac Cumaill , chiamato Deimne quando era bambino. Cumhal, come il Dio gallico noto come Camulos o Camulus , è stato paragonato a Marte , il Dio romano della guerra.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>CAMULUS E MARTE</b></div><div><br /></div>In Gallia, c'è un Dio Camulos, che i romani assoceranno a Marte. Questo nome è vicino a Cumhal per cui l'eroe "Cumhal" sarebbe solo una figura del Dio della guerra "Camulos" ma non è certo,<div>I Camulos sono cognomines relativi al Dio romano della guerra Marte, è possibile che Cumhal fosse in definitiva solo un eroico doppio di suo padre, il re degli dei Nuada</div><div><br /></div><div><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ37HpPUfd1wfEdseGFHz3GB2iQU64R8pnzSmFBZzn8xrB6fatMa4RGp1p1Ol_0gg6UODAnB_miMEh7NpieFdobfcAsSDZsNjF0gSHhY2zAOZKMw1-B57Ua0jAshlWMt-0ae-NkF9Ikn7i6_o2xb18U2kqn0acw1QfYFjfxrGP_utEq8gByL9rIC6xymE/s703/camulus5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="703" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ37HpPUfd1wfEdseGFHz3GB2iQU64R8pnzSmFBZzn8xrB6fatMa4RGp1p1Ol_0gg6UODAnB_miMEh7NpieFdobfcAsSDZsNjF0gSHhY2zAOZKMw1-B57Ua0jAshlWMt-0ae-NkF9Ikn7i6_o2xb18U2kqn0acw1QfYFjfxrGP_utEq8gByL9rIC6xymE/s16000/camulus5.jpg" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></b></div><div><b>I REMI</b></div><div><br />I Remi, il cui nome significa "i primi" erano un popolo della Gallia Belgica meridionale, posti nella Piccardia francese. La loro capitale fu prima Vieux Reims, a Variscourt, e poi Durocortorum, oggi Reims. Cesare cita l'oppidum remo di Bibrax, presso cui, nel 57 a.c., ottenne un'importante vittoria contro i ribelli della Gallia Belgica. Menzionati più volte da Cesare nel suo De bello Gallico, di cui rimasero sempre fedeli alleati durante tutto il periodo della sua conquista della Gallia .</div><div><br /></div>Dunque Cesare in soli dodici giorni allestisce uomini animali e salmerie, e in soli 15 giorni di marcia serrata raggiunge il territorio, il che fa tremare i Remi, gli abitanti dell'attuale territorio di Reimsche che gli inviano come ambasciatori Iccio ed Andecumborio, capi della nazione, a dire che si rimettono al popolo romano, "che loro non s'erano accordati con gli altri Belgi né si erano alleati contro il popolo romano, che erano pronti a dare ostaggi, obbedire agli ordini, accoglierli nelle città e aiutarli con frumento ed altri beni"<div><br /></div><div><b>Vedi anche: <a href="https://www.romanoimpero.com/2009/08/la-religione-romana.html">LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE</a></b></div><div><br /></div><div><br /></div><div><span><b>BIBLIO</b></span></div><div> </div><div><div><div><div><div>- Un Dizionario di mitologia celtica - Oxford University Press - 2004 -<br />- Cesare - De bello Gallico -<br />- N. Crummy, Ph. Crummy,C. Crossan - Excavations of Roman and Later Cemeteries, Churches and Monastic Sites in Colchester - 1871-88 - Colchester - 1993 -<br />Ph. Crummy et al. - Camulodunum - Colchester - 1995 -<br /></div></div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-18179934411314341862024-02-09T06:36:00.005+01:002024-02-09T19:50:00.667+01:00AGER PUBLICUS<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-Kpys8K2pHn1vuZSWky-TGE9dFLErTbyPeK6oF9HdjxWL0hB4xf7bjF1a1EV5vGq0fpuJefDzEg05X7MkZLIMlqlcZ_5pdESHOej3cUMHG3_ogyftcJY0z3I_0035zgN5voQqHt-U8iMl7sUVDUNjKeTiRWD0EutvkXVGH1vO4v87_0GPauS2sQim/s550/ager-publicus5.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="386" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-Kpys8K2pHn1vuZSWky-TGE9dFLErTbyPeK6oF9HdjxWL0hB4xf7bjF1a1EV5vGq0fpuJefDzEg05X7MkZLIMlqlcZ_5pdESHOej3cUMHG3_ogyftcJY0z3I_0035zgN5voQqHt-U8iMl7sUVDUNjKeTiRWD0EutvkXVGH1vO4v87_0GPauS2sQim/s16000/ager-publicus5.jpg" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">AGER ROMANUS E AGER PEREGRINUS</span></b><div><br />L’ ager romanus, esteso talvolta a indicare tutto il territorio romano di proprietà quiritaria, è in genere identificato con il più antico territorio di Roma, verso la fine dell’età regia. Esso, indicato anche come a. antiquus, rimase pure in seguito la sola sede atta alla celebrazione di alcuni atti solenni della vita pubblica.<div><br /></div><div>Ager peregrinus è il territorio di Stati stranieri alleati o riconosciuti, su cui sussistono legittimi diritti degli stranieri, mentre l’ a. hosticus indica il territorio di Stati in guerra con Roma o, comunque, privi di qualsiasi relazione con essa.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><b><span style="color: #990000;">AGER PRIVATUS E AGER PUBLICUS</span></b><div><br /></div>Nel territorio di Roma, occorre invece distinguere fra ager privatus e ager publicus populi Romani.<br />L’ ager privatus è costituito dai terreni in piena proprietà privata (dominium ex iure Quiritium), e da quelli oggetto di una durevole signoria dei privati, tenuti però al pagamento di un vectigal (canone periodico) allo Stato (a. privatus vectigalisque).</div><div><br /><div>Nel diritto romano, l'ager publicus, agro pubblico, era costituito da porzioni di territorio (terreni, fondi, latifondi) con lo stato giuridico di proprietà dello stato. L'Ager era esterno alla città, delimitata dal pomerio. L'ager publicus, nel diritto romano, era dunque l'insieme di porzioni di territorio di proprietà dello stato romano. Lo stato acquistava questi territori soprattutto attraverso l'occupazione militare di altri territori ma talvolta anche attraverso opere di occupazione consenziente. </div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyCdL-2gqEoo2-OpuPUjmb0Yu-rf_dU1K9dXA6SD8szuk8bkNDbT59uenEcX-JuOy8THhxRgSJsmllG4_tfw0emhVj01zylE37LUqvDE1r0uOzpOGF_NWuxcUb3Jmvt91Vkxh6Lr3KVClmix3eQ4Rb_dYhZz11im4hoogl1ljw9bFKC3CqqDjQDZmK/s550/ager-publicus1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="385" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyCdL-2gqEoo2-OpuPUjmb0Yu-rf_dU1K9dXA6SD8szuk8bkNDbT59uenEcX-JuOy8THhxRgSJsmllG4_tfw0emhVj01zylE37LUqvDE1r0uOzpOGF_NWuxcUb3Jmvt91Vkxh6Lr3KVClmix3eQ4Rb_dYhZz11im4hoogl1ljw9bFKC3CqqDjQDZmK/s16000/ager-publicus1.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA DEDITIO</span></b></div><div><br /></div><div>Nel IV secolo a.c., la città di Capua Vetere venne assediata dai Sanniti, per cui inviò un'ambasceria a Roma chiedendone la protezione, ma il Senato romano, che aveva in precedenza stipulato un trattato di non belligeranza con i Sanniti, fu costretto a respingere la proposta.<div><br style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, Tahoma, Verdana; font-size: 12px;" />Gli ambasciatori della città campana, disperati perchè conoscevano la ferocia e la distruttività dei Sanniti, decisero di consegnare l'intera città, i suoi abitanti, i campi, gli averi e ogni altra cosa, nelle mani di Roma. Era la cosiddetta "Deditio", per cui Capua diventava territorio romano e come tale doveva essere difesa a tutti i costi.<br /><br />Infatti Roma si sentì obbligata ad intervenire in sua difesa, dando inizio alla I Guerra Sannita, nel 343 a.c. che terminò con la vittoria romana. Nel 338 a.c. poi Roma le concesse la <i>civitas sine suffragio</i>, ovvero la cittadinanza senza l'esercizio del diritto di voto.</div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">AGRO POPLICO</span></b><br /><br />La prima menzione di ager publicus si trova nel II secolo a.c. nello storico romano Lucio Cassio Emina, che lo usa nei suoi Annales, ma pure l'agro poplico nell'Elogio di Polla e agrum poplicum nella Tavola di Polcevera del 117 a.v.. Tuttavia il termine ager publicus non voleva significare "agro publico" ma "agro conquistato" o "devastato". Publicus derivava dal verbo populare che, come Mommsen spiega, originariamente aveva il significato proprio di "devastare". Infatti alcune fonti parlano di questo ager come ager nemico occupato militarmente.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgRJ3oazlIn31PTW4qiowU7XPbiH7vde-L6DX-sySid8ygcjXsLPxaj_4YZ_O9ast5VoBJdywLk1xcngLXMsy7m5rJHMYqv0y6KP_uYVjYFgmT2c0NIbDxrFeCVWfkgk7zeAQ6z-L4FQSA1JDVedoPoojVAp45f9gwI0O86rabtXffurqCaK9642SB/s550/ager-publicus3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgRJ3oazlIn31PTW4qiowU7XPbiH7vde-L6DX-sySid8ygcjXsLPxaj_4YZ_O9ast5VoBJdywLk1xcngLXMsy7m5rJHMYqv0y6KP_uYVjYFgmT2c0NIbDxrFeCVWfkgk7zeAQ6z-L4FQSA1JDVedoPoojVAp45f9gwI0O86rabtXffurqCaK9642SB/s16000/ager-publicus3.jpg" /></a></div></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">AGRO PUBLICO</span></b><br /><div><br /></div><div>L'accezione di "agro publico" si avrà in età gracchiana quando il termine ager publicus sarà usato per la prima volta, nel 111 a.c. anche nella lex agraria epigrafica. Per Tiberio Gracco l'ager publicus si chiamava così per distinguerlo dall'ager privatus cioè i terreni appartenenti a privati. <br /><br />Parte dei territorio in ager publicus veniva concessa ai privati, dopo la centurizzazione da parte dei censori, in:<div>- 1) proprietà piena (ager divisus et adsignatus per limites in centuriis) dietro il pagamento di un compenso allo stato vectigal, </div><div>- 2) una parte veniva concessa solo in godimento. </div><div>- 3) una parte veniva destinata a scopi religiosi, per la destinazione di templi, </div><div>- 4) una parte veniva destinata alla realizzazione di colonie romane o latine.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">ADSIGNATIO</span></b><br /><div><div><span class="mw-headline"><br /></span></div><div>L'acquisto della proprietà a titolo originario era basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso di un bene. Esistevano però diverse forme di ager publicus a seconda della adsignatio (assegnazione):</div><div><br /></div><div>- <b>ager occupatorius</b>: con e senza corrispettivo in denaro (cioè con o senza canone periodico), forse in origine venne assegnato ai soli patrizi, non dava però luogo ad usucapione, in latino usucapio, un modo di acquisto della proprietà a titolo originario basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso sul bene in causa.</div><div><br /></div><div><i style="color: #202122; font-family: sans-serif; font-size: 14px;">- </i><b>ager scripturarius</b>: terreno concesso a pascolo con pagamento della scriptura, una somma fissa per ciascun animale che avrebbe pascolato in quel territorio;<br /></div><div><br /></div>- <b>ager compascuus</b>: simile all'ager scripturarius, ma assegnato a comunità o a soggetti plurimi (spesso proprietari di fondi confinanti), forse anche senza obbligo di un canone in origine, e utilizzato col mandarvi i propri animali a pascolare. Fu un territorio lasciato ai vicini per il pascolo comune degli animali. Fu la lex Sempronia Agraria a sciogliere i dubbi, classificando il compascolo come ager publicus;</div><div><br />- <b>ager quaestorius</b>: venduto dai questori, conservava il carattere di pubblico e il privato acquistava il possesso tutelato da interdetti e revocabile, pagando il vectigal a titolo di ricognizione;</div><div><br /><div><i style="color: #202122; font-family: sans-serif; font-size: 14px;">- </i><b>ager censorius</b>: locato dai censori;</div><div><span face="sans-serif" style="color: #202122;"><span style="font-size: 14px;"><br /></span></span></div>- <b>ager vectigalis</b>: sottoposto al pagamento di un vectigal (canone periodico), si assegnava al privato questo ager dapprima per 5 anni e poi, successivamente, in perpetuo.</div><div><br /><div>- <b>agri redditi</b>: denominazione di un terreno demaniale composto da terreni dei paesi conquistati, che veniva restituito ai vinti dietro il pagamento di un tributo.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVQ3TbZ67X4TWTorTAEM7G7xn3YvV1-LUtR3jPZRm7OqS-GTpec-jymhZvrVVj4AgGxp5l2B1gfPIOP23F4b3YL0nI1SMa_ncymWUVwW7-OZawcUUfPDVWcdnSRMpLLKs4vlKx-GV-fqLncO0rSm4GxIxrsgEYAIfUR1nuirFViFeMmM4SceLvl9nM/s550/ager-publicus2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="234" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVQ3TbZ67X4TWTorTAEM7G7xn3YvV1-LUtR3jPZRm7OqS-GTpec-jymhZvrVVj4AgGxp5l2B1gfPIOP23F4b3YL0nI1SMa_ncymWUVwW7-OZawcUUfPDVWcdnSRMpLLKs4vlKx-GV-fqLncO0rSm4GxIxrsgEYAIfUR1nuirFViFeMmM4SceLvl9nM/s16000/ager-publicus2.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><span style="color: #990000; font-family: times;"><b>AGER ROMANUS</b></span></div><div><span style="font-size: medium;"><b><br /></b></span><div>I Romani designavano Ager Romanus antiquus il territorio attorno alla città, per un raggio di cinque o sei miglia dal Campidoglio; la zona era delimitata da confini sacri, rimasti inalterati nonostante le successive conquiste, perché ad essi erano connessi gli auspicia. </div><div><br /></div><div><br /></div><div><span style="font-size: large;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span></div><div><span style="color: #990000;"><b>AGER ARICINUS</b></span></div><div><span style="font-size: medium;"><b><br /></b></span></div><div>L'ager contiguo ad Aricia, da essa amministrativamente dipendente e gravitante sui laghi di Albano e di Nemi, con i centri moderni di Albano Laziale e di Genzano. Dell’epigrafia del sacro aricina, vi sono<br />80 epigrafi per lo più sacre, la maggior parte dedicate alla Dea Diana, ovviamente di Nemi.</div><div><span style="font-size: large;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span></div><div><span style="font-size: large;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span><div class="mw-references-wrap"><b><span style="color: #990000;">AGER VEIENTANUS</span></b></div><div class="mw-references-wrap"><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3OVrWdjH3252eEw1uuyI2XPPTk6hqmlh3bXpRS7AYjhAnjr05cMIyuGBM8qmGJnGRWRFVnkthX03LKvgg3JFgYZGVEy6RtEINS5VeXEgSYkfnLtQ-m_HodzhvRxGHBncmyjKv7WzbdI7lq8Km8mclPFPce1p32aQNkJZrD6Y28rBtjfrepzHEVJCM/s1200/ager-publicus6.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="719" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3OVrWdjH3252eEw1uuyI2XPPTk6hqmlh3bXpRS7AYjhAnjr05cMIyuGBM8qmGJnGRWRFVnkthX03LKvgg3JFgYZGVEy6RtEINS5VeXEgSYkfnLtQ-m_HodzhvRxGHBncmyjKv7WzbdI7lq8Km8mclPFPce1p32aQNkJZrD6Y28rBtjfrepzHEVJCM/w240-h400/ager-publicus6.jpg" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(INGRANDIBILE)</td></tr></tbody></table>Ager Veientanus veniva chiamato il territorio immediatamente a nord, di forma più o meno trapezoidale, dominato da Veio. Il limite con l’Ager Romanus era dato da un modesto corso d’acqua, il Cremera, a est giungeva alla sponda destra del Tevere, a nord era delimitato dalle zone di influenza dei Capenati e dei Falisci, a ovest giungeva fino al settore sud-orientale del lago di Bracciano, al limite con un’altra zona di pertinenza etrusca, quella di Caere.<br /><br />Il territorio è composto dalle vulcaniti dell’apparato sabatino, dalla cui alterazione sono derivati suoli piuttosto fertili, tanto che già prima della conquista romana l’agricoltura aveva prevalso sulla pastorizia. Le ricerche della British School of Rome hanno accertato la presenza di 16 siti abitativi tra il X e il VII secolo a.c., saliti a 137 nei due secoli seguenti. Oltre a Veio, peraltro, si aveva un solo insediamento di una certa entità, sul monte S. Angelo, che limita a est la conca di Baccano. <br /><br />Dopo la conquista romana solo Veio, nonostante l’iniziale distruzione, sopravvisse come insediamento di tipo urbano, ma si moltiplicarono i siti di popolamento agricolo nelle campagne: oltre 240 secondo gli studiosi inglesi nel II secolo a.c., saliti a oltre 300 agli inizi dell’era cristiana. Col IV secolo cominciò un declino, ulteriormente aggravato con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e le invasioni barbariche.<br /><br /><br /><div class="mw-references-wrap"><b><span style="color: #990000;"><br /></span></b></div><div class="mw-references-wrap"><b><span style="color: #990000;">AGER CAMPANUS</span></b></div><div class="mw-references-wrap"><br /></div>Capua possedeva in origine un territorio vastissimo: l'ager Campanus che si estendeva, a nord, fino alle pendici del monte Massico e includeva anche l'Ager Falernus, che rimase proprietà della città almeno fino al 338 a.c. quando, entrata a far parte della confederazione romana, dovette cedere quel territorio a Roma.<p></p>Tra i provvedimenti punitivi contro Capua, presi da Roma nel 211 a.c. durante la II Guerra Punica per l'alleanza della città con Annibale, il più grave fu l'espropriazione dell'intero ager Campanus, la cui estensione doveva essere di 200.000 iugeri, e che fu dichiarato ager publicus.<br /><br style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, Tahoma, Verdana; font-size: 12px;" />Poiché però nel 173 a.c. molta terra era tornata in mano ai privati, Roma effettuò la centuriazione del territorio che venne diviso in appezzamenti di 20 actus x 20 (m. 715 x 715) con strade incrociantesi ad angolo retto.<br /><div class="separator" style="background-color: white; clear: both; color: #333333; font-family: Arial, Tahoma, Verdana; font-size: 12px; text-align: center;"><br /></div>Poichè nel 130 parte della piana Campana era ancora occupata da abusivi e il senato non riusciva a porvi rimedio, una commissione composta da Gaio Gracco, Appio Claudio e Licinio Grasso <i>tresviri agris iudicandis adsignandis</i>, identificò e e delimitò i terreni pubblici.</div><div class="mw-references-wrap"><br /></div><div class="mw-references-wrap"><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_yGdh4VQt16sDgfe6SmTciKXJdteqJM9jHzS8osrvjXxcwlLzfIEEK2LHEVp9ynKKjwvFbOv6Ft4gCE0L75kyx-34_4cISGfUkKgiDgGJmGvBdVz_qIkP5i4ubtSVsMWF04rL7e8aeK-RVaBZGS-JohM73bseadqorz8789Y87KE1UT7eodqOJ5S_/s550/ager-publicus7.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="438" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_yGdh4VQt16sDgfe6SmTciKXJdteqJM9jHzS8osrvjXxcwlLzfIEEK2LHEVp9ynKKjwvFbOv6Ft4gCE0L75kyx-34_4cISGfUkKgiDgGJmGvBdVz_qIkP5i4ubtSVsMWF04rL7e8aeK-RVaBZGS-JohM73bseadqorz8789Y87KE1UT7eodqOJ5S_/s16000/ager-publicus7.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LE LEGGI ROMANE</td></tr></tbody></table><br /></div><p align="JUSTIFY" style="background-color: white; font-family: "Times New Roman"; font-size: medium;"><b><span style="color: #990000;">LEGGI LICINIE SESTIE</span></b></p>Le Leggi Licinie Sestie del 367 a.c. ponevano dei limiti allo sfruttamento dell'agro Pubblico, ma i ricchi proprietari che da sempre lo occupavano illecitamente si batterono per non farsi togliere questo privilegio aristocratico. Le leggi erano tre:</div><div class="mw-references-wrap"><br /></div><div class="mw-references-wrap">- De aere alieno: che le usure pagate si computassero a diminuzione del capitale e che i debitori potessero soddisfare i loro creditori in tre rate annue uguali;<br />- De modo agrorum: che fosse vietato di possedere più di 500 iugeri di ager publicus e di far pascolare sui terreni pubblici più di 100 capi di bestiame grosso e 500 di minuto, e che ci si dovesse servire di una certa aliquota di lavoro libero. Tale disposizione ebbe in realtà fortune alterne, considerando che in epoca successiva a regolare nuovamente la materia fu emessa la lex Sempronia Agraria;<br />- De consule plebeio.<br /><br />Quest'ultima consentiva ai plebei di accedere al consolato e nel 342 a.c. i plebei ottennero che uno dei due seggi del consolato fosse riservato ai plebei. Le leggi, scritte dopo la conquista romana di Veio, sancirono che i suoi territori venissero distribuiti tra la popolazione bisognosa, formando 4 nuove tribù. </div><div class="mw-references-wrap"><br /></div><div class="mw-references-wrap">La legge stabiliva inoltre la quantità massima di terreno che un privato poteva occupare: 500 iugeri (circa 125 ettari). Pochi anni prima Brenno e i suoi Galli avevano distrutto la città di Roma e molti plebei si erano indebitati per ricostruire le proprie case. Secondo le leggi delle dodici tavole il creditore poteva rendere schiavo il debitore ed anche ucciderlo, dunque molti plebei rischiavano di divenir schiavi. La legge prevedeva che la cifra prestata fosse restituita in tre anni.<br /><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><b><span style="color: #990000;"><div class="mw-references-wrap" style="text-align: center;"><b><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDL9S2J1OFbBAF0anAXZ4agWLwhMBdK13E2SQPtYiL2hKGa1ViGtT6P4JXzSGzzTa6_TzKwoMt7ZeK02RmlQQA9SCquUBj9Z2oC9SD9LxwKukl1TgOJ-EtQQeN6_WgPVOi0U21mifX7OtQ3lFwc-KjCnhTGlmEhz0EdqjnEkaoSc_Ge-WxyAmvB013/s550/ager-publicus8.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="431" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDL9S2J1OFbBAF0anAXZ4agWLwhMBdK13E2SQPtYiL2hKGa1ViGtT6P4JXzSGzzTa6_TzKwoMt7ZeK02RmlQQA9SCquUBj9Z2oC9SD9LxwKukl1TgOJ-EtQQeN6_WgPVOi0U21mifX7OtQ3lFwc-KjCnhTGlmEhz0EdqjnEkaoSc_Ge-WxyAmvB013/s16000/ager-publicus8.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">TIBERIO E CAIO GRACCO</td></tr></tbody></table><br /></b></div>LEX SEMPRONIA</span></b></div><div class="mw-references-wrap"><br />A causa dell'abbandono delle campagne, una minoranza di nobili. con a capo Tiberio e Caio Gracco, sostenne una riforma per migliorare le condizioni del popolo e bloccare la crisi agraria. Tiberio, nel 133 a.c. riuscì a farsi eleggere tribuno della plebee presentò la lex Sempronia, che prevedeva che a ogni colono fosse dato un lotto di terra quattro volte maggiore di quello tradizionale (30 iugeri, anziché solo 7) che però sarebbe restato proprietà dello Stato.</div><div class="mw-references-wrap"><br /></div><div class="mw-references-wrap">La legge limitava a 500 iugeri la terra dell’agro pubblico che un senatore o un nobile poteva occupare temporaneamente. Le terre occupate illegalmente, sarebbero state distribuite ai cittadini meno abbienti.<br />Ma i senatori convinsero o corruppero l’altro tribuno della plebe, collega di Tiberio Gracco, e cioè Marco Ottavio a porre il veto. Allora Tiberio convocò l’assemblea della plebe e lo fece destituire. La riforma fu subito approvata e il triumvirato agrario iniziò i lavori.</div><div class="mw-references-wrap"><br />Il senato negò allora i finanziamenti necessari ma Tiberio propose di utilizzare il tesoro del re di Pergamo, Attalo III, che era morto lasciando il suo regno in eredità a Roma, per finanziare tutte le spese I senatori accusarono allora Tiberio di avere violato, con la destituzione di Marco Ottavio, il principio di inviolabilità dei tribuni della plebe e di mirare al potere regio.</div><div class="mw-references-wrap"><br />I senatori assassinarono Tiberio ma dieci anni dopo, nel 123 a.c., il progetto di riforma fu rilanciato dal fratello Gaio, ma fece la stessa fine: un corpo di arcieri cretesi assaltò l’Aventino, dove i riformatori si erano rifugiati e nel massacro morirono Gaio, suicidatosi per non cadere vivo nelle mani dei nemici, e tremila uomini.<br /><br />Dopo il massacro, il senato smontò le riforme: i lotti di terra già assegnati ai poveri divennero alienabili, e furono riacquistati dai grandi proprietari (spesso con violenza e minacce); si interruppero il recupero dell’agro pubblico e la ridistribuzione ai nullatenenti; i grandi possessori dell’agro pubblico ottennero il diritto di conservare per sempre le terre occupate in cambio di un canone di affitto molto basso, che presto fu del tutto abolito. Per questa legge agraria morirono poi molti altri rappresentanti della plebe, solo Caio Giulio Cesare riuscirà a varare la legge.<br /><br /><p align="JUSTIFY"><b style="background-color: white; color: black; font-family: "Times New Roman"; font-size: medium;">BIBLIO</b></p><p align="JUSTIFY">- L. Capogrossi Colognesi, Persistenza e innovazione nelle strutture territoriali dell’Italia romana - Jovene editore - Napoli - 2002 -<br />- Carcopino J. - The Political Origins of the Agrarian Program - Problems in European Civilization - Lexington - Heath and Company - 1970 -<br />- Mommsen T. - Storia di Roma antica - Firenze - Sansoni - 1960 - <br />- Giovanni Rotondi - Leges publicae populi Romani. Elenco cronologico con introduz. sull'attività legisl. dei comizi romani - Milano - Società Editrice Libraria - 1912 -<br />- Gabba E. - Il tentativo dei Gracchi - Storia romana - 1990 -</p></div></div></div></div></div></div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-13740528874784449172024-02-05T20:51:00.003+01:002024-02-05T20:56:19.483+01:00TEATRO DI NERONE<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguj_Clf6g5I28t5Q600iIGiOc4ArSMzpL_qx6nYdnphjW9WzDBx2DRdkBNvMJZu_3VMbpxuBlU28huymC3XyaHhddffdtONSfMf6P79ij6EWMh_7gxrhV_2NdZ_5RVvnWjlXnLtptLKD1YdeWVHz10weovISviDXy2wOYl0u5Jp8zgY4i92TYt0iQaoSs/s550/Teatro-di-nerone2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="309" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguj_Clf6g5I28t5Q600iIGiOc4ArSMzpL_qx6nYdnphjW9WzDBx2DRdkBNvMJZu_3VMbpxuBlU28huymC3XyaHhddffdtONSfMf6P79ij6EWMh_7gxrhV_2NdZ_5RVvnWjlXnLtptLKD1YdeWVHz10weovISviDXy2wOYl0u5Jp8zgY4i92TYt0iQaoSs/s16000/Teatro-di-nerone2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: start;">FOTO SOPRAINTENDENZA SPECIALE DI ROMA</span></td></tr></tbody></table><span style="text-align: center;"> </span><div>I lavori eseguiti per il parcheggio di un hotel di lusso a Roma, nel cortile di palazzo della Rovere, un edificio rinascimentale del XV secolo, hanno dissotterrato una parte del famoso teatro dell'imperatore Nerone, un teatro di 2000 anni fa. La grandezza dell'edificio, la bellezza delle decorazioni e la preziosità dei materiali fanno pensare a un edificio pubblico, sicuramente il teatro di Nerone, così come venne descritto da Plinio, Svetonio e Tacito, come dichiarato anche da Alessio de Cristofaro, uno degli archeologi comunali che ha partecipato agli scavi.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><b>I NERONIA</b><br /><br />Svetonio scrive che durante i Neronia l'imperatore promise di esibirsi in hortis ("nei giardini"), un riferimento indiretto al suo teatro, e Tacito afferma che durante i Ludi Juvenales Nerone cantò per domum aut hortos. I Neronia erano giochi istituiti da Nerone che voleva imitare le Olimpiadi Greche e che si rifacevano a Giulio Cesare e ad Augusto che avevano organizzato giochi celebrativi per festeggiare l'anniversario del loro regno.<div><br /></div><div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwCQ-I7IaKhSu0Fi6tNt9vYI6PtArvPTii9qH25U2o9VZ_cu5qkKMN6qf2yZaWPBDYUsctD6e4In_1QGiM2THAq0iP1Nak4aLuDCt3bmRSlI0eUR6cqhySMnZSnSCzOupi5M21P-kiUw6Y6xpz6MokNPyGAhNhbrt0xNw4LPffZQCEUhuN4Hx3PMgGKyc/s550/Teatro-di-nerone3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="352" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwCQ-I7IaKhSu0Fi6tNt9vYI6PtArvPTii9qH25U2o9VZ_cu5qkKMN6qf2yZaWPBDYUsctD6e4In_1QGiM2THAq0iP1Nak4aLuDCt3bmRSlI0eUR6cqhySMnZSnSCzOupi5M21P-kiUw6Y6xpz6MokNPyGAhNhbrt0xNw4LPffZQCEUhuN4Hx3PMgGKyc/s16000/Teatro-di-nerone3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">NEL CORTILE<br /><br /></td></tr></tbody></table></div>La festa era divisa in tre parti: la prima dedicata a musica, oratoria e poesia, la seconda alla ginnastica e la terza alle corse dei cavalli. Sotto Nerone venne indetta due volte, nel 54 e nel 68. Nerone vi partecipava personalmente e costringeva i suoi senatori a partecipare, per esaltarsi quando li superava in molte discipline e il popolo lo acclamava estasiato, come un vero e proprio mito. <div><div><div><br />Il popolo romano era molto attaccato all'imperatore perchè gli offriva continuamente spettacoli di ogni genere. Il teatro, oggi nel cortile di palazzo della Rovere, ovvero i suoi resti, durante i lavori di scavo hanno rivelato tracce della decorazione dell'edificio, come pitture murali ed enormi colonne di marmo, che dimostrano la grandezza e la magnificenza di questa costruzione del I secolo d.c..</div><div><br /></div><div>Il teatro fu costruito sull'area degli Horti di Agrippina Maggiore, madre dell'imperatore Caligola, una grande proprietà della famiglia imperiale giulio-claudia dove fu costruito un enorme circo adibito soprattutto alle corse dei cavalli.</div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiO3dW3OVZiLtaJDWlGRxM6jFNswR4p3G8gbzsQ6M1JEM6vdMJu_QcKtbryHk9_a02vu4VgN5R39Rnn6ZkDR6a6uhxRLeC-uy3lCtD06kMwvdAeFcjvGt7Udti5ns2N2JLPIb9C2_WIp5dHW7kH9B0tcjZrfJd_aD33Syh65kpqPayYSw8WPb4gO5AJObk/s550/Teatro-di-nerone4.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiO3dW3OVZiLtaJDWlGRxM6jFNswR4p3G8gbzsQ6M1JEM6vdMJu_QcKtbryHk9_a02vu4VgN5R39Rnn6ZkDR6a6uhxRLeC-uy3lCtD06kMwvdAeFcjvGt7Udti5ns2N2JLPIb9C2_WIp5dHW7kH9B0tcjZrfJd_aD33Syh65kpqPayYSw8WPb4gO5AJObk/s16000/Teatro-di-nerone4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LE COLONNE IONICHE</td></tr></tbody></table><div><br /></div></div><div><b>AGRIPPINA MAGGIORE</b></div><div><br /></div><div>Nel 15 d.c. nelle guarnigioni romane sulla frontiera del Reno si era diffusa la voce che una spedizione in territorio barbaro fosse stata sconfitta dai Germani e che questi si stavano preparando a invadere la Gallia. Risaliva solo a sei anni prima la tragica disfatta di Teutoburgo che aveva reso invalicabile la frontiera del Reno.</div><div><br /></div><div>La notizia era falsa, ma i legionari si preparavano a tagliare il ponte che univa le sponde del fiume per mettersi in salvo. Ma intervenne una donna, Giulia Vipsania Agrippina, moglie del comandante romano Germanico, che in quel momento era assente, che con grande coraggio e determinazione, come narra Tacito, impedì alle truppe il taglio del ponte e, «assumendo le funzioni di comandante, ricevette i soldati di ritorno «<i>ponendosi a capo del ponte e dispensando lodi e ringraziamenti alle legioni che ritornavano</i>».</div><div><br /></div><div>Ma a Tiberio temeva che Agrippina cercasse il favore dei soldati per suo marito Germanico, e poi; «non rimaneva più alcuna autorità ai comandanti se una donna passava in rassegna i manipoli, si poneva accanto alle insegne, ricorreva al sistema dei donativi» e Tacito era d'accordo.</div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilxR--lQviDjnYIJ5Qx4BN60xjXe45Pndu5USb_P1LqOEVEFzLkGDwaakAslxQLBmFtZls6Ppe2pxl01XJGELaljRWIUVSB1gUAUU-LInc4ZApVyY_CxMTxKHuBgxF66sYx-nEMaitUPSIVFgpX9MbF1rYKnYWubDAACjgZYK_3rzLkJmMOaQerT4NZ3w/s550/Teatro-di-nerone1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="391" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilxR--lQviDjnYIJ5Qx4BN60xjXe45Pndu5USb_P1LqOEVEFzLkGDwaakAslxQLBmFtZls6Ppe2pxl01XJGELaljRWIUVSB1gUAUU-LInc4ZApVyY_CxMTxKHuBgxF66sYx-nEMaitUPSIVFgpX9MbF1rYKnYWubDAACjgZYK_3rzLkJmMOaQerT4NZ3w/s16000/Teatro-di-nerone1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'UBICAZIONE</td></tr></tbody></table><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro_di_Nerone#cite_note-cor-1"></a><div><br /></div></div><div><div><b>IL TEATRO</b></div><div><b><br /></b></div>Il Teatro di Nerone (Theatrum Neronis) era il teatro privato eretto dall'imperatore Nerone a Roma, conosciuto fino ad oggi solo attraverso le fonti letterarie, ma ora suoi resti sono stati riportati alla luce dagli scavi del 2020-2023 dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma.<br /></div><div><br /></div><div>Qualcuno ha pensato che la "domestica scaena" citata da Tacito come luogo da cui Nerone ammirò il grande incendio di Roma del 64 d.c. non si riferisca alla torre di Gaio Mecenate sull'Esquilino, ma bensì alla scena del suo teatro, dato che, trovandosi sulla riva destra del Tevere, era ben lontano dalle zone colpite, e quindi un punto di osservazione sicuro, a differenza della torre, che si trovava nel mezzo dell'incendio con possibili rischi.<br /><br />All'inizio del II secolo d.c., l'edificio venne distrutto per recuperarne i materiali, come testimoniano le cinque colonne di marmo abbandonate in terra. Dalle testimonianze di Plinio, Svetonio e Tacito si sapeva ampiamente dell'esistenza del teatro in quest'area, ma i molti edifici del quartiere, di notevole valore artistico e culturale, ha reso difficile procedere agli scavi archeologici dell'edificio.<br /><br /><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-z1aWIPp7vxARvlx6VQPDvwVwRbqnWM3LZGn2-wAsop-Xs8qwsgZNYgWU0fwGc1M44_F7NW4JEMdg1V5PxAqV5-UozhUGO5dEIEzZvv_TOo1t9O31lrl6Yi71PDstwYErwle-SBoyyNqoZAMspZfYzFDTA3y3AnEvHk6uFRn03F3U4obAb7LLPuPX5IM/s550/Teatro-di-nerone5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-z1aWIPp7vxARvlx6VQPDvwVwRbqnWM3LZGn2-wAsop-Xs8qwsgZNYgWU0fwGc1M44_F7NW4JEMdg1V5PxAqV5-UozhUGO5dEIEzZvv_TOo1t9O31lrl6Yi71PDstwYErwle-SBoyyNqoZAMspZfYzFDTA3y3AnEvHk6uFRn03F3U4obAb7LLPuPX5IM/s16000/Teatro-di-nerone5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LE COLONNE<br /><br /></td></tr></tbody></table></div>I resti portati alla luce da sotto palazzo della Rovere del teatro di Nerone riguardano il lato sinistro della cavea e del palcoscenico con elementi architettonici come parti di colonne ioniche scanalate di epoca giulio-claudia (27 a.c.-68 d.c.), marmi bianchi e colorati, stucchi ricoperti di foglia d'oro che evidenziano la grandiosità dell'edificio, oltre poi a vari oggetti d'epoca come vari calici di vetro, brocche e ceramiche.</div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Nel cortile del palazzo rinascimentale sono state rinvenute due strutture in opus latericium che si affacciavano su un cortile aperto che doveva essere circondato da un portico. Gli edifici devono essere datati all'età giulio-claudia grazie alla testimonianza dei bolli laterizi trovati sui mattoni.</div><div><br /></div><div>La prima struttura ha una pianta a emiciclo (semicircolare), con ingressi radiali e scale e pareti, che pertanto può essere identificata con la cavea del teatro, dove si trovavano le gradinate per il pubblico. La Scaenae frons (fronte scena) era orientata verso ovest. </div><div><br /></div><div>Come già detto, l'apparato decorativo era d'ordine ionico e dai resti si deduce che era rivestito di marmi bianchi e colorati e di stucchi ricoperti da foglia d'oro, come nella Domus Aurea. Il secondo edificio, invece, perpendicolare al primo, era adibito a funzioni di servizio e ospitava forse le scenografie e i costumi.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>BIBLIO</b></div><div><br /></div>- Plinius - Naturalis Historia -<br />- Suetonius - Nero -<br />- Tacitus - Annales -<br />- Paolo Liverani - Due note di topografia vaticana: il theatrum Neronis e i toponimi legati alla tomba di S. Pietro - Pontificia Accademia Romana di Archeologia . 2000–2001, -<br />- Paolo Liverani - Neronis Theatrum - Lexicon Topographicum Urbis Romae. Suburbium - Quasar - Rom - 2006 -</div><div><br /></div><div><iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d2467.603588053143!2d12.458335075377004!3d41.90173537123923!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x132f6147e0ba1eaf%3A0x4502e05b599a835b!2sTeatro%20di%20Nerone!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1707162854102!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe></div></div></div>Romanoimperohttp://www.blogger.com/profile/04241360059894739474noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-78768612447397484302024-02-02T18:41:00.000+01:002024-02-02T18:41:19.682+01:00QUINTO SERVILIO FIDENATE - Q. SERVILIUS PRISCUS<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgICW-hCsEH-VfU8yJv7_kbKalWhHVVrCzfUIm6oZ11I825LnRG4T14xWSDX1eKNro4NuOVoDZj63-EQ-I6tz-IX2SfzGjEAa_GQGI7SAKS81Jaj0752HXT31PrwTohzI_uSK1OyT3Bc-C5MqTTkZ-zDoFQInsS8ORf8Exl3II3TgSIGsRK9LDel4Pv/s900/servilio-fidenate1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgICW-hCsEH-VfU8yJv7_kbKalWhHVVrCzfUIm6oZ11I825LnRG4T14xWSDX1eKNro4NuOVoDZj63-EQ-I6tz-IX2SfzGjEAa_GQGI7SAKS81Jaj0752HXT31PrwTohzI_uSK1OyT3Bc-C5MqTTkZ-zDoFQInsS8ORf8Exl3II3TgSIGsRK9LDel4Pv/s16000/servilio-fidenate1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">TRIBUNO CONSOLARE</td></tr></tbody></table><br /><b><span style="color: #990000;">Nome:</span></b> Quinto Servilio Prisco Fidenate. ovvero Quintus Servilius Priscus<br /><b><span style="color: #990000;">Nascita:</span></b> ... - ... V secolo a.c.<br /><b><span style="color: #990000;">Morte:</span></b> ... - ... V secolo a.c.<br /><b><span style="color: #990000;">Politico:</span></b> tribuno consolare nel 402/398/395/390/388/386<div><b><span style="color: #990000;">Gens:</span></b> Servilia<br /><div><br /><p><b><span style="color: #990000;">TRIBUNI CONSOLARI</span></b></p>I "tribuni militum consulari potestate", cioè i tribuni militari con potestà consolare, o semplicemente i tribuni consolari, aventi quindi i poteri di un console, vennero istituiti durante il cosiddetto "conflitto degli ordini" che nella Repubblica romana iniziò nel 444 a.c. e poi si riaccese dall'anno 398 a.c. al 394 a.c. e dall'anno 391 a.c. fino al 367 a.c.<div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL CONFLITTO DEGLI ORDINI</span></b></div><div><br /></div><div>Si trattò di uno scontro politico dibattuto e combattuto fra i plebei e i patrizi al tempo della Repubblica, per un principio di equità della plebe che voleva il diritto alle alte cariche governative e alla parità politica. </div><div><br /></div><div>Ci vollero ben due secoli per raggiungere quel risultato che divenne diritto solo nel 287 a.c. con la lex Hortensia, o lex Hortensia de plebiscitiis. Questa legge imporrà infatti che le deliberazioni prese durante il Concilio della plebe, vincolassero il popolo romano, equiparando così i Plebiscita dei concilia plebis tributa, alle leges rogatae, deliberate dai comitia centuriata.</div><div><br />Per Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso la magistratura dei tribuni consolari fu creata, insieme alla carica di censore, nel "conflitto degli ordini" onde permettere ai plebei l'accesso alle più alte cariche del governo senza riformare la carica di console che il patriziato difendeva come riservata al suo ordine.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">IL PRIMO TRIBUNO CONSOLARE PLEBEO </span></b> <br /><br />La prima nomina avvenne nel 444 a.c. ma solo nel 400 a.c. venne nominato un plebeo, Publio Licinio Calvo Esquilino, alla magistratura del tribunato consolare.<br /><br />« <i>tuttavia - solo per esercitare il diritto di cui godevano - non si andò più in là dell'elezione a tribuno militare con poteri consolari di un unico plebeo di nome Publio Licinio Calvo. Gli altri eletti erano patrizi e si trattava di Publio Manlio, Lucio Titinio, Publio Melio, Lucio Furio Medullino e Lucio Publilio Volsco. La plebe stessa si stupì di aver ottenuto un tale successo, non meno dell'eletto in persona, uomo privo in precedenza di cariche, semplice senatore anziano e già piuttosto avanti con gli anni. Non si conosce con certezza il motivo per il quale fosse toccato proprio a lui l'onore di godere per primo dell'ebbrezza di quel nuovo incarico</i>.»<br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 12.)</div><div><br /></div><div>Publio Licino sarebbe stato eletto, per il suo secondo tribunato militare, nel 396 a.c., se non vi avesse rinunciato a favore del figlio, Publio Licinio Calvo Esquilino.<br /><br />«<i>Se però con i miei colleghi voi scegliete gli stessi uomini di allora trovandoli ancora migliorati grazie al peso dell'esperienza, in me invece non potrete più avere lo stesso Publio Licinio di una volta perché di quell'uomo adesso sono rimasti solo l'ombra e il nome. Il fisico non ha più forza, vista e udito si sono indeboliti, la memoria vacilla e la lucidità mentale si è affievolita</i>». </div><div><br /></div><div>Poi, stringendo a sé il figlio, aggiunse: «<i>Eccovi un giovane che è il perfetto ritratto dell'uomo che tempo fa voi avete voluto fosse il primo plebeo a ricoprire la carica di tribuno militare. Questo giovane che io ho cresciuto secondo i miei princìpi di vita lo offro e lo consacro al paese come mio legittimo sostituto e supplico voi, o Quiriti, affinché affidiate a lui che la richiede e per il quale io aggiungo le mie raccomandazioni questa carica che mi è stata offerta senza che io la sollecitassi</i>»</div><div><br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 18.)</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LEGES LICINIAIE SESTIAE</span></b><br /><br />La scelta della forma di governo, consoli o tribuni consolari, di un dato anno, la decideva il popolo al momento delle elezioni, per cui Roma talvolta era guidata da consoli e talvolta dai tribuni consolari, vale a dire scegliendo più le "persone" che i "tipi di carica".<br /><br />Il numero dei tribuni consolari variò da 3 a 6 ma poiché venivano considerati anche colleghi dei censori, talvolta si parla di "otto tribuni". L'elezione dei tribuni consolari finì nel 367 a.c., con l'approvazione delle leges Liciniae Sextiae, con cui la plebe riuscì ad ottenere l'accesso alla carica di console, regolamentato poi dalla lex Genucia del 342 a.c.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /><b><span style="color: #990000;">PRIMO TRIBUNATO CONSOLARE</span></b><br /><br />Nel 402 a.c. Quinto Servilio Fidenate venne eletto tribuno consolare con Gaio Servilio Strutto Ahala, Lucio Verginio Tricosto Esquilino, Quinto Sulpicio Camerino Cornuto, Aulo Manlio Vulsone Capitolino e Manio Sergio Fidenate.<br /><br />Mentre Roma assediava Veio vennero in soccorso della città contingenti di Capenati e Falisci, che attaccarono la zona comandata da Sergio Fidenate, mettendolo subito in difficoltà, anche per l'arrivo di rinforzi veienti.<br /><br />L'astio tra Sergio Fidenate e Lucio Verginio, che comandava l'accampamento più vicino alle zone del combattimento, causarono la disfatta per l'esercito romano, che vide distrutto l'accampamento dove risiedevano i soldati di Sergio Fidenate.<br /><br />«<i>L'arroganza di Verginio era pari all'ostinazione di Sergio, il quale, per non dare l'impressione di chiedere aiuto al suo avversario, preferì lasciarsi vincere dal nemico piuttosto che vincere grazie all'intervento di un concittadino. Il massacro dei soldati romani presi nel mezzo durò a lungo</i>.»<br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 8.)<br /><br />Allora il Senato decise di anticipare la nomina dei tribuni consolari alle calende di ottobre, invece che alle idi di dicembre, e in quell'anno il presidio armato di Anxur fu sopraffatto dai Volsci. le cose andavano male per Roma.</div><div><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi21VW8-YBY243OMoXE00gRYtmF-u3mbTwgb3Wtpr15bh02BJpzI6ukyyyNdoTkcz0l0fIkb29hb_AVEcy5u44x8zmPkOGpGEulFESFoygkPqqPZoszymB31PF2jG76pxnujE3UNQi86Zpf8Qczhywmvfnk8Vj9cuG58ZsdIYg_ABYHnt_8aVUdXOJK/s840/servilio-fidenate2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="840" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi21VW8-YBY243OMoXE00gRYtmF-u3mbTwgb3Wtpr15bh02BJpzI6ukyyyNdoTkcz0l0fIkb29hb_AVEcy5u44x8zmPkOGpGEulFESFoygkPqqPZoszymB31PF2jG76pxnujE3UNQi86Zpf8Qczhywmvfnk8Vj9cuG58ZsdIYg_ABYHnt_8aVUdXOJK/s16000/servilio-fidenate2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LUCIO FURIO MEDULLINO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">SECONDO TRIBUNATO CONSOLARE</span></b><br /><br />Nel 398 a.c. Quinto Servilio Fidenate per la sua saggezza, valore e capacità venne eletto nuovamente tribuno consolare con Lucio Valerio Potito, Marco Furio Camillo (il salvatore della patria), Lucio Furio Medullino, Marco Valerio Lactucino Massimo e Quinto Sulpicio Camerino Cornuto.<br /><br />I romani continuarono nell'assedio di Veio e, sotto il comando di Valerio Potito e Furio Camillo, saccheggiarono Falerii e Capena, alleate degli etruschi. Intanto si alzarono le acque del lago Albano, e venne interrogato l'oracolo di Delfi, anche se un vecchio augure di Veio, aveva vaticiniato:<br /><br />«<i>i Romani non si sarebbero mai impadroniti di Veio prima che le acque del lago Albano fossero tornate al livello di sempre.</i>»<br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 15)</div><div><br /></div><div><br /><br /><b><span style="color: #990000;">TERZO TRIBUNATO CONSOLARE</span></b><br /><br />Nel 395 a.c. Quinto Servilio Fidenate, amato dal popolo e stimato da molti senatori, venne ancora rieletto tribuno consolare con Publio Cornelio Scipione, Cesone Fabio Ambusto, Lucio Furio Medullino, Publio Cornelio Maluginense Cosso e Marco Valerio Lactucino Massimo.<br /><br />Ai due fratelli, Cornelio Maluginese e Cornelio Scipione, fu affidata la campagna contro i Falisci, che però non portò a risultati definitivi, mentre a Valerio Lactuciono e Quinto Servilio toccò la campagna contro i Capenati, che furono vinti e costretti a chiedere la pace.<br /><br />In città, dove infuriavano le polemiche sulla suddivisione del bottino ricavato di Veio dell'anno prima, si inasprirono ancor più gli animi per la proposta del tribuno della plebe Veio Tito Sicinio di trasferire parte della popolazione romana a Veio, con la ferma opposizione del senato.</div><div><br /></div><div><br /><br /><b><span style="color: #990000;">QUARTO TRIBUNATO CONSOLARE</span></b><br /><br />Nel 390 a.c. nuovamente Quinto Servilio venne eletto tribuno consolare, stavolta con Quinto Fabio Ambusto, Cesone Fabio Ambusto, Numerio Fabio Ambusto, Quinto Sulpicio Longo e Publio Cornelio Maluginense.<br /><br />A Quinto Servilio, e agli altri Tribuni, Tito Livio addossa le maggiori responsabilità della sconfitta romana alla <b><a href="https://www.romanoimpero.com/2022/02/battaglia-del-fiume-allia-390-ac.html" target="_blank">battaglia del fiume Allia</a></b>, prologo del Sacco di Roma ad opera dei Galli Senoni condotti da Brenno. E Quinto Servilio, insieme agli altri Tribuni consolari, fu tra i più strenui sostenitori della proposta di lasciare Roma per stabilirsi a <b><a href="https://www.romanoimpero.com/2018/10/veio-veii-lazio.html" target="_blank">Veio</a></b>, dopo che i <b><a href="https://www.romanoimpero.com/2010/11/i-galli.html" target="_blank">Galli</a></b> erano stati sconfitti.<br /><br />«<i>Dopo averla salvata in tempo di guerra, Camillo salvò di nuovo la propria città quando, in tempo di pace, impedì un'emigrazione in massa a Veio, non ostante i tribuni - ora che Roma era un cumulo di cenere - fossero più che mai accaniti in quest'iniziativa e la plebe la appoggiasse già di per sé in maniera ancora più netta</i>»<br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 4, 49.)<br /><br /><br /><br /><b><span style="color: #990000;">QUINTO TRIBUNATO CONSOLARE</span></b><br /><br />Nonostante tutto nel 388 a.c. Quinto Servilio venne ancora eletto tribuno consolare, stavolta con Tito Quinzio Cincinnato Capitolino, Lucio Giulio Iullo, Lucio Lucrezio Tricipitino Flavo, Lucio Aquilio Corvo e Servio Sulpicio Rufo.<br /><br />I tribuni per rivalsa contro gli assalitori guidarono i romani in una serie di razzie nei territori degli Equi e in quelli di Tarquinia, dove presero con la forza Cortuosa e Contenebra, che furono saccheggiate. <br /><br />«<i>Con un secondo esercito, invasero invece il territorio di Tarquinia, dove presero con la forza le città etrusche di Cortuosa e Contenebra. A Cortuosa non vi fu lotta: con un attacco a sorpresa la presero al primo urlo di guerra e al primo assalto, per poi saccheggiarla e quindi darla alle fiamme.</i>»<br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 4.)<br /><br />«<i>Contenebra resse invece l'assedio per alcuni giorni, ma l'incessante impegno armato, giorno e notte, senza alcuna tregua ebbe ragione dei suoi abitanti. Siccome l'esercito romano era stato diviso in sei contingenti ciascuno dei quali combatteva per sei ore a turno mentre gli assediati erano così pochi che toccava sempre agli stessi uomini stremati il cómpito di opporsi a forze sempre fresche, alla fine questi ultimi cedettero, e i Romani furono in grado di irrompere in città</i>»<br />(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 4.)<br /></div><div><br /></div><div>Intanto a Roma i tribuni della plebe volevano discutere sulla suddivisione dell'agro pontino, strappato ai Volsci nell'anno passato.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMTFRV-zoNYDwzo8hcDxxPrNjZCw_Ye3gmI5tYxeXQf4ec_4JOfEGXOS_mf03j_GfkmfJITbBgcQdlCgAKxG0tUY7b9TMrphJ2meCMkPJfEjetMDpKCiurWa1LvtQfeSDDGt-SqDiqfzM7OPcl0laaYp7Q-KDhEwYQS1h8JGTKldM0s60ZHrj-p-5P/s742/servilio-fidenate3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="742" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMTFRV-zoNYDwzo8hcDxxPrNjZCw_Ye3gmI5tYxeXQf4ec_4JOfEGXOS_mf03j_GfkmfJITbBgcQdlCgAKxG0tUY7b9TMrphJ2meCMkPJfEjetMDpKCiurWa1LvtQfeSDDGt-SqDiqfzM7OPcl0laaYp7Q-KDhEwYQS1h8JGTKldM0s60ZHrj-p-5P/s16000/servilio-fidenate3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MARCO FURIO CAMILLO</td></tr></tbody></table><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">SESTO TRIBUNATO CONSOLARE</span></b><br /><br />Ancora due anni dopo, nel 386 a.c. Quinto Seervilio fu eletto tribuno consolare con Marco Furio Camillo, Lucio Orazio Pulvillo, Servio Cornelio Maluginense, Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino e Publio Valerio Potito Publicola.<br /><br />In quell'anno Anzio si rivoltò contro Roma, sostenuta da Latini ed Ernici, il Senato decise allora di affidare le operazioni belliche a Furio Camillo per quanto avanti negli anni, che accettò ma volle con sé il collega Publio Valerio. </div><div><br /></div><div>A Quinto Servilio fu affidato il compito di organizzare un esercito da porre nella campagna romana, a difesa della città da possibili attacchi degli Etruschi. Invece Lucio Quinzio ebbe il compito di presidiare le mura cittadine, e Lucio Orazio di organizzare tutto l'approvvigionamento di guerra. Infine a Servio Cornelio venne affidata l'amministrazione della città che egli eseguì con scrupolo ed onore, e non fu pertanto inferiore ai combattenti.<br /><br /><br /><b>BIBLIO</b></div><div><br />- Tito Livio - Ab Urbe Condita - V -</div><div>- Eutropii Breviarium - Historia Romana - Bien - 1821 -</div><div>- Andrea Giardini - con F. Pesando - Roma caput mundi. Una città tra dominio e integrazione - Milano - Electa - 2013 -<br />- Antonio de Puente y Franco, José Francisco Díaz - Historia de las leyes, plebiscitos y senadoconsultos más notables des de la fundación de Roma hasta Justiniano - 1840 -</div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-32106156125677357892024-01-31T20:40:00.002+01:002024-02-01T23:05:53.447+01:00BRACARA AUGUSTA - BRAGA (Portogallo)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilXdJBd0SSFA87oEyYmFpMrw4qM1SvoUdQL1Ww3jJz8zyeGnnV-tINa-j3bIM48UZx1W3IGdJg3fpICWMrKxLgLl94TDpSxkqbSJ14gWRAingcebi1jyx5wvmPW23Zvdm54Eo1200lPBgW4v1LunTvwR4lGhHN8PNNpST9nEQZriSqm6Dqlxbjpj_w/s550/bracara-augusta2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="417" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilXdJBd0SSFA87oEyYmFpMrw4qM1SvoUdQL1Ww3jJz8zyeGnnV-tINa-j3bIM48UZx1W3IGdJg3fpICWMrKxLgLl94TDpSxkqbSJ14gWRAingcebi1jyx5wvmPW23Zvdm54Eo1200lPBgW4v1LunTvwR4lGhHN8PNNpST9nEQZriSqm6Dqlxbjpj_w/s16000/bracara-augusta2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'ANTICA BACARA AUGUSTA</td></tr></tbody></table><p></p>Negli anni 138 - 136 a.c., morto il celebre condottiero lusitano Viriato, ebbe luogo la prima spedizione militare a nord-ovest della penisola iberica, comandata dal console romano Decimo Júnio Bruto Galaico, che vinse una grande battaglia contro i galiziani Bracaros, descritti come grandi guerrieri, con donne altrettanto guerriere, che preferivano morire piuttosto che essere catturati.<div> <br /> I Romani conquistarono Bracara nel 137-136 a.c. ma la sottomisero del tutto solamente sotto Augusto. Con le guerre cantabriche, finiscono infatti le operazioni di conquista e inizia la vera romanizzazione del territorio con la fondazione di grandi città e la costruzione di strade per operazioni commerciale e militari, e per la completa integrazione delle popolazioni nel mondo romano.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi8-VXuQOxzi00b8eRyAj9LOsfXoj76Uk8n6EU59bTMmOJFJkQVKf3uubXQxILkXAP_nRS4zNotZxOMIvURdRj2hzDZzhUvu6T8xwbT4Ksvzizn56BT5ahS_n-L2Kq-aoZb_fnBuU1DkmBzW3DP7DoMjYC3dVkxpqfLn6OCQIFLA25OA6erIlcXnF-/s550/bracara-augusta1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="489" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi8-VXuQOxzi00b8eRyAj9LOsfXoj76Uk8n6EU59bTMmOJFJkQVKf3uubXQxILkXAP_nRS4zNotZxOMIvURdRj2hzDZzhUvu6T8xwbT4Ksvzizn56BT5ahS_n-L2Kq-aoZb_fnBuU1DkmBzW3DP7DoMjYC3dVkxpqfLn6OCQIFLA25OA6erIlcXnF-/s16000/bracara-augusta1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LA POSIZIONE</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Fu a questo scopo che, durante il soggiorno di Augusto nel territorio peninsulare fu fondata la città di Bracara Augusta per promuovere e diffondere la cultura romana nei numerosi centri vicini. Alcuni autori sostengono l'esistenza di un castro, o di un ''oppidum'' (un esteso luogo fortificato, citato da Plinio il Vecchio, come oppidum dei Bracari), prima della fondazione della città di Braga.</div><div><br /></div><div>Infatti nel 2002 venne rinvenuto uno stabilimento di terme sotto la stazione ferroviaria, a 300 m dal muro dalla città romana di Bracara Augusta. È stato scoperto durante gli scavi della nuova stazione ferroviaria di Braga. È lungo circa 4 m x 2 m di larghezza e, secondo gli archeologi, fu costruito durante il periodo preromano nel nord-ovest della penisola iberica.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizW03RtN14PhrhM69dzq1AJ3bEx1u33yQZSPfVD5mQS06kN7m2ydjFVQ6jNA-RW9JgZTfDRaGmIMOZpnxUQyU2hnn1UVWqQWnDmiGO71V6nZIXmG15xQ9vBInrzjKbaOg4ZNL9lN2G1-3PywIetfOxiPHW5eBlo5qy3wJWuHoz93P90My7zhHly68p/s550/bracara-augusta6.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="366" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizW03RtN14PhrhM69dzq1AJ3bEx1u33yQZSPfVD5mQS06kN7m2ydjFVQ6jNA-RW9JgZTfDRaGmIMOZpnxUQyU2hnn1UVWqQWnDmiGO71V6nZIXmG15xQ9vBInrzjKbaOg4ZNL9lN2G1-3PywIetfOxiPHW5eBlo5qy3wJWuHoz93P90My7zhHly68p/s16000/bracara-augusta6.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">BRACARA AUGUSTA RENDE OMAGGIO AL SUO FONDATORE</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div>Lo stabilimento balneare era semi interrato, tipico dei castra dell'epoca, con muri in pietra e soffitto in lastre di pietra che si incastravano alle pareti esterne e trave centrale in legno. L'interno era suddiviso in tre zone: una sauna, un forno e una stanza di transizione intermedia. </div><div><br /></div><div>Tra il locale intermedio e la sauna c'è un grande solaio con apertura semicircolare, che permetterebbe l'ingresso e l'uscita dalla stessa. La lastra tratteneva il calore proveniente dalla sauna. All'esterno c'è un patio con un acquaio.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA8HVnpttAdtKpZBnuz0haFRgjIV7L2wR2hFR_XMAoI2O4nYEW-XWfE24rrYvgNgMwO0K0tRf3V8qeBdJZyDXu693n1KcRdV6eCtpTlWbYDoaHEfzmJkOLbdQh8Q0Abtgy4eIJvBE1-T0vCvfLAvumQCywjFRQstod8S9jJ-Sj7ck0djoIbX7ZDGGv/s601/bracara-augusta4.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="601" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA8HVnpttAdtKpZBnuz0haFRgjIV7L2wR2hFR_XMAoI2O4nYEW-XWfE24rrYvgNgMwO0K0tRf3V8qeBdJZyDXu693n1KcRdV6eCtpTlWbYDoaHEfzmJkOLbdQh8Q0Abtgy4eIJvBE1-T0vCvfLAvumQCywjFRQstod8S9jJ-Sj7ck0djoIbX7ZDGGv/s16000/bracara-augusta4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LA CINTA MURARIA</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>L'acqua che scorreva nel cortile serviva per bagni freddi e lavaggi, e proveniva da una linea d'acqua che scendeva dall'attuale centro cittadino fino al fiume Cávado.. All'interno delle terme, piccole pietre o ciottoli venivano posti nel forno, dove venivano riscaldati onde provocare i vapori che venivano convogliati nella sauna.</div></div><div><br />Quindi, se questo ''oppidum'' esiste, non è stato ancora scoperto, quindi il sito potrebbe quindi essere stato occupato da:</div><div><br /></div><div>- Accampamento militare romano, come nel caso di Astorga e Lugo.<br />- Un luogo di incontro per i vari castros della regione, dove capi e anziani si riunivano per prendere decisioni importanti o risolvere disaccordi<br />- Un luogo sacro (con occasionale tempio, albero, masso) come luogo di incontro religioso, visto l'esistenza, su un lato della città, della Fonte doidolo, (luogo eretto da Celicus Franto, colono “romanizzato” di Ascobriga, a divinità pagane nel I secolo d.c.) ma che potrebbe già essere stata già sacra, e dall'altra le terme, altro presunto luogo di culto.</div><div>- Un mercato, un luogo di incontro ma anche di scambio.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRaOYvliqnE79iKU5fKMubRYh2UsD0XJVF0sXKDfe4015q9ly6V9NWmXKy2F-AkjI7spmJxjOE869T-dgdl3Pndxpo0FK23DNUmAHTehi-45c-ucU7jL0VyqoyvDhWFKgH5QjiHWixcY-kgSHzRkFZxfUB3QY1Hb7FUd5fg5MqmCxtIZ41YkazXbM2/s600/bracara-augusta7.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRaOYvliqnE79iKU5fKMubRYh2UsD0XJVF0sXKDfe4015q9ly6V9NWmXKy2F-AkjI7spmJxjOE869T-dgdl3Pndxpo0FK23DNUmAHTehi-45c-ucU7jL0VyqoyvDhWFKgH5QjiHWixcY-kgSHzRkFZxfUB3QY1Hb7FUd5fg5MqmCxtIZ41YkazXbM2/s16000/bracara-augusta7.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PERSONIFICAZIONE DELLA CITTA' DEA BRACARA</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Ad ogni modo questo spazio centrale con tanti castros intorno, potrebbe essere stato un luogo di incontro, una fiera, un luogo in parte sacro e anche con edifici precari. Tuttavia, è molto probabile che le terme non siano l'unico monumento preromano della zona, e che ci sia ancora molto da scoprire.<br /></div><div><br /></div><div>La città è stata costruita in modo pianificato in modo ortogonale orientate nord-ovest/sud-est. Era suddiviso in blocchi quadrati, con un'area costruita di 120 x 120 piedi (35,52 m per 35,52 m), occupando complessivamente un'area rettangolare di 29,85 ha. </div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiejmnnL9OILMA1lYhewnEoNxW8syvZzn30oObdjwzOOo-ZOv_qRfAvcPP32lwSG76F0sSmqOhmvAgSykRQj_n_-3sKZBg-cLgY5rVn0Cs_5DJEqWFp5u8_c4UfSKLSuuTz_wbJRsTvl76OBshoJVLvvfSyGLBSTXGxKYEmUMt4p7DNZ_giK8e6GgZw/s623/bracara-augusta8.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="623" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiejmnnL9OILMA1lYhewnEoNxW8syvZzn30oObdjwzOOo-ZOv_qRfAvcPP32lwSG76F0sSmqOhmvAgSykRQj_n_-3sKZBg-cLgY5rVn0Cs_5DJEqWFp5u8_c4UfSKLSuuTz_wbJRsTvl76OBshoJVLvvfSyGLBSTXGxKYEmUMt4p7DNZ_giK8e6GgZw/s16000/bracara-augusta8.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GEIRA (VIA NOVA)</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>La sua origine è civile e il governo condiviso con le élite bracari. I primi decenni della città furono segnati da una grande crescita. Fu costruita la prima infrastruttura urbana con la cloaca, furono edificate le strade, si svilupparono attività economiche (metallurgia, ceramica e commercio) e nuovi quartieri. </div><div><br /></div><div>A Bracara Augusta si acquartierarono militari e immigrati che ben presto formarono famiglie. Già negli anni '50 d.c. il commercio svolgeva un ruolo fondamentale nella città e nella regione per l'aumeno della popolazione e soprattutto per l'aumento delle strade.</div><div><br /></div><div><p style="background-color: white; color: #202122; font-family: sans-serif; font-size: 14px; margin: 0.5em 0px;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaXQzuCpjOVhxB_WI3AkeIZ3odlj66BWf2LXiVw3RD4jjRRUCaQzkKMt3LqiLtYjNHA9mfxdrUYZg2HWy3NZ4eE0_dHeHfHmXNdBr7gY5hM-ed5l3xLQ3DlBHqsV6yPNj0IQhYPX_COpVbzONHrG1RmkzsO3sdDP82uzJvAwOZIiRbO3oehAExoYLn/s550/bracara-augusta5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaXQzuCpjOVhxB_WI3AkeIZ3odlj66BWf2LXiVw3RD4jjRRUCaQzkKMt3LqiLtYjNHA9mfxdrUYZg2HWy3NZ4eE0_dHeHfHmXNdBr7gY5hM-ed5l3xLQ3DlBHqsV6yPNj0IQhYPX_COpVbzONHrG1RmkzsO3sdDP82uzJvAwOZIiRbO3oehAExoYLn/s16000/bracara-augusta5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">LE TERME</td></tr></tbody></table><p></p></div><div><b><span style="color: #990000;">LA CITTA' FLAVIO-ANTONINA (dal 68 al 192 d.c.)</span></b><br /><br />L'ampliarsi della produzione e del commercio fa si che e Bracara si crea un nuovo collegamento con Astorga mediante la Via Nova (Geira). Contemporaneamente prosegue la costruzione di edifici pubblici e la “monumentalizzazione” della città con teatro, terme, templi, anfiteatro. I quartieri crebbero e le persone benestanti si stabilirono nella parte orientale della città. <br /><br />Sappiamo da Plínio il Vecchio che il convento di Braga era diviso in 24 civitates con una popolazione di 285.000 persone libere, essendo il più popolato del nord-ovest della penisola. C'era la promozione legale dei pellegrini alla cittadinanza romana, le élite della città e della regione circostante. <br /><br />Il forte commercio è caratterizzato da importazioni di vetro, ceramica e oggetti di ornamento, alcuni prodotti importati erano di grande qualità e gusto raffinato, il che suggerisce l'esistenza di una potente élite. Le esportazioni sono state caratterizzate da ceramiche e metalli di qualità. La città dell'Alto Impero era già un riferimento a livello peninsulare.</div><div><br />Poco dopo il saccheggio della città di Tarragona da parte dei Franchi durante il regno di Galiano (218 - 268), attorno al centro della città di Bracara (oltre 48 ettari) fu costruita un'imponente cinta muraria larga 5 - 6 m, con torrette, mentre alcune case e monumenti come il teatro e l'anfiteatro vennero parzialmente distrutte per utilizzare la pietra per la nuova costruzione.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOUoYdOC3y6VWqTIEjFKTWxlNZuqQ4OezeXKS59_xqS5F7pGjSzh_r6D-R6Zh15Fbx2khtkiIdbauncznsM4Zb6HDOsaUQ0rbHcXiHd_nzYG0bOCjDQwiukfaEovXFQwzg9bBRUnZ9B6Anmlwr7_ETZwUki1UnNzTdJjl9sdA33p-DKhJZ9Hxxv7C9/s550/bracara-augusta9.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="310" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOUoYdOC3y6VWqTIEjFKTWxlNZuqQ4OezeXKS59_xqS5F7pGjSzh_r6D-R6Zh15Fbx2khtkiIdbauncznsM4Zb6HDOsaUQ0rbHcXiHd_nzYG0bOCjDQwiukfaEovXFQwzg9bBRUnZ9B6Anmlwr7_ETZwUki1UnNzTdJjl9sdA33p-DKhJZ9Hxxv7C9/s16000/bracara-augusta9.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">TERME DI MAXIMOS PRESSO BRACARA</td></tr></tbody></table><div><br /></div></div>L'imperatore Caracalla (188-217) creò la nuova provincia di “ Hispania Nova Citerior Antonina ”, futura Galécia, regione del nord-ovest dell'antica Hispania, corrispondente al moderno Portogallo settentrionale alla Galizia, alle Asturie e a León in Spagna. </div><div><br /></div><div>Dopo la conquista romana fece parte della provincia romana di Hispania Tarraconense e successivamente si trasformò in una provincia autonoma nota come Hispania Galécia. Tra le città romane della regione c'erano Bracara Augusta (Braga), Portucale (Porto), i centri amministrativi di Bracara Augusta.<br /><br /></div><div>Tra il 284 e il 289 d.c., per ordine di Diocleziano, Bracara Augusta diventa capoluogo della Galécia, che comprendeva i tre conventi del nord-ovest della penisola: Convento Braga, Convento Lucense e Convento Asturicense, e parte del convento di Clunia. A Bracara vengono ristrutturati e realizzati edifici pubblici, strade e ville private. Sembra che nel 385 Bracara Augusta avesse già un vescovado così diventa capoluogo della provincia ecclesiastica.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5iREVmYSaK5XOYSR-7cUY7J8GqoKXZj8BawMtW74rojss6DnW9gGlFQND4pw5qL5q_lP9rT3LmLb9O635d4vvLdr5YIAR6BD_ahsZ9SycCHbOs8HJDdF4IM-gt_M0ino3-53rfiknrJN47sFKSlZg518VPbzdYmjcc3_MV77gmISdcS87uzW1pl3l/s550/bracara-augusta3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="428" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5iREVmYSaK5XOYSR-7cUY7J8GqoKXZj8BawMtW74rojss6DnW9gGlFQND4pw5qL5q_lP9rT3LmLb9O635d4vvLdr5YIAR6BD_ahsZ9SycCHbOs8HJDdF4IM-gt_M0ino3-53rfiknrJN47sFKSlZg518VPbzdYmjcc3_MV77gmISdcS87uzW1pl3l/s16000/bracara-augusta3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">RESTI DEL TEATRO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">L'ECONOMIA</span></b><br /><br />Oltre alla produzione agricola, Bracara in epoca romana sviluppò una grande attività nella lavorazione del vetro, della ceramica (lampade ad olio (lucernas), ceramica comune e fine, anfore, dolia, materiali da costruzione.Tra i vari laboratori spicca il marchio “LUCRETIUS”, che riforniva il mercato della Galécia e della Lusitania settentrionale.<br /><br />Ma la principale fonte di ricchezza per il convento di Braga era l'estrazione di metalli come stagno, ferro, piombo e argento, ma soprattutto oro, estratto dai i fiumi Douro e Sabor, il convento aveva 50 miniere attive, soprattutto a Trás os Montes come Tresminas (Vila Pouca de Aguiar) e Poço das Freitas (Boticas), e nel “Grande Porto” con le miniere di Fojo das Pombas nella Serra de Santa Justa e Pias (Valongo) e le miniere di Castromil (miniere d'oro di Paredes). </div><div><br /></div><div>I Romani estrassero da miniere sia a cielo aperto che nel sottosuolo con ingente forza lavoro. ma pure con macchinari come mulini idraulici (martelli) per la frantumazione del minerale grezzo. Le miniere furono sotto il controllo imperiale, con un procuratore metallorum nelle Asturie e in Galizia, responsabile fino a metà II e inizi III secolo, per la grave crisi dell'impero romano. Una fitta rete viaria del convento di Braga assicurava la rapida partenza dei metalli estratti.</div><div><br /><p style="background-color: white; color: #202122; font-family: sans-serif; font-size: 14px; margin: 0.5em 0px;"><span style="vertical-align: inherit;"><span style="vertical-align: inherit;"></span></span></p><span style="vertical-align: inherit;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOJFS0H9vvTccG3OFHsl-Q3WUG1CVH2qOTzY6s9jsjWZuuONBCFT91QS_WTUYvy7Lx3L9g4CzzNFYA8eT-HhiC9QUwsAeIwFOaHq1kzJ5KhrYFR8utUAZe6ElLvAhA1Eo9H8habfuPuG8wIGo6IOTg6VDjVFDYZZ6eApdJqkAV4YfoNoq-5epx6t7z/s550/bracara-augusta10.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="346" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOJFS0H9vvTccG3OFHsl-Q3WUG1CVH2qOTzY6s9jsjWZuuONBCFT91QS_WTUYvy7Lx3L9g4CzzNFYA8eT-HhiC9QUwsAeIwFOaHq1kzJ5KhrYFR8utUAZe6ElLvAhA1Eo9H8habfuPuG8wIGo6IOTg6VDjVFDYZZ6eApdJqkAV4YfoNoq-5epx6t7z/s16000/bracara-augusta10.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div></span><br /><b><span style="color: #990000;">IL NODO VIARIO</span></b><br /><br />Braga era legata al triangolo politico-amministrativo, istituito da Augusto, su tre città: Bracara Augusta (Braga), Lucus Augusti (Lugo) e Astúrica Augusta (Astorga) per diversi percorsi:- la Via XVII : Braga-Astorga via Chaves.<br />- la Via XIX : Braga-Astorga via Lugo.<br />- la Via XX : Braga-Astorga, in parte via fiume e via mare.<br />- la Via XVI : Braga-Emerita<br />- la Via XVIII o Via Nova: Braga-Astorga, il percorso più diretto che taglia tra Serra Amarela e Serra do Gerês.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>BIBLIO</b></div><div><b><br /></b></div>- Marques - O Castelo de Braga (1350-1450) - Braga - 1986 -<div>- Fernando Mota de Matos - Terme romane di Maximinos in "Portugal: Heritage" - Vol I - Á. Duarte de Almeida, Duarte Belo, Círculo de Leitores, Rio de Mouro - 2007 -<div>- Topografia e urbanistica fondazionale di Bracara Augusta - M. M. Uminho, UAUM; C. Ribeiro UMinho; OH; J. Ribeiro FCT; U. e R. M. Università Rovira i Virgili - Tarragona -</div>- Gibbone Edoardo - Declino e caduta dell'Impero Romano - Chicago: Encycl. Britannica - collezione "Great Books" - 1952 -</div><div><br /></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d93313.09104077984!2d-8.554776526154537!3d41.547185830834216!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0xd24febc6cf5d867%3A0xbc5d054162d1e218!2sBraga%2C%20Portogallo!5e1!3m2!1sit!2suk!4v1681205233276!5m2!1sit!2suk" style="border: 0;" width="600"></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-53603276788033751482024-01-30T06:43:00.003+01:002024-01-31T04:07:39.888+01:00 CULTO DI AESCULANUS<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJZt_PT5BU68QkPjtmXDNSivLuK1zIxz11hwMM_s-mHM5ERfjUTh7LEoTqmbDRTRdrTp_JPbrm9RVgxYZlRxsO9gAi1NpvVMC1C6QOoq8le7QeVLioziOx75x03L1TDfW7W2naFcIA8ApwUoVNi0nXA3tpoxThesRxROuxlbWF_NwJOrbZt8sL0Ic8/s550/aesculanus1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJZt_PT5BU68QkPjtmXDNSivLuK1zIxz11hwMM_s-mHM5ERfjUTh7LEoTqmbDRTRdrTp_JPbrm9RVgxYZlRxsO9gAi1NpvVMC1C6QOoq8le7QeVLioziOx75x03L1TDfW7W2naFcIA8ApwUoVNi0nXA3tpoxThesRxROuxlbWF_NwJOrbZt8sL0Ic8/s16000/aesculanus1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">DEA TEMI ANTICA AESCULANA</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Aescolanus fu una remota divinità romana, protettrice dei mercanti, preposta alla coniazione delle monete. Pertanto era una divinità che presiedeva alla fabbricazione delle monete di rame, la prima coniazione di monete che sostituiva il baratto fu in realtà in bronzo, e andò dalla fondazione di Roma nel 753 a.c. a tutto il periodo monarchico dal 753 al 509 a.c. e parte del periodo repubblicano, praticamente fino al III secolo a.c.,<div><br /></div><div>Allora il commercio, precedentemente basato sullo scambio delle pecore (pecus da cui pecunia) non si basava sulla moneta, ma su una specie di baratto o di pseudo monetazione per cui il mezzo di scambio erano gli scarti di lavorazione del bronzo (aes rude), in base al valore e al peso del metallo.<div><br /></div><div>Codesta divinità però (che all'inizio doveva chiamarsi Aesculana), per quanto ora fosse maschile, veniva ancora rappresentata sotto la figura di donna maestosa che si ergeva in piedi con la mano sinistra appoggiala su un'asta e una bilancia nella destra. </div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtyVT5xPc0FutPtD5uuaW9wlHRaAMFdQNEt-LMKnpD5Xpdl1O9GkC7BWEZgaLkcgmktpnEEUBDR5B7XcerJP1NC_ZK9mmjVXnv9KCq2Lj0VUVuu1LBX85nmHuKedGGB-rPTRDkjEYSw7LoLBQcCrFbMQZ87UllA7hpkm1PwFMwMNKteJsVWoIx7oVH/s586/aesculanus2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="586" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtyVT5xPc0FutPtD5uuaW9wlHRaAMFdQNEt-LMKnpD5Xpdl1O9GkC7BWEZgaLkcgmktpnEEUBDR5B7XcerJP1NC_ZK9mmjVXnv9KCq2Lj0VUVuu1LBX85nmHuKedGGB-rPTRDkjEYSw7LoLBQcCrFbMQZ87UllA7hpkm1PwFMwMNKteJsVWoIx7oVH/s16000/aesculanus2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MONETA DI RAME</td></tr></tbody></table><div><br style="text-align: left;" /></div></div><div><br /></div><div>E' evidente che il Dio era un tempo una Dea, che l'asta era l'immagine del suo aspetto guerriero e pertanto punitivo in caso di offesa alla legge, e che la bilancia nella destra simboleggiava però il suo aspetto di giustizia, come colei che faceva rispettare la legge. Pertanto la Dea era colei che faceva rispettare l'uso della moneta, uso non facile da instaurare dovendo sostituire il baratto usato fino ad allora.</div><div><br /></div><div>L'asta era il simbolo dell'arma usata in battaglia, quindi la necessità di combattere per sopravvivere, dove era difficile distinguere la difesa dall'offesa, perchè chi attaccava per primo non era benedetto dagli Dei però più facilmente vinceva. </div><div><br /></div><div><div>Pertanto l'antica divinità da un lato combatteva ma dall'altro lato aveva il simbolo della misura e delle giustizia, quindi della continenza in tutte le sue espressioni per non lasciarsi andare agli eccessi. In tal caso garantiva la giusta equivalenza del denaro, una garanzia che doveva essere per forza divina affinchè gli uomini potessero fidarsi.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipAvRHfLiBWv-ayd4JrLrbwqPewuSLJ0q_IqFaGRvjCHtHyLGsX3JEUYvbdCQjrMyce5uXyIq6brwNkiMgEHnV_t55_dhrsrA_-VIyIJ3oB9N0NpGbciYLgB5Ln9W3bAFTJrxsQIXKgcQyf5Z-LYEAVlZ8UQyBKn_LGRdSDR_lKAs3VwyixqONBEuAmmA/s905/aesculanus3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="905" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipAvRHfLiBWv-ayd4JrLrbwqPewuSLJ0q_IqFaGRvjCHtHyLGsX3JEUYvbdCQjrMyce5uXyIq6brwNkiMgEHnV_t55_dhrsrA_-VIyIJ3oB9N0NpGbciYLgB5Ln9W3bAFTJrxsQIXKgcQyf5Z-LYEAVlZ8UQyBKn_LGRdSDR_lKAs3VwyixqONBEuAmmA/s16000/aesculanus3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">AESCULANUS SULLA COLONNA DI SINISTRA, RAPPRESENTATO<br />IN UNA STAMPA MEDIEVALE</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Quindi una Dea della Guerra ma pure della Giustizia, ovvero colei che rispondeva per giustizia in quanto offesa, per cui conduceva guerre giuste, fatte per difesa e non per smania di potere, ed esercitava la sua giustizia anche in merito all'equità dei commerci e celle monete di scambio. La divinità col tempo divenne maschile in quanto il patriarcato rafforzò sempre di più il potere del maschio, pur conservando i suoi simboli femminili.</div><div><br /></div><div>Augustine of Hippo (354 - 430), De Civitate Dei 4.21, 28: "<i>Allo stesso modo, infatti, essi presentarono il loro caso ad Escolano, padre di Argentino, perché il denaro di rame (o di bronzo) era entrato in uso per primo e l'argento per ultimo" (nam ideo patrem Argentini Aescolanum posuerunt, quia prius aerea pecunia in usu esse coepit, post argentea).</i></div></div><div><br /></div><div>Esculano, ovvero Aesculanus divenne dunque il Dio delle monete di rame (aes) e padre di Argentino. il Dio delle monete d'argento, visto che alla moneta di rame seguì quella d'argento che non la soppiantò ma solo l'affiancò. La necessità di portare agevolmente grandi valori fece infatti creare una moneta di metallo più prezioso che consentiva perciò di portare meno peso e meno ingombro.</div></div><div><br /></div><div><b>Vedi anche: <a href="https://www.romanoimpero.com/2009/08/la-religione-romana.html">LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE</a></b></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b>BIBLIO</b></div><div><b><br /></b></div><div>- Gian Guido Belloni - La moneta romana. Società, politica, cultura - Firenze - NIS - 1993 -</div><div>- Italo Vecchi - Italian Cast Coinage. A descriptive catalogue of the cast coinage of Rome and Italy - Ancient Coins - London - 2013 -</div><div>- Alberto Banti - Corpus Nummorum Romanorum. Monetazione repubblicana - Firenze, Banti ed. - 1980 -<br /></div><div><div>- H.A. Seaby, Roman Silver Coins - vol I: Republic to Augustus - Londra - 1989 -</div></div>- William Boyne - A Manual of Roman Coins: from the earliest period to the extinction of the empire - W. H. Johnston - 1865 -<br />Edward Allen Sydenham, The Coinage of the Roman Republic, New York, 1952 -<br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-16990115283088693242024-01-27T19:04:00.000+01:002024-01-27T19:04:09.760+01:00VENNONETI (Nemici di Roma)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYbapC_ZC5fFjk9j98yqav4ocao0heS0qDlKhuUuitAhjwkDdm1D8TeHaGSqqZsFJyX2VvbTnOMRy_3lY8Lhb6S5AXS9X3AUyNRQtiUzkloRwaGkiQ2717BByWRqMC78ItU9h_hg4fgSYADTATeu6lPLC2wBzf6tsngxZLMXUvsrpVW2U9CWEhADfu-eA/s627/vennoneti1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="627" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYbapC_ZC5fFjk9j98yqav4ocao0heS0qDlKhuUuitAhjwkDdm1D8TeHaGSqqZsFJyX2VvbTnOMRy_3lY8Lhb6S5AXS9X3AUyNRQtiUzkloRwaGkiQ2717BByWRqMC78ItU9h_hg4fgSYADTATeu6lPLC2wBzf6tsngxZLMXUvsrpVW2U9CWEhADfu-eA/s16000/vennoneti1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ARCO ONORARIO DI SUSA PER AUGUSTO</td></tr></tbody></table><div><span face="sans-serif" style="color: #202122;"><span style="font-size: 14px;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></span></span></div>I Vennoneti erano un antico popolo alpino stanziato in Valtellina, corrispondente al bacino idrico del fiume Adda a monte del lago di Como, nella regione Lombardia, e nella Svizzera orientale, corrispondente ai cantoni Glarona, Sciaffusa, Appenzello Esterno, Appenzello Interno, San Gallo, Grigioni, Turgovia. Secondo il Lexicon Universale di Johann Jacob Hofmann (1698) il termine "Vennoni" era sinonimo di "Vennoneti".<br /><br />Grande fautore della conquista del fronte alpino orientale fu Publio Silio Nerva, governatore dell'Illirico, che procedette all'assoggettamento delle valli da Como al Lago di Garda. Intimo amico di Augusto con cui condivideva la passione del gioco, nel 17-16 a.c. fu nominato, probabilmente dallo stesso Augusto extra sortem (senza l'estrazione a sorte), proconsole di Illirico, dove sconfisse e sottomise le tribù alpine ribelli dei Camunni e dei Vennones, e contrastò efficacemente insieme ai suoi luogotenenti un'incursione in Istria dei Pannoni e dei Norici, i quali vennero poi sottomessi.<div><br /></div><div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiILlMVqC5QM3UqD3CPJrE-kjh_rZVIEAUHZT3ZXOX2xsfy5B1nkEOw2u6KVT_yZJHtU93u2v1LJngw4RBFz2TMZZ_bpaeWCqKHOF9qupehXyu4oDTR_lmPxVCiqH2GuVN5UlZW5VYl_qO9v-8bh5qmcEebTLzhFcMj09S1VgtavRWL167F1pv8wX7-K1Y/s1280/vennoneti2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1108" data-original-width="1280" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiILlMVqC5QM3UqD3CPJrE-kjh_rZVIEAUHZT3ZXOX2xsfy5B1nkEOw2u6KVT_yZJHtU93u2v1LJngw4RBFz2TMZZ_bpaeWCqKHOF9qupehXyu4oDTR_lmPxVCiqH2GuVN5UlZW5VYl_qO9v-8bh5qmcEebTLzhFcMj09S1VgtavRWL167F1pv8wX7-K1Y/w400-h346/vennoneti2.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">IN VERDE L'AREA DEI VENNONETI<br />(INGRANDIBILE)</td></tr></tbody></table>I Vennonetes vennero però definitivamente sottomessi a Roma, sempre nelle campagne di conquista di Augusto di Rezia e arco alpino, condotte dai suoi generali Druso maggiore (nipote e figlio adottivo di Augusto) e Tiberio (figlio adottivo di Augusto e futuro imperatore) contro i popoli alpini tra il 16 e il 15 a.c. </div><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Nel 15 a.c. l'azione congiunta di Drudo Maggiore e di Tiberio che avanzarono fino alle sorgenti del Danubio, dove ottennero l'ultima e definitiva vittoria sui Vindelici, permisero ad Augusto di sottomettere le popolazioni dell'arco alpino fino al Danubio, e gli valsero una nuova acclamazione imperatoria, mentre Druso, figliastro prediletto di Augusto, per questa ed altre vittorie, poté più tardi ottenere il trionfo. </div><div><br /></div><div>Su una montagna vicino a Monaco, presso l'attuale La Turbie, venne eretto un trofeo delle Alpi.<br />Infatti il nome dei Vennoneti è ricordato in quarta posizione nel Trofeo delle Alpi ("Tropaeum Alpium"), monumento romano eretto nel 7-6 a.c. per celebrare la sottomissione delle popolazioni alpine e situato presso la città francese di La Turbie:</div><div><br /></div>(LA)<br />«GENTES ALPINAE DEVICTAE TRVMPILINI · CAMVNNI · VENOSTES · VENNONETES [...].»<br />(IT)<br />«Popoli alpini sottomessi: Triumpilini, Camuni, Venosti, Vennoneti [...].»<br /><br />(Trofeo delle Alpi, Iscrizione frontale)<br /><div><br /><br /></div><div><b>BIBLIO</b></div><div><b><br /></b></div><div>- Valerio Lugani - Meravigliosa Italia, enciclopedia delle regioni, volume Trentino Alto Adige - edizioni Aristea -<br />- Giuseppe Morandini - Trentino-Alto Adige - edizioni UTET - 1971 - </div><div>- Sergio Marazzi - Atlante Orografico delle Alpi - SOIUSA - Pavone Canavese (TO), Priuli & Verlucca editori - 2005 -</div><div><br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-87944470017048588842024-01-26T15:26:00.000+01:002024-01-26T15:26:19.376+01:00LUCUS AUGUSTI - LUGO (Spagna)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4mh-f1sW__sSvJD3iqlbnhNAjnFz0EizRnEtJ-6EvB31kwFsBPEJu2Hc9w87jBHhWJuxfql2wg4puSrtm0qgyugkcLpTlkbYcy7K5SlS_kh1SWY0NEf0wFSce6ZcW7FaDGer0Yp3X9co8wBa-Fp9lEb_qjgpb2eSJtthaxeMqxJTBWil7vUh4SLec/s550/lugo1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="366" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4mh-f1sW__sSvJD3iqlbnhNAjnFz0EizRnEtJ-6EvB31kwFsBPEJu2Hc9w87jBHhWJuxfql2wg4puSrtm0qgyugkcLpTlkbYcy7K5SlS_kh1SWY0NEf0wFSce6ZcW7FaDGer0Yp3X9co8wBa-Fp9lEb_qjgpb2eSJtthaxeMqxJTBWil7vUh4SLec/s16000/lugo1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MURA DI LUCUS AUGUSTI</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div>Lugo ovvero Lucus Augusti è un comune, una città della Galizia in Spagna, capoluogo della provincia di Lugo e dell'omonima regione. È una città di origine romana, come insediamento in onore del Dio Lug o Lugh e successivamente fondata come accampamento militare dell'impero nel 25 a.c. <div><br /><div>È il centro più antico della Galizia, sorto nei pressi di un castro; i numerosi resti romani, molti dei quali conservati nel Museo Provinciale, e soprattutto le mura romane testimoniano i suoi primi anni di storia, unico al mondo a conservarne l' intero perimetro e dichiarato Patrimonio dell'Umanità nel 2000. La città è uno dei pochi luoghi al mondo riconosciuti come Patrimonio dell'Umanità sia culturale che naturale. </div><div><br /></div><div>Lucus Augusti era la capitale più vicina alle finisterrae romane, l'ultimo anello delle fortificazioni romane, quindi dovrebbe essere molto più solida delle altre. La città si trova su un altopiano circondato da fossati naturali su tre lati, il fiume Miño a ovest ea sud e i torrenti Rato, Paraday e Chanca a est ea nord .</div><div><br /></div><div>Nel 26 a.c., un corpo di spedizione romano al comando di Caio Antisto Veto arrivò nel nord-ovest della penisola iberica, che sarebbe diventata la Galécia, per controllarla. Stabilì nel 25 a.c. un accampamento nel territorio dell'attuale Lugo, che chiamò Luco Augusto, forse originato dalla divinità celtica Lug (che diede origine anche ai nomi di città come Lugano o Lione ) e che divenne capitale della Galecia Lucense. Luco Augusto significherebbe "il bosco sacro di Augusto".</div><div><br /></div><div>Il toponimo Lucus, deriva dal latino e significa bosco sacro; ma è anche possibile che avesse una radice precedente, poiché il nome del Dio celtico della luce era Lugh, e sarebbe stato venerato in epoca preromana.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcpXoT3z2mSrZl11_LlbiFlix_kW3FgF2A28e-1130oXfpaOeqJvLkOeEW98nreRrG1tSyZ4en5sjTs5gbYt002-J0zLOMZfIFgML-TCQt73jeSDHOomXO4yYTe4wj3rbmAMz-8SpJxJW3_R04w42wiHXRWaR3IOC3qwWH4a4vvYp0FQXnI8QXnxO9/s667/lugo13.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="667" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcpXoT3z2mSrZl11_LlbiFlix_kW3FgF2A28e-1130oXfpaOeqJvLkOeEW98nreRrG1tSyZ4en5sjTs5gbYt002-J0zLOMZfIFgML-TCQt73jeSDHOomXO4yYTe4wj3rbmAMz-8SpJxJW3_R04w42wiHXRWaR3IOC3qwWH4a4vvYp0FQXnI8QXnxO9/s16000/lugo13.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><span style="color: #990000;"><b>LA FONDAZIONE</b></span><br /><br />Paulo Fabio Máximo fondò Lucus Augusti nel 14-13 a.c., sull'accampamento militare già installato nel 25 a.c. La città sarebbe stata la capitale del Convento Legale Lucense, in cui era integrata la Gallaecia settentrionale. La città è basata su un altopiano a 475 m. di altitudine circondato da fossati naturali su tre lati, il fiume Miño a ovest ea sud e i torrenti Rato, Paraday e Chanca, a est; A nord, Lucus Augusti aveva la sua Muraglia.</div><div><br /><br /><br /><b><span style="color: #990000;">LE MURA</span></b></div><div><br /></div>L'antica città romana di Lucus Augusti, fondata da Paulo Fábio Máximo per conto di Augusto nel 13 a.c. per annettere all'Impero Romano il nord-est della penisola iberica, era dotata di una cinta muraria che durò, con poche ristrutturazioni, fino ai giorni nostri, ed è la meglio conservata delle mura romane situate nella penisola iberica. </div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxKujgLxR2SaxAUu5oo3BPWU7KRGiKahlcshrHlMFBUyYSA1R4QDgnh-Rboy9UsZdPFhIDHcWesKmzM4WU5_NxepFDuIbbhBQ7zD6G5wfXs2vhy05Eawv3XP6M5KwBD8a9j8d4Js9ZdQ502ENUYbSy0O71A2FZADIzjher8ARg0bQfl5pbzISDPIlZ/s640/lugo4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxKujgLxR2SaxAUu5oo3BPWU7KRGiKahlcshrHlMFBUyYSA1R4QDgnh-Rboy9UsZdPFhIDHcWesKmzM4WU5_NxepFDuIbbhBQ7zD6G5wfXs2vhy05Eawv3XP6M5KwBD8a9j8d4Js9ZdQ502ENUYbSy0O71A2FZADIzjher8ARg0bQfl5pbzISDPIlZ/s16000/lugo4.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MILIARIO ROMANO</td></tr></tbody></table>Il muro romano di Lugo segue le linee guida dell'ingegnere romano Vitruvio, è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 2000 e dal 6 ottobre 2007 è stato collegato con la Grande Muraglia cinese a Qinhuangdao. Esso venne eretto alla fine del III secolo, tra gli anni 260-310, quando Roma iniziò a sentire la minaccia barbarica ed è forse il recinto fortificato più importante e meglio conservato del mondo romano. </div><div><br /></div><div>Le mura misurano circa 2150 m. di lunghezza, con un'altezza tra i 10 ed i 15 m. Si ritiene che sia stato eretto in un unico progetto, terminato a metà o alla fine del IV secolo. Nell'VIII secolo la città cadde nelle mani dei musulmani, e nel 998 Almançor demolì parte delle mura, anche se non riuscì a conquistare la città.</div><div><div><br /></div><div>Si conservano 71 cubi, 60 circolari e 11 quadrangolari degli 85 che aveva. Otto sono sezionati e cinque scomparsi. Su ogni cubo c'era una torre di due o tre piani e quattro finestre in ciascuna di esse, ma solo una parte di una è conservata, nella zona conosciuta come A Mosquera. I materiali utilizzati nella sua costruzione sono principalmente ardesia e, in misura minore, muratura in granito. Il materiale di riporto è una malta composta da terra, pietre sciolte e ciottoli, cementata con acqua. </div><div><br /></div><div>Alla cinta muraria e alle torri si accedeva da scale a doppia ala incastonate nei solidi cubi. Sono state scoperte sedici scale di questo tipo e si presume che ce ne sia una in ciascuna torre romana originale. La città aveva 12 porte, attualmente si ritiene che cinque delle sue dieci porte siano romane, anche se con aggiunte successive. </div><div><br /></div><div>C'era inoltre un fossato a circa 5 m dalle torri, largo 20 m e profondo 4, un fossato non continuo, ma con più tratti, tra il muro e gli edifici c'era un intervallum che correva lungo tutto il contorno dello stesso, come un camminamento circolare inferiore, a 32 metri dalle mura. Nel tempo venne occupato da edifici.</div><div> </div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj84pn2tqmjFK3NW0Rq3UXXeCJ0GuC2QmHbBZw6TzHWii3eAZsEMY1froqNugT7zIpoZWo34ELAh5gl58aPgASOe991vuzJT8RfIL4VKqMgdRozHX8VRXSL0HHXnJ2ZGhxrecPSq9FXKwRE4iQeLuJSKUzV1AhbTo4bZH-A3wZmaOfxq7Rc1ppI0AZQ/s550/lugo3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj84pn2tqmjFK3NW0Rq3UXXeCJ0GuC2QmHbBZw6TzHWii3eAZsEMY1froqNugT7zIpoZWo34ELAh5gl58aPgASOe991vuzJT8RfIL4VKqMgdRozHX8VRXSL0HHXnJ2ZGhxrecPSq9FXKwRE4iQeLuJSKUzV1AhbTo4bZH-A3wZmaOfxq7Rc1ppI0AZQ/s16000/lugo3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CESARE AUGUSTO E PAOLO FABIO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LE TORRI</span></b></div><div><br />La cinta mantiene una serie di torrioni difensivi, con una distanza tra 8,80 e 9,80 m a 15,90 e 16,40 m, e un'altezza tra 8 e 12 m all'esterno. Erano 85, 46 di loro sono intatte mentre ci sono tracce delle altre 39.<br />Le torri hanno dimensioni da 5,35 m a 12,80 m nella cavità. La forma è poligonale, con vertici smussati.<br /><br /></div><div>Vennero costruite: in granito, per la finitura delle porte e degli angoli per rinforzare le torri, e lastre di ardesia per l'esterno delle mura. L'interno è riempito con una malta composta da terra, pietre e ciottoli cementati con acqua. Tutti questi materiali sono abbondanti nella zona.<br /><br />Delle 85 torri originarie se ne conservano 71, di cui 60 circolari e 11 quadrate. La disposizione delle torri evita i punti ciechi. Ogni torre doveva avere una struttura superiore con almeno due piani, con grandi vetrate colorate dove si trovavano balestre, onagri o scorpioni. La cinta muraria presentava cinque porte di accesso che corrispondevano alle strade principali della città.<br /><br />In epoca romana le cinque porte coincidevano con quelle attuali di Porta Miñá (Minhã), Porta Falsa, Porta de São Pedro, Porta Nova e Porta de Santiago. La Porta Miñá e forse la Falsa sono originali, gli altri tre sono successivi. <br /><br />L'accesso alla merlatura avveniva tramite scale ricavate nei muri delle torri. Si stima che ci fosse una scala per ogni torre. Le scale non raggiungevano il pavimento, per farlo occorrevano scale mobili, una misura di sicurezza.</div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFOU_al2TcuHuqGHdiW1KwyGUdLyklfHoAaVn31BIaHnNQEdePQaafixhPEQ8pf5vy4n9mUhXzZw_quyDB5awsMxgAKcq3RgdAY1amizmWf0QxVdPF6-6s4mAIbaFirQI-hMiwwR8bjwVAd37Rg6F0KNiYPnLuqktsGHi3pfz9-YjHUfvVCSPD-C3i/s550/lugo2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="365" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFOU_al2TcuHuqGHdiW1KwyGUdLyklfHoAaVn31BIaHnNQEdePQaafixhPEQ8pf5vy4n9mUhXzZw_quyDB5awsMxgAKcq3RgdAY1amizmWf0QxVdPF6-6s4mAIbaFirQI-hMiwwR8bjwVAd37Rg6F0KNiYPnLuqktsGHi3pfz9-YjHUfvVCSPD-C3i/s16000/lugo2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">TERME ROMANE DI MAXIMUS</td></tr></tbody></table><div><br /></div></div><div><div><b><span style="color: #990000;">LE TERME</span></b></div><div><br /></div><div>Le terme romane si trovano all'interno dell'attuale edificio termale. Sono stati datati al primo periodo imperiale, I-II secolo. Questo set è unico in tutta la Galizia. I resti conservati si possono dividere in due nuclei: </div><div>- l'Apoditeryum, che è praticamente intatto e si suppone fosse adibito a spogliatoio, per l'esistenza di nicchie con archi a tutto sesto. Costruito con conci di ardesia.<br />- Il Caldarium, la stanza adibita ai bagni caldi poi trasformata in cappella cristiana.<br />In altre parti delle terme sono presenti resti romani, canali e mura e su di essi spicca l'originaria presa d'acqua.</div><div><br /></div><div>Accanto alla cattedrale di Lugo, vi sono le tracce della piscina romana di Santa María, del IV secolo, è nota dal 1960 e la sua collocazione specifica è avvenuta nel 2004. Faceva parte di un edificio più ampio, probabilmente terme romane o un grande edificio privato. Sembra chiaro che fosse acqua fredda. </div><div><br /></div><div>La piscina è di forma rettangolare, con due absidi e conserva un gradino di accesso. Misura 3,5 x 1,80 metri e la sua capacità approssimativa è di 4.000 litri. Né è escluso che in un periodo successivo alla sua costruzione sia stato utilizzato come fontana pubblica.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOCxYktClBfAlZRzYYon0Kmi8JmKogdy06GRzX0qK9BbO_gJlxWA0St-f-5Su8x9C_IO0C4RuYV5Qa5Gg7lh3A4LhMVpQCL2n2libqe0D76RKEjCRU6RyQiShvITdOxgPU16smI5NP1B-8jLmFXsdAKFadsTKcv49f1jsItS3kBRbV27lpap0ShNS4/s550/lugo11.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="412" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOCxYktClBfAlZRzYYon0Kmi8JmKogdy06GRzX0qK9BbO_gJlxWA0St-f-5Su8x9C_IO0C4RuYV5Qa5Gg7lh3A4LhMVpQCL2n2libqe0D76RKEjCRU6RyQiShvITdOxgPU16smI5NP1B-8jLmFXsdAKFadsTKcv49f1jsItS3kBRbV27lpap0ShNS4/s16000/lugo11.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">I RESTI ROMANI</span></b><br /><br />Alcuni resti romani a Lugo sono il muro della basilica romana all'interno del nuovo edificio tecnologico, il muro romano in Plaza Santo Domingo, la base della porta romana in Rúa Nova, e i resti funerari apparsi nel vecchio carcere. Il recupero della fogna romana di Lugo, l'unica che sarà visitabile in Galizia, forse nel febbraio 2023. È lunga 13 metri ed è stata costruita nel IV secolo.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /><b><span style="color: #990000;">MOSAICO DI DEDALO E PASIFAE</span></b></div><div><br />Il Mosaico di Dedalo e Pasifae, l'unico pezzo di questo tipo di cultura romana che include la scena di Dedalo e Pasifae. È esposto al pubblico presso il Museo Provinciale. Il Mosaico raccoglie il momento del parto del vitello. È stato trovato nel 1986, in via Armañá. </div><div><br /></div><div>Pasifae, regina di Creta, era stata punita dagli Dei con una vergognosa passione per un toro e chiese a Dedalo, ingegnere del re Minosse e costruttore del famoso labirinto, di escogitare un rimedio per evitare la vergogna. Daedalus gli diede un vitello di legno ricoperto di pelle bovina. Pasifae si consegnò al toro e da esso generò il Minotauro, la famosa bestia del labirinto.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik4QPRWlnNupq9bmPtCKR1zbKQb_nl57HZWWwGKP7V1fZI3AdZIrrXHesTwZzuVNRAEwrFC0PfrdIEuVYNz83FcpCmXk9zMFQcFvQ7mcau4smm8IKCHo63jkLmVCMWFB87m4mcSWOUU9iR4mTkBQWi9_3n76D1wTmo6c85RVU2Mlnz6QMG1BljxcLy/s550/lugo10.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="373" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik4QPRWlnNupq9bmPtCKR1zbKQb_nl57HZWWwGKP7V1fZI3AdZIrrXHesTwZzuVNRAEwrFC0PfrdIEuVYNz83FcpCmXk9zMFQcFvQ7mcau4smm8IKCHo63jkLmVCMWFB87m4mcSWOUU9iR4mTkBQWi9_3n76D1wTmo6c85RVU2Mlnz6QMG1BljxcLy/s16000/lugo10.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA DOMUS DEL MITREO</span></b><br /><br />La Domus de Mitreo è un sito che conserva i resti di una casa romana del II e III secolo. La sua estensione superava il muro. Si conservano i resti delle diverse sale e alcuni dipinti, ma pure uno spazio per il culto del Dio Mitra con un altare votivo dedicato da un centurione della Legio VII Gemina addetto al fisco di Lucus Augusti. Quando fu costruito il muro, parte della domus fu "espropriata". Si trova nell'edificio del Vicerettorato in Piazza Pio XII, nº 3. Nella domus si può vedere un telo originale del muro romano.<br /><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcjzYK7Tpr7Sk8W-thruWRk6nL-LV2R4Xw6Y7r056h8kpl23B7wnqFNXTB5-SOhNnnLsflBBt5XnPjweVTuJTmAxUWnWtQyXlSOMSx_DnKhp1GvA-kzXRJNYzvdnDSBL_vfYjY225eW8kloIM-huFq6aNUJHEu-r-NFF7kgbAb6FtSxeEFgkf6dPJT/s570/lugo5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="570" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcjzYK7Tpr7Sk8W-thruWRk6nL-LV2R4Xw6Y7r056h8kpl23B7wnqFNXTB5-SOhNnnLsflBBt5XnPjweVTuJTmAxUWnWtQyXlSOMSx_DnKhp1GvA-kzXRJNYzvdnDSBL_vfYjY225eW8kloIM-huFq6aNUJHEu-r-NFF7kgbAb6FtSxeEFgkf6dPJT/s16000/lugo5.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GRAFFITO DIN GIULIO CESARE</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">IL TEMPIO ROMANO</span></b></div><div><b><span style="color: #990000;"><br /></span></b></div>Nella Puerta del Obispo Aguirre si trovano i resti di un tempio romano, annesso all'edificio del Círculo de las Artes. La Sala Porta Miñá si trova in Rúa do Carme e ospita un'esposizione permanente della Lugo romana.</div><div><br /><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA NECROPOLI ROMANA</span></b><br /><br />Sempre fuori le mura, nei pressi della Porta San Pedro si trova il Centro Archeologico di San Roque, che ospita i resti di una necropoli romana del IV secolo con sepolture a cremazione e inumazione e uno stagno rituale legato a divinità orientali, oltre a un forno per la produzione della ceramica.<br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">L'ACQUEDOTTO ROMANO</span></b><br /><br />L'Acquedotto Romano si trova accanto al Consiglio Provinciale, Piazza San Marco, con i resti di un tratto dell'acquedotto romano del I secolo, che si estende per poco più di 2 km, costruito secondo alla tecnica dell'opus caementicium. La costruzione in ardesia appartiene a una riforma forse medievale, precedente ai lavori eseguiti dal vescovo Izquierdo nel XVIII secolo.</div><div><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJfWkInUJY4IRWFtNRAXXQfNbzoF8hfiiNWdFVZYkobnX1fhJKOhLK2ZfKEnCymsVuGu1-N6LhALcPtKnA0w0vhAjWrQZXUqcx7SvTHCm6i5KXLouorjalm-FlmPQyfglaJkjzU4A1gUaXRawvgrJUc_mLa8g9X4YZPmqX5Nx5jYKH89PRqe16FBWg/s550/lugo6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="356" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJfWkInUJY4IRWFtNRAXXQfNbzoF8hfiiNWdFVZYkobnX1fhJKOhLK2ZfKEnCymsVuGu1-N6LhALcPtKnA0w0vhAjWrQZXUqcx7SvTHCm6i5KXLouorjalm-FlmPQyfglaJkjzU4A1gUaXRawvgrJUc_mLa8g9X4YZPmqX5Nx5jYKH89PRqe16FBWg/s16000/lugo6.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">PONTE ROMANO DI LUGO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">IL PONTE ROMANO</span></b><br /><br />Il Ponte Romano faceva parte della Via XIX, che collegava Lucus Augusti con Bracara Augusta, le due capitali romane della Hispania nordoccidentale, insieme ad Asturica Augusta, passando per Iria Flavia (Padrón). Fu parzialmente distrutto con le invasioni barbariche. Questo ponte fu oggetto di numerose ricostruzioni, nei secoli XII, XIV e XVII.<br /><br /><br /><br /><b><span style="color: #990000;">SANTA EULALIA DE BOVEDA</span></b><br /><br />Santa Eulalia de Bóveda si trova a 14 km da Lugo. Si tratta di un edificio di epoca tardo romana, a pianta rettangolare, con al centro una piccola vasca e volta a botte decorata da affreschi. All'esterno, una specie di atrio a due colonne precede la facciata, in cui si apre una porta con arco a ferro di cavallo. Molte interpretazioni sono state date sulla sua destinazione originaria: luogo di balneazione, ninfeo, tempio dedicato a Prisciliano. Successivamente fu riutilizzato per usi cristiani ed ebbe un nome cristiano.</div><div><br /></div><div><br /></div><div><b><span style="color: #990000;">LA CASA DEI MOSAICI</span></b></div><div><br /></div><div>La Casa dei Mosaici o Domus Oceani si trova in via Doutor Castro - i resti di una domus costruita alla fine del III o all'inizio del IV secolo e abitata fino al V secolo, scoperta quando sul sito fu edificato un edificio che ha trasformato i resti archeologici in musei in situ. Spicca il mosaico dell'anticamera e dell'"oecus", con motivi geometrici e figurativi; e il suo ipocausto.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDrSBjUmosOIWpPZvk2Ih_3Vm_b3mcskvOHQn3J_jceh5GHHJ31u1kY7GTu4SOKqw1pQPc-GWvni3pT_9J_iWW9SWnedxfDsmnaPiyUKX-aNswmN9UgZaoxrL0J3a8PaZilVOpE35Gsyp63IpzdvnM9EF6y9Qhy_8LtbO2MdABg8OcmR0iilSkPFz_/s550/lugo8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="261" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDrSBjUmosOIWpPZvk2Ih_3Vm_b3mcskvOHQn3J_jceh5GHHJ31u1kY7GTu4SOKqw1pQPc-GWvni3pT_9J_iWW9SWnedxfDsmnaPiyUKX-aNswmN9UgZaoxrL0J3a8PaZilVOpE35Gsyp63IpzdvnM9EF6y9Qhy_8LtbO2MdABg8OcmR0iilSkPFz_/s16000/lugo8.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">SACRAMENTUM IN CALLECIA - ALTARE DI LUCUS AUGUSTI - 10 a.c.</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div class="reflist" style="list-style-type: decimal; margin-bottom: 0.5em;"><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><b><span style="color: #990000;">IL SACRAMENTUM</span></b><br /><br /><i>"Così Augusto concluse le sue imprese bellicose, così come le ribellioni in Hispania. Da allora in poi sarebbero rimasti fedeli e in pace costante, sia per la loro stessa disposizione, sia per la loro stessa disposizione, più disposti alle arti della pace, già dal piano di Augusto, il quale, sospettoso del riparo dei monti in cui si rifugiavano, ordinò loro di abitare stabilmente nelle città romane, che si trovavano in pianura e che il consiglio di le persone risiedono lì e si proteggono per il capitale. La natura del paese favoriva questo disegno, poiché l'intera regione circostante conteneva un'abbondanza di oro, borace, minie e altre sostanze coloranti. Per questo Augusto ordinò lo sfruttamento del suolo. Così, lavorando faticosamente in clandestinità, gli Asture cominciarono a scoprire le proprie risorse e ricchezze cercandole per gli altri."</i><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;">(Lucio Anneo Floro, Epítome del Storia di Livio)</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;">Augusto concesse ai suoi interlocutori la guida e lo status di capitale di il territorio. Questo patto ricevette nell'antichità il nome di Sacramentum; sacramento significava "alleanza sacra".</div></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br />Durante la repubblica diveniva "Sacramentum" ciò che veniva affidato al tempio perché rimanesse custodito mentre si risolveva un processo, Ma pure veniva chiamato sacramentum qualsiasi tipo di patto, impegno o giuramento davanti agli Dei. Nel 12 a.c, Augusto, Princeps di Roma, amministratore della Gallia e dei Tarraconensi, fu nominato Pontefice Massimo della religione romana, dopo il suo trionfo.</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br />Scrive Augusto nelle Res Gestae. "<i>Quando tornai dalla Spagna e dalla Gallia, durante il consolato di Tiberio Nerone e di Publio Quintilio, dopo aver compiuto con tutto successo quanto era necessario in quelle province, il Senato, per onorare il mio ritorno, aveva consacrato, nel Campo de Marte, un altare dedicato alla Pace d'Augusto e incaricò i Magistrati, i Pretori e le Vestali di compiere su di esso un sacrificio in ogni ricorrenza</i>."<br /><br />Augusto doveva mantenere la pace nei territori vinti, perché oltre al suo prestigio in gioco, aveva bisogno delle legioni e delle risorse finanziarie per i conflitti in Germania e contro Reti e Pannoni.<br />Per questo inviò due dei suoi uomini di fiducia dell'ordine equestre, il figliastro Druso e Paulo Fabio Máximo, nei territori pacificati della Gallia celtica e della Callaecia per stipulare accordi con i capi di entrambi i territori. e completarli con rituali religiosi del dio nativo Lug da parte dello stesso Augusto, in quanto sommo pontefice di Roma.</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxkOKypTX8LWeAJ3cZ8e9R1s01w7drzXPlPXJ4OFfFV5cz5yi5knoI1uFG_l5B7sl2CNUFysV8SsoZoHZVBJ_d9Exql5feWRAewCFjl6oSgQUizvh29-ThELrPz2oZ97LoiE70lp6XEo2Jzh32jWmlFjT3RJpySJcmEvTDFZTp8Qb7AggUo-0wQxaD/s550/lugo7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="445" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxkOKypTX8LWeAJ3cZ8e9R1s01w7drzXPlPXJ4OFfFV5cz5yi5knoI1uFG_l5B7sl2CNUFysV8SsoZoHZVBJ_d9Exql5feWRAewCFjl6oSgQUizvh29-ThELrPz2oZ97LoiE70lp6XEo2Jzh32jWmlFjT3RJpySJcmEvTDFZTp8Qb7AggUo-0wQxaD/s16000/lugo7.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CHIOSTRO DEL MUSEO DI LUGO CON RESTI ROMANI</td></tr></tbody></table></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div><b><span style="color: #990000;">ARA AUGUSTI</span></b><br /><br />Druso nel Lughansa Festival, il santuario federale dei Galli a Lugdunum, costituisce l'Ara Augusti dove rappresenta Augusto incoronato come il Dio celtico Lug. E' il patto di governo dei Galli con Augusto. Nelle monete è raffigurato al dritto Augusto come figlio di Giulio Cesare, padre della patria e conquistatore della Gallia, e al rovescio l'altare di Lugdunum con due colonne ai lati sopra le lettere ROM ET AVG.<br /><br />Inoltre, nel territorio delle Voconces, presso Lugdunum, il santuario detto Foresta di Lugh, viene rinominato Lucus Augusti, bosco sacro ad Augusto (attuale Luc en Diois).<div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /><b>LA CALLECIA 12 a.c.</b></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br />Paulo Fabio Máximo, per ordine di Augusto, fa un patto con gli abitanti della Callecia e, come descritto da Lucio Anneo Floro, che giurarono sarebbero rimasti fedeli e in costante pace, che avrebbero abitato stabilmente le città e gli accampamenti romani, e che il consiglio del popolo avrebbe risieduto presso di loro in qualità di città capitale dello stato. Nelle monete Augusto appare al dritto come Pontefice Massimo, e al rovescio come offerta sacra a Roma e ad Augusto.<br /><br />Recenti ritrovamenti di una tabula hospitalis hanno permesso di verificare l'esistenza iniziale di un convento chiamato Arae Augustae, precursore della successiva suddivisione del convento operata da Paulo Fabio Máximo.<br /><br />Così Augusto ordina al suo legato in Callaecia, Paulo Fabio Máximo, di fondare tre nuove città e nomina Lucus Augusti, Bosco Sacro di Augusto, capitale del territorio di Callaecia, iniziandone subito i lavori di costruzione.</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><div style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV98i6lPKTrhKpqgScYT0qghWy0Tb4XL1y4zjeWTcRtPtabfOuOBg1nbykd8K2Il6TBCpCPdRO8dkavkoCmq86veLSrBor-AONKRLy153x0zoNiuSzBoOWl1GiCQb5NbkenGVj5TqgkLNY-E00KgzFo78MB90jtdK6xNUv2RLxTTMblJdui_i1hxI5/s550/lugo9.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="284" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV98i6lPKTrhKpqgScYT0qghWy0Tb4XL1y4zjeWTcRtPtabfOuOBg1nbykd8K2Il6TBCpCPdRO8dkavkoCmq86veLSrBor-AONKRLy153x0zoNiuSzBoOWl1GiCQb5NbkenGVj5TqgkLNY-E00KgzFo78MB90jtdK6xNUv2RLxTTMblJdui_i1hxI5/s16000/lugo9.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">AUREO CALICO DI AUGUSTO</td></tr></tbody></table><br /></div>Paulo Fabio Máximo divide il territorio della Callaecia in tre Conventi Legali:<br />- Lucensis con la città di Lucus Augusti. (Lugo)<br />- Asturum con la città di Astúrica Augusta. (Astorga)<br />- Bracaraugustanus con la città di Brácara Augusta. (Braga)<br /><br />Contemporaneamente inizia l'attività economica mineraria ad Asturum e Bracaraugustanus, l'attività metallurgica ad Asturum e Lucensis, e l'attività agricola intensiva a Lucensis e Bracaraugustanus.<br />Sfruttamenti minerari (oro in particolare) e metallurgici (spade di ferro) sono sfruttati da migliaia di uomini liberi e la loro produzione è di diretta proprietà di Augusto.<br /><br />L'anno successivo, Paulo Fabio Máximo viene nominato console da Augusto come ricompensa per i suoi servizi in Callaecia. Tiberio, anni dopo e per ordine di Augusto, stipulò nuovi sacramentum o patti sacri: con i Retios e i Pannonici a Vindobona, l'odierna Vienna, e poi nell'Ara Ubiorum, odierna Colonia, con i popoli germanici.<br /><br />Quattro furono i sacri patti che Augusto strinse con le genti del limes dell'impero: a Lione, Lugo, Vienna e Colonia. Dice Augusto nelle sue Res Gestae: </div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;">- <i>Ho allargato i confini di tutte le province del popolo romano confinanti con i popoli non soggetti al nostro dominio. Ho pacificato i Galli, gli Ispani e la Germania, fin dove l'Oceano li bagna, da Cadice alla foce dell'Elba. Ordinai la pacificazione delle Alpi, dall'immediata regione del Mare Adriatico al Mar Tirreno, senza far guerra ad alcuno di quei popoli che non fosse giusta</i>. -</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiKEWaXeWbdIxr5R6hrowB0gEnpqSd69mlDWs-pwaPhZvSXkwiiUNV3JLw3TblHDxTB3g2rUUG4dOzkJ5340DsjN775q3WLqyhs-4r0lPorZu64TaHqfd0JfvzgApzrb0D3aNglU6Ub_kEDhsAm3pkfwDebSSiM_giPjFynWvzGa3WGDJM-kUeY6OM/s550/lugo12.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="377" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiKEWaXeWbdIxr5R6hrowB0gEnpqSd69mlDWs-pwaPhZvSXkwiiUNV3JLw3TblHDxTB3g2rUUG4dOzkJ5340DsjN775q3WLqyhs-4r0lPorZu64TaHqfd0JfvzgApzrb0D3aNglU6Ub_kEDhsAm3pkfwDebSSiM_giPjFynWvzGa3WGDJM-kUeY6OM/s16000/lugo12.jpg" /></a></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em; text-align: center;"><br /></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><b><span style="color: #990000;">CRISTIANIZZAZIONE DEL SACRAMENTO</span></b></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br />Il Catechismo della Chiesa Cattolica Romana proclama:<br />"<i>La Chiesa è in Cristo come sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano": essendo sacramento dell'intima unione degli uomini con Dio è il primo fine della Chiesa</i>".<br /><br />Il Santissimo Sacramento, pratica </div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;">paleocristiana, era fatta per i malati e i moribondi. Nei secoli IX-XI, si diffuse il culto del Santissimo Sacramento, dichiarando eretiche le tesi che riducevano l'Eucaristia a un simbolismo. Eresia che in genere portava alla condanna al rogo. Il potere di concedere l'onore del Sacramentum alle città apparteneva solo Pontefice di Roma, con grande guadagno delle suddette a cui i fedeli in speranza di miracoli devolvevano denari e preziosi.</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"> </div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><b><span style="color: #990000;">LUGO, CITTÀ DEL SACRAMENTO </span></b></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;">Lugo, capitale della Callaecia e del regno di Galizia, ha mantenuto la Forma Sacra come emblema sul suo stendardo e scudo fino ad oggi, conosciuta ancora oggi come la Città del Sacramento, senza dubbio a ricordo della sua fondazione come città del Sacramentum con Augusto. Questo emblema, insieme al muro romano sotto il periodo imperiale, è uno dei suoi segni distintivi rimasto nei secoli.<br /><br /><br /><b>BIBLIO</b><br /><br />- Alcorta Irastorza, Enrique - Scavo archeologico nell'area in proprietà nº 106 della ruota Muralla, Lugo - Azioni archeologiche - 2006 -</div><div class="mw-references-wrap mw-references-columns" style="column-width: 30em; margin-top: 0.3em;"><br /></div></div></div></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d51071.500978046504!2d-7.588206008542376!3d43.01059274827916!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0xd31ce8568dccc91%3A0xc890026ae71cf634!2sMuseo%20Provincial%20de%20Lugo!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1681033943594!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-7418009400623344842024-01-24T17:27:00.000+01:002024-01-24T17:27:23.261+01:00CORNELIO VALERIANO<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSlHeqD3ML1qG_zCjnu1EDozyK8w_Dho5w2PrvJ3tRjm9CG5HZC5NAE9PxyricElfZfNA4uNfNfQqjDZeasunmPEeUTwv7pTQ6QKn76zISRnT4Itj1RVmZ1-PPjj2IAeii-sTWBBoOtB6BoyQTPnx0OEVei-zgrUZx0LktxPvU0vRCATp5o7V13pDF/s550/cornelio-valeriano1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="502" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSlHeqD3ML1qG_zCjnu1EDozyK8w_Dho5w2PrvJ3tRjm9CG5HZC5NAE9PxyricElfZfNA4uNfNfQqjDZeasunmPEeUTwv7pTQ6QKn76zISRnT4Itj1RVmZ1-PPjj2IAeii-sTWBBoOtB6BoyQTPnx0OEVei-zgrUZx0LktxPvU0vRCATp5o7V13pDF/s16000/cornelio-valeriano1.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">CORNELIO VALERIANO</td></tr></tbody></table><br /><b><span style="color: #990000;">Nome: </span></b>Publio Licinio Cornelio Valeriano, Publius Licinius Cornelius Valerianus<br /><b><span style="color: #990000;">Nascita: </span></b>Roma<b><span style="color: #990000;"> </span></b>250 circa<br /><b><span style="color: #990000;">Morte:</span></b> Pannonia, 258 circa<br /><b><span style="color: #990000;">Professione:</span></b> cesare dell'Impero romano tra il 255 e il 258.<br /><b><span style="color: #990000;">Padre:</span></b> Gallieno<div><b><span style="color: #990000;">Madre:</span></b> Cornelia Salonina</div><div><br /></div><div>La famiglia valeriana apparteneva all'aristocrazia senatoriale romana, elevata al trono nel 253 quando Valeriano viene nominato imperatore. Valeriano è sposato con Mariniana, figlia di Egnazio Vittore Mariniano, da cui ha due figli: Gallieno che nomina il figlio Gallieno Augusto e quindi coimperatore, e Valeriano il giovane che nomina Cesare.</div><div><br /></div><div>Gallieno è sposato con Cornelia Salonina, da cui ha tre figli: Cornelio Valeriano, Cornelio Salonino e Egnazio Mariniano. Cornelio Valeriano, il figlio maggiore, ricevette il nome Valeriano dal nonno imperatore. Quando Valeriano e il figlio Gallieno divennero augusti, nel 255, Cornelio Valeriano venne innalzato per volere del nonno a cesare.</div><div><br /></div><div>Mentre Valeriano si occupava delle province orientali e Gallieno della frontiera del Reno, Cornelio Valeriano dovette badare la frontiera del Danubio dal 256, ma aiutato da un generale esperto, sicuramente Ingenuo, in quanto quindicenne. Infatti vi sono molte iscrizioni come princeps iuventutis, che celebrano le ricostruzioni di strade e ponti.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioqJC-tDyInn1xX8Guq-0RAXnbYLn-wv-PKCb7mkefso0hLl5vKDa53Y46CWBrhZlEbWNzq0K1BhGQQWRzR3DbFnR1aJmU0J415IqAL4pFVJB_HP6EcVcUGRWq4Hc7p111bHzW2Q7fwRYNW-xAByzHmvyQ4l1OzmW5cQDKowZkFEChUW-Oiq72CYtn/s677/cornelio-valeriano2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="677" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioqJC-tDyInn1xX8Guq-0RAXnbYLn-wv-PKCb7mkefso0hLl5vKDa53Y46CWBrhZlEbWNzq0K1BhGQQWRzR3DbFnR1aJmU0J415IqAL4pFVJB_HP6EcVcUGRWq4Hc7p111bHzW2Q7fwRYNW-xAByzHmvyQ4l1OzmW5cQDKowZkFEChUW-Oiq72CYtn/s16000/cornelio-valeriano2.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">GALLIENO</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Non si sa come morì ma la sua monetazione come cesare finisce nel 258, quando in Pannonia vi fu la rivolta di Ingenuo, per cui la sua morte è attribuita a lui. Sulla elevazione di Cornelio Valeriano ad augusto, un'iscrizione che lo celebra come augustus sembrerebbe un tentativo di guadagnargli la lealtà dei soldati in occasione della rivolta di Ingenuo: un tentativo fallito.</div><div><br /></div><div><div><content type="html">Quando infatti l'imperatore Valeriano fu catturato dai Sasanidi, mentre Gallieno era impegnato a tenere assieme il suo impero contro diversi usurpatori Ingenuo si proclamò imperatore. Gallieno richiamò le truppe dalla Gallia, e gli dette battaglia nei pressi di Mursa o Sirmio, l'usurpatore o venne ucciso in battaglia, o, le versioni sono diverse, si tolse la vita per evitare la cattura.</content></div></div><div><br /></div><div><br /><b>BIBLIO</b></div><div><br /></div>- Bray, John - Gallienus - Wakefield Press - 1997 -<br />- Ammiano Marcellino - Rerum gestarum - libri XXXI -<br />- Corpus Inscriptionum Latinarum - edidit Theodor Mommsen - Berolini - 1863 -<br />- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita -<br />- Paolo Orosio - Historiarum adversus paganos libri septem -<br />- Giovanni Zonara - Epitome delle storie -<br />- Zosimo - Storia nuova -<br />- Richard Weigel -Valerian (A.D. 253-260) and Gallienus (A.D. 253-268) - su De Imperatoribus Romanis - 2012 -Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7822224901470014373.post-81519800513166715752024-01-22T15:04:00.000+01:002024-01-22T15:04:02.795+01:00CLATERNA (Emilia Romagna)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsxEhLUB_o34QFyLLPL2alDclo92auKeg5KHmdBR-wX0p6wl6wQXCWIgBzlMMBOzv5FeoQQmjOflnQVaPfZtrCxSm1kxlIoElvWr6MsOJtT2hEwFIYFoM_BOxeXvNYHm_O2rixkNcp247RsIIbYGw-uitCX27TyJWaFbYCbwUrBbs2WIPh-pKxm9OZ67M/s550/claterna1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="364" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsxEhLUB_o34QFyLLPL2alDclo92auKeg5KHmdBR-wX0p6wl6wQXCWIgBzlMMBOzv5FeoQQmjOflnQVaPfZtrCxSm1kxlIoElvWr6MsOJtT2hEwFIYFoM_BOxeXvNYHm_O2rixkNcp247RsIIbYGw-uitCX27TyJWaFbYCbwUrBbs2WIPh-pKxm9OZ67M/s16000/claterna1.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Claterna è un raro esempio di città scomparsa in Emilia-Romagna, una città posta sulla via Emilia, fra le colonie romane di Bologna (Bononia) e Imola (Forum Cornelii), esattamente tra la frazione Maggio di Ozzano dell'Emilia ed il torrente Quaderna (affluente dell'Idice), da cui la città prendeva il nome. Infatti il centro si chiamò prima Quaterna e poi Quaderna, secondo il nome etrusco del fiume, romanizzato poi in Claterna.<div><br /></div><div>Pertanto nella regione Cispadana il territorio più occidentale, comprendente la maggior parte dell’odierna Emilia-Romagna, fu conquistato stabilmente dai Romani soltanto dopo la II Guerra Punica (218-202 a.c.) e dopo le campagne militari contro i galli Boi all'inizio del II secolo a.c.<div><br />Il centro di Claterna nacque infatti durante la prima metà del II secolo a.c., contemporaneamente alla grande colonizzazione agraria della pianura, esso doveva costituire una sosta nel tragitto fra le due colonie maggiori, come gli altri centri sulla via Emilia, a distanza regolare tra loro, e cioè ad una giornata di marcia delle legioni (circa 36 km odierni, o 24 miglia romane). Le vie servivano infatti ai legionari per gli spostamenti veloci e ai carri per gli scambi commerciali.</div><div><br /></div><div>Con la colonizzazione romana della Gallia Cisalpina (o Gallia Citeriore) e la costruzione della via Emilia, in parte sul tracciato di un antico sentiero ai piedi della collina, Claterna fu fondata alla confluenza di un'altra strada romana che traversava l'Appennino, probabilmente la via Flaminia Minor, voluta dal console Gaio Flaminio nel 187 a.c. tra Bononia (Bologna) e Arretium (Arezzo), come riferisce Tito Livio, che congiungeva la strada emiliana con Arezzo (Arretium).</div><div><br /></div><div>Claterna fu dapprima un villaggio con funzione itineraria, in quanto posta all’incrocio tra la via Aemilia ed una via transappenninica da identificare forse con la via Flaminia Minor (vie consolari furono realizzate nel 187 a.c.), ma pure commerciale, finchè nel I secolo a.c. (in periodo sillano o forse cesariano) Claterna fu elevata a municipio, come capoluogo di una grande circoscrizione territoriale tra i torrenti Idice e Sillaro, confinante ad ovest con Bononia, e ad est con Forum Cornelii, odierna Imola.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHgd3603k6oSgTJu2LdNFoVdTWz1WypwpWNvHLplmjepkOFZIozf-fo2dvXf46OX792bvPzgcqcnO6T1f4EOE4Dyft9BvEE5isNNrFRStNt7rTf6vkM_hRq2ymOvDqoGENMhmTILPHsr41nOtOzDIQcFgAtSYAwGVAGt4-U63T6tcjpv2wLRc0o8-_Xlw/s557/claterna2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="557" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHgd3603k6oSgTJu2LdNFoVdTWz1WypwpWNvHLplmjepkOFZIozf-fo2dvXf46OX792bvPzgcqcnO6T1f4EOE4Dyft9BvEE5isNNrFRStNt7rTf6vkM_hRq2ymOvDqoGENMhmTILPHsr41nOtOzDIQcFgAtSYAwGVAGt4-U63T6tcjpv2wLRc0o8-_Xlw/s16000/claterna2.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>L'insediamento iniziò nel II secolo a.c., verso il il 183 a.c.. prima solo un villaggio che si espanse fino a diventare municipium nel I secolo a.c., divenendo capoluogo del territorio compreso fra i torrenti Idice e Sillaro. Il suo declino avvenne nella crisi economica e politica del III secolo, e dalle incursioni barbariche. La città si impoverì e la popolazione diminuì, fino al definitivo abbandono poco dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, tra il V e VI secolo.</div><div><br /></div><div>Claterna prese il nome dal fiume che tuttora la bagna, il Quaderna, di origine etrusca che presagisce un insediamento nel luogo già all'epoca. Le prime notizie riguardano un episodio della guerra di Modena, quando Aulo Irzio, nel 43 a.c., la espugnò e vi si insediò al servizio di Ottaviano contro Antonio. Come riferisce Cicerone (ad fam., XII,5,20) la città era stata presa con le armi, il che attesterebbe la presenza di un apparato difensivo, se non di mura, di un vallo o terrapieno, benché oggi non ne restino tracce.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEim7S0PHtfqCSoY4txOluT5NGN48uIXNp90_TLnhGz9v82Us6pJ_qgBsPpAa6sRKdBdnRi3WAxUQJ_UT_qJLizOD77-DKUuVcEoc4s4YoRD4isKDmhLd60T8DiQxrBexo3z6MHncDual6HBYPGPbSj2cD6wgfQtCC30FmvK4xmJ5wZE8yYBMs_MFVNkjHc/s550/claterna5.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="413" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEim7S0PHtfqCSoY4txOluT5NGN48uIXNp90_TLnhGz9v82Us6pJ_qgBsPpAa6sRKdBdnRi3WAxUQJ_UT_qJLizOD77-DKUuVcEoc4s4YoRD4isKDmhLd60T8DiQxrBexo3z6MHncDual6HBYPGPbSj2cD6wgfQtCC30FmvK4xmJ5wZE8yYBMs_MFVNkjHc/s16000/claterna5.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><br /></div><div><div><b>DESCRIZIONE</b><br /><br />L’area urbana aveva una forma quasi trapezoidale, con sviluppo da est ad ovest per circa 600 metri, a cavallo della via Emilia, che ne costituiva il decumanus maximus per un’estensione di circa 150 metri a nord e a sud della stessa. Nella massima espansione, occupava dunque un’area di circa 18 ettari, senza contare i suburbilungo gli assi della viabilità maggiore.</div><div><br />Le altre strade principali erano costituite da una via parallela al corso del Quaderna, da un grande cardine ortogonale alla via Emilia (il cardo maximus) e da altre due vie parallele a quest’ultima, collocate a nord e a sud della città. L’impianto urbano era delimitato ad est dal torrente Quaderna e ad ovest dal Gorgara.</div><div><br />Altre tracce emergono da una ricostruzione archeologica fondamentalmente basata sulle indicazioni provenienti dalle raccolte sistematiche di superficie (survey), dall’analisi della fotografia aerea, dall’applicazione di metodi geofisici e da esplorazioni mediante saggi di scavo. Il Museo della città romana di Claterna, al secondo piano del Palazzo della Cultura in Piazza Salvador Allende a Ozzano, è stato inaugurato nel 2019.</div></div><div><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicSUuPbg3IJ84X6jEPmZtUhV_l5vCq1-TiNV7cWgYGggH3fZZKK3nAhLZeq9STjHMpGHxkMsdCMp3L87Vd31pnRPl-s_6hTUC3Tk4xvtB1E88VHvx3wRo7P-GYS4uGYZdtjiLYvByJPsqmk5a0e_beS-_y-fjK7WN7wIkRF_toofUhCBavFoyPLy1KeAE/s550/claterna3.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="229" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicSUuPbg3IJ84X6jEPmZtUhV_l5vCq1-TiNV7cWgYGggH3fZZKK3nAhLZeq9STjHMpGHxkMsdCMp3L87Vd31pnRPl-s_6hTUC3Tk4xvtB1E88VHvx3wRo7P-GYS4uGYZdtjiLYvByJPsqmk5a0e_beS-_y-fjK7WN7wIkRF_toofUhCBavFoyPLy1KeAE/s16000/claterna3.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MOSAICO DELLE TERME</td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div><div><div><b>GLI SCAVI</b></div><div><br /></div>Il territorio di Ozzano dell'Emilia accoglie importanti resti archeologici pertinenti all'area compresa tra l'abitato di Maggio e il torrente Quaderna, e riferiti all'antica città di Claterna. Il ritrovamento dei primi reperti (dovuto all'aratura dei campi), determinò i primi scavi fra il 1890 e il 1933, guidati da Edoardo Brizio, direttore del Museo Civico di Bologna e a Salvatore Aurigemma, commissario della Soprintendenza alle Antichità, rinnovate poi tra il 1950 e il 1960, dirette da Guido Achille Mansuelli.</div><div>Vennero messi in luce dei tratti stradali, domus con pavimentazioni musive e a cocciopesto, oltre a ceramiche, monete e vasi di vetro.<div><div><br />Negli anni trenta, furono ritrovate alcune pavimentazioni di oggi esposte al Museo Civico Archeologico di Bologna. Seguirono poi solo rinvenimenti casuali dovuti alla realizzazione di nuovi impianti Enel, Hera e fibre ottiche. Dagli anni ottanta un gruppo archeologico organizzato da volontari al seguito di archeologi professionisti, ha riavviato campagne di scavo. Nei recenti scavi condotti nell’area archeologica bolognese sono emersi frammenti di marmo colorato, iscrizioni, monete e parte di un teatro romano.</div><div><br />Oggi è possibile visitare lo scavo con i pavimenti di una domus detta domus dei mosaici nel settore 12, a sud della via Emilia, e la ricostruzione in archeologia sperimentale di un'abitazione-officina artigiana a nord della strada, nel settore 11, detta domus del fabbro. I resti degli altri scavi (fra cui il teatro e il foro) sono stati ricoperti in attesa di risolvere il problema economico della loro sistemazione.<br /></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPm4qi8wQH-S_NAASJRWJpf_eE7dO4brOXnrKHWoRjbyPYYOxpkfflaWwcjwZbek4Rfa6K0JXVvPafWTIZME0MvKnIHKq1iT_Nh-GDkieNh-00faktMgyFLWrFbVd3JB3F4q6w3Fof86kj_8-iVRkr-Q0dh7iOoUREmHlFfdIhMPEd-iyqZ2RialTjubg/s550/claterna4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="267" data-original-width="550" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPm4qi8wQH-S_NAASJRWJpf_eE7dO4brOXnrKHWoRjbyPYYOxpkfflaWwcjwZbek4Rfa6K0JXVvPafWTIZME0MvKnIHKq1iT_Nh-GDkieNh-00faktMgyFLWrFbVd3JB3F4q6w3Fof86kj_8-iVRkr-Q0dh7iOoUREmHlFfdIhMPEd-iyqZ2RialTjubg/s16000/claterna4.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div>Reperite anche delle iscrizioni incise su lapidi in pietra sia nel territorio che nel sito della città, dedicate a personaggi di rango, imperatori e divinità. La città è ricordata anche da S. Ambrogio (Ep.II,8), vescovo di Milano, che sul finire del IV secolo la include tra i “semirutarum urbium cadavera” (cadaveri di città semidirute), per la decadenza economica e gli eserciti barbarici o al servizio di usurpatori che devastavano i centri della regione.</div><div><br />Comunque la città scomparsa è da anni al centro di ricerche e studi da parte della Soprintendenza e del Gruppo archeologico Città di Claterna, supportate dal Comune di Ozzano e dall'I.M.A. Industria Macchine Automatiche S.p.A. che hanno permesso la recente istituzione dell’associazione culturale “Civitas Claterna”, nata nel 2005, per gli studi e scavi della città.<br /><br />Rimane ancora molto da scoprire di questa città, sui suoi precedenti insediamenti etruschi e celtici, sui suoi insediamenti romani, anche perchè dimenticata e sepolta quasi intatta sotto i campi, a mezzo metro di profondità, da ben1500 anni. Il Museo della città romana di Claterna, al secondo piano del Palazzo della Cultura in Piazza Salvador Allende a Ozzano, è stato inaugurato nel 2019.<br /><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div><b>BIBLIO</b><br /><br />- R. Susini - Genesi storica di Claterna - Culta Bononia - 1970 -<br />- Fabio Pasi (a cura di) - Il fiume Lamone. Aspetti storici - Ravenna - Longo - 2000 -<br />- Carla Conti - Città romana di Claterna, Ozzano (BO) - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara - 30 novembre 2020 -<br />- Angela Carusone - Ozzano: inaugurato il Museo Città romana di Claterna - Bologna Today - 30 marzo 2019 -</div></div></div></div></div><div><br /></div>
<iframe allowfullscreen="" height="450" loading="lazy" referrerpolicy="no-referrer-when-downgrade" src="https://www.google.com/maps/embed?pb=!1m18!1m12!1m3!1d6143.916779756969!2d11.500049840931748!3d44.434444586755!2m3!1f0!2f0!3f0!3m2!1i1024!2i768!4f13.1!3m3!1m2!1s0x477e283ee5afd65d%3A0xea413d7e21a0b41!2sScavi%20Archeologici%20Claterna!5e1!3m2!1sit!2sit!4v1705932184248!5m2!1sit!2sit" style="border: 0;" width="600"></iframe>Romanoimperohttp://www.blogger.com/profile/04241360059894739474noreply@blogger.com0