SERVIO SULPICIO CAMERINO CORNUTO - S. S. CAMERINUS CORNUTUS



GENS SULPICIA

Nome: 
Servio Sulpicio Camerino Cornuto, ovvero Servius Sulpicius Camerinus Cornutus
Nascita: ...  
Morte: ... 
Professione:  politico e militare 
Padre:  Quinto Sulpicio Camerino Cornuto 
Cariche:  Vigintivirato 451 a.c.. consolato 461 a.c. 
Gens: Sulpicia 


Servio Sulpicio era un personaggio della prima Repubblica romana; apparteneva alla famiglia Camerino della nobile gens Sulpicia, un'antica gens patrizia dell'antica Roma. I Camerini, o Camerti, erano una tribù umbra (Umbri Camerti) che avevano abbandonato la città natia Kamars perché sconfitti dai Pelasgi. 

In nome dell'antica patria, diedero il nome di Cameria, o Camerium o Camerta, alla nuova città da loro fondata nel Lazio, città poi conquistata dai Romani guidati da Romolo che ne fece una colonia romana. Sembra che i Romani della colonia fossero oltre il doppio dei sopravvissuti, i quali però seguitarono a portare orgogliosamente il loro nome di Camerti.

I Camerti ed i Romani strinsero un trattato di alleanza con eguali condizioni, l'Aequum Foedus, nel 309 a.c.. Durante la II guerra punica i Camerti fornirono a Roma 600 combattenti, pertanto fedeli alleati. L'agnomen Cornuto è della famiglia dei Camerino, che apparteneva alla gens patrizia Sulpicia, ed è anche il cognome di varie gens plebee non note. 

Servio Sulpicio era il figlio di Quinto Sulpicio Camerino Cornuto, console nel 490 a.c., il padre (o il nonno) di Quinto Sulpicio Camerino Cornuto, tribuno consolare nel 402 a.c. e nel 398 a.c. Il suo praenomen non ci è stato tramandato con certezza, in quanto secondo Tito Livio era Publio e non Servio. 

Nel 461 a.c. venne eletto console insieme a  Publio Volumnio Amintino Gallo, in un periodo di gravi tensioni politiche tra i  tribuni della plebe, che si battevano in favore della  lex Terentilia  e i patrizi, conservatori, che si opponevano a qualsiasi limitazione del potere dei consoli. 

Dionigi annota come, durante il consolato, i tribuni della plebe avessero proposto una legge per l'elezione di un comitato di dieci saggi che redigessero le leggi dello Stato, e che queste fossero affisse al Foro Romano, proposta fortemente osteggiata dai Patrizi che pur essendo molto più ricchi dei plebei cercavano sempre maggiori privilegi. 

Giunto l'annuncio dagli  Ernici che gli  Equi  ed i Volsci, nemici tradizionali che Roma aveva sconfitto l'anno prima, si stavano riorganizzando presso  Anzio, venne indetta una leva militare, sospendendo la discussione legislativa. 

Convinti che si trattasse di un espediente per mettere nuovamente a tacere la discussione sulla "lex Terentilia", i tribuni osteggiarono la suddetta leva, anche attraverso l'uso della forza; al pari di questi i patrizi, quando i tribuni invitavano il popolo a votare nelle assemblee il loro disegno di legge, impedivano il voto, e scoppiavano così dei tumulti. 

LE LEGGI ROMANE

Questi contrasti e questa paralisi politica durò tutto l'anno. Durante il consolato di Sulpicio ebbe luogo anche il processo politico di Cesone Quinzio, il figlio di  Cincinnato, conclusosi col suo esilio e il ritiro del padre, costretto a vendere i beni di famiglia per pagare la cauzione dopo che il figlio era scappato, in un piccolo podere, l'ultimo rimastogli, al di là del Tevere. 

Siamo ora nel 454 a.c., Spurio Tarpeio Montano Capitolino fu eletto console insieme al collega Aulo Aternio Varo Fontinale e durante quest'anno non si registrano scontri con le popolazione vicine. Ma i consoli dell'anno precedente, Gaio Veturio Cicurino e Tito Romilio Roco Vaticano, furono condannati a pagare una forte ammenda, perché avevano versato tutto bottino della battaglia contro gli Equi all'erario, senza che i soldati avessero la loro parte.

I patrizi vivono l'ammenda come un oltraggio alla loro classe, ma a Roma si instaura un nuovo clima di collaborazione, per il quale i tribuni della plebe decidono di non riproporre la Lex Terentilia, che viene così definitivamente accantonata. La contesa tra plebei e patrizi si sposta allora sul terreno di chi possa proporre le leggi, iniziativa fino ad allora esercitata solo dai patrizi. 

Vista la distanza tra le due posizioni, con i patrizi che vorrebbero negare ai plebei questa prerogativa, si decide di inviare Spurio Postumio Albo, Aulo Manlio Vulsone e Sulpicio Camerino Cornuto ad Atene per trascrivere le leggi di Solone, onde studiare a Roma le leggi ed istituzioni greche, col compito di trascrivere le leggi di Solone e di esaminare la legislazione locale per recepire le norme che meglio si adattavano allo stile di vita romano. 

I Romani ebbero sempre la virtù di riconoscere chi fosse più esperto di loro in qualsiasi campo e pertanto disposti ad esaminare, riprodurre e magari migliorare qualsiasi conoscenza straniera. Tornati a Roma nel  452 a.c., nel 451 a.c. Sulpicio Camerino fece parte del primo gruppo di  decemviri, i decemviri legibus scribundis, partecipando alla stesura iniziale della normativa, e cioè un codice di leggi scritto in dieci tavole approvato dai "comitia centuriata" e che il successivo collegio di decemviri completò, emanando la "Lex Duodecim Tabularum". 
Di lui poi non si sa più nulla, il che fa pensare a una vita tranquilla.


BIBLIO

- Diodoro Siculo - Storia universale -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane -
- Appiano di Alessandria - Historia Romana -
-Tito Livio - Ab Urbe condita libri -
- William Smith - (a cura di) Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology - 1870 -
- T. R. Shannon Broughton - The Magistrates of The Roman Republic. Vol. 1 - Cleveland - Case Western Reserve University Press - 1951 -

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