LACUS CURTIUS



RICOSTRUZIONE

Il Lacus Curtius è un'area trapezoidale nel Foro Romano, a livello più basso del pavimento, con un tratto dell'antica pavimentazione cesariana e un tratto di pavimentazione augustana, ambedue in travertino e, sotto questa, quella precedente di tufo. Sul lato orientale è un dodecagono in tufo cappellaccio, lasciato scoperto a bella posta, in mezzo al quale è un basamento circolare forato al centro: probabilmente il sostegno di un pozzo.


I VERSIONE

Più a ovest si notano due incassi rettangolari, per basamenti di altari. Sul monumento sono state tramandate molte leggende. Secondo una di queste, di Tito Livio, nella Ab Urbe Condita, si sarebbe trattato inizialmente di una voragine, nella quale sarebbe caduto, a cavallo, il capo sabino Mettius Curtius durante la guerra tra Romani e Sabini.


II VERSIONE

Tito Livio citò però anche un'altra versione, e cioè che il sabino Mevio Curzio, o Mettius Curtius, partecipò alla guerra contro i Romani a causa del Ratto delle Sabine. Dopo che il re sabino Tito Tazio aveva costretto i Romani ad asserragliarsi sul Campidoglio, Curzio abbattè in duello il comandante romano Osto Ostilio, che si crede antenato di Tullo Ostilio. Ma Romolo grande amico di Osto, per vendetta dell'amico ucciso, inseguì il sabino nella palude (lacus Curtius), nel luogo dove poi sarebbe sorto il Foro Romano.

LA POSIZIONE NEL FORO

Per renderla più credibile Plutarco aggiunge che pochi giorni prima era straripato il fiume nel foro, lasciando un deposito di fango tipo sabbie mobili.

Curzio ivi entrò ignaro e perse il proprio cavallo inghiottito dalla melma, salvando a stento la sua vita, anche perchè Romolo, credendolo annegato, desistette dall'inseguimento e Curzio fu salvato dai suoi compagni. A seguito dell'evento il luogo fu chiamato Lacus Cutius.


III VERSIONE

Terenzio Varrone lo indicò invece come luogo sacro, in quanto colpito da un fulmine, e la cui consacrazione avvenne nel 445 a.c. sotto il Consolato di Gaio Curzio Filone.



IV VERSIONE

Secondo Livio invece, si tratterebbe del console del 445 a.c., Caius Curtius, che, su ordine del Senato, avrebbe fatto recingere un luogo colpito dal fulmine.


V VERSIONE

Secondo un'altra versione, ma sempre di Tito Livio, sarebbe stato invece un Romano, Marco Curzio, a lanciarsi in una improvvisa voragine con tanto di fiamme apertasi per la collera degli Dei nel 362 a.c.. Interpellati i libri Sibillini, si disse che occorreva, per placare quell'ira, gettare nell'abisso la cosa più preziosa posseduta dai Romani. Poichè secondo Marco Curzio la cosa più preziosa dei Romani era il coraggio, indossò armi e corazza e si lanciò, votandosi agli Dei Mani, nella voragine sul suo cavallo e con la spada in mano.

PARTE DEL LACUS CURTIUS CON LA STELE DI METTIUS CURTIUS

L'ENIGMA

Presso la colonna di Foca fu ritrovato nel 1553 un bassorilievo con Curtio sul suo cavallo, interpretato come prossimo al lancio nell'abisso. In effetti il cavallo ha le zampe anteriori piegate ma la posa è strana: un cavallo che cade in un abisso stenderebbe le zampe non le ritrarrebbe, per giunta non si vede alcuna voragine, nemmeno una depressione, e tanto per finire, il cavaliere si trova su un terreno sabbioso in mezzo a piante di palude.

Questo farebbe pensare alla versione del Curzio sabino, ma non giustifica la celebrazione, perchè i Romani le stavano prendendo di santa ragione.

La Gens Curtia era in effetti di origine sabina, ma molti romani erano ex sabini, la versione del sacrificio del romano che si suicida nella voragine potrebbe ben dar luogo a un luogo di culto con due altari e un rilievo celebrativo, ma sull'effigie restano parecchi dubbi.

LA PRESUNTA STELE DI METTIUS CURTIUS

Credibile sarebbe anche la caduta casuale del comandante sabino Curzio nel precipizio durante la battaglia, come fosse accaduto per miracolo intervento degli Dei e pertanto immortalato nel marmo. Con la caduta del fulmine resta fuori leggenda o storia, di Curtio.

Insomma è un enigma, tanto più che l'evento è d'epoca regia, mentre il rilievo è d'epoca repubblicana. Viene da chiedersi se era una commemorazione o una riedizione di un rilievo più antico, e pure come mai il pezzo fu riciclato come qualcosa che ha fatto il suo tempo.

A fianco del Lacus Curtius c'è il calco del bassorilievo perchè l'originale, di epoca repubblicana, si trova nei Musei Capitolini. Il rilievo venne riciclato per la pavimentazione del Foro nel 12 a.c., infatti sul suo retro venne incisa una parte dell'iscrizione che ricordava il finanziatore dell'opera, il pretore Lucio Surdunus. Il che fa supporre che la leggenda fosse decaduta.

PROBABILE POZZO DEL LACUS CURTIUS

Ma c'è di più. Anche se è dimostrato che nell'età del ferro ai piedi del Palatino ci fossero paludi, si sa che queste vennero drenate nel VII sec. a.c., e si sa che la Cloaca Massima fu costruita ne VI sec. a.c. e per giunte si sa che il pozzo del lacus è coevo al Lapis Niger.

Al tempo di Augusto, il popolo usava gettare monete nel pozzo, un po' come i turisti a Fontana di Trevi a Roma. Presso il Lacus Curtius fu ucciso nel 69 d.c. l'imperatore Galba.


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - libro I -
- Varrone - Lingua latina - V -
- Plutarco - Vita Romuli - XVIII -
- Filippo Coarelli - Il Foro Romano. Periodo Arcaico - Roma - 1983 -
- Giacomo Boni - Fotografie e pianta altimetrica del Foro Romano - Roma - Accademia dei lincei - 1900 -





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