CULTO DI PIETAS



DEA PIETAS

« … ma è nel sentimento religioso e nell’osservanza del culto e pure in questa saggezza eccezionale che ci ha fatto intendere appieno che tutto è retto e governato dalla volontà divina, che noi abbiamo superato tutti i popoli e tutte le nazioni. »

(Cicerone, De haruspicum responso)

Pietas era una delle divinità indigene, cioè italiche, (Dei Indigetes) della religione animista primigenia romana. I Di indigetes ("dei indigeni") sono un gruppo di divinità e spiriti della religione e della mitologia romana primitive, (in realtà anteromana ma proseguita in epoca romana) non adottati da altre religioni. Non si racconti dunque che derivi da un'idea incarnata, a meno che non si consideri così qualsiasi divinità, ad esempio Minerva è l'incarnazione dell'intelligenza, Venere della bellezza, la Madonna dell'amore filiale e il Cristo del sacrificio supremo.

I romani, e prima di loro gli italici, avevano fede in questa divinità che garantiva un buon rapporto nelle famiglie, tra i cittadini e tra i cittadini e lo stato, ma pure al rispetto dei figli verso i padri, e alle tenerezze dei padri verso i figli. Il significato del termine si è avvicinato a quello attuale di misericordia (un po’ riduttiva, rispetto all’antica pietas) con il Cristianesimo, per il quale la pietà è un attributo di Dio, anche se smentito continuamente dal suo comportamento con gli uomini e con il suo unico figlio.

Nel II secolo a.c., le fu dedicato un tempio nel Foro Olitorio, il mercato della verdura e della frutta, così come il foro boario era il mercato della carne. Al suo interno si trovava un'area sacra già comprendente i tre tempietti dedicati a Giano, Speranza e Giunone Sospita. 

I Romani le consacrarono dei templi, il primo dei quali risaliva all'anno 181 a.c., votato da Acilio Glabrione nella battaglia contro Antioco alle Termopili nel 191 a.c. e dedicato da suo figlio dieci anni dopo, un altro si ergeva nelle vicinanze del circo Flaminio, presso il tempio di Nettuno ed era in modo particolare consacrato alla pietas tra genitori e figli. 

Il tempio del Foro Olitorio venne poi distrutto per la costruzione del contiguo teatro di Marcello, dedicato al nipote di Augusto da lui molto amato e scomparso prematuramente.

Sembra strano che Augusto, che fece restaurare o riedificare tutti gli antichi templi, abbia distrutto questo senza riedificarlo altrove. Tanto più che distruggere un tempio significava inimicarsi la divinità.

D'altro canto Ottaviano aveva rimarcato il suo valore evocando la Pietas Augusta, come se la divinità gli avesse trasfuso il senso della Pietas per tutto il suo popolo. Ancora rese omaggio alla Dea raffigurando almeno sulle monete sua moglie Livia in qualità di divina Pietas, come si vede qua sotto, ammantata e incoronata.

Del resto nell'iconografia imperiale, Pietas veniva spesso associata alle donne legate all'imperatore, in quanto la pietas era una virtù che ben si confaceva alle donne imperiali. Il maschio era la giustizia e la difesa militare, la femmina era la premura e la cura del popolo e dei più deboli.

LIVIA COME DEA PIETAS

Dunque Augusto fece ricostruire il tempio tanto che alla Dea a Roma ne erano stati dedicati due. infatti il 13 novembre si festeggiava, anzi si commemorava la dedica del Templum Pietatis, e dunque la Pietas, Dea del dovere, della religiosità e dell'amore.

La Dea veniva rappresentata spesso sulle monete come una figura femminile offerente incenso su un altare oppure recante un bambino al seno. Pietas era la sorgente del sentimento romano che aveva reso grande Roma, perciò divinità preposta al compimento del proprio dovere nei confronti dello Stato, delle divinità e della famiglia, i cui attributi erano dei bambini o una cicogna, che nella sua qualità di ‛ciconia pietati cultrix' (Petron., Büchler, p. 347) appare quasi regolarmente sulle monete repubblicane accanto ai numerosi busti della Pietas.

Ma si rappresentava anche sotto l'aspetto di una donna seduta, coperta di un gran velo, tenendo nella mano destra una cornucopia, e posando la mano sinistra sulla testa di un fanciullo. Due giovani posti sotto il giogo, allusione alla favola dei fratelli Bitone e Cleobi.


GLI ATTRIBUTI
 
Come animali aveva:

- la cicogna, per la supposta sua gran cura verso i suoi genitori diventati vecchi. Nelle medaglie di Adriano, figura una cicogna con l'inscrizione PIETAS AVGUSTI.
- l'elefante. Si voleva che questi animali all'apparire della luna nuova, quando si fossero trovati in un luogo dove potevano vivere a loro modo, entrassero spontaneamente in qualche fiume, purgandosi qualora fossero stati soggetti a qualche infermità, e gettando dell'erba verso il cielo, quasi come se chiedessero aiuto a Dio, pregandolo mediante l'offerta dell'erba. In tale attitudine, secondo gli antichi, l'elefante è simbolo della pietà.
- la formica, emblema della pietà e di tutti quei sentimenti buoni che gli uomini dovrebbero usare fra loro. Allusione al reciproco aiuto delle formiche, e al fatto che, trovandone una morta, ne portano il corpo nel formicaio; e quelle che escono dalla tana, incontrando quelle che rientrano, quasi afflitte, tornano indietro. Dicesi inoltre che trovauido una loro compagna fatta a pezzi si ingegnano di ricomporli, sperando quasi di ridarle la vita.
- il pellicano, emblema e simbolo di pietà e misericordia.
 
Come vegetali aveva: 
- il Cedro.

Diversi: 
- Altare, simbolo dell'umana pietà verso Dio (qui la pietà è presa come segno di devozione), e che porti, secondo gli antichi, le preghiere, mediante il fuoco, all'eterno Dio. Nelle monete di Adriano Augusto si vede una figura con le mani stese, posta fra una cicogna e un altare ornato di ghirlande di bacche d'edera, con l'inscrizione PIETAS AVGVSTI. Nelle medaglie della Augusta Faustina figura una statuetta avente nella mano sinistra un pallio, e nella destra il fuoco che scintilla da un altare, e con questa medesima mano sparge le libazioni, con l'inscrizione PIETAS.

 

L'ASPETTO

- Il suo nome appare per la prima volta sulle monete coniate del figlio di Pompeo Magno, che si definisce pio nella sua qualità di vendicatore del padre. Ma l'immagine della Pietas per antonomasia è quella del ‛pio Enea', che porta sulle spalle il padre per sottrarlo all'incendio di Troia, immagine che si ritrova spesso sulle monete posteriori.

 - Un cambiamento nell'accezione di Pietas si riscontra nelle monete del triumviro Antonio: Pietas, ormai in piena figura, tiene nella destra una cassetta di incenso e una cornucopia, decorata con due cicogne. 

- Questa Pietas diviene con Augusto la "pietas erga deos" e la musa ispiratrice della politica imperiale e religiosa di Augusto che desidera ardentemente la moralizzazione dei costumi romani secondo gli "ius maiorum". 

- Tiberio pone, come già per Iustitia, il titolo di Pietas accanto al ritratto di sua madre, quando ancora intratteneva un buon rapporto con lei, e fece coniare monete con la scritta Pietas Augusta e votò un'ara (poi consacrata da Claudio) in occasione di una malattia di Livia.

- Il suo successore, Gaio Caligola, presenta sul dritto di una delle sue monete la Pietas velata con la coppa dei sacrifici, e sul retro se stesso, mentre compie il sacrificio. 

- Galba chiama la Pietas, in atto di compiere il sacrificio, pietas Augusti, e sull'altare si vede il pio Enea con il padre e il figlio. 

LA PIETAS CHE OPERA IL SACRIFICIO
- Il Senato onora la Piets di Vespasiano in confronto al suo divinizzato predecessore Galba, con l'iscrizione "Senatus Pietati Augusti". 

- Traiano mette in mano alla Pietas la coppa dei sacrifici e lo scettro, donandole i potere si scatenare la Pietas negli animi degli uomini migliori, soprattutto di governo.

- Adriano invece crea nuove forme per la rappresentazione della Pietas che diventeranno tipiche per le età successive: 
la Pietas alza, dinanzi ad un altare, una o due mani pregando verso il cielo oppure sparge sul fuoco dell'altare grani di incenso, che toglie da una cassetta.
Altrettanto fanno i fedeli quando pregano, mai a mani giunte ma con le mani alzate all'altezza delle spalle.

- La Dea Pietas si evolve ancora nella rappresentazione iconografica con Antonino Pio, che non a caso ne porta il nome. Nelle sue numerose monete, coniate particolarmente in onore della consorte deceduta, Faustina I, mostra ampiamente la religiosità romana; anche le copiose riproduzioni di suppellettili destinate ai sacrifici sulle sue monete attestano la sua Pietas. 

- In età successiva la Pietas indica ancora i rapporti affettuosi, soprattutto, come propaganda ma pure come buon esempio, entro l'ambito della famiglia imperiale, o quando le imperatrici si atteggiavano a "mater castrorum" o a "mater Augusti", o "mater senatus", o "mater patriae", evocando la pia assistenza praticata dalle donne imperiali durante le guerre o durante i disastri. 

- Due imperatori, che regnarono contemporaneamente (Balbino e Pupieno) definirono la loro reciproca simpatia con l'espressione Pietas mutua. 

- L'imperatore Gallieno nelle sue monete rappresenta Giove fanciullo sul dorso di Amaltea, la capra che lo allevò come figlio, come "pietas saeculi".

ENEA CON PADRE E FIGLIO

IL PIO ENEA

La pietas degli antichi era infatti la devozione religiosa, il sentimento d’amore patriottico e di rispetto verso la famiglia, ma pure verso il generale dell'esercito e verso ogni gerarca che lo comandava per il buon esito della pace e della guerra

L'Enea di Virgilio è “il pio” per antonomasia, ed è Virglio a definirlo così, non perché sia buono e misericordioso, in senso cristiano (e da qui l’equivoco che Virgilio etrusco e figlio di una maga etrusca fosse cristiano) ma perché era devoto agli Dei, ai genitori e ai figli (durante la fuga da Troia, si fa carico sia del figlio, che del padre Anchise). Enea obbedisce agli Dei e al fato, mettendo in secondo piano le vicende personali, insomma l’atteggiamento “pietoso” dell’eroe troiano consiste nel rispetto dei valori tradizionali quali la famiglia, la patria e la religione.

Non a caso le donne partecipano poco, la moglie muore e Didone viene abbandonata. Invece il vecchio padre porta con sè i Lari e i penati, perchè Anchise, come Enea, è un pio, e porta con sè la religio e gli ius maiorum.


STATO E FAMIGLIA

Nella sua devozione, il Romano non è rivolto, come il Cristiano verso il Cielo: lui, pastore e guerriero, guarda le greggi, i suoi armenti, il suo terreno, la sua famiglia, e soprattutto la sua patria con estrema razionalità anche nell'ambito religioso. Il romano non ha paura della morte, non spera una ricompensa nell'aldilà, ma ciononostante si sente chiamato a contribuire al benessere di tutti i romani.

La pietas delle iscrizioni militari esprime l'attaccamento delle varie legioni all'imperatore (Pietas legionis). In questo stesso senso la colonia dedotta a Pola sullo scorcio della repubblica si chiamò Pietas Iulia.

La “pietas romana” garantisce il successo alla res publica mediante la scrupolosa osservanza della religio, dei suoi culti, dei suoi riti, della sua tradizione, osservanza che consente di ottenere il favore degli Dei e garantire la "pax deorum". Esecutori e garanti di questa possibilità sono i sacerdoti che eseguono scrupolosamente  riti e cerimonie per la salvaguardia e la perpetua vittoria di Roma sui nemici.

La benevolentia degli Dei viene dunque determinata dalla scrupolosa osservanza della religio e dei suoi riti, ed è testimoniata infatti dal successo di Roma nei confronti delle altre città e nel Mondo.
Dunque i romani non hanno alcun obbligo di amare gli Dei, obbligo precipuo del cristianesimo, nessun romano pensa che si possa amare un Dio che domina con premi e punizioni, nè pensa che gli Dei possano amarlo, ma crede ad un “do ut des” tra uomo e Dei. Donando agli Dei onori, preghiere e templi essi riconoscenti accorderanno la loro protezione.

Ma per il resto il romano accoglierà la Pietas non per ottenere premi in questo mondo o nel successivo ma per essere un buon romano, guida ed esempio per ogni altro popolo, soprattutto verso i popoli assoggettati che emergano dalla barbarie e si romanizzino.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Jorg Rupke - La religione dei Romani - Torino - Einaudi - 2004 -
- Carlo Prandi - Mito in Dizionario delle religioni - a cura di Giovanni Filoramo - Torino - Einaudi - 1993 -
- Santiago Montero - Sabino Perea (a cura di) - Romana religio = Religio romanorum: diccionario bibliográfico de Religión Romana - Madrid - Servicio de publicaciones - Universidad Complutense -1999 -
- R. Bloch - La religione romana - in Le religioni del mondo classico - Laterza - Bari - 1993 -



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