GAIO MARIO - GAIUS MARIUS





Nome originale: Gaius Marius
Nascita: 157 a.c., Cereatae, ad Arpino
Morte: 13 gennaio 86 a.c., Roma
Coniuge: Giulia
Figli: Gaio Mario il giovane
Consolato: 107, 104, 103, 102, 101, 100, 86 a.c.



LE ORIGINI

Gaio Mario, o Gaius Marius (il Caius è un errore delle trascrizioni dal latino) nacque a Cereatae, ad Arpino nel Lazio meridionale, nella frazione ancora oggi dedicata a lui: Casamari, cioè casa di Mario, nel 157 a.c. da una famiglia della provincia italiana non senatoriale. Da Plutarco sappiamo che suo padre faceva il manovale, ma questo è stato messo in dubbio dagli storici, in quanto Mario doveva avere relazioni con ambienti aristocratici, in quanto si candidò per cariche pubbliche nell'amministrazione di Arpino e sposò una donna nobile locale, per cui supposero appartenesse al prestigioso ordine equestre.

Ma sembra più attendibile Plutarco, sia perchè non ci sono fonti contrarie, sia perchè un nobile non avrebbe mai parteggiato per i Populares contro gli Optimates. E' pur vero però che suo nipote Giulio Cesare, seppure aristocratico, si iscrisse nei Populares, ma qui vi erano tre ottime ragioni:
- la prima è che subì l'influenza del famosissimo zio, grande personalità e grande condottiero, mentre suo padre era, benchè senatore e pretore, una figura al confronto oscura,
- la seconda è che avendo molte ambizioni e pochi soldi, poteva trovare seguito solo come nipote di quell'eroe nemico di Silla che aveva ottenuto il massimo riconoscimento dato a un condottiero, cioè il trionfo,
- la terza è che lo zio l'aveva sicuramente stimolato a far causa coi Populares che lui stesso aveva sempre difeso.
- A questo si può aggiungere che il padre di Giulio Cesare fu sempre gran sostenitore di Mario.

C'è inoltre un altro aspetto a riguardo. Arpino era stata conquistata dai Romani alla fine del IV secolo a.c., ed aveva ricevuto la cittadinanza romana ma non il diritto di voto (civitas sine suffragio), cosa che dovette dolere non poco agli Arpinati, e di cui Mario si fece sicuramente portavoce. (Solo nel 188 a.c. Arpino otterrà i pieni diritti civili). Gaio Mario non era uomo colto, non ebbe modo di avvicinarsi alla cultura romana né tanto meno a quella greca, il che conferma le sue umili origini, ma era uomo intelligente, deciso e grandissimo stratega militare.



LA CARRIERA

Abbiamo le prime notizie di Mario nel 134 a.c., quando, a soli 23 anni, si distinse per le grandi abilità militari dimostrate nell'assedio di Numanzia, in Spagna, tanto da farsi notare da Publio Cornelio Scipione Emiliano, l'Africano Minore. Non si sa se venne in Spagna al seguito dell'esercito di Scipione, o se già serviva nel contingente che, con scarso successo, da tempo cingeva d'assedio Numanzia.

Nel 130 a.c. si era introdotto il metodo del ballottaggio scritto nelle elezioni per le nomine dei magistrati, per l'approvazione delle leggi e per l'emanazione delle sentenze legali, in sostituzione del metodo tradizionale di votazione orale.

Poiché gli aristocratici influenzavano l'esito dei ballottaggi con minaccia di controlli ed ispezioni, Mario fece approvare nel 120 una legge per far costruire uno stretto ponticello da cui i votanti dovevano passare per depositare il voto nell'urna al riparo da sguardi indiscreti, come si vede effigiato in una moneta dell'epoca.

I romani per votare dovevano percorrere uno stretto viottolo, che finiva in un ponticello dove al votante era consegnata una tavoletta cerata sul cui egli segnava la lettera iniziale del nome del candidato scelto. Al termine del ponte, il votante deponeva la scheda in urna (cista) alla presenza di alcuni rappresentanti dei candidati.



IL TRIBUNO DELLA PLEBE

Nel 121 Mario aveva concorso alla carica di tribuno della plebe ma senza successo, seppur appoggiato da Quinto Cecilio Metello, membro della potente gens Metella. Nel 120 a.c. Q. Metello cambiò da sostenitore ad avversario di Mario a causa della legge, da questi fatta promulgare, che limitava l'influenza degli optimates nelle elezioni. Però proprio per il favore popolare della legge, nello stesso anno fu confermato tribuno della plebe per il 119 a.c.

Nello stesso anno si candidò alla carica di tribuno militare di una delle 4 prime legioni. In tutto i tribuni elettivi erano 24, mentre tutti gli altri venivano nominati dai magistrati preposti agli arruolamenti. Sallustio racconta che il suo nome era sconosciuto agli elettori, ma che alla fine i rappresentanti delle tribù lo elessero per il suo eccellente stato di servizio, pieno imprese temerarie e lodi dei suoi comandanti.



IL PRETORE

Riuscì nel 116 a.c. a farsi eleggere pretore per l'anno successivo ma fu accusato di brogli elettorali dai suoi avversari. Il tribunale comunque riconobbe la sua innocenza, cosicchè Mario potè esercitare la carica annuale a Roma. Fu pretore urbano (praetor urbanus) e anche pretore itinerante (praetor peregrinus), cioè presidente della commissione per la riscossione dei tributi fuori da Roma.

Nel 115 ritornò in Spagna per condurre una campagna contro i briganti che terrorizzavano il paese, operazione che portò a termine con grande successo. Tornato a Roma si candidò per la carica di edile curule, magistratura riservata ai patrizi che si occupava di opere pubbliche, ma non fu eletto. Ritentò allora come edile plebeo, ma di nuovo fallì, anche perchè, come racconta Plutarco, le due elezioni si svolsero nello stesso giorno.



GUERRA IN SPAGNA

Nel 114 a.c. il mandato di Mario fu prorogato, e gli fu assegnato il governo della Spagna Ulteriore, o Lusitania, (Portogallo) dove ebbe a che fare con una feroce guerriglia, un combattimento cui i soldati romani non erano avvezzi, allenati per battersi in campo aperto, ma riuscì comunque a inventarsi nuovi metodi e a vincere.

Al suo rientro a Roma, acclamato dalle sue truppe, Mario tornò col titolo di comandante, con un ingente bottino e tante vittorie. Per tutto questo il Senato gli conferì il massimo riconoscimento militare: il trionfo, i cui trofei si trovano ancor oggi conservati a Roma in Piazza Vittorio.

Successivamente Mario ritornò in Spagna per consolidare le sue conquiste e tornò di nuovo a Roma, divorziando dalla prima moglie Grania e sposando nel 110 a.c. Giulia Maggiore, figlia di Caio Giulio Cesare senior, e zia di Giulio Cesare iunior. La gens Giulia era un'antica famiglia patrizia senza però grandi cariche se non quella di Giulio Cesare senior, di pretore e per una volta di console, a causa della scarsa possibilità economica di cui la famiglia disponeva. All'epoca senza pagare clientes non si ottenevano cariche. Da Giulia ebbe un figlio, Gaio Mario Iunior.

GAIO MARIO SULLE ROVINE DI CARTAGINE

GUERRA D'AFRICA

Nonostante il dissidio precedente, quando Q. Cecilio Metello, console nel 109 a.c., dovette condurre una campagna militare contro Giugurta in Numidia, prese come suo legato Mario, evidentemente perchè ne conosceva le grandi capacità militari. I legati, dapprima solo rappresentanti del Senato, erano diventati comandanti in seconda alle dipendenze dei generali. Sallustio narra di Mario come unico legato, per cui doveva essere il più alto in grado sotto Metello.

Nel 108 a.c. Mario voleva candidarsi a console, per cui chiese a Metello il permesso di recarsi a Roma, ma Metello non acconsentì. Molti messaggi giunsero intanto dalle truppe in appoggio di Mario, chiedendo al Senato di affidargli il comando e criticando Metello per il modo lento e inconcludente della campagna militare. In effetti la battaglia in un anno aveva ripreso molto poco del territorio nemico, per cui il senato acconsentì.

Mario ottenne così alla fine del 108, la nomina a console per l'anno successivo. La scarsa risolutezza di Metello nel condurre la guerra contro Giugurta, le ripetute sconfitte militari tra il 113 e il 109, nonché la spudorata corruzione dell'oligarchia dominante, fecero eleggere Mario a furor di popolo. Ma la lex Sempronia stabiliva che il Senato decidesse ogni anno quali province affidare ai consoli per l'anno successivo, per cui alla fine dell'anno sospese la guerra contro Giugurta e prorogò a Metello il comando in Numidia.

C'era un precedente, nel 131 a.c., per il disaccordo sul comando della guerra contro Aristonico in Asia, un tribuno aveva fatto approvare una legge che autorizzava un'elezione del comandante. Mario fece approvare una legge simile e venne eletto a grande maggioranza. Metello offesissimo, al suo ritorno non volle nemmeno incontrarsi con Mario, dovendosi accontentare del trionfo e del titolo di Numidico che comunque gli vennero concessi.

MARIO A CAPO DELL'ESERCITO

RIFORMA MILITARE SUL RECLUTAMENTO

Mario aveva un estremo bisogno di truppe fresche e tutte le riforme agrarie dei Gracchi si basavano sul principio per cui erano esclusi dal servizio di leva i cittadini il cui reddito era inferiore a quello della V classe di censo. I Gracchi avevano cercato di favorire i piccoli proprietari terrieri, ma la crisi del sistema di arruolamento, come si era visto nelle guerre puniche del sec. precedente, rimase.

Allora Mario abbassò la soglia minima di reddito della V classe da 11.000 a 3.000 sesterzi, ma nemmeno questo fu sufficiente, per cui nel 107 a.c. arruolò anche i non abbienti. Mario fu il primo a introdurre la leva volontaria, e ad entrare nell'esercito furono soprattutto i proletari rurali, perchè la plebe urbana sopravviveva, oltre che di sussidi, di clientelismo cittadino.

D'ora in avanti le legioni di Roma saranno composte prevalentemente da cittadini poveri, il cui futuro dipendeva dai successi del proprio generale, che gli assegnava a suo piacimento parte delle terre conquistate. Di conseguenza i soldati appoggiavano il proprio comandante, anche quando si scontrava col Senato patrizio.

Mario, persona onesta e fedele alle tradizioni, non si valse mai di questo potere militare, ma lo farà poi Silla, contro il Senato e contro lo stesso Mario. Sarà poi Cesare a stabilire per legge la suddivisione di terre e bottino tra i soldati, non lasciandoli più al capriccio dei generali.



GUERRA IN NUMIDIA

Giugurta era re della Numidia, lo stato a cui Roma, dopo la guerra contro Cartagine, aveva dato il compito di presidiare le conquiste africane. Il Senato romano non voleva ampliare i confini dell'impero con nuove conquiste in Africa, temendo di perdere i privilegi nobiliari a vantaggio delle nuove forze sociali emergenti, mercanti e ricchi finanziatori borghesi. Però Giugurta nel 112 si ribellò assediando e distruggendo Cirta, una città abitata da italici e pertanto romana.

Allora il popolo romano, che possedeva ancora un forte potere politico, protestò e il Senato inviò nel 111 in Numidia un esercito guidato da Metello, che ottenne qualche vittoria e molte sconfitte. Allora i populares nel 107 proposero Mario come generale, e questi in due anni sconfisse la Numidia con vittorie a raffica strabilianti.

Mario aveva costretto Giugurta a ritirarsi a Sud-Ovest verso la Mauritania. Il suo questore Lucio Cornelio Silla, dissoluto e crudele rampollo di famiglia patrizia decaduta, dimostrò sul campo di possedere grandi qualità di comandante. Nel 105 a.c. Bocco, re di Mauritania e suocero di Giugurta, nonché suo riluttante alleato, si trovò di fronte l'esercito romano in avanzata. I romani gli proposero una pace separata e Bocco invitò Silla alle trattative.

Silla si dimostrò particolarmente abile convincendo Bocco a tradire Giugurta, che fu consegnato allo stesso Silla ponendo di fatto fine alla guerra. L'onore della cattura di Giugurta spettava a Mario, ma il merito era di Silla, tanto che gli fu consegnato un anello con sigillo commemorativo dell'evento.

TRIONFO DI MARIO SUI CIMBRI

GUERRA CONTRO CIMBRI E TEUTONI

Subito dopo la guerra numidica, che gli fruttò tanti consensi politici, Mario dovette affrontare un nuovo conflitto in Provenza e nel nord Italia, per fermare l'avanzata di due popolazioni germaniche: i Teutoni e i Cimbri.

L'arrivo in Gallia dei Cimbri e la loro vittoria su Marco Giunio Silano, il cui esercito fu totalmente annientato, aveva provocato la ribellione delle tribù celtiche di recente assoggettate dai romani nella parte sud del paese. Nel 107 a.c. il console Lucio Cassio Longino era stato sconfitto da una tribù locale, e l'ufficiale più elevato tra i sopravvissuti, Gaio Popilio Lenate, riuscì a mettere in salvo le poche forze romane dopo aver ceduto metà degli equipaggiamenti ed aver subito l'umiliazione del giogo, in mezzo allo scherno dei vincitori.

Nel 106 a.c. un altro console, Quinto Servilio Cepione, marciò contro le tribù ribelli a Tolosa, impossessandosi di un'enorme ricchezza custodita nei templi, l' Aurum Tolosanum. Ma la maggior parte del tesoro sparì misteriosamente durante il trasporto verso Massilia (Marsiglia) probabilmente per opera dello stesso Cepione, che tuttavia fu confermato nel comando anche per l'anno successivo, mentre uno dei nuovi consoli, Gneo Mallio Massimo, si unì a lui nelle operazioni in Gallia meridionale.

I Cimbri e i Teutoni erano tribù germaniche apparse sul corso del Rodano proprio mentre l'esercito di Mallio si trovava nella stessa zona. Cepione, accampato sulla riva opposta del fiume, rifiutò di soccorrere il collega, decidendosi solo a un comando del Senato. Ma anche allora rifiutò di unire i due eserciti, tenendosi a distanza dal collega. I Germani ne profittarono distruggendo entrambi gli eserciti separatamente nel 105 a.c., presso la città di Arausio.

I Romani, con il fiume alle spalle che impediva la ritirata, persero 80.000 soldati e 40.000 ausiliari. Questa sconfitta, provocata soprattutto dall'arroganza della nobiltà che si rifiutava di collaborare con gli abili capi militari non nobili, provocò una rivolta contro l'oligarchia.

BATTAGLIE CON I CIMBRI E I TEUTONI

RIELEZIONE DI MARIO AL CONSOLATO (104-100 a.c.)

Nel 104, mentre si trovava ancora in Africa, Mario fu rieletto console. L'elezione in absentia era una cosa abbastanza rara, e inoltre una legge successiva all'anno 152 a.c. imponeva un intervallo di almeno 10 anni fra due consolati successivi, mentre una del 135 a.c. sembra che proibisse addirittura che questa carica potesse essere rivestita per due volte dalla stessa persona.

Le minacce di invasione dal nord fecero tuttavia passare sopra alla formalità e Mario, ritenuto il più abile comandante disponibile, fu rieletto console per 5 volte consecutive (dal 104 al 100 a.c.), cosa mai avvenuta in precedenza.

Al suo ritorno a Roma, nel 104 a.c., vi celebrò il trionfo su Giugurta, che fu prima portato come un trofeo in processione, e infine giustiziato in carcere. Nel frattempo i Cimbri si erano diretti verso la Spagna, mentre i Teutoni vagavano senza una meta precisa nella Gallia settentrionale, lasciando a Mario il tempo di addestrare il suo esercito al combattimento e alla disciplina. Quest'ultima, unitamente all'organizzazione, farà dell'esercito romano il più potente del mondo conosciuto.

Mario era letteralmente adorato dai suoi soldati, ed eccone l'esempio. Narra Plutarco nella biografia di Gaio Mario, di un giovane soldato di nome Trebonio che aveva subito molestie sessuali per un certo periodo di tempo dal suo ufficiale superiore, tal Gaio Luscius. nipote di Gaio Mario. Una notte Trebonio venne convocato di nuovo alla tenda di Luscius e non poteva esimersi pur sapendo che avrebbe dovuto difendersi dalle insistenze dell'altro. Ma poichè stavolta le insistenze stavano trasformandosi in violenza sessuale, Trebonius, sfoderata la spada uccide Luscius.

Portato a processo, il ragazzo, che rischiava la condanna a morte per questo gravissimo reato, riuscì però a produrre testimoni per dimostrare che aveva ripetutamente dovuto respingere Luscius, e che "non aveva mai prostituito il suo corpo a nessuno, nonostante le profferte di regali costosi". E' evidente che i legionari poterono testimoniare liberamente perchè conoscevano il senso di profonda giustizia del generale Gaio Mario. Questi infatti, non solo liberò Trebonio dall'accusa di aver assassinato un parente dello stesso Mario, ma lo adornò di una corona sul campo per il coraggio dimostrato.

"Orbene, se esiste un caso (e ne esistono molti) in cui la legge consente di uccidere un uomo, sicuramente è non solo giusto ma addirittura necessario difendersi con la forza dalla forza. Un tribuno militare dell'esercito di Gaio Mario, parente del generale, mentre tentava di disonorare un soldato fu ucciso proprio da colui che voleva violentare: quel giovane virtuoso preferì compiere un'azione pericolosa per lui piuttosto che subire ma simile infamia, e quell' uomo insigne lo mandò assolto dal crimine e lo esentò dal processo."

(CICERONE - PRO MILONE)



I CINQUE CONSOLATI

Sebbene come proconsole avrebbe continuato a comandare l'esercito, Mario preferì farsi rieleggere console fino all'anno 100, al riparo dagli attacchi di altri consoli in carica. Era così popolare da influenzare la scelta dei consoli eletti insieme a lui. Nel 103 a.c. i Germani facevano ancora scorrerie in Spagna ed in Gallia, e per la morte dell'altro console Lucio Aurelio Oreste, Mario, che stava già marciando verso nord, rientrò a Roma per la conferma a console per l'anno 102, insieme a un nuovo collega.
Nel 102 a.c. i Cimbri dalla Spagna tornarono in Gallia, e si unirono ai Teutoni per invadere l'Italia. I Teutoni puntarono a Sud verso le coste del Mediterraneo, mentre i Cimbri dovevano penetrare l' Italia attraverso il passo del Brennero. I Tigurini, tribù celtica loro alleata che aveva sconfitto Longino nel 107 avrebbero traversato le Alpi da Nord-Ovest.
Mario intanto aveva addestrato i suoi soldati come mai era stato visto, abituandoli a sopportare lunghe marce di avvicinamento, ad allestire velocemente accampamenti e macchine da guerra, tanto da definirsi "I muli di Mario".

Per affrontare i Teutoni nella Gallia Narbonense arretrò fino ad Aquae Sextiae (attuale Aix in Provenza), un insediamento fondato da Gaio Sestio Calvo, per sbarrargli il cammino verso le Alpi. L'avanguardia dell'esercito germano, li attaccò incautamente su questa posizione rimettendoci 30.000 soldati. Mario schierò poi un contingente di 3.000 uomini, un'imboscata al grosso dell'esercito dei Germani, che presi alle spalle e attaccati frontalmente, furono completamente sterminati e persero 100.000 uomini, e quasi altrettanti ne furono catturati. Simili vittorie con tale sproporzione di forze si rivedrà solo con Giulio Cesare, degno erede di tanta strategia militare.

Il collega di Mario Quinto Lutazio Càtulo invece non riuscì a bloccare Cimbri al passo del Brennero per cui Mario, rieletto a Roma console per il 101 e celebrato il trionfo sui Teutoni, si rimise in marcia per raggiungere Catulo, il cui comando fu prorogato anche per il 101. Lo scontro avvenne a Vercelli, nella Gallia Cisalpina, nei Campi Raudii, dove la ferrea disciplina dei Romani ebbe la meglio sui barbari, lasciandone al suolo almeno 65.000 di loro, facendo schiavi i sopravvissuti. I Tigurini spaventati tornarono indietro.

Catulo e Mario celebrarono insieme il trionfo, che nell'opinione popolare però era tutto di Mario. Catulo non accettò la cosa ed entrò in contrasto con Mario, divenendone accanito rivale. Per avere sventato l'invasione barbarica, Mario venne rieletto console anche per l'anno 100 a.c. Era il sesto consolato.



SATURNINO

Sui successi politico-militari di Mario, il tribuno della plebe Lucio Saturnino propose varie leggi, tra cui:
  • un tribunale permanente contro i crimini di tradimento verso lo Stato;
  • una legge frumentaria per la distribuzione dei viveri nella città;
  • due leggi agrarie per l'assegnazione di terre ai veterani delle campagne di Mario, nei luoghi dove essi hanno combattuto: in Gallia e in Numidia.
Le proposte somigliavano troppo a quelle di Gaio Gracco di fondare colonie romane fuori d'Italia, una provocazione per il Senato. Ma la plebe urbana, gelosa dei favori dispensati all'esercito, non appoggiò l'assegnazione delle colonie, mentre pose in allarme Senato ed equites. Questi ultimi, preoccupati di una tendenza rivoluzionaria contro lo Stato e i loro stessi interessi, abbandonano il partito popolare e si schierano coi senatori. Stranamente sarà proprio Mario che guiderà, su richiesta del Senato, la repressione dei moti popolari, ma era suo dovere in qualità di console e per fedeltà all'Urbe.



LA PRIMA GUERRA SOCIALE (95-88 a.c.)

Nel 95 a.c., venne approvata una legge che decretava che tutti coloro che non fossero cittadini romani, cioè che provenivano da altre città italiane, dovessero essere espulsi da Roma.

Accanto agli equestri romani si era sviluppato un ceto equestre italico, in stretto rapporto coi primi per similarità di vedute e di interessi.

Roma non concedeva agli alleati italici, con eccezione della classe nobiliare, molti diritti politici, tra cui la cittadinanza e i privilegi collegati.

Il Senato non comprese la gravità della situazione, anzi le riforme di Licino e Crasso del 95, ostacolarono, anziché agevolarlo, l'accesso degli italici alla cittadinanza romana.

Di parere opposto Druso, senatore moderato e illuminato, favorevole a fare concessioni alle nuove classi per mantenere e rafforzare il potere senatorio.

Il tribuno Druso propose:
  • la concessione della cittadinanza agli italici;
  • e l'allargamento del Senato da 300 a 600 membri, con l'inclusione dei ranghi più alti della classe equestre. meno in dissidio con gli optimates.
  • una grande distribuzione di terre demaniali. per rifondere gli alleati della perdita dei terreni pubblici distribuiti ai veterani.
  • di rimettere in vigore le leggi agrarie dei Gracchi;
  • di ridurre il prezzo dei cereali;
  • di stabilire la partecipazione, in parità, del Senato e della classe dei Cavalieri ai Tribunali Giurati.
La proposta non venne accolta e anzi Druso venne assassinato nello stesso anno, nel 91. Ancor più esasperati gli Italici nel 90 presero le armi contro Roma. L'assassinio di Druso provocò l'immediata insurrezione delle città-stato italiane contro Roma, e la Guerra Sociale, o Guerra Marsica, degli anni 91-88 a.c.

Mario fu chiamato ad assumere, insieme a Silla, il comando per sedare la rivolta. Chi si distinse contro gli alleati fu Pompeo Strabone, padre del più famoso Pompeo, proprietario di terre nel Piceno, il quale, peraltro, riportò solo un piccolo successo ad Ascoli Piceno di cui si impadronì, da Console, nel novembre 89. A Sud Silla, legato del console Lucio Giulio Cesare, il padre del futuro imperatore, doveva riconquistare la Campania e il Sannio meridionale fino a Boiano (90-89).



IL TRADIMENTO DI SILLA

In Asia, Mitridate, re del Ponto, per allargare a oriente i suoi confini, aveva invaso la Grecia. Il comando dell'esercito romano fu dato dal Senato a Silla. Poi, soprattutto per intercessione di Publio Sulpicio Rufo, gli tolse l'incarico e lo dette a Mario. Silla fece uscire di nascosto l'esercito da Roma, per poi farlo marciare contro la città. Mario fu sconfitto e dovette abbandonare precipitosamente Roma, rifugiandosi in Africa. Gneo Ottavio e Lucio Cornelio Cinna furono eletti consoli nell'87 a.c., mentre Silla, nominato proconsole, si mise in marcia verso oriente con l'esercito.



LA MORTE DI MARIO (86 a.c.)

Mentre Silla conduceva la sua campagna militare in Grecia, a Roma il confronto fra la fazione conservatrice di Ottavio, rimasto fedele a Silla, e quella popolare di Cinna si inasprì sfociando nella guerra civile. A questo punto, nel tentativo di avere la meglio su Ottavio, Mario, insieme al figlio, rientrò dall'Africa con un esercito e unì le proprie forze a quelle di Cinna, che aveva radunato truppe filomariane ancora impegnate in Campania contro gli ultimi ribelli. Gli eserciti alleati entrarono in Roma, Cinna fu eletto console per la seconda volta e Mario per la settima. Seguì una feroce repressione contro gli esponenti del partito conservatore: Silla fu proscritto, le sue case distrutte e i suoi beni confiscati. Nel primo mese del suo mandato, tuttavia, all'età di 71 anni, Mario morì improvvisamente.


Il Seguito

Cinna fu rieletto console altre due volte, per poi morire, vittima di una congiura, mentre si dirigeva con l'esercito verso la Grecia. L'armata di Silla, dopo aver vinto la campagna nel Ponto, rientrò in Italia sbarcando a Brindisi nell'83 a.c., e sconfisse il figlio di Mario, Gaio Mario il giovane che morì in combattimento a Preneste, alle porte di Roma. Gaio Giulio Cesare, nipote della moglie di Mario, sposò una delle figlie di Cinna. Dopo il ritorno di Silla a Roma si instaurò un regime di restaurazione che perpetrò le più feroci repressioni, tanto che Giulio Cesare fu costretto a fuggire in Cilicia, dove rimase fino alla morte di Silla nel 78 a.c.
Al termine della guerra gli Italici saranno costretti ad arrendersi e a consegnare le armi, ma con la promessa in cambio della cittadinanza romana, promessa che poi fu mantenuta.


BIBLIO

- Plutarco - Vite parallele - "Gaio Mario" - "Silla" e "Giulio Cesare" -
- Velleio Patercolo - Historiae romanae ad M. Vinicium libri duo -- Alfredo Passerini - Studi su Caio Mario - edito da Celuc Libri - 1971 -
- Giuseppe Antonelli - Gaio Mario - Roma - 1995 -
- Jérôme Carcopino - Silla -  Milano - 1981 -




1 comment:

Anonimo ha detto...

penso sia stato Mario il fondatore dei grandi eserciti imperiali, quelli che conquistarono il mondo, Solo Cesare riuscì a proseguire la sua opera.

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