DOLIOLA



DOLIOLA

IL SITO

Sorto su un terreno di origine paludosa ma in seguito prosciugato, e situato fra il Palatino e il Campidoglio, due dei sette colli di Roma, il Foro Romano vide i suoi primi edifici pubblici intorno al VII sec. a.c., edifici adibiti alla vita politica, giudiziaria, religiosa, commerciale e sociale della città.

Il recupero e restauro degli antichi edifici romani è stato avviato dal XVIII sec. e fino ad oggi continuano ad emergere nuovi reperti e resti di antiche costruzioni.

Così nel corso di alcuni scavi svolti nel 1904 nei pressi del Lacus Curtius in un'area dove si trovano quattro blocchi di travertino con al centro un foro di forma quadrata, e da qui vennero portati alla luce alcuni vasi perfettamente conservati e da datare al VII secolo a.c. 

L'area dei Doliola venne risistemata più volte nel tempo; l'ultimo di questi lavori si presume sia stato svolto in epoca costantiniana, testimoniato da un basamento situato sul lato est dell'apertura dove sono stati ritrovati i vasi dei Doliola.



LA COLLOCAZIONE

La posizione esatta dei Doliola si pensava che fosse sul Quirinale, come riportato da Livio. A seguito di più attenti studi si ipotizzò poi la sua collocazione presso il Foro Romano. Le Vestali, custodi degli arredi sacri, avrebbero infatti percorso il Vicus Tuscus come via di fuga durante l’assalto dei Galli, nascondendo le preziose reliquie presso questa via, nel tratto in cui il suo tracciato segue grossomodo parallelamente quello della Cloaca Maxima (in accordo con il racconto di Varrone).

L’archeologo tedesco Friedrich von Duhn ha ipotizzato, poi, la vicinanza del sito al Tempio di Vesta, ponendolo dunque all’interno del Foro Romano, esattamente in corrispondenza del punto in cui il Vicus Tuscus passa tra il Tempio dei Dioscuri e la Basilica Giulia.



IL SALVATAGGIO AD OPERA DELLE VESTALI

 Quando i Galli presero d'assalto Roma, nel 364 a.c., le Vestali, prima di fuggire a Veii, seppellirono le reliquie poste nei vasi tra la Cloaca Massima e la casa del Fiamma Quirinalis. Il nome dei contenitori era  Doliola; e la superstizione dell'epoca proibiva a chiunque di sputarci sopra.


IL SIGNIFICATO

Il rinvenimento venne messo in relazione da Tito Livio a un'area detta dei Doliola, il luogo dove sarebbero stati sepolti dalle Vestali in vasi di terracotta, in latino i dolii, diverse sacre reliquie per salvarle dal sacco dei Galli avvenuto nel 390 a.c..

Ma Livio parla di altri dolii, che non stavano nel Foro bensì in un sacello forse posto sul colle Quirinale, dove del resto abitava il Quirinal Flamine.

Secondo altri, tra cui Marco Terenzio Varrone, il luogo del ritrovamento sarebbe stato un luogo di culto di origine più antica, in un’area situata vicino al percorso della Cloaca Maxima, dove si diceva vi fossero anfore sepolte, oggetto di alcune leggende già in epoca antica.
Stando a quanto riportato da queste leggende, si sarebbe potuto trattare di sepolture arcaiche, costituite da urne contenenti resti ossei umani, o da anfore contenenti le ossa dei defunti, cosa che accadeva in tempi remotisimi, oppure di anfore contenenti arredi sacri appartenuti al secondo re di Roma, Numa Pompilio, cioè gli oggetti sacri e di culto usati dal re.

Alcuni supposero invece che nei vasi fossero conservate proprio le ossa di Numa Pompilio in tal modo sepolto a scopo di conservare le vestigia di cotanto re, che aveva riportato a Roma il senso del sacro, i rituali e la benevolenza degli Dei.



BIBLIO

- Marco Terenzio Varrone - De Lingua Latina -
- Tito Livio - Ab Urbe Condita Libri -
- Friedrich von Duhn - Italische Graberkunde - Carl Winter - Heidelberg -
- Jean-Claude Fredouille - Dictionnaire de la civilisation romaine - Larousse - Parigi - 1986 -


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