DOMUS DI LUCIO CECILIO GIOCONDO (Pompei)



SATIRO E MENADE
La casa fu costruita tra la fine del III e l'inizio del II secolo a.c. e subì nel corso degli anni piccoli rifacimenti: rimasta danneggiata durante il terremoto di Pompei del 62, fu ristrutturata dall'allora proprietario, il banchiere Lucio Cecilio Giocondo, dal quale prende il nome.

LUCIUS CAECILIUS IUCUNDUS
La domus è molto rinomata per 2 famosi rilievi, uno rubato (come al solito), l'altro (in deposito) posto a decorare il larario (sacello domestico), che rappresentano con tratti popolari efficacissimi gli effetti del sisma su alcuni edifici pubblici pompeiani.

A sinistra del tablino c'è il calco del ritratto del banchiere L. Caecilius Iucundus, che abitava la casa nel 79 d.c. e di cui è stato rinvenuto l'archivio di 154 tavole cerate: esse registrano le somme da lui versate tra il 52 e 62 d.c. a persone per conto delle quali aveva venduto beni (soprattutto schiavi) o riscosso affitti, recuperando per sé una provvigione, in realtà piuttosto onesta, dell'1-4%.

Seppellita sotto una coltre di ceneri e lapilli a seguito dell'eruzione del Vesuvio nel 79, la domus fu rinvenuta grazie agli scavi borbonici nel 1844 ed esplorata nuovamente nel 1875.

Durante il corso della II guerra mondiale fu leggermente danneggiata dai bombardamenti americani: al termine del conflitto fu infatti necessario riposizionare le tegole del tetto, riordinare le colonne del peristilio e ripulire la pavimentazione dalla caduta di alcuni calcinacci.

L'ENTRATA

LA DESCRIZIONE

La Casa di Lucio Cecilio Giocondo è interamente realizzata in opera a telaio di calcare (roccia sedimentaria di calcite) di Sarno (presso Salerno), con l'utilizzo del tufo nelle parti decorative. L'abilità del proprietario, Lucio Cecilio Giocondo, come esperto banchiere, portò a molti guadagni e molta ricchezza come si evince dalla sua casa.

L'ingresso si affaccia direttamente su Via del Vesuvio e due grossi pilastri, sui quali al momento dello scavo furono rinvenute diverse iscrizioni elettorali, e di cui alcune ancora si conservano.  Ai lati dell'entrata si aprono due botteghe, cosa alquanto usuale perchè il padrone di casa affittava i negozi ricavati nel suo stesso edificio per trarne un guadagno negli affitti.

L'ATRIO
Nel vestibolo si conserva un mosaico pavimentale che raffigura un cane, ma non il "cave canem" che dovrebbe spaventare i ladri, bensì un tenero cagnolino tranquillamente sdraiato. Dal vestibolo si passa all'atrio, con compluvium (apertura per l'acqua piovana) sul tetto ed impluvium (vasca livello suolo) centrale sul pavimento, contornato da un mosaico a figure geometriche.

Per il resto dell'ambiente invece la pavimentazione è in cocciopesto (un composto di frammenti minuti di tegole o mattoni o cocci di vasi d'argilla misti a malta fine a base di calce aerea).con inserti di marmi colorati. Anche se il cocciopesto era un'ornamentazione meno ricca del normale mosaico, si può dire che qui, con gli inserti di marmo colorati, acquisisca una sua particolare valore e bellezza.


Nell'angolo nord-ovest dell'atrio si trova un larario decorato in marmo: in particolare la parte superiore della base era caratterizzata da due bassorilievi che rappresentano i danni provocati dal terremoto del 62, ossia il crollo di Porta Vesuvio, andato rubato (come al solito), e i danneggiamenti al Tempio di Giove, conservato al museo archeologico nazionale di Napoli.


Queste opere furono eseguite probabilmente come espiazione verso gli Dei irati o in ringraziamento verso gli Dei che, col terremoto, avevano arricchito Cecilio Giocondo, che aveva speculato sulle disgrazie altrui.

Quest'ultima spiegazione però sembra poco attendibile anche perchè Cecilio non era un usuraio, dai conti rinvenuti nella domus si rileva che il tasso di interesse che prelevava sui suoi clienti andava dall'1 al 4% e penso che oggi sarebbe ancora un ottimo tasso.

IL GIARDINO INTERNO
Intorno all'atrio si aprono diversi cubicoli, alcuni dovevano essere piccoli magazzini, altri camere da letto, di cui anche padronali, vista la ricchezza dei dipinti.

In alcuni di questi cubicoli si sono conservati infatti sia la pavimentazione con disegni a mosaico, sia le decorazioni parietali, anche se alcune raffigurazioni sono andate in parte perdute (come al solito) come il dipinto di Ulisse e Penelope e una scena teatrale.

ERMAFRODITO E SILENO
Sull'atrio si apre il tablino, di notevoli dimensioni, sicuramente utilizzato dal proprietario per esercitare la sua professione, come usava fra i professionisti dell'epoca.

Di solito si poneva in bella vista un tavolinetto con dei bricchi d'argento e magari una cassaforte in bronzo borchiato per far comprendere l'agiatezza del padrone, che era una garanzia per l'ottemperamento dei suoi doveri verso i suoi clienti.

IFIGENIA IN TAURIDE
Ai lati degli stipiti d'ingresso sono presenti due colonnine sulle quali erano poste due erme, in particolare quella a sinistra sosteneva una testa in bronzo raffigurante o lo zio o il padre di Cecilio Giocondo, dono del liberto Felix, così come attestato dall'iscrizione incisa sul pilastro:

GENIO LUCI NOSTRI FELIX LIBERTUS

L'ALTARE
Su quella destra invece era posizionata una testa in oro, andata distrutta (come al solito) durante le esplorazioni. Il tablino conserva intatta la pavimentazione a mosaico con al centro un disegno geometrico, mentre alle pareti sono affreschi in III stile che originariamente erano color cinabro, poggiati su un fondo ocra, di cui oggi rimane solo quest'ultimo colore.

Su ambo i lati i pannelli decorativi sono divisi in tre scomparti, simili a tappeti, ornati con elementi vegetali; la parete di destra presentava al centro di ogni scomparto quadretti raffiguranti un Satiro che abbraccia una Menade, Ifigenia in Tauride e una Menade con Cupido, tutti staccati e conservati al museo archeologico di Napoli.

Sul lato sinistro invece sono ancora in loco (purtroppo) l'affresco di un Satiro con Menade, una raffigurazione incerta, probabilmente rappresentate il ritorno di Ettore cadavere ed ancora un Satiro con Menade. La raffigurazione del Satiro con menade lascia alcune perplessità, per vari motivi:

1) la donna versa sul capo dell'uomo una polvere, forse magica, infondendogli qualcosa.

2) l'uomo non abbraccia la donna ma ne mostra un seno come ad indicare che la donna sia incinta, simbologia molto usata allora e oltre, nel rinascimento e secoli ancora dopo. Il seno che l'uomo circonda con una mano è il simbolo della produzione del latte.

MENADE CON CUPIDO
3) la presunta menade è incoronata e le menadi non indossavano corone ma semmai serti di fronde, data la loro natura selvaggia.

RICOSTRUZIONE GRAFICA
4) per alcuni si tratterebbe di Marte e Venere, dato che esiste una pittura simile in cui l'uomo è armato come Marte. Qui però l'uomo non è armato, è laureato sul capo ed ha un orecchino.

Superato il tablino si accede al peristilio, che ha conservato intatto il colonnato, una fontana con vasca in marmo, diversi graffiti ed un affresco erotico ed uno di grande animale: al centro di questo ambiente è il giardino, mentre intorno si aprono diversi ambienti come il triclinio con resti delle decorazioni parietali.

In particolar modo sono visibili dei medaglioni con volti di donna, un grande quadretto, rovinato dal tempo, raffigurante Paride fra tre Dee, e Teseo che abbandona Arianna, in questo caso staccato dalla sua collocazione originale; anche questi pannelli presentano una parte centrale in giallo ocra e una zoccolatura in rosso. 

RICOSTRUZIONE GRAFICA
Altri ambienti conservano scarsi resti degli intonaci e degna di note è l'esedra con nicchia utilizzata come larario ed un tavolo in marmo: nei pressi di questa sala, a causa del crollo durante l'eruzione del piano superiore fu ritrovato, tra il 3 ed il 5 luglio 1875, un piccolo forziere contenente 154 tavolette cerate, che riportavano la somma degli affitti riscossi e le quote versate per l'acquisto di proprietà.

RICOSTRUZIONE GRAFICA
La datazione di questi documenti va dal 52 al 62, dopodiché si pensa che il banchiere si ritirò a vita privata dedicandosi ad opere pie. Una scala conduceva ad una cantina sotterranea, nella quale si riconoscono degli affreschi con disegni di elementi naturali.


BIBLIO

- Antonio Irlando - Pompei: guida alla città archeologica - Roma - Fortuna Augusta -1996 -
- Alberto Carpiceci - Pompei: Oggi e Com'era 2000 Anni Fa - Firenze - Bonechi Edizioni - 1997 -
- Salvatore Nappo, Valeria Manferto - Pompei: guida alla città sepolta - Vercelli - White Star - 1998 -
- Pier Giovanni Guzzo - Nuove ricerche archeologiche nell'area vesuviana (scavi 2003-2006) - Roma - L'Erma di Bretschneider - 2008 -
- Fabrizio Pesando, Marco Bussagli, Gioia Mori - Pompei: la pittura - Milano - Giunti Editore - 2003-






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