CULTO DI CLEMENTIA



DEA CLEMENTIA - COPIA ROMANA DELL'ORIGINALE GREC


DOMANDE

- Chi fu per i Romani la Dea Clemenza?
La Dea Clemenza, o Clementia, venne onorata pubblicamente solo dopo l'uccisione di Cesare che, secondo Cicerone, avrebbe incarnato in vita questa virtù e che ne avrebbe in parte causato la morte. Il senato approvò ed eresse in onore di Cesare e per il culto della Clementia Caesaris un tempio dove erano rappresentati Cesare e la Dea che si davano la mano.

- Quali virtù infondeva la Dea Clemenza?
La Dea Clemenza o Clementia infondeva ai generali e agli imperatori la compassione, il perdono e l'astinenza dall'ira e dalla vendetta.



LA CLEMENZA GRECA

Clementia nella mitologia greca corrisponde ad Eleo  (in greco antico: Ἔλεος, Éleos), Figlio di Erebo e di Notte, e di cui non risultano nè mogli nè figli, personificazione soprattutto della compassione. Gli fu dedicato un altare, ad Atene, presso il quale i poveri ed i bisognosi facevano domanda di protezione agli Ateniesi. Non si sa però quale sacerdote fosse incaricato di leggere le suppliche. 

L'altare doveva essere simile a quello dell'Agorà di Atene e tra i più noti che si rivolsero al Dio ci furono Adrasto, uno dei Sette contro Tebe, e gli Eraclidi, discendenti di Eracle perseguitati da Euristeo e difesi da Teseo, personaggi ritenuti a volte fondatori dell'altare stesso.

Secondo Pausania il Periegeta era l'unico altare presente a Eleo, ma nel Tempio di Asclepio ad Epidauro, del IV secolo a.c., è stato trovato un secondo altare rettangolare con varie iscrizioni dedicate al Dio della Clemenza.


GIULIO CESARE


LA CLEMENZA DI CESARE

La Dea Clementia entrò a far parte della religione pubblica dopo l'uccisione di Cesare che, secondo Cicerone, avrebbe incarnato in vita questa virtù e che ne avrebbe in parte causato la morte. Il senato sembrò convinto tanto che decise di erigere in onore di Cesare e per il culto della divina Clementia Caesaris un tempio dove erano rappresentati Cesare e la Dea che si davano la mano.

Già Cicerone, nell'orazione Pro Marcello, pronunciata in senato per ringraziare Cesare, fautore del richiamo in patria di alcuni suoi avversari politici, tra i quali il pompeiano Marco Claudio Marcello, amico dell'oratore, attribuì a Cesare la virtù della clementia.

Questo poiché, se è vero che la gloria di Cesare riposa, come quella di altri condottieri, sul talento militare, egli è l'unico che, fra tutti i vincitori, si è distinto per la sua bontà d'animo, tanto nobile che non basta semplicemente paragonarlo ai grandi uomini, ma va giudicato simile a un Dio
(haec qui faciat, non ego eum cum summis viris comparo, sed simillimum deo iudico)
poiché egli si è comportato
- con clemenza, (clementer)
- con mansuetudine (mansuete),
- con giustizia (iuste),
- con moderazione (moderate),
- con saggezza (sapienter),
nel «...vincere il risentimento, trattenere l’ira, moderarsi nella vittoria, non soltanto risollevare un valente avversario eccezionale per virtù e ingegno ma anche accrescere la sua antica nobiltà...»

"Cesare mostrò moderazione e clemenza ammirevoli sia nella conduzione che nella vittoria della guerra civile. Mentre Pompeo aveva annunziato che avrebbe considerato nemici coloro che avevano negato aiuto alla repubblica, egli stesso dichiarò che avrebbe ritenuto nel numero dei suoi amici gli incerti e quelli di posizione neutrale. Iniziate presso Ilerda le condizioni per la resa, Mentre Afranio e Petreio avevano ucciso i soldati di Giulio Cesare sorpresi nell'accampamento, si astenne dall'imitare la perfidia
commessa contro sé.

Nella battaglia di Farsalo proclamò che si dovessero risparmiare i cittadini e successivamente a nessuno dei suoi non concesse di lasciare in vita uno della parte avversa a sua scelta. Infine, negli ultimi tempi, anche a tutti quelli ai quali non aveva ancora perdonato, permise di tornare in Italia e ottenere magistrature e cariche pubbliche.

Ricostruì le statue di Lucio Silla e di Pompeo abbattute dalla plebe. Ritenne sufficiente far sapere che alcune congiure scoperte erano a sua conoscenza e, in una pubblica assemblea, intimò a quelli che parlavano male (di lui) di non continuare. E tollerò di buon grado che la sua reputazione fosse offesa da un libello molto ingurioso di Aulo Cecina e da versi estremamente scurrili di Pitolao.
"

Cicerone non aveva tutti i torti, nessuno osò mai un colpo di stato contro Silla, dopo che ebbe assunta la dittatura, perchè egli era spietato e non perdonava nessuno, al contrario Cesare aveva perdonato a Catullo che nelle sue poesie gli aveva dato del pervertito in quanto amante del generale Mamurra, relazione sconveniente tra maschi adulti,  mentre era normale tra un maschio adulto e un ragazzino. 

Inoltre Cesare aveva perdonato il suo nemico Vercingetorige ammirando il suo coraggio e le sue capacità, per cui lo fece rilasciare libero, e fece male perchè se lo ritrovò ad Alesia dove faticò non poco a sconfiggerlo.

Cicerone riportò inoltre l'opinione del filocesariano Aulo Irzio, che ricoprì la carica di console dopo l'assassinio di Giulio Cesare, per il quale era stato legato, secondo cui la clemenza di Cesare era stata una delle cause della sua morte.

Come afferma Cicerone nel "De Officiis", la grande forza di Roma è data proprio dalla clemenza, che ha permesso di costruire alleati tra i popoli vinti (a cui veniva concessa la cittadinanza romana). Cicerone definisce la clemenza di Cesare come la capacità del console di non inferire sugli sconfitti e non provare odio per i nemici. Egli era in grado di vincere l’ira e agire con moderazione, non pensando mai ad una vendetta.

CLEMENTIA

LA CLEMENZA DEGLI IMPERATORI

La "clementia" dopo le capacità militari e le buone leggi continuerà ad esser considerata come una virtù personale dell'imperatore che, simile a Giove che regge l'universo, e che nella monetazione viene rappresentato mentre affida all'imperatore il globo, l'intero mondo, che dovrà essere governato con la Clementia temporum che accomuna il principe agli Dei. 

Pertanto l'imperatore romano dovrebbe governare lo stato con giustizia e clemenza ma, anche se di imperatori clementi ve ne furono, la maggioranza non brillarono per questa virtù.

La clementia, caratteristica peculiare attribuita a Cesare, ha comunque una funzione ideologica ed un’utilità pratica, come definito da Seneca nella sua opera dal titolo proprio De Clementia. In essa, egli suggerisce a Nerone le caratteristiche di un buon uomo di potere, di cui la clemenza deve sicuramente far parte, insieme ad altre virtù che indicano mitezza, gentilezza e mansuetudine. Infatti, chi è al potere deve essere in grado di mantenere la calma e non lasciarsi andare all’ira, alla crudeltà o all’istinto.

Nel II secolo la clementia tenderà a sovrapporsi, anche nella terminologia, a quella della iustitia, giustizia, e sarà la filosofia dello stoicismo a dettarla a qualche imperatore di buon carattere. Così l'imperatore che esercita la clementia per gli stoici avrebbe un atteggiamento arbitrario che, magari per un capriccio, favorisca uno e magari trascuri altri: è preferibile invece che operi allora con iustitia rispettando le leggi.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Plinio il Vecchio - Naturalis historia - VIII -
- Appiano di Alessandraia - Bellum civile - II -
- Marta Sordi - Responsabilità, perdono e vendetta nel mondo antico, Vita e Pensiero - 1998 -
- Cicerone - Ad Atticum -
- Cicerone - Pro Marcello - IX -
- Plutarco - Caesar -
- Cassio Dione - Storia romana - a cura di Alessandro Stroppa - 9 volumi - BUR - Milano - 2018 -
- Velleio Patercolo - Plinio il Vecchio - Naturalis historia - VIII -



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