LUCUS FAGUTALIS



FAGGETA

Nel culto dell'Antica Roma lucus e nemus indicano il Bosco Sacro, Lucus è è la radura (anche creata dall'uomo, ma seguendo un rituale rispettoso delle divinità del bosco, come spiega Catone) o perché in generale è la parte del bosco dedicata al culto. 

In epoca arcaica, anche i templi urbani potevano avere un proprio lucus, che poi con l'espansione degli edifici veniva gradualmente ridotto ad un piccolo gruppo di alberi ma riguardato con molta cura; erano invece più diffusi nei santuari rurali o suburbani. Oltre alle epigrafi dedicatorie, altre fonti per una storia dei boschi sacri a Roma sono quelle letterarie.

I maggiori, sia per estensione che per importanza, a Roma si trovavano sull'Esquilino (Facutalis, Larum Querquetulanum, Esquilinus, Poetelius, Mephitis, Junonis Lucinae, Libitinae) e, secondo quanto riporta Varrone, erano visitati durante la processione che si svolgeva nella festività degli Argei, l'11 gennaio, quando si visitavano 27 sacrari posti attorno alla città offrendo sacrifici. 



Lucus Fagutalis - Bosco di faggi -

Dopo l’ultima glaciazione (circa 10.000 anni fa) le condizioni idonee alla faggeta risalirono dalle basse zone di rifugio dove erano scese nel periodo freddo, verso le quote attuali. Pertanto il faggio si adattò molto bene nella sede romana, ed esattamente sul colle Esquilino, dove prosperava un'ampia faggeta, e sembra si tratti del più vasto lucus, o bosco sacro, romano.

Il Lucus era detto Facutalis o Fagutalis, nome dato evidentemente dall'abbondanza di faggi, che ospitava un santuario a Giove, detto appunto Giove Fagutale. Anche per Varrone, il termine latino fagutal deriva dal fagus ("faggio"), alberi frequenti in questa parte dell'Esquilino e alcuni studiosi hanno ipotizzato che si trattasse di una divinità profetica, come lo Zeus di Dodona, dove le profezie erano ricavate dallo stormire del vento tra le foglie della quercia sacra.

Varrone cita il lucus Fagutalis come parte dell'Oppius, e in effetti era posto nella parte dell'Oppio che guarda il Celio. Il tempio dedicato a Giove era detto "Sacellum Iovis Fagutalis" e la via che ad esso conduceva era chiamato Vicus Iovis Fagutalis.

FAGGETA
Varrone: "Fagutal a Fago unde etiam quod ibi Sacellum Jovis Fagutalis"
Festo: "Fagutal Sacellum Jovis in quo fuit Fagus arbor quce Jovis sacra habebatur" (da notare che Festo lo colloca fra i luoghi nei quali si celebravano i sacrifici nella solennità del Settimonzio).
Plinio: "Fagutali Jovi etiam mine ubi Incus fageus fuit" (che lo riferisce ancora esistente ai suoi tempi).

Solino: "Tarquinius Superbus et ipse Esquiliis supra Clivum Pullium ad Fagutalem lucum" il Clivo che dalla nuova Suburra porta a S Pietro in Vincula. Infatti Solino riferisce che la casa di Tarquinio il Superbo sorgeva presso il lucus Fagutalis, situato, a sua volta, vicino al clivus Pullius. Da quest'ultimo nome deriva quello di una chiesa medievale, s. Griovanai in Grapullo, che sorgeva nei pressi della basilica di s. Pietro in Vincoli, ove erano locati sia il clivus Pullius che il locus Fagutalis che gli era attiguo.

VIA IN SELCI CON I RESTI ROMANI - INCISIONE DEL '700

VIA IN SELCI

Il bosco era situato nella parte meridionale del Colle Oppio, tra l'odierna via Cavour e l'odierna piazza di S. Pietro in Vincoli (Santus Petrus in Vincula), per altri si trovava nell'odierna via di Santa Lucia in Selci, così chiamata per i "silices" (roccia di silice o selce) di lastricato romano ritrovati durante un restauro in questa zona intorno all'anno Mille, sicuramente da riferire all'antichissimo "clivus Suburanus", che nella parte iniziale ricalcava esattamente via in Selci.

Al civico 94 della via in Selci si trova la Casa dell'ex Monastero delle Paolotte, un edificio settecentesco delle suore di S.Francesco da Paola. Nel 1744, durante i lavori di edificazione, fu ritrovato un complesso di antichi oggetti in oro, argento e marmo che facevano parte di un corredo nuziale di "Secundus e Proiecta", della celebre famiglia degli Aproniani, della fine del IV secolo. 

Il prezioso materiale fu subito alienato dalle monache e andò disperso. L'edificio, espropriato dallo Stato Italiano dopo il 1870, fu completamente trasformato all'interno ed attualmente è sede di un Comando dell'Arma dei Carabinieri. Il che dimostra quanto sempre poco fu a cuore l'arte romana per i nostri governanti.



GIOVE FAGUTALE

Tenendo presente che i faggi sul colle romano, specie nell'antica Roma dove il clima era un po' più caldo di oggi, erano sempreverdi, ovvero cambiavano leggermente di colore, dal giallo al rossastro, ma non cadevano, il bosco doveva assumere un significato di immortalità, mentre il Giove della quercia aveva un significato di forza perchè nessun vento lo può abbattere e nemmeno un incendio, dato che le sue radici raggiungono una grande profondità. 

Fin dall'antichità romana, la cima del Fagutale è sempre stata teatro di eventi di grande fermento popolare e religioso; negli strati del suo sottosuolo si sono infatti succeduti nel tempo: un luogo di culto a Diana, la domus di Tarquinio il Superbo, gli Orti di Mecenate e le Terme di Tito, senza considerare la presenza, nelle immediate vicinanze, della Domus Aurea di Nerone e del Colosseo.

Macrobio riferisce che esso era considerato uno degli arbores felices, cioè che fa bene, sia perchè è beneaugurale, sia perchè fa bene al luogo dove cresce e agli uomini che lo frequentano.

«Quel che è sicuro è che si distinguevano le zone con l’indicazione del tipo di bosco: lo dimostrano il tempio di Giove Fagutale, che esiste ancor oggi e sorge dove c’era un bosco di faggi, la porta Quercetulana, il nome del colle su cui si andava a raccogliere vimini e i nomi di tanto boschi sacri, in certi casi due per medesimo luogo Il dittatore Quinto Ortensio, quando la plebe si ritirò sul Gianicolo, presentò nell’Esculeto una legge in base alla quale tutti i Quiriti erano vincolati alle decisione di quella».

(Plinio il Vecchio Nat. Hist. XVI 37)


« Lucus Facutalis o Fagutalis, evidentemente con abbondanza di faggi, che ospitava un santuario a Giove, detto Giove Fagutale. Giorgio Stara-Tedde suggerisce che si trattasse di una divinità profetica, come lo Zeus di Dodona, al cui santuario le profezie erano ricavate dallo stormire del vento tra le foglie della quercia sacra, o la divinità latina Fauno, che era una divinità dei boschi. Oggi nelle vicinanze del sito del bosco sorge la basilica di S. Pietro in Vincoli ».

(Rodolfo Lanciani)


BIBLIO

- Giuseppe Ragone - Dentro l'àlsos. Economia e tutela del bosco sacro nell'Antichità Classica in Il sistema uomo-ambiente tra passato e presente - Bari - 1998 -
- Julien Ries - Saggio di definizione del sacro - in Grande dizionario delle Religioni (a cura di Paul Poupard) - Assisi - Cittadella-Piemme -
- AA.VV. - Les bois sacrés - Actes du Colloque International, du Centre J. Bérard - Napoli - 1993 -
- Plinio il Vecchio - Naturalis Historia - XVI 37 -



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