VILLA ZLITEN - (Tripolitania)



MOSAICO VILLA ZLITEN (1)

AFRICA ROMANA - LA STORIA

146 a.c. - La provincia d'Africa venne conquistata nel 146 a.c. con la III Guerra Punica, combattuta tra Cartagine e Roma.
149 a.c. - Il console Scipione Emiliano sbarcò sul territorio di Cartagine, prese la città, la distrusse e il suo sito consacrato agli dei inferi mediante una cerimonia di execratio. Il territorio della città, venne annesso all'ager publicus di Roma e venne istituita una nuova provincia, nella quale sette città rimasero città libere (civitates liberae).
122 a.c. - Il tribuno della plebe Gaio Sempronio Gracco, capo del partito dei populares, dedusse una colonia sul territorio dell'antica Cartagine per 300.000 ettari.
107 a.c. - Il console Mario, tramite il suo luogotenente Silla, e grazie all'alleanza col re di Mauretania, riuscì a catturare Giugurta nel 105 a.c. La Numidia non venne annessa interamente alla provincia. La città di Leptis Magna, situata in questa regione, rimase libera per essersi schierata a fianco di Roma in questo conflitto. Il regno numida, inizialmente nuovamente suddiviso, divenne protettorato romano.
103 a.c. - Una legge romana concesse ad ogni veterano 252 ettari di terreno africano, pur non venendo fondata alcuna colonia.
48 a.c. - Dopo la sconfitta di Pompeo a Farsalo, i pompeiani si rifugiarono in Africa, dove Cesare sbarcò e vinse l'anno dopo con sei legioni, contando inoltre sull'alleanza col re di Mauretania.
Continuando la linea politica di Mario, Cesare riprese la fondazione di colonie in Africa inviando veterani italici, ma anche gallici o africani, a fondare nuove città sulla costa africana.
40  a.c. - L''Africa riunita venne affidata a Lepido, che ne venne tuttavia privato nel 36 a.c., a causa dei contratti con Ottaviano. 

PARTICOLARE DEL MOSAICO

27 a.c. - Ottaviano riorganizzò le province; le due province dell'Africa Vetus e Nova vennero unificate e classificate come provincia senatoria, retta da un proconsole, con il nome di Africa Proconsolare. Augusto riprese la politica di fondazioni coloniali di Cesare. Il territorio viene organizzato attraverso una rete di città di diversa condizione: municipi e città peregrine. 
17/24 a.c. - Un ex appartenente alle truppe ausiliarie romane, Tacfarinas, riunì intorno a sé una confederazione tribale, i Musulami,con i Getuli, i Cinithii, i Mauretani e i Garamanti, giungendo a circondare completamente i possedimenti romani in Africa. Il conflitto terminò solo quando il proconsole d'Africa riconobbe i diritti di passaggio delle tribù getule sul territorio romano.
69/96 d.c. - La dinastia dei Flavi rilanciò in Africa la politica di promozione del modello urbano, già avviata da Augusto, spostandola tuttavia per lo più in direzione della promozione delle città indigene. 
100 d.c. - L'ultima colonia si ebbe nel 100, al momento in cui la pax romana sembrava ormai estendersi all'intera provincia, con l'arresto delle scorrerie di tribù getule, maure o sahariane. Lo statuto di colonia divenne quindi in Africa puramente onorifico, costituendo un riconoscimento per le città che si fossero più completamente assimilate al modello romano. Per tutto l'alto impero le città d'Africa beneficiarono di un contesto economico particolarmente florido.

PIANTA DELLA VILLA


LA VILLA DI ZLITEN

Zliten è una città posta nel Murqub District della Libia, sulla costa orientale di Leptis Magna. Il sito archeologico della villa, chiamata Villa Dar Buc Ammera, giace a 3 Km dalla città di Zliten. Di questa villa sono noti ritrovamenti di pitture e soprattutto di mosaici, ed è variamente datata tra la fine del I sec. d.c. e la fine del III sec. d.c.

La villa venne scavata ed esplorata nel 1913-1914 e poi nel 1923 da S. Aurigemma. I mosaici della villa sono attualmente conservati al museo di Tripoli.
Gli occhi marcati però riporterebbero alla fine del II sec. d.c. - inizio III sec. d.c. E' anche vero che in Africa i tratti delle figure hanno segni iconografici meno raffinati e molto più tendenti al tardoantico rispetto alla Grecia e all’Asia Minore, in quanto questa aveva maggiori contatti con il mondo ellenistico.

Il mosaico è articolatissimo, molto movimentato, e nulla ha a che fare con lo staticismo dello stile bizantino, per cui anche se le pitture sono state spesso datate al tardoantico, è possibile che siano molto più antiche. A nostro avviso dovrebbero risalire al I sec. d.c., o al più agli inizi del II sec. d.c.

MOSAICO (1) CORNICi
Il mosaico (1) venne scoperto dall'archeologo italiano Salvatore Aurigemma nel 1913 ed ora è conservato nel Museo Archeologico di Tripoli. Vi sono illustrati vari contesti gladiatori, cacce di animali, nonchè scene di vita quotidiana.

Successivamente in questo sito hanno scavato i militari italiani che erano sul luogo, registrando una serie di realtà con l’aggiunta di una planimetria. Si tratta di un tipo di villa di grande impegno decorativo che si rifa in parte alla religione e ai miti, in parte alle attrattive del circo e in parte al quotidiano.

La pianta mostra una serie di ambienti aperti o chiusi verso il mare, a seconda dell'uso e oltre alla parte residenziale c’è una parte destinata ad ambienti termali.  Come tutte le ville della zona, si apre sul mare che si trova a nord.

Dal piano della villa si scende al piano inferiore dove c’è un criptoportico, un disbrigo di servizio oppure un portico sotterraneo; forse come protezione contro il caldo o il freddo, decorato comunque magnificamente. Nel belvedere vi è invece una struttura semi-circolare che riprende motivo di tradizione italica bicolore che si adatta bene ad ambienti circolari.

L’oggetto più famoso della villa, ed anche il più discusso, è il cosiddetto “mosaico dei gladiatori“, realizzato con un mix di tecnica a mosaico e opus sectile (mosaico 1).

Questo mosaico è formato da decorazione geometrica su alcuni lati e da una grande struttura centrale che unisce mattonelle in opus sectile a medaglioni che contengono emblémata (prodotti su base di terracotta e poi inseriti).

MOSAICO (1) - LOTTA CON GLI STRUZZI
Questo è il più famoso dei mosaici della Villa Buc Ammera, detto il Mosaico dei Gladiatori, che consiste essenzialmente di una serie di sedici campi quadrati decorati con disegni geometrici o rappresentazioni di diversi tipi di pesci, con un bordo decorato con immagini di ludi gladiatori.

Le immagini dell'esecuzione di criminali da parte degli animali, che come si vede fanno parte della cornice del mosaico, sono state un tema comune nell'arte antica, che viene anche mostrato negli affreschi di Mérida. E' anche un monito di come l'impero romano si prenda cura della giustizia.

L'uomo che viene ucciso sulla scena raffigurata a destra ha una pelle scura e può essere uno dei Garamantes nativi, forse uno dei prigionieri del generale Valerius Festus nel 70 d.c, all'inizio del regno di Vespasiano, ed eseguito nell'Anfiteatro di Lepcis Magna, come sostenuto da alcuni studiosi..

PARTE DEL MOSAICO DELLE STAGIONI (2)
Questi Garamantes si erano schierati con gli abitanti di Oea, che avevano preso l'occasione offerta dalla guerra civile del 69 a.c. per risolvere alcuni problemi con il popolo di Lepcis Magna.

Il mosaico costituiva il pavimento di una sala da pranzo (triclinium) e offre importanti testimonianze visive per il modo in cui gli antichi Romani organizzavano concorsi nel circo. Le scene rappresentate sono di teatro, di supplizio in senso teatrale e diversi tipi di caccia.

La presenza di queste scene di supplizio risalirebbero alla fine del I sec. d.c., una tematica romana che però noi conosciamo almeno un secolo dopo. Le testimonianze più antiche sono datate quindi al II sec. d.c. ed è allora più probabile che questo oggetto appartenga più a questo periodo che al I secolo d.c. Ciò non toglie che lo stile rimandi al I sec. d.c.

Il lato sinistro mostra una lotta contro gli struzzi. Gli animali uccisi al mattino erano preferibilmente quelli esotici, ed è noto che negli anni '70 del primo secolo un uomo di Lepcis percorreva tutta la Sahara per cercare animali africani insoliti che potrebbero essere uccisi nell'arena (Di Più...). Forse hanno incontrato la loro fine nell'anfiteatro di Lepcis, ma hanno anche avuto un ruolo durante i primi spettacoli del Colosseo di Roma.
Nella cornice del mosaico (1), in alto a sinistra, c’è una barella. Questa, insieme ad altre immagini, riporta al tema dell’anfiteatro. Il tema è rappresentativo della posizione sociale ed economica del dominus che, in conseguenza di questa posizione, è in grado di offrire ai suoi concittadini i giochi. 

CORNICE DEL MOSAICO DELLE STAGIONI (2)
Ci troviamo in un periodo in cui il personaggio di classe sociale più elevata può offrire i giochi alle persone, come fece ad esempio Giulio Cesare, e dopo di lui molti altri, come promozione alla candidatura del personaggio in fase di elezioni amministrative.

Qui sono rappresentate le stagioni. Al centro c'è un insieme di opus sectile e medaglioni a mosaico, e lateralmente vi sono tre emblémata con tematica particolare. Gli emblémata sono fatti su cassette di terracotta che permette il posizionamento di tessere di dimensioni molto sottili.

Le stagioni sono riconoscibili dagli elementi che tengono in mano, come ad esempio la primavera con le ricottine, meno connesse invece al tema dei miti e della religiosità.

È straordinaria la capacità dell’artista di rendere il mosaico dettagliato ed espressivo come una pittura. Sono molto sottolineati gli occhi per dare vitalità alle figure. Anche nel tardoantico sono molto sottolineati gli occhi, ma gli sguardi non sono intensi, anzi sono spenti e inespressivi.

Del resto l'arte esprime l'anima di un popolo in quell'epoca, e lo stato d'animo nel periodo del cristianesimo era tutt'altro che allegro, per il pericolo di invasioni barbariche che non miravano tanto a sottomettere quanto a razziare, distruggere e uccidere, ma pure per una religione che come rifugio offriva solo la rinuncia e l'espiazione.

PARTICOLARE DEL MOSAICO
DELLE STAGIONI (2)
Le figure si presentano tondeggianti, con un mento molto pesante, spalle scese. occhi che sembrano bistrati ma con il bianco che scende aldisotto dell'iride, il che toglie molta forza all'intensità di questo. Del resto tale caratteristica appartenne ancor più allo stile bizantino.

Le due fasce di emblémata laterali rappresentano pesci vivi e stilizzazioni di onde marine → nature vive. È natura viva ma non è osservazione della natura, ma ha a che fare con la tenuta: animali che vivono nel microcosmo della villa.

Poi viene riprodotto un po' ovunque il cosiddetto stile nilotico, come un mondo fantastico costellato di creature sia della fauna che antropomorfe fantastiche.

Si tratta di un mondo ideale, che troveremo in tutto l'impero romano, e di cui le massime manifestazioni sono emerse a Pompei, con creature che personificano le forze della natura, creature soprattutto gioiose, talvolta anche lavoratrici, ma sempre con un tocco d'allegria.

Pur essendo nella parte occidentale della Tripolitania, la tradizione è molto più vicina ad Alessandria e quindi all’Egitto, ma non è per questo che impera il nilotico, quanto per dare all'ambiente un tocco di mondo invisibile allegro e benevolo, costellato di genietti giocosi e industriosi.

Talvolta i temi sono anche caricaturali, compaiono infatti i pigmei, esserini piccoli come bambini ma adulti nelle fattezze, con volti non belli ma buffi, a volte con copricapi strani, tipo la corolla rovesciata di un fiore o la cupoletta di una ghianda.

MOSAICO DELLE STAGIONI (2)
Non mancano scene un po' assurde o un po' comiche, come quella di un pigmeo che combatte contro un airone come se fosse un mostro gigante.

Del resto ricordano gli eroti di Pompei: come l'erote che cavalca le onde in piedi su un granchio di cui tiene le redini, o gli eroti che fanno gli orafi, o pigiano l'uva per produrre il vino, o gli eroti della Villa del Casale che pescano, o i pigmei pompeiani che cavalcano ippopotami e coccodrilli tenuti con le redini.
Per la datazione delle ville romane, negli anni '50, si usò raggruppare alcuni temi di argomenti, raggruppati sotto “ciclo dei latifondi”. Questi temi riguardavano:

- la tenuta (la villa),
- i lavori nella villa (conseguenza dell’importanza accordata alla villa come microcosmo),
- i giochi (circo, teatro, gladiatori)
- le stagioni (perché il ciclo dell’agricoltura si basa sulle stagioni).

MOSAICO CURVO (3)
Tutti questi temi o soggetti sembrano caratteristici del II secolo d.c., come ad esempio appare nella Villa di piazza Armerina che è però databile a 150 anni dopo (325 e 350).

Come a Pompei, nelle ville tripolitane non ci sono solo i miti religiosi ma c'è il gusto della fantasia, della bellezza e del divertimento. La religione perde un po' della sua importanza a favore del quotidiano e del fantastico. Non dimentichiamo che il mito pagano è religione, come per noi la vita di Cristo e dei Santi sono religione.
Come se dicessimo che nel Rinascimento non vi siano quasi esclusivamente affreschi di soggetto religioso (oltre ai ritratti di potenti) ma comincino a fiorire affreschi profani con temi dilettevoli o di fantasia.

Così nella predominanza delle decorazioni naturali e fantasiose, nonchè fantastiche, nei mosaici delle ville romane, nasce una nuova libertà e liberalità, che apprezza la vita per ciò che è, anche se, come la natura, non è esente dai suoi lati crudeli, come i ludi gladiatori o la caccia.
Del resto la natura stessa ha un lato produttivo, fantasioso e stupendo, unito a un lato crudele connesso alle creature carnivore su quelle erbivore. Ciò comporta che nonostante questo lato drammatico dell'esistenza, la vita possa avere dei lati molto belli e godibili, connessi ai giochi e all'eros, che d'altronde la religione pagana non ha mai penalizzato.

Liberato il mito, esso si rende disponibile per rappresentare temi altrettanto importanti nel contesto funerario. Infatti nel corso del II secolo d.c. le tombe si caricano di mosaici, pittura parietale e sarcofagi figurati. La morte fa meno paura, perchè in qualche modo il ricordo dei morti si perpetua fra i vivi. Ma ciò in quanto i morti continuano a vivere e in qualche modo a proteggere i vivi, da qui il culto degli antenati.
Il mito viene utilizzato in ambito funerario in II e III sec. d.c. e contemporaneamente alla caduta del mito, sale questa nuova tematica del tutto profana come immagini, ma in realtà più religiosa della religione, perchè si rifà alla bellezza e alla proliferazione della natura, eterna Venere che affascina, produce e abbandona in un ciclo senza fine.
DIONISO

IL CRIPTOPORTICO
E' un portico sotterraneo che introduceva all'interno della villa. Era la prima impressione del visitatore, ovvero dell'ospite, che da questo comprendeva il gusto, la magnificenza, la ricchezza e il potere del proprietario della villa.
I suoi soffitti ricurvi sono costituiti da grandi campi rettangolari dove ci sono campi ottagonali e lateralmente medaglioni con teste di gorgòne e paesaggi. Al centro vi è Dioniso sulla pantera.

PAESAGGIO RURALE DEL CRIPTOPORTICO
I corpi sono flessuosi, i volti hanno naso greco e labbra piccole e carnose, gli occhi sembrano bistrati, soprattutto nella parte inferiore, i capelli sono morbidi e fluttuanti. Viene da pensare al cinema degli anni venti che in parte, nei suoi eroi cinematografici, si rifece a questo stile.

Ai lati sono visibili capanne ed un paesaggio rurale; vi è una netta differenziazione fra quelle in primo piano e quelle in secondo piano. Sia le costruzioni che le ambientazioni richiamano abbastanza l’Egitto, il paese mitico di cui si favoleggiava a Roma, paese non barbaro, anzi tutt'altro che barbaro, ma con un'arte e dei costumi tanto suggestivi ma così diversi da quelli romani.

Il paesaggio è su fondo bianco, delicatamente accennato, scarno eppure pieno di elegante tranquillità.
Interessante è notare che alcuni di questi elementi come le barche, o le barche sul mare, o i personaggi sulla campagna, con le rocce, o le case o i templi isolati, rimandino un po' al fregio della Farnesina 

FREGIO DELLA FARNESINA
Sembrerebbe che i committenti della villa Farnesina siano vicini a quelli di questa villa. Probabilmente non hanno a che fare, ma ha a che fare la moda romana che detta stile al mondo. Non dimentichiamo che all'epoca Cleopatra portò molto dello stile egizio a Roma, attraverso le sue sfingi, i templi isiaci e serapei decorati secondo l'uso egizio. 

Come al solito i romani prendevano il meglio, mediandolo con lo stile e lo spirito romano, che sul serio prendeva la patria e un po' gli Dei, ma sul resto era fantasioso e godereccio.

Talvolta, o quasi sempre, a seconda della complessità del mosaico, era un pittore a creare il cartone del mosaico, e a volte si firmava perchè ad essere famosi si veniva pagati meglio. Pittore e mosaicista erano due arti totalmente differenti eseguiti da artigiani, ovvero artisti diversi, però ambedue avevano piani di accuratezza e di ispirazione e bravura molto diversi.

MOSAICO DELL'AMBIENTE TERMALE
La ricchezza del committente, ma pure il buon gusto, dettava la scelta della qualità degli esecutori, di certo però la minutezza delle tessere consentiva un mosaico, naturalmente policromo, molto più simile ad una pittura, permettendo infinitesimali sfumature di colori.
Ai limiti dello scavo ci sono degli ambienti termali il cui mosaico è formato da un grande medaglione che occupa quasi tutta la parte dell’ambiente. Il mosaico rappresenta mostri ellenistici, tralci animati con amorini o uccelli, pesci e altri molteplici dettagli naturali.

Naturalmente gli scavi non sono ancora completati, considerando che la sabbia ne costituisce il grande ostacolo perchè il vento tramite essa ricopre in continuazione il suolo già scavato. D'altronde la sabbia asciutta ha consentito la grande conservazione di mosaici e pitture fino ai giorni nostri.


BIBLIO

- S. Aurigemma - I mosaici di Zliten - Roma-Milano - 1926 -
- L. Foucher - Sur les mosaïques de Zliten - Libya antiqua - I - 1964 -
- Salvatore Aurigemma - I mosaici di Zliten. Societa editrice d'arte illustrata - Roma - 1926 - (Africa italiana. volume 2) -
- M. Cagiano de Azevedo - La data dei mosaici di Zliten - Hommages à Albert Grenier - Bruxelles - 1962 -
- O. Elia, D. Levi - «Emblema» - G. Becatti (a cura di) - Mosaico c Mosaicisti nell'antichitå, Roma - 1967 -


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