PORTA MUGONIA-Palatina (Roma Quadrata)





La Porta Mugonia era una delle tre o quattro porte, per altri anche di più, che si aprivano nella cinta muraria della Roma quadrata fondata da Romolo, la cinta originaria di mura romane. Veniva chiamata anche "Vetus Porta Palatii" o "Porta Mugionis", o Porta Mugionia (Festo), o Porta Mucionis. Per Plinio ad esempio, (Nat. Hist., III.V.9) "Urbem tres portas habentem Romulus reliquit, aut ut plurima tradentibus credamus quatuor" le porte erano tre.



LA PORTA DELLA ROMA QUADRATA

Prima ancora dei romani si usava scavare una fossa per fondare una città e diverse fosse, anche di notevoli dimensioni, sono state trovate sul Palatino a Roma. dove per giunta venne scoperta una cinta di mura, dell'VIII sec. a.c. proprio sotto il Palatino. Andrea Carandini, l’archeologo che ha scoperto le suddette mura, pensa trattarsi delle mura della fondazione di Roma visto che:
1. le mura risalgono al sec VIII a.c.;
2. il tracciato è interrotto da una porta situata proprio nel luogo dove la tradizione colloca la porta Mugonia; ecc.

La Porta Mugonia doveva sorgere sul lato settentrionale del Palatino, lungo il percorso del successivo Clivus Palatinus, la strada che, dalla via Sacra, nei pressi dell'Arco di Tito, sale verso il Palatino, dove scompare, sebbene sia probabile che raggiungesse la domus Augustana. Ne restano diversi tratti pavimentati. Probabilmente la Porta si erge in prossimità dell'incrocio con la Via Nova e dell'Arco di Tito, nel punto in cui Velia e Palatino si incontravano.

Pertanto la Porta doveva collocarsi nei pressi del tempio di Giove Statore. «Stator» in latino significa «colui che ferma» e infatti Giove Statore era ritenuto il Dio che aveva arrestato la ritirata dei Romani nella guerra contro i Sabini, impedendo al nemico di oltrepassare le fortificazioni palatine passando dalla porta Mugonia.

Nella battaglia nell’area del Foro contro i Sabini, i Romani, costretti a ritirarsi verso il Campidoglio risalendo la Via Sacra, giunsero all’altezza di Porta Mugonia, e qui Romolo invocò l’aiuto di Giove, facendo voto di costruire un tempio se avessero bloccato l'avanzata sabina che stava per penetrare nel Palatium (reggia) dalla porta Mugonia. Così i romani sconfissero i sabini e Romolo fondò il tempio in quel luogo.

E probabilmente il santuario, più che un vero e proprio tempio, doveva essere una specie di altare, edificato in uno spazio che diveniva sacro, circondato da un basso muro o da uno steccato, insomma un Aedes, come usava in epoca arcaica.

Il Tempio di Giove Statore, posto all’esterno del cosiddetto «muro di Romolo», quindi del pomerio, era anche connesso al culto «terminale», cioè connesso al «terminus», al confine del Palatino e alle sue difese. Pertanto era connesso anche con l'antico Dio, prima italico e poi romano, Termine.

Successivamente, in età tardo-antica, nel IV secolo d.c., fu innalzato un nuovo tempio di Giove Statore lungo la Via Sacra, oggi detto «di Romolo», quello visibile a tutti presso la Basilica di Massenzio. Non ne sono rimaste tracce fino ad oggi.

ROVINE DELLA PORTA MUGONIA - STAMPA DEL 1872

IL NOME DELLA PORTA

Secondo Terenzio Varrone, il nome della porta deriva dal muggito delle vacche, mentre secondo Festo deriva da un certo Mugio che era incaricato della sua difesa. L'ipotesi di Varrone è confermata da Dionisio, che ne ricorda il nome nella forma Μυκωνιδες πυλαι, dal verbo μυκαω = muggire.

Tuttavia la gens Mucia, o Mutia, di cui fece parte il famoso Muzio scevola, colui che si bruciò una mano per aver fallito l'attentato al re Porsenna che aveva invaso Roma, si sa che nelle epoche più antiche era una gens patrizia e viene indicata nella prima parte della repubblica romana, (vedi Muzio Scevola) ma nulla toglie che potesse esistere anche in epoca monarchica.

"Porta Mugonia la cui etimologia da Varrone deducesi dal mugito de' buoi, perchè di là facevasi uscire il bestiame verso l'antico castello di Bucitae (65). Festo però vuole, che fosse così chiamata dal nome di colui , che ne stava alla difesa , e che egli appella Mugio (64). Qualunque di queste etimologie si scelga , poco intuìsce sulla posizione della porta, se però dobbiamo confessare il vero, ci sembra la prima più probabile , e più confacente allo stato primitivo di Roma, ed alla traduzione, che del nome di questa stessa porta ci dà Dionisio (65)".
(Antonio Nibby)



LE RICERCHE ARCHEOLOGICHE

Nel luogo dove doveva sorgere questa porta sono stati trovati, dagli archeologi, attestazioni di deposizioni conseguenti a sacrifici animale, in un caso, e umano nell'altro. I ricercatori sono riusciti anche a ricostruire l'architettura della porta, che doveva essere costituita da un'intelaiatura lignea con due travi verticali e stipiti collegati tra loro da due travi orizzontali che costituivano la soglia e l'architrave (sottostante quello di pietra).

Diciamo che la ricostruzione non era difficile, la porta all'epoca si faceva con travi di legno e l'arco i romani ancora non lo conoscevano, perchè saranno gli Etruschi, ovvero le maestranze etrusche, detti i Pontefici, cioè i "facitori di ponti" ad insegnare la costruzione dell'arco ai romani.


PORTA PALATINA

Le antiche fonti citano però una Porta Palatina, o Porta Palatio, o Porta Vetus Palata:

"Il recinto (le mura) rimase lo stesso fino alla morte di Romolo, e questa la porta, che stava nel lato del colle che sovrastava al Foro, che veniva designata col nome di Porta Vetus Palata: questa morte (di Tito Tazio) però non produsse alcun cangiamento in Roma avvenuta 716 anni avanti l'era volgare, alla quale epoca Roma non chiudeva dentro le mura, che il Palatino, ed il Tarpejo, e la valle, che separa i due colli."

"Il frammento della antica pianta di Roma N. LIII, sul quale si legge NAVALEM FER .  deve credersi avere appartenuto a questi navali e non al luogo supposto essere stato detto pure navale, che stava vicino alla antica porta Romanula del Palatino, come credette il Bellorio nella .sua spiegazione di tale lapide; perciocchè si offre in essa una indicazione di vasta area quale doveva essere quella dei navali anzidetti e non ristretta entro angusti limiti quali era palesamente quella posta vicino alla suddetta Porta Palatina."

"Ma dall'altro lato del tempio di Vesta, essendo l'altra via per andare alla porta vecchia del Palazzo, e per il clivo, detto anch'esso sacro all'antica Roma Quadrata, al palagio Augustale e al tempio di Apollo, fu anch'ella o per adulazione o per venerazione o per altro chiamata sacra. Da plutarco in Cicerone si dice assai aperto: "In templo Giovis Statoris quod erectum et iuxta principium Sacrae Viae quae palatium respicit" Il qual principio non potè essere quella Somma Sacra Via, ch'era di là da Santa Maria Nuova, nè l'altro capo presso San Lorenzo in Miranda, nè quali ljuoghi essere stato il tempio di Giove Statore, e l'antica Porta del Palatino, sicchè per andarvi il libro di Ovidio passasse presso il Tempio di Vesta, non è possibile."

(Roma Antica - Famiano Nardini)

Il che dimostra che la Porta Mugonia e la Porta Palatina erano la stessa cosa, e che forse il termine precedente fosse quello di Porta Palatina, o Porta Vetus Palata, mentre quello di Mugonia fu il nome successivo.


ANDREA CARANDINI
PORTA MUGONIA, REMO UCCISO, TITO TAZIO RESPINTO, ADULTI SACRIFICATI 

Quanto si è discusso sulla localizzazione della porta Mugonia: un vero giallo, forse il massimo di Roma! Basti sapere ch'essa veniva posta sul clivo Palatino B, rilevante solamente a partire da Nerone e dove però manca ogni antica porta di accesso a quel monte. Noi invece la poniamo più a ovest, a una delle due forcelle che confluivano nel clivo Palatino A, in origine alla forcella più a est, dove è stata rinvenuta una porta rilevante delle mura palatine in argilla cruda e pali, che un deposito di fondazione posto sotto la soglia – probabile sacrificio di un infante – consente di datare agli anni 775-750 a.c. 

Si tratta della prima porta Mugonia. Analoghi depositi di fondazione e di obliterazione sono stati rinvenuti anche nella domus Regia dei re-auguri latino-sabini, i quali indicano che ogni distruzione e nuova edificazione implicava una espiazione. Due bracci delle mura palatine obliquamente protesi si saldavano in questa prima porta a due bastioni, la quale, a un angolo delle loro protrusioni verso l’interno si saldavano a due capanne, evidentemente di guardia. 

All’inizio del VII secolo a.c. le prime mura palatine vengono obliterate e vengono costruite altre mura, sempre in argilla e pali, che prevedono una seconda porta Mugonia, rinnovata nello stesso luogo della sua costruzione originaria. Si tratta ora di un varco diviso in due da un pilastro centrale e almeno su di un lato e all’interno viene riproposta una capanna di guardia.Intorno al primo quarto del VI secolo a.c. la porta viene nuovamente rifatta, nel medesimo luogo, usando ora un’opera quadrata in tufo: siamo al tempo di Tarquinio Prisco (Livio 1.38.3-6). 

La porta si connette alle mura del VII secolo a.c. riutilizzate, che solo in parte vengono ora rifatte, anch'esse in opera quadrata. Questa terza porta Mugonia appare allargata, con al centro un grande pilastro e con davanti un antemurale. Servio Tullio aveva esteso il pomerium, in modo da comprendervi tutto l’abitato e il centro politico e sacrale, e al di fuori di questo pomerium allargato e nuovo ha eretto l’agger con il suo fossato. 

Questo re è intervenuto anche lungo e sulle mura palatine. In primo luogo ha riempito il fossato tra Palatino e Velia, drenandolo con una fogna che accoglieva i fognoli degli edifici posti ai lati della Sacra via. In secondo luogo ha edificato la porta Fenestella sulla forcella occidentale che portava al clivo Palatino A, che ha sostituito una più antica postierla. 

In terzo luogo ha riedificato, ingrandendola e modificandola, la domus Regia di Tarquinio Prisco, la quale ora interrompe le mura palatine, rendendo oramai evidente che i loro tratti superstiti erano solamente una memoria delle mura romulee, privata ormai della inviolabilità o sanctitas posta a protezione della più antica urbs Roma. 

La violenza topografica maggiore verrà inferta probabilmente da Tarquinio il Superbo, quando una grande parte delle mura palatine e la porta Mugonia nella sua posizione originaria vengono obliterate per edificare quattro case aristocratiche a grande atrio e quando la porta Fenestella viene ricostruita come una riproposizione, leggermente spostata, della porta Mugonia originaria, finita quest’ultima sotto una delle domus aristocratiche. 

Era oramai quest’ultima la vetus porta Palatii. Il fanum con templum di Giove Statore, cioè il sacellum contenente un’ara, si trovava tra l'VIII e il VII secolo a.c., lungo ­­­­­il clivo Palatino A, il quale portava a una postierla. Pertanto i Sabini sembrano essere stati respinti da questa postierla e non dalla porta Mugonia originaria, come attesta invece la vulgata della leggenda. 

Ma lo stesso fanum con templum veniva a trovarsi, intorno al 530 a.c., accanto alla porta Mugonia spostata sopra l’unico percorso superstite del clivo Palatino A. L’idea che il re sabino Tito Tazio avesse attaccato la porta Mugonia piuttosto che l’anonima postierla sta a indicare che questa versione della leggenda è coeva o posteriore al 530 a.c. circa. 

Dal punto di vista dei Sabini invasori, era logico ch'essi tentassero di penetrare nel Palatino dalla postierla invece che dalla porta Mugonia originaria, perché la prima era più vicina al Foro, poco oltre il lucus Vestae. Tentare di penetrare più avanti avrebbe implicato per i Sabini allontanarsi ulteriormente dalle retrovie che stavano tra la bassura che sarà del Foro e l’Arce. 

Ma torniamo alle mura palatine originarie, del secondo quarto dell'VIII secolo a.c., per narrare un episodio facile da fraintendere ma di straordinario interesse se colto nella sua pregnante singolarità. Intorno al primo quarto del VII secolo a.c. le mura vengono obliterate ed espiate con sacrifici di due uomini, una donna e un infante, seppelliti proprio sulle mura rasate e immediatamente al loro interno, tutti gli scheletri comunque contenuti entro un recinto – un locus saeptus religiosus – costruito su un lato della postierla. 

Anche sul suo lato opposto è stato rinvenuto un deposito di obliterazione contenente i reperti di un corredo femminile. Scambiare queste sepolture, del tutto eccezionali, con una necropoli, tutta immaginaria, significa nulla intendere della prima Roma e del Septimontium, dove gli adulti sono stati regolarmente seppelliti nelle necropoli periferiche dell’Esquilino e del Quirinale fino dal secondo quarto del IX secolo ­­­­­ a.c., quindi un secolo prima della stessa nascita di Roma. 

Un fenomeno noto anche nei grandi centri dell’Etruria e che in Grecia non si riscontra. I Romani ritenevano di conoscere il luogo in cui Remo aveva violato le mura palatine, scavalcandole e perdendovi la vita, come dimostrano i quattro cippi iscritti di età giulio-claudia che rimandano a Mars Pater, a Ferter Resius difensori delle mura e a Remus e a Anabestas assalitori delle mura. 

Per il luogo di questo memoriale dello scavalcamento si è pensato generalmente al clivo Palatino B, perché si è ritenuto che i cippi provenissero di lì. Ma dopo un accurato esame del luogo di rinvenimento, al di sotto della uccelliera Farnese, appare ora più probabile che i cippi provenissero dal clivo Palatino A, dove li possiamo immaginare su di un lato e sull'altro del tratto di murus Romuli tardo-repubblicano e proto-imperiale riproposto e connesso alla coeva porta Mugonia. 

Così il luogo dello scavalcamento di Remo e quello dell’assalto di Tito Tazio graviterebbero nello stesso contesto topografico, che è quello del museo di Romolo rappresentato dalla porta Mugonia, dal murus Romuli e dal fanum e templum con sacellum e poi con aedes di Iuppiter Stator. 

Remo, ucciso sulle mura, espia la violazione da lui voluta, così come i morti anonimi sepolti entro recinto sopra le mura e ai lati di una postierla espiano l’obliterazione delle mura della fondazione di Roma, oramai usurate e che agli inizi del VII secolo a.c. sono state ricostruite. 

La porta Mugonia, probabilmente la più importante delle mura palatine, è diventata quindi il simbolo delle mura e della porta romulea che puniscono con la morte la violazione della sanctitas e che impediscono al nemico di penetrare nell'Urbs. 

(Andrea Carandini)

BIBLIO

- Mauro Quercioli - Le porte di Roma - Newton Compton - Roma - 1997 -
- Giacomo Boni - Nuova Antologia - Mura urbane - 1911 -
- Laura G. Cozzi - Le porte di Roma - F. Spinosi Ed. - Roma - 1968 -
- Salvatore Aurigemma - Le mura "serviane", l'aggere e il fossato all'esterno delle mura, presso la nuova stazione ferroviaria di Termini in Roma - Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma - 1961-1962 -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - A. Mondadori Ed. - 1984 -





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