L' edificio fu iniziato da papa Gregorio XIII nel 1574 perché, sorgendo su un colle, luogo più ventilato e salubre del Vaticano e del Laterano, diventasse la residenza estiva dei pontefici. «Lo conobbi, quel palazzo, come reggia inquietante dei Savoia e poi come amata Casa degli italiani». Secondo alcuni, tra cui Filippo Coarelli, il Tempio sarebbe stato più a nord, oltre la via delle Quattro Fontane, fin sotto Palazzo Barberini.
Quirino, Dio antichissimo, era venerato lungo le sponde del Tevere prima ancora della fondazione di Roma, a metà dell' VIII secolo a.c., quando il territorio era occupato da diversi insediamenti. Romolo era un re, ha scritto Carandini, che non proveniva dall'aristocrazia, non era un despota, e operava, sulla base di una costituzione, in un circuito di poteri ognuno dei quali controllava l' altro.
Il palazzo venne edificato dal 1625 al 1633 sul precedente edificio della famiglia Sforza creando una struttura ad atrio a ninfeo, fra il loggiato d'ingresso e il giardino sviluppato sul retro. Autore del progetto è l'anziano Carlo Maderno, coadiuvato da Francesco Borromini. Dopo la morte di Maderno il cantiere passò al Bernini sempre col Borromini, Nel 1639 fu inaugurato il "teatro grande" di Palazzo Barberini.
Il grande salone al primo piano è stato decorato nel periodo 1632-1639 da Pietro da Cortona con il Trionfo della Divina Provvidenza e alcuni affreschi nella cappella. Altre sale sono state decorate, tra gli altri, da Andrea Sacchi e Giovan Francesco Romanelli.
Le raccolte della collezione Barberini si erano arricchite lungo tutto il secolo XVII, dal pontificato di Urbano VIII, ed erano state divise tra l'antiquarium di Villa Barberini a
Castel Gandolfo e il "palazzo Barberini alle quattro Fontane".
I reperti dell'antica Roma presenti nella collezione si dispersero fin dal Settecento, regalate in cambio di favori ma soprattutto vendute, tuttavia ancora esistenti e cospicue nel 1934, grazie al fedecommesso (disposizione testamentaria dove si istituisce erede un soggetto con l'obbligo di conservare i beni ricevuti, pena il decadimento testamentario)
Infatti anche nel passaggio dallo Stato pontificio al Regno d'Italia, aveva conservato altre importanti raccolte principesche romane, come quella Doria Pamphili, Torlonia, Borghese, ecc. In quell'anno un discutibilissimo Regio Decreto aboliva il vincolo in cambio di appena 16 dipinti (su circa 640), consentendo la dispersione delle raccolte Barberini, anche all'estero.
Con evidente mala fede si era minimizzata l'importanza della raccolta, per venire incontro ai cospicui interessi privati dei proprietari, degli intermediari e degli acquirenti di opere d'arte di prestigio, in una fase di attenzione ai beni italiani ma a fronte di una crescente domanda dai ricchissimi Stati Uniti, che andavano creando le loro collezioni pubbliche e private.
Lasciarono così l'Italia opere di statuaria antica e di pittura, di Dürer (Cristo dodicenne tra i dottori), Caravaggio (Santa Caterina d'Alessandria e I bari), Guido Reni, Guercino e Poussin (Morte di Germanico, tra i capolavori dell'artista), oltre ad artisti minori, ma validissimi, come le rarissime tavolette del Maestro delle Tavole Barberini, poi identificato in Fra Carnevale.
Solo nel 2006 il palazzo venne assegnato completamente alla Galleria d'Arte Antica che poteva esporre solo il 20% delle proprie raccolte per mancanza di spazi. Oggi si restaurano edificio e giardino, per rendere usufruibile al pubblico l'intero palazzo per una galleria nazionale con opere in ordine cronologico, con possibilità di inserire acquisti e integrazioni.
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BORROMINI - SCALA ELLICOIDALE |
L'INTERNO
Il progetto del Maderno prevedeva di inglobare il palazzo Sforza con lo schema rinascimentale del blocco quadrangolare con uno spazio centrale cinto da arcate. Successivamente ripiegò invece con una facciata regolare su piazza Barberini e una parte come villa suburbana con grandi giardini. L'ingresso si apre sulla via Quattro Fontane con la cancellata progettata dall'architetto Azzurri nel 1848, con i grandi telamoni scolpiti da Adamo Tadolini.
La facciata ha sette campate che si ripetono su tre piani di arcate sostenute da colonne con i tre stili classici: dorico, ionico e corinzio. Tramite le arcate più basse si accede al piano terra entrando in un ampio atrio ellittico fiancheggiato da due scale in cui centralmente si apre una scala che porta ai giardini, posti ad un livello più alto del piano terra. Il giardino nacque come giardino all'italiana, sui terreni lungo la strada Pia. oggi via XX Settembre, fino all'odierna salita di san Nicola da Tolentino, con giardino segreto, struzzi e cammelli.
Successivamente vi furono introdotti:
- Un'area di alberi ad alto fusto da giardino all'inglese,
- La cosiddetta casina di sughero di fronte alla cordonata di collegamento del giardino con il palazzo.
- Nell'angolo superiore tra via delle Quattro Fontane e strada Pia, vi fu costruito uno sferisterio aperto al pubblico (impianto sportivo per le varie specialità del gioco del pallone), che durò fino al 1881, quando il giardino cominciò occupato dall'urbanistica della capitale.
- Con l'unità d'Italia il giardino Barberini lasciò parte dei giardini lungo la via XX Settembre.
- Il giardino non venne completamente lottizzato come accadde a Villa Ludovisi che venne distrutta e lungo la rampa delle carrozze fu costruita la grande serra (1875).
- Durante il fascismo (1938) gli edifici padronali lungo via delle Quattro Fontane furono sostituiti dal palazzo dei Beni stabili e fu costruita alle spalle della casina di sughero la palazzina Savorgnan di Brazzà (1936, Giovannoni e Piacentini).
- Durante gli scavi di fondazione venne trovato uno splendido mitreo del II secolo.
LA GALLERIA NAZIONALEIl museo ospita Le Gallerie Nazionali di Arte Antica con una galleria fondata nel 1895 per raccogliere opere di diverse collezioni private e dal Monte di Pietà, un'istituzione articolata in due sedi espositive, una a Palazzo Barberini e l'altra a Palazzo Corsini.
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TRIONFO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - PIETRO DA CORTONA |
LE OPERE DI PALAZZO BARBERINI
- Andrea del Sarto - Sacra Famiglia Barberini, 1528 circa
- Bartolomeo Veneto - Ritratto di gentiluomo
- Pompeo Batoni - Ritratto di Abbondio Rezzonico, Ritratto di Sir Henry Peirse, Agar e l’angelo
- Gian Lorenzo Bernini - Ritratto di Urbano VIII, Busto di Urbano VIII, Busto di Clemente X
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Stefano Colonna.
- Canaletto - Il Canal Grande, Piazza San Marco e piazzetta verso Sud, Ponte di Rialto, La piazzetta con la biblioteca di San Marco, Veduta di piazza San Marco con le Procuratie.
- Caravaggio - Giuditta e Oloferne, 1599, Narciso, 1599, San Francesco in meditazione, 1605.
- El Greco - Adorazione dei pastori, Battesimo di Cristo
- Pedro Fernández da Murcia - Visione del beato Amedeo Menez da Sylva, 1513 circa
- Garofalo - La vestale Claudia Quinta traina la nave con la statua di Cibele
- Giulio Romano - Madonna col Bambino (Madonna Herz), 1522-1523
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CARAVAGGIO - GIUDITTA E OLOFERNE |
- Guercino - Et in Arcadia ego, 1618-1622
- Hans Holbein - Ritratto di Enrico VIII
- Giovanni Lanfranco - Venere suona l'arpa
- Filippo Lippi - Madonna di Tarquinia, 1437, Annunciazione e due donatori, 1440-1445
- Lorenzo Lotto - Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria e santi, 1524
- Quentin Massys - Ritratto di Erasmo da Rotterdam
- Pierre-Étienne Monnot - Modello del monumento funebre di Innocenzo XI Odescalchi, 1697 ca.
- Perugino - San Filippo Benizi
- Piero di Cosimo - Maddalena
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ET IN ARCADIA EGO - GUERCINO |
- Pietro da Cortona - Angelo custode
- Pittore romano - Madonna advocata e Cristo benedicente
- Nicolas Poussin - Paesaggio con Agar e l'angelo
- Aniello Falcone - L' anacoreta
- Mattia Preti - Allegoria dei cinque sensi, 1641-1646 (insieme al fratello Gregorio), Fuga da Troia, 1630 circa, Banchetto del ricco epulone, 1655 ca.
- Raffaello - La Fornarina, 1518-1519
- Guido Reni - Maddalena 1630, Ritratto di Beatrice Cenci
- Giovanni Battista Tiepolo - Satiro e amorino
- Tintoretto - Cristo e l'adultera
- Tiziano - Venere e Adone, 1560 circa
- Simon Vouet - La buona ventura
- Gaspar van Witte - La passeggiata di Villa Medici
- Valentin de Boulogne - La cacciata dei mercanti dal tempio
- Pompeo Batoni - Ritratto di Abbondio Rezzonico, 1766, olio su tela.
- Pierre-Étienne Monnot - Modello del monumento funebre di Innocenzo XI Odescalchi, 1697 ca., legno dipinto e terracotta dorata.
- Giovanni Lanfranco - Morte di Cleopatra, 1630, olio su tela.
- Simone Cantarini detto il Pesarese - Ritratto del Cardinale Antonio Barberini, 1631, olio su carta applicata su tela.
LE PARTI DELL'EDIFICIO
Dall’ingresso da via delle Quattro Fontane si nota la divisione dei due settori del palazzo, quello nord abitato dalla famiglia e la parte sud abitata dagli ecclesiastici. La rampa che dal porticato conduce ai giardini fu voluta dal Cardinal Francesco Barberini, interessato ai giardini che aveva popolato di piante particolari. Suo fratello Antonio poi, abitando da solo il palazzo, in seguito al trasferimento del fratello cardinale alla Cancelleria, progettò un complesso giardino all’ italiana.
La facciata di Bernini, del tutto innovativa, grazie al lungo porticato raggiunge, attraverso la rampa a gradoni, il giardino segreto posto sul retro. Il salone centrale si eleva per due piani e presenta la volta di Pietro da Cortona affrescata tra il 1632 e il 1639, con l’ apoteosi della famiglia Barberini espressa nel Trionfo della Divina Provvidenza.
Tra il 1629 e il 1631, Andrea Sacchi dipinse la volta di un’altra grande sala del piano nobile con la Allegoria della divina Sapienza, con le teorie astronomiche dell'epoca. Nel XVIII secolo, per tema dell’estinzione della famiglia, si unì in matrimonio Cornelia Costanza, ultima discendente, con Giulio Cesare Colonna e Anna Colonna con Taddeo Barberini per assicurare continuità al cognome Barberini e di unire i beni fedecommissari.
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PARTI DELL'EDIFICIO |
LE SPECULAZIONI EDILIZIE
Dopo l’Unità d’ Italia l’area di Palazzo Barberini fu oggetto di speculazioni edilizie che comportarono l’esproprio di aree private del palazzo. Venne distrutto il teatro per far posto a via Barberini, mentre verso la piazza la facciata venne in parte nascosta da nuovi edifici più bassi, prendendo spazio al cortile della Cavallerizza.
L’ingresso di rappresentanza venne spostato su via delle Quattro Fontane, nei giardini retrostanti vennero insediati i Ministeri del Regno e il giardino superstite venne alterato dalla costruzione della grande serra.
LA COLLEZIONE
Quando il palazzo divenne di proprietà statale era già stato privato delle collezioni d’arte della famiglia Barberini. L’alienazione era inizia già nel Settecento, quando l’ultima discendente Barberini, Cornelia Costanza, sposata a Giulio Cesare Colonna di Sciarra, vendette le prime opere. Le liti dei loro figli divisero le collezioni fra i due rami della famiglia, con un accordo stipulato nel 1811.
Alla fine dell’ Ottocento, la collezione Barberini, oltre ad essere divisa con gli Sciarra, venne divisa con i Corsini, in seguito al matrimonio delle figlie di Carlo Felice Barberini con due esponenti della famiglia Corsini. A ciò si aggiunse la fine del ramo primogenito dei Barberini in Maria Barberini Sacchetti. Dopo il 1881 i 3/8 della collezione Barberini passarono nella collezione Corsini di Firenze, ma il patrimonio artistico in possesso dei Barberini era ancora immenso.
La definitiva dispersione delle collezioni si ebbe nel 1934, grazie a una legge che permise la vendita delle opere fedecommissarie, rinunciando alla tutela della collezione, in cambio di un piccolo nucleo di proprietà. Il Regio Decreto 1934, voluto dai principi Corsini e Barberini, consentiva di dividere le collezioni fedecommissarie in tre parti, delle quali una diventava proprietà dello Stato, una ai principi che avrebbero potuto anche vendere ed esportare, e una restava ai principi sottoposta al vincolo, nucleo poi acquisito dallo Stato nel 1952.
Si contano circa seicento opere, tra dipinti e arredi, in deposito ad enti esterni. Dal 2006 la Galleria Nazionale d’Arte Antica torna Museo dopo il trasferimento del Circolo Ufficiali alla vicina Palazzina Savorgnan di Brazzà. Ciò ha consentito di recuperare più di 2.700 mq, mentre 700 resteranno disponibili esclusivamente per rappresentanza del Ministero della Difesa.
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IL MITREO |
SOTTO PALAZZO BARBERINI - IL MITREO ROMANOSotto la Palazzina Savorgnan di Brazzà si trova un monumento di epoca imperiale romana, il
Mitreo Barberini, uno dei mitrei meglio conservati di Roma, posto tra la facciata posteriore di Palazzo Barberini, in via delle Quattro Fontane, e via San Nicola da Tolentino. Il monumento è sotto la responsabilità della Soprintendenza speciale Archeologica, belle arti e paesaggio di Roma.
Il 16 dicembre 1933, il Conte Ascanio Savorgnan di Brazzà, nipote di Pietro Savorgnan di Brazzà, famoso come esploratore in Africa, acquistò dal principe don Urbano Barberini una parte dei giardini posta oltre la grande rampa centrale del Palazzo, onde edificare su questa una palazzina di famiglia.
Durante questi lavori edilizi nel 1936 furono scoperti sul sito i resti di un edificio del II secolo, che a ovest era stata trasformata in mitreo nel II e del III secolo. Questo luogo lasciò colpì tutti per l’importanza e l’eleganza della sua decorazione pittorica. Uno tra i più bei mitrei presenti a Roma.
La conservazione di questo e di altri musei ridiede nel fatto che il mondo cristiano ignorava questi monumenti essendo questi già sotterranei all'epoca degli antichi romani. Così poterono sfuggire alla furia selvaggia che abbattè una città enorme e meravigliosa solo per cancellarne ogni tratto pagano.
L'unico nel suo genere per gli affreschi presenti, è costituito da un piccolo edificio che, riutilizzando precedenti strutture del II secolo d.c. fu dedicato al culto di Mitra, divinità solare di origine iranica già garante dei patti e delle convenzioni, poi dal profilo più dichiaratamente militare e dunque particolarmente diffuso tra le legioni romane soprattutto nel medio e tardo impero.
L'ambiente, rinvenuto nel 1936 e consistente in una sala di m. 11,85 x 6,25 con volta a botte e banchine
laterali cd. praesepia, presenta una complessa ed interessante decorazione ad affresco, con pochi confronti (es. Marino e Capua; a Roma mitreo di S. Prisca).
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MITREO
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In alto la volta celeste con i segni zodiacali, intorno dieci quadretti (pinakes) che raccontano la storia e le sacre imprese di Mitra; le personificazioni di Sole e Luna. L attenzione converge sulla scena centrale del taurobolio dove Mitra, affiancato come di consueto da Cautes e Cautopates, uccide ritualmente il toro.
Venne completato nel 16 a.c, per volontà di
Augusto e, spiega Carandini: «
Segnali paralleli e lineari lungo i lati lunghi del rettangolo sono interpretabili come i portici sostenuti da un muro perimetrale e da due colonnati, alcune anomalie minute e di forma tonda sembrano rimandare alle colonne». Il culto era già tanto diffuso che quando
Costantino, volendo realizzare una religione di stato al suo comando, chiese ai suoi consiglieri quale culto convenisse scegliere, questi dovettero ammettere che il culto cristiano e il culto mitriaco piuttosto equivalenti come numero di fedeli, ma che conveniva optare per il culto cristiano essendo quello mitriaco più difficile da comprendere in quanto misterico e non adatto alle donne per il suo seguito militare.
La Villa ed i suoi annessi, alla morte del Conte Savorgnan, prima, e della consorte, poi, venne donata all'ospedale civile di Udine che a sua volta, tentò di vendere la proprietà ad un acquirente privato ma lo Stato, nel 1972, esercitò il diritto di prelazione.
L’ambiente, rinvenuto nel 1936 è una sala di 11,85 x 6,25 metri con volta a botte e banchine laterali con decorazioni ad affresco, in alto la volta celeste con i segni zodiacali, intorno dieci quadretti che raccontano le sacre imprese di Mitra con le personificazioni di Sole e Luna. Nella scena centrale del taurobolio Mitra, affiancato da Cautes e Cautopates, uccide ritualmente il toro. Ai due lati due banconi ove i partecipanti stavano sdraiati per effettuare il pasto sacro.
Sul fondo primeggia una pittura simile a quelle del mitreo di Marino e di Capua. Il riquadro centrale presenta Mitra che uccide il toro, il cui sangue è lambito da un cane e un serpente (simboli della Luna e della Terra), mentre uno scorpione (simbolo di morte) gli punge i testicoli. Ai lati si trovano i due dadofori Cautes e Cautopates, che assistono alla scena recando le fiaccole.
In alto due linee curve indicano la volta celeste, entro le quali sono rappresentati i segni zodiacali e, al centro, il Dio Zurvan Akarana, il Tempo Illimitato, drago alato con testa di leone, stante sul globo, avvolto dalle spire di un serpente che rappresentano le spire del tempo, quindi l'eternità. .
L'EPOPEA DI MITRA
In alto, negli angoli a destra e sinistra, sono raffigurati il Sole e la Luna. Ai fianchi della scena centrale si trovano dieci quadretti di dimensioni variabili su due fasce verticali, che raffigurano la storia sacra di Mitra (a sinistra dall'alto in basso e poi a destra dall'alto in basso):
- Zeus che fulmina i Giganti
- Saturno
- Mitra che nasce dalla roccia
- Mitra che fa scaturire l'acqua da una roccia colpendola con una freccia
- Mitra che trasporta il toro
- Banchetto mistico
- Mitra che sale sulla quadriga del Sole
- Patto di alleanza tra Mitra e il Sole
- Mitra inginocchiato tra due alberi
- Mitra colpisce con una zampa del toro il dio Sole, inginocchiato davanti a lui (scena di iniziazione).
Alla destra del dipinto c'è una spalletta che imita la roccia e che sorreggeva una voltina ad arco, su cui appare il segno dei pesci dello zodiaco. I mitrei venivano ricavati negli ambienti sotterranei degli edifici, sia per la riservatezza sia per evocare al tempo stesso la mitica grotta dove era nato il Dio Mitra.
Sebbene il mito prevedesse il "Tauribolio" (uccisione del toro sacro), era molto difficile e costoso praticare questo rito che sicuramente non veniva quasi mai praticato ma simboleggiato in qualche modo.
Sulla parete di fondo del santuario fu sistemata un'edicola in muratura, con le storie di Mitra, unico esempio a noi giunto, simile a quelle del mitrei di Marino e Capua. La decorazione si sviluppa tutta intorno ad un grande riquadro centrale raffigurante la scena del sacrificio del toro, dal cui sangue scaturirà la vita animale e vegetale della terra.
I neofìti, tutti maschi, erano accettati con il livello inferiore. I livelli erano 7, corrispondenti a sette gradi:
I primi tre gradi erano i "Senitori"
- I grado "Corvo" (Corax),
- II grado "Ninfa" (Nynphus)
- III grado "Soldato" (Miles).
Gli altri quattro gradi costituivano il gruppo di neofìti, detto dei "Partecipanti":
- IV grado "Leone" (Leo),
- V grado "Persiano" (Perses),
- VI grado "Messaggero del Sole" (Heliodromos)
- VII grado "Padre" (Pater).
Il culto venne introdotto in Italia dai soldati provenienti dalle province orientali, e raggiunse la massima diffusione sotto
Commodo (180-192),
Diocleziano (284-305) e
Massimiano (284- 305). Con l'avvento del Cristianesimo, per tutti i culti pagani inizia un periodo di persecuzioni che si concluderà con la chiusura o la demolizione di tutti i santuari pagani, mitraici e non.
BIBLIO
- Procopius - De Aedificiis -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore -Verona - 1975 -
- Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità: Dalla elezione di Paolo V alla morte di Innocenzo XII - Quasar - 1994 -
- Dominique Briquel - Romulus jumeau et roi. Realites d'une legende - Les Belles Lettre - Paris - 2018 -
- Nino Burrascano - I misteri di Mithra - Genova - Il Basilisco - 1979 -
- Ruggero Iorio - Mitra. Il mito della forza invincibile - Marsilio - Venezia - 1998 -
- Blunt, Anthony - The Palazzo Barberini - Journal of the Warburg and Courtauld Institutes - 1958 -
- Paolo Carafa - Il tempio di Quirino. Considerazioni sulla topografia arcaica del Quirinale Archeologia classica - 1994 -