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ROMOLO AUGUSTO - ROMULUS AUGUSTUS


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Nome completo: Romulus Augustus
Nascita: 459 circa
Morte: Castellum Lucullanum, dopo il 476
Predecessore: Giulio Nepote
Successore: nessuno (fine dell'Impero Romano d'Occidente)
Padre: Flavio Oreste
Madre: Barbaria
Regno: 475-476 d.c.



LE ORIGINI

Anche se noto anche col nomignolo di Romolo Augustolo, si chiamava in realtà Flavio Romulo Augusto, così l'Impero Romano, o almeno quello di occidente, nacque e morì con lo stesso nome per il primo e l'ultimo dei suoi capi: Romolo. Nacque dal generale goto Flavio Oreste e da Flavia Serena, figlia del comes del Norico Romolo, nel 459 circa.

All'epoca i barbari imperversano in Italia e in Europa, alternandosi al potere, data la natura nomade che li portava a spostarsi continuamente. Il Cristianesimo aveva debellato gli antichi Dei romani, e lo spirito della romanità era scomparso.

Dal 474 era imperatore d'Occidente Giulio Nepote, nominato dagli imperatori d'Oriente Leone I e Zenone. Nel 475 Nepote rimosse il patrizio e magister militum dell'Occidente, il gallo-romano Ecdicio Avito, per rimpiazzarlo con Flavio Oreste. Questi, ottenuto il sostegno dell'esercito, si mosse da Roma ed entrò a Ravenna obbligando Nepote a fuggire a Salona, in Dalmazia.

Oreste attese inutilmente un riconoscimento da parte dell'imperatore d'Oriente, finchè, il 31 ottobre, dichiarò decaduto l'imperatore Giulio Nepote. Però Oreste era barbaro e per legge non poteva diventare imperatore, di conseguenza nominò il tredicenne giovane figlio Romolo, la cui madre era di stirpe romana.



IL REGNO

Romolo per l'età non poteva governare e per lui lo fece Oreste, preoccupandosi anzitutto di gestire le truppe barbariche a difesa dell'impero, che avevano si prestato giuramento all'imperatore, ma restavano fedeli solo per i pingui pagamenti che dissanguavano le casse dello stato. Per reperire monete se ne coniarono molte auree a nome di Romolo, i solidi d'oro, sia a Roma, che Milano, a Ravenna e ad Arles.

Nel 476 le esigenze della truppa divennero insostenibili, e alcune truppe barbariche Eruli, Sciri e Turcilingi, chiesero delle terre che Oreste rifiutò. Questi popoli si rivolsero al capo barbaro Odoacre, lo elessero re il 23 agosto e il 28 agosto Oreste venne catturato e ucciso, dopodichè Odoacre occupò Ravenna, uccidendo anche Paolo, fratello di Oreste.

Naturalmente depose Romolo, ma essendo giovanissimo gli risparmiò la vita esiliandolo a Neapolis, nel Castellum Lucullanum, l'antica villa di Lucullo. Secondo alcune fonti gli concesse un congruo vitalizio di seimila solidi annui, permettendogli di vivere con i propri parenti. Per alcuni fu relegato in un'angusta cella di monastero per il resto della sua vita.

Per altri Romolo stesso aveva fondato un monastero a Lucullanum, dedicato a san Severino e la nobildonna Barbaria, che aveva contribuito allo sviluppo di questo centro religioso, sarebbe stata sua madre. Ma la prima versione è la più attendibile anche per lo scambio epistolare tra il re ostrogoto Teodorico il Grande con un certo Romolo, che forse avrebbe dovuto rinegoziare il vitalizio concesso da Odoacre con il nuovo re, nel 493 e poi ancora nel 507/511.

TOMBA DI ROMOLO AUGUSTO
Dietro ordine di Odoacre, Romolo inviò una lettera all'imperatore Zenone, di nuovo re nel 477 dopo essere stato spodestato da Basilisco, in cui affidava il comando dell'Italia a Odoacre. Così Romolo regnò formalmente per un solo anno.

Fino alla morte di Giulio Nepote, Zenone riconobbe solo quest’ultimo, non accettando Romolo Augusto.

Quando Giulio Nepote morì, Siagrio prese le insegne dell’imperatore d’Oriente, Flavio Zenone Isaurico che però non poteva aiutarlo militarmente.

Siagrio riuscì a mantenere il nord della Gallia, le terre della Senna e della Somme contro i Goti, da sud contro i Burgundi, e contro i Franchi da est. La posizione era difficile, in quanto doveva innanzitutto avere buoni rapporti con i Franchi, così come aveva fatto il padre. Siagrio era un sovrano indipendente, e i Franchi ritenevano le province romane che amministrava fossero il suo regno. Perciò egli era considerato “re dei Romani”.

Clodoveo I il Grande, figlio di Childerico I, gli succedette nel 481, e cinque anni dopo marciò contro Siagrio che risiedeva a Suessionen. Siagrio fu sconfitto e riparò a Tolosa, presso la corte di Alarico II, figlio di Evarico. Ma Alarico tradì Siagrio e quando Clodoveo I gl’intimò la consegna dell’ultimo “re romano” obbedì e Siagro venne ucciso nel 487.



LA FINE DELL'IMPERO ROMANO D'OCCIDENTE

La sovranità sulle terre dell'Occidente passò quindi formalmente a Zenone, imperatore d'Oriente, che riconobbe Odoacre governatore d'Italia col titolo di patrizio. Odoacre non fu un cattivo amministratore, si mostrò equo e generoso, ricompensando le sue truppe con un terzo delle terre dei più ricchi proprietari a cui però abbassò le tasse.

Comunque la fine ufficiale dell'impero non modificò, sull'immediato, i modi di vita della popolazione romana d'Italia. Restavano Senato e Consolato retti soprattutto da patrizi romani.

Romolo Augusto fu ritenuto l'ultimo imperatore romano d'Occidente, con lo stesso nome del fondatore di Roma e dell'Impero romano parve una fine segnata dal destino, e infatti già nel VI secolo, lo storico Marcellino Illirico considerava l'impero romano terminato nel 476.

Alcuni ritengono Giulio Nepote l'ultimo Imperatore d'Occidente, in quanto Odoacre, quando chiese all'Imperatore d'Oriente Zenone di essere riconosciuto Re d'Italia, dovette riconoscere imperatore d'Occidente Giulio Nepote.

Odoacre accettò ma poi gli mosse guerra e lo uccise nel 480. Per alcuni questa è la data della fine dell'Impero Romano d'Occidente. Questa tesi non è condivisa da tutti gli storici dato che Zenone non aveva la facoltà di eleggere un imperatore, potere spettante al Senato romano che aveva riconosciuto imperatore Romolo Augusto.

Altri storici, addirittura, considerano il 486 l'anno di caduta dell'Impero d'Occidente, in quanto in quell'anno venne a cessare l'ultimo effettivo baluardo della romanità in Occidente, dal momento che il cosiddetto Regno di Soissons fu annesso al regno dei Franchi.


BIBLIO

- William Smith - Augustulus - Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology -
- Brian Croke - "Basiliscus, the Boy Emperor," Greek, Roman and Byzantine Studies 24 - 1983 -
- Edward Gibbon - The History of the Decline and Fall of the Roman Empire - a cura di David Womersley - vol. III - London - Penguin Books - 1994 -
-  Arnold Hugh Martin Jones - The Later Roman Empire, 284–602: A Social, Economic and Administrative Survey - Baltimore - 1986 -
- Santo Mazzarino - Il basso impero. Antico, tardoantico ed era costantiniana. 2 volumi, Dedalo, Bari, 1974-1980 -
- John Bagnell Bury -  History of the Later Roman Empire -  Londra - Macmillan & Co. - 1923 -



GIULIO NEPOTE - IULIUS NEPOS


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Nome completo: Iulius Nepos
Nascita: 430 circa
Morte: Dalmazia, 25 aprile, 9 maggio o 22 giugno 480
Predecessore: Glicerio
Successore: Romolo Augusto
Consorte: Nipote di Leone I
Dinastia: Casata di Leone
Padre: Nepoziano
Regno: 474-475 d.c.


LE ORIGINI

Giulio Nepote era figlio di Nepoziano, che nel 458 era Comes et magister utriusque militiae e comandante dell'esercito di Maggioriano. Nepoziano scacciò i Visigoti di Teodorico II da Arelate, costringendoli a tornare foederati di Roma. Insieme ai Visigoti sconfisse i Burgundi e riprese Lione, poi sconfisse i Suebi. Nel 460 fu deposto per ordine di Teodorico II, forse perché ostile a Ricimero e morì nel 465. Insomma era figlio di un uomo potente ed esperto nell'arte militare.

In più era nipote di Marcellino, patrizio pagano e Comes rei militaris dell'Illyricum, cioè della Dalmazia. Alla morte dello zio ereditò la sua carica, formalmente alle dipendenze dell'Impero Romano d'Occidente, ma in realtà autonomo.

Come lo zio, Giulio Nepote intrattenne ottime relazioni con l'Impero Romano d'Oriente sposando tra l'altro una nipote di Leone I, l'imperatore d'Oriente.
Dopo la morte di Anicio Olibrio nel 473, Leone I doveva designare il nuovo imperatore, ma si astenne a lungo, finchè il patrizio Gundobado nominò imperatore d'Occidente Glicerio. Leone nominò allora il genero Nepote.



IL REGNO

Nel 474, alla fine dell'inverno, con la riapertura delle rotte marittime, Nepote partì per Roma e sbarcato a Ostia depose Glicerio, lo fece nominare vescovo di Salona in Dalmazia e si fece nominare imperatore d'Occidente. Secondo alcuni la nomina avvenne a Ravenna, quando ancora era Augusto Glicerio, oppure fu nominato Cesare a Ravenna e poi Augusto a Roma, dopo la deposizione di Glicerio.

Nepote cercò di consolidare i territori dell'Italia e della Gallia nominando nuovo patrizio e magister militum, Ecdicio Avito, figlio dell'imperatore Avito.

I Visigoti, che avevano occupato la Provenza, scesero a patti con l'imperatore. Nepote inviò una ambasciata di religiosi, tra cui il vescovo di Tolosa, Epifanio di Pavia, che riuscì ad instaurare buoni rapporti coi Visigoti.

Ma fu solo con la seconda ambasciata di vescovi, nel 475, che i Visigoti cedettero la Provenza prendendo in cambio la città di Alvernia; l'accordo era raggiunto.

Intanto Genserico, re dei Vandali, continuavano ad attaccare l'Italia, non riconoscendo l'imperatore d'Occidente. Nepote tentò di negoziare la pace, ma avendo forze militari inferiori, dovette cedere l'Africa, la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le Isole Baleari. L'impero dì Occidente era ridotto al minimo.

Nepote coniò moneta a Roma, Ravenna e Milano, e ad Arles, in Gallia, oltre ad alcuni solidi con le effigi degli imperatori d'Oriente Zenone e Leone II, per testimoniare il legame amichevole che tuttavia non gli dette alcun aiuto reale durante il regno.



LA MORTE

Nel 475, Flavio Oreste, un romano della Pannonia, nominato da Nepote Magister Militum delle forze romane nella Gallia meridionale, partì da Roma, conquistò Ravenna e costrinse Nepote a fuggire in Dalmazia.

- Oreste, di origini germaniche e quindi barbaro, non poteva diventare imperatore, per cui fece nominare suo figlio, Romolo Augusto, di madre romana. In effetti il governo rimase nelle mani di Oreste, anche a causa della giovanissima età di Romolo.

Si sospetta che nel colpo di stato di Oreste ci fosse la connivenza del Senato romano, che non gradiva il legame di Nepote con l'Impero Romano d'Oriente. Nepote si ritrovò così a Salona, dove c'era il vescovo Glicerio, da lui deposto pochi anni prima, e forse questo gli fu fatale.

Giulio Nepote continuò a regnare sulla Dalmazia, considerandosi il legittimo imperatore d'Occidente fino alla sua morte nel 480 d.c., per cui secondo alcuni questa è la vera data della fine dell'impero.
Sembra sia stato ucciso nella sua villa nei pressi di Salona dai comites ai suoi ordini Ovida e Viator, mentre riorganizzava un esercito contro Oreste, forse dietro istigazione di Glicerius che non aveva dimenticato.

Subito dopo la sua morte, Odoacre salpò per la Dalmazia, difesa dal generale Ovida: Odoacre lo sconfisse in battaglia e lo uccise, il 9 dicembre 480, annettendo la Dalmazia al suo regno.


BIBLIO

- Joseph Calrow Means - Julius Nepos  - in William Smith (a cura di) - A Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology - vol. II - Londra - John Murray - 1872 -
- L. Cantarelli - Annali d'Italia. Dalla morte di Valentiniano III alla deposizione di Romolo Augustolo (455-476) - Rome - 1896 -
- John Bagnell Bury - History of the Later Roman Empire - Londra - Macmillan & Co. - 1923 -
- Wilhelm Ensslin - "Julius Nepos" - in Paully-Wissowa-Kroll - Real-Encyclopädie 16 - 1935 -
- Kent, John P.C. - "Julius Nepos and the Fall of the Western Empire" - Corolla Numismatica Memoriae Erich Swoboda Dedicata - Cologne - 1966 -




GLICERIO - GLYCERIUS


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Nome completo: Glycerius
Nascita: 430 circa
Morte: Dalmazia, dopo il 480
Predecessore: Anicio Olibrio
Successore: Giulio Nepote
Regno: 473-474 d.c.


LE ORIGINI

Glycerius, nacque nel 430 circa, non si conosce nè il luogo di nascita nè la famiglia, si dice venisse da padre con buone mansioni militari, che lo portò ad un ascesa nell'esercito come ufficiale di Olibrio, fino a diventare comandante militare in Dalmazia. Fece un'ottima carriera visto che al momento della sua nomina ad Augusto era Comes Domesticorum, cioè comandante della guardia imperiale.

Dopo la guerra civile tra l'imperatore Antemio e il comandante dell'esercito Ricimero questi nominò Anicio Olibrio imperatore in aprile, imponendolo con le armi, poi, a luglio, fece assassinare Antemio. Ma nel 472 morirono sia l'Imperatore d'Occidente Olibrio sia il Magister Militum Ricimero, così il trono d'occidente rimase vuoto.



IL TRONO

L'imperatore d'Oriente, Leone I, che aveva già nominato Antemio, si trovò in difficoltà a scegliere un altro uomo. Ne profittò il nuovo magister militum Gundobado, nipote di Ricimero, per nominare Glicerio, il settimo imperatore ombra dell'impero, l'uomo che poteva essere un burattino nelle sue mani. Sembra che l'esercito acclamò la sua nomina, a Ravenna, nei primi di marzo del 473. Non si parla però di acclamazione del senato.

Quando Leone I seppe dell'elezione di Glicerio, nominò Giulio Nepote, Magister Militum di Dalmazia e imparentato con Verina, l'imperatrice d'Oriente, a capo di una spedizione contro di lui ma la nomina avvenne in ritardo e Nepote non poté salpare per l'Italia in quanto d'inverno i porti erano chiusi. Intanto Leone I morì nel gennaio 474, e gli successe suo nipote, il giovanissimo Leone II, che a causa dell'età, nominò Augusto suo padre Zenone.

Così Glicerio era il più anziano tra i tre imperatori regnanti, pertanto dovette occuparsi di una nuova minaccia barbara nel 473. Gruppi di Ostrogoti minacciavano i confini, e intanto il Re Visigoto Eurico preparava un'invasione dell'Italia. Il suo comandante Vincentius fu sconfitto e ucciso dai comites Alla e Sindila. Malgrado questa vittoria nella difesa dell'Italia, Glicerio non riuscì a difendere la Gallia e ad impedire a Eurico di conquistare Arles e Marsiglia.

Allora Glicerio spedì un messaggio all'armata degli Ostrogoti al comando del re Vidimero, con cui lo avvisò che i territori che voleva conquistare erano già occupati dai Visigoti, invitandolo a muoversi verso la Gallia.

Con questo stratagemma Glicerio, che temeva la loro alleanza, impedì il congiungimento delle forze di Vidimero, Re degli Ostrogoti, con gli invasori Visigoti.

Nel frattempo Giulio Nepote, che aveva già recuperato Arles e Marsiglia, preparò il suo sbarco a Ostia. Anche Glicerio si recò a Roma, lo testimonia l'unica moneta conosciuta coniata a Roma in argento a suo nome. La moneta, su cui è inciso "VICTORIA AUGGG" attesta l'esistenza di tre Imperatori, mentre sul retro si legge "D N GLYCERIUS P F AUG," il che dimostra che Glicerio si considerava uno dei tre imperatori, insieme a Zenone e Leone II.

Nel giugno del 474, Nepote sbarcò a Ostia e destituì Glicerio che non oppose alcuna resistenza, confinandolo a Vescovo di Salona in Dalmazia. L'anno dopo Nepote fu scacciato dall'Italia e tornò in Dalmazia, dove nominò Glicerio suo vescovo personale. In tutti questi eventi il sostenitore iniziale di Glicerio, Gundebaldo, non mosse un dito. Forse era ritornato in Gallia per reclutare truppe o forse aveva altri piani, fatto sta che di Gundebaldo in Italia non si avranno più tracce.

Glicerio si era riconciliato con l'Impero d'Oriente e aveva salvato l'impero dai barbari, ma la Gallia venne attaccata da Goti e Visigoti. Per quasi tutto il suo regno rimase nel nord Italia, come attestato dal fatto che batté moneta solo a Milano e Ravenna. Tentò anche di ottenere il sostegno della Chiesa, promulgando una legge (11 marzo 473) contro la simonia, che ottenne il gradimento della gerarchia ecclesiastica, ma nulla di più.



LA MORTE

La deposizione di Glicerio ha dei lati oscuri. Nepote sbarcò con le sue truppe, ma è verosimile che le forze di Gundobado, e quindi di Glicerio, fossero consistenti: se avesse voluto, Gundobado avrebbe potuto opporsi a Nepote, invece non lo fece.

Forse l'elezione di Glicerio non ebbe il sostegno né dell'imperatore d'Oriente, né della classe senatoria, né dell'aristocrazia gallo-romana: resistere a Nepote senza l'appoggio del senato sarebbe stato controproducente per Gundobado. Oppure Gundobado, che non era in Italia alla deposizione di Glicerio, era andato in Gallia per trovare i rinforzi necessari all'attacco di Nepote.

Glicerio morì probabilmente a Salona, dove nel 475 era stato raggiunto da Giulio Nepote, deposto a sua volta dal magister militum Flavio Oreste, e da dove assistette nel 476 alla caduta dell'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augusto, per mano di Odoacre, re degli Eruli.
Le fonti sostengono che nel 480 Glicerio fu coinvolto nell'assassinio di Nepote, un atto che consolidò il dominio di Odoacre sull'Italia, sancendo la fine dell'impero romano d'occidente.


BIBLIO

- Mathisen, Ralph W. - "Glycerius (3/5 March 473 - June 474)" - De Imperatoribus Romanis -
- O'Flynn, John Michael - Generalissimos of the Western Roman Empire - University of Alberta - 1983 -
- John Bagnell Bury -  History of the Later Roman Empire -  Londra - Macmillan & Co. - 1923 -
- C. Hole - Glycerius - in Henry Wace e William C. Percy (a cura di) - A dictionary of Christian biography and literature to the end of the VI century A.D., with an account of the principal sects and heresies - Londra - John Murray - 1911 -
- Penny MacGeorge - Late Roman Warlords - Oxford - Oxford University Press - 2002 -


OLIBRIO - OLYBRIUS


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Nome completo: Flavius Anicius Olybrius
Morte: 22 ottobre o 2 novembre 472
Predecessore: Antemio
Successore: Glicerio
Consorte: Placidia
Figli: Anicia Giuliana
Dinastia: Teodosiana
Padre: Petronio Massimo
Regno: 472 d.c.


LE ORIGINI

Flavio Anicio Olibrio (Flavius Anicius Olybrius), nacque a Roma dall'antica e influente gens Anicia, risalente addirittura all'epoca repubblicana.
Sembra fosse imparentato con il console Flavio Anicio Ermogeniano Olibrio, la cui moglie, nonchè cugina, era Anicia Giuliana, lo stesso nome che Anicio Olibrio diede alla propria figlia. Nelle gens aristocratiche usava rieditare i nomi in famiglia. Per altri era il figlio di Petronio Massimo, ma è meno attendibile.

Comunque nel 454 Olibrio sposò Placidia, figlia minore dell'imperatore Valentiniano III e di Licinia Eudossia, questo matrimonio con un membro della famiglia imperiale servì a legare Olibrio, un esponente dell'aristocrazia senatoriale, direttamente alla casata di Teodosio.

Nel 455 Valentiniano III venne assassinato, non si sa se per congiura del patrizio Petronio Massimo, che gli succedette al trono. Petronio, funzionario imperiale e di famiglia senatoriale, sposò la vedova di Valentiniano Licinia Eudossia. Poi proclamò Cesare suo figlio Palladio, e gli fece sposare Eudocia, figlia di Valentiniano e Eudossia. Secondo alcuni Petronio sarebbe stato il padre di Anicio Olibrio, se così fosse il matrimonio tra Olibrio e Placidia non gli sarebbe spiaciuto.

I Vandali di Genserico intanto scesero in Italia e di nuovo saccheggiarono Roma ormai incustodita, prendendo in ostaggio Licinia Eudossia e le sue due figlie, Eudocia e la stessa Placidia, mentre Olibrio era a Costantinopoli.

Ma forse Olibrio era più interessato alle questioni religiose che alla patria, fece visita infatti a Daniele lo Stilita, un uomo che per seguire una sua via interiore, si era issato su un piedistallo sopra un'alta colonna, facendosi recapitare il cibo attraverso un cesto e una fune. Non sappiamo come organizzasse i suoi bisogni corporali, visto che sulla colonna restò per 33 anni, comunque il santo stilita profetizzò ad Olibrio la liberazione di Licinia Eudossia. Forse per questo Olibrio non mosse un dito, ma nel 461 Eudossia fu liberata.

Alla morte dell'imperatore Maggioriano, il trono d'Occidente era rimasto vacante, per cui Genserico, il cui figlio Unerico aveva sposato la sorella maggiore di Placidia, Eudocia, reclamò l'Impero d'Occidente per Olibrio, un parente molto comodo perchè facile da manovrare.
Per mostrare le sue buone intenzioni Genserico liberò Licinia Eudossia e Placidia, ma per essere più persuasivo continuò ad attaccare l'Italia.

Ma in Italia c'era il magister militum Ricimero che delle richieste di Genserico non ne volle sapere e anzi pose sul trono d'Occidente Libio Severo. Placidia comunque raggiunse Olibrio a Costantinopoli, dove un anno dopo, nel 462, gli diede una figlia, Anicia Giuliana.

Nel 465 Libio Severo morì e di nuovo Genserico sostenne la candidatura di Olibrio, ma anche stavolta fu deluso perchè salì sul trono d'Oriente Antemio. Olibrio tenne il consolato per l'anno 464, sempre alla corte orientale.



LA PORPORA IMPERIALE

Nel 472 Olibrio venne inviato in Italia dall'imperatore Leone I per mediare tra Antemio e suo genero Ricimero, comandandolo poi di proseguire per l'Africa, alla corte di Genserico, per stipulare una pace tra i Vandali e l'Impero d'Oriente.

Leone però, che temeva un'alleanza tra Genserico e Olibrio, inviò a Roma un messaggero per Antemio, suggerendogli di far assassinare Ricimero e Olibrio. Ricimero intercettò ad Ostia il messaggero di Leone, così fece assassinare Antemio che si era rifugiato a San Pietro in Vaticano, e mise sul trono Olibrio, che come marito di Placidia, apparteneva alla casata di Teodosio.

Secondo altri l'elezione di Olibrio avvenne prima della morte di Antemio, ma non si capisce allora perchè Leone non si sia ribellato. Comunque poco dopo morì Ricimero e Olibrius nominò magister militum Gundobado, nipote di Ricimero, per di più accusato dell'assassino di Antemio.

 Un indizio importante è l'emissione di monete d'oro con una croce e la nuova legenda SALVS MVNDI (Salvezza del Mondo) invece della consueta SALVS REIPVBLICAE (Salvezza dello Stato). Il che dimostra ancora una volta che i Romani avevano perduto l'amore e la fedeltà per Roma, tra sete di potere e raccomandazioni a Dio.



LA MORTE

Olibrio morì di morte naturale dopo solo sette mesi di regno. Le fonti sono discordanti sulla data di morte, collocata a seconda dei casi il 22 ottobre 472 o il 2 novembre. Olibrio non ebbe figli maschi ma solo la figlia Giuliana e un palazzo a Costantinopoli. Giuliana sposò il nobile senatore Ariobindo, ma avendolo invocato come imperatore la folla durante dei giochi circensi, questi, per timore dell'imperatore Anastasio, fuggì aldilà del mare.

In Africa Eudocia, la sorella di Placidia, scappò invece dal marito Unnerico, figlio del re dei Vandali, non sopportando di stare lei cattolica con un marito ariano, lasciando il figlio avuto da Unnerico. Si recò quindi a Gerusalemme in pellegrinaggio e lì morì.

Quell'anno il Vesuvio eruttò coprendo di ceneri tutta l'Europa, tanto è vero che a Costantinopoli
si istituì una festa per celebrare l'evento ogni anno al 6 novembre. Così riferirono Procopio e il Cardinal Baronio, precisando che la cenere era giunta anche a Costantinopoli. Ci si chiede cosa ci fosse da festeggiare. Ma i Romani erano Romani e i barbari erano Barbari.


BIBLIO

- Ralph W. Mathisen - "Anicius Olybrius" - De Imperatoribus Romanis -
- J.B. Bury - "A Note on the Emperor Olybrius " - English Historical Review - 1 - 1886 -
- Frank M. Clover - "The Family and Early Career of Anicius Olybrius " - Historia 27 - 1978 -
- H.B. Dewing - Procopius, History of the Wars - vol.II  - Cambridge - Mass. - 1916 -
- Lucio Vassili - "L'imperatore Anicio Olibrio " - Rivista di Filologia e d'Istruzione Classica - 65 - 1937 -



ANTEMIO - ANTHEMIUS PROCOPIUS


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Nome completo: Anthemius Procopius
Nascita: Costantinopoli, 420 circa
Morte: Roma, 11 luglio 472
Predecessore: Libio Severo
Successore: Anicio Olibrio
Consorte: Elia Marcia Eufemia
Figli: Antemiolo, Flavio Marciano, Procopio Antemio,
Romolo, Alipia
Dinastia: casata di Leone
Padre: Procopio
Madre: figlia di Flavio Antemio
Regno: 467-472 d.c.



LE ORIGINI

Antemio Procopio nacque a Costantinopoli, nel 420 d.c. da illustre famiglia patrizia. La madre era figlia di Flavio Filippo, prefetto del pretorio nel 346, e nipote di Flavio Antemio, prefetto e console nel 405; suo padre Procopio era stato magister militum in Oriente, e discendeva da Procopio, nipote di Costantino I e usurpatore contro Valente.

Studiò presso il filosofo neoplatonico Proclo, ad Alessandria d'Egitto, ed ebbe a compagni di studio Marcellino (magister militum e governatore della Dalmazia), Flavio Illustrio Puseo (prefetto del pretorio in Oriente e console del 467), Flavio Messio Febo Severo (console nel 470 e praefectus urbi) e Pamprepio.

Nel 453 sposò Elia Marcia Eufemia, figlia dell'imperatore d'Oriente Marciano, guadagnando il rango di comes e l'incarico di ricostituire le difese alla frontiera danubiana. Nel 454 fu nominato patricius e divenne uno dei due magistri militum d'Oriente. Nel 455 esercitò il consolato come prescelto dell'Impero d'Oriente, con l'imperatore d'Occidente Valentiniano III come collega.

Nel 456 morì l'imperatore d'Occidente Avito, ma il suocero di Antemio morì poco dopo, prima di scegliere il proprio collega, che a buon ragione sarebbe stato il genero. Così entrambi gli imperi si trovarono senza imperatori, con prospettive diverse. In Occidente comandava il magister militum Ricimero, di origine germanica, e in Oriente l'altro magister militum, l'alano Ardaburio Aspare, quindi ambedue barbari.

Aspare si comportò come Ricimero, non potendo ottenere il trono, volle metterci un uomo da controllare, e disperando di poter sottomettere il patrizio Antemio di ottenere il trono, scelse come nuovo imperatore d'Oriente un semplice tribuno, il militare di carriera Leone I. Sul trono d'Occidente salì invece Maggioriano.



LE BATTAGLIE

Antemio come magister militum combattè e vinse, in Illyricum nel 460, gli Ostrogoti al comando di Valamiro. Poi sconfisse un gruppo di Unni, comandati da Hormidac, che stavano depredando la Dacia e avevano preso la città di Serdica. Antemio li assediò, ma quando i barbari accettarono lo scontro frontale, il comandante della cavalleria di Antemio, passò al nemico. Antemio vinse la battaglia con la sola fanteria, ma per far pace con Hormidac, pretese che il traditore gli fosse consegnato.



ASCESA AL TRONO

Genserico, re dei Vandali, volle che la porpora fosse data ad Anicio Olibrio, marito di Placidia, figlia di Valentiniano III. In realtà sperava di controllarlo, dato che suo figlio aveva sposato la sorella di Placidia. Leone però temporeggiava e Genserico portò gli attacchi, non solo in Sicilia e suolo italico, ma pure in Oriente contro lIllyricum, Peloponneso e Grecia.

Allora Leone propose di mettere sul trono Antemio, ma occorreva il beneplacito di Rimicero, il potente dell'Occidente e Romicerio accetta, a patto che gli si dia aiuto per dominare Genserico in Africa. Invita così i bizantini a organizzare una grande spedizione contro i Vandali, già anni prima lui stesso ci aveva provato, ma era stati fermato dalla sconfitta a Cartegena.

A Leone la proposta piace, così, mettendo a capo della spedizione il cognato Basilisco, il generale Marcellino e Antemio, si prende l'onore della spedizione e i due imperi diventeranno suoi. Bastava poi eliminare Rimicero. Anche Rimicero è soddisfatto, così Antemio e Leone lo aiuteranno ad eliminare Genserico, poi li eliminerà ambedue, e regnerà sui due imperi e sull'Africa.

Così nel 467, l'imperatore d'Oriente nominò Antemio imperatore d'Occidente, inviandolo in Italia con un esercito comandato dal magister militum per Illyricum Marcellino. Antemio fu proclamato imperatore con celebrazione a Costantinopoli.

I legami tra Occidente e Oriente rafforzati dal matrimonio tra Flavio Marciano, figlio di Antemio, e Leonzia, figlia di Leone I, nel 471. Anche la scelta dei consoli fu concorde, e Antemio ebbe il consolato sine collega nel 468, come aveva fatto Leone nel 466. Per accordarsi con Rimicerio Antemio gli dette in sposa in sposa l'unica figlia, Alipia.



LA GUERRA CONTRO I VANDALI


La prima spedizione fu comandata dal comes dell'Illiria Marcellino, ma la flotta tornò indietro a causa del maltempo.

Nel 468 ci fu la seconda spedizione affidata al genero di Leone, Basilisco, ma anche qui fallì con gravi perdite di uomini e navi, e la morte di Marcellino. Leone decise allora di accordarsi separatamente con Genserico.

Antemio, rimasto da solo e con le finanze in dissesto per la costosa campagna infruttuosa, rinunciò a riprendere l'Africa, e si rivolse ai Visigoti.



LA GUERRA CONTRO I VISIGOTI

Dopo il disastro in Africa, Antemio tentò di riconquistare la Gallia. Assoldò i Bretoni stanziati in Armorica, che sotto il comando di re Riotamo occuparono la città di Bourges con dodicimila uomini. Poi i Bretoni attaccarono il territorio visigoto, ma furono sconfitti e Riotamo fu costretto a rifugiarsi presso i Burgundi, alleati dei Romani.

Nel 471 decise di affrontare direttamente i Visigoti. Raccolse un esercito sotto il comando nominale del figlio Antemiolo ed effettivo dei generali Torisario, Everdingo ed Ermiano. Antemiolo si mosse da Arelate, passando il Reno; Eurico affrontò l'esercito romano sconfiggendolo e uccidendone i generali, devastando poi la zona. Era la fine della gloria di Antemio che inutilmente, per ottenere il sostegno dell'aristocrazia senatoriale, distribuì copiosamente titoli di patriziato a Romani e a Galli.



MORTE

La rottura tra Antemio e Ricimero avvenne nel 470, quando il patrizio e senatore italico Romano, uomo di Ricimero, fu giustiziato dall'imperatore con l'accusa di aver tentato l'usurpazione del trono. Ricimero radunò i 6000 uomini che aveva raccolto per la guerra contro i Vandali e si ritirò a nord, a Milano, lasciando Antemio a Roma. Iniziarono degli scontri tra i partigiani dei due contendenti, ma Ricimero e Antemio firmarono una tregua di un anno, grazie alla mediazione del vescovo di Pavia Epifanio.

Lo scontro si riaccese nel 472, mentre a Roma infuriava pestilenza e carestia, con Antemio che fingendosi ammalato si rifugiò nella Basilica di San Pietro in Vaticano per sfuggire ai sostenitori di Ricimero. Leone I inviò Anicio Olibrio per mettere pace tra Ricimero e Antemio e di trattare col re dei Vandali Genserico, il cui figlio aveva sposato la sorella di Olibrio.

Era un modo di sbarazzarsi di Olibrio, che credeva in combutta coi Vandali, e di Ricimero: inviò infatti ad Antemio un secondo messaggero con l'ordine di uccidere Ricimero e Olibrio, ma il messaggio indirizzato all'imperatore d'Occidente cadde nelle mani del capo goto, che le mostrò a Olibrio.

La conseguenza fu che Ricimero proclamò Olibrio imperatore e assediò Antemio a Roma. Antemio era sostenuto dall'aristocrazia e dal popolo, mentre Ricimero aveva l'esercito barbarico. Antemio nominò rector Galliarum Bilimero, il quale scese in Italia, ma fu sconfitto e ucciso.

Ricimero coi suoi barbari invade Roma e avviene quello che fu ricordato come il Terzo sacco di Roma. Antemio tentò allora un ultimo assalto, ma i suoi uomini furono sterminati. L'imperatore fuggì nuovamente in San Pietro ma fu catturato e decapitato, secondo alcuni da Gundobado, secondo altri da Ricimero stesso nel 472.


BIBLIO

- Mathisen, Ralph - "Anthemius (12 April 467 - 11 July 472 A.D.)" - De Imperatoribus Romanis -
- Procopio di Cesarea - Bellum Vandalicum - VII -
- Arnold Hugh Martin Jones - The later Roman Empire, 284-602: a social, economic and administrative survey - Norman - University of Oklahoma Press - 1964 -
- John Bagnell Bury - History of the Later Roman Empire - Londra - Macmillan & Co. - 1923 -
- Penny MacGeorge - Late Roman Warlords - Oxford - Oxford University Press - 2002 -

LIBIO SEVERO - LIBIUS SEVERUS


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Nome completo: Libius Severus Serpentius
Nascita: Lucania, 420 circa
Morte: Roma, autunno 465
Predecessore: Maggioriano
Successore: Antemio
Regno: 461-465 d.c.



LE ORIGINI

Libius Severus Serpentius nacque in Lucania nel 420, descritto dalle fonti come uomo pio e religioso, messo sul trono dallo svevo Ricimero, potentissimo magister militum d'Occidente  e assassino di Maggioriano il 7 agosto 461.



LE LOTTE PER LA SUCCESSIONE

Alla morte dell'imperatore iniziò la lotta per la successione tra l'imperatore d'Oriente Marciano, che in definitiva però se ne lavò le mani ignorando le depredazioni di Genserico, anche nel sacco di Roma, il re dei Vandali Genserico e il generale Ricimero, che voleva porre sul trono d'Occidente un imperatore marionetta, non potendo egli prendere il trono in quanto di origine barbara.

Genserico aveva rapito durante il Sacco di Roma (455) la moglie e le figlie di Valentiniano III (Licinia Eudossia, Placidia ed Eudocia) costringendo Eudocia a sposare il proprio figlio Unerico per assicurarsi una parentela imperiale. Però come candidato alla successione Genserico propose Anicio Olibrio, che aveva sposato Placidia, anche lui imparentato quindi con la famiglia imperiale. Per essere più convincente attaccò ripetutamente Italia e Sicilia, abolendo il trattato di pace con Maggioriano.

Ricimero, quando era giunto dalla Gallia, aveva dovuto lasciare il posto a Maggiorano perchè Papa Leone Magno, alle porte di Roma, gli consigliò sprezzantemente di mettersi da parte visto quanto erano malridotti sia lui che il suo esercito, aggiungendo che a Roma i barbari non erano graditi. Così, pur essendosi sbarazzato di due imperatori non poteva sperare nel trono, ma il suo più grande nemico, Leone Magno, era morto e al suo posto era stato posto Papa Ilario. uomo di poco polso e a lui favorevole.

Sia Ricimero che Marciano cercarono di far desistere Genserico, ma non ottenendo soddisfazione Ricimero mise sul trono l'aristocratico Libio Severo, quello che sicuramente avrebbe rispettato i privilegi dei senatori, che infatti accettarono, nominandolo imperatore a Ravenna nel 461.



IL REGNO

Ma le province fedeli a Maggiorano non riconobbero imperatore Libio, come la Gallia di Egidio e la Dalmazia di Marcellino. In più la Britannia era stata abbandonata, l'Africa era stata conquistata dai Vandali, la Hispania dai Visigoti. Ma non lo riconobbe neppure il nuovo l'imperatore d'Oriente, Leone I, un tipo non tenero detto Il macellaio, tanto che per l'area orientale fu giudicato un usurpatore.

Temendo che Marcellino marciasse contro di lui, Severo chiese aiuto a Leone I che inviò come ambasciatore Filarco, facendo desistere Marcellino dall'attacco. Ma i complotti di Racimero non avevano tregua: il magister militum per Gallias Egidio si ribellò, Libio lo destituì sostituendolo con Agrippino.

Questi, sotto il regno di Maggiorano, era stato accusato da Egidio di tradimento. Risultato colpevole fu condannato a morte, ma venne risparmiato per intervento di Ricimero, che lo usò poi contro Egidio. Agrippino coll'aiuto dei Visigoti combatté contro Egidio e i suoi alleati Franchi, condotti dal re Childerico I.

Per ottenerne il sostegno, nel 462 Severo diede ai Visigoti l'accesso al Mar Mediterraneo, assegnando loro la città di Narbona, separando di fatto Egidio dal resto dell'impero. La morte di Egidio riportò la Gallia all'imperatore, ma non per molto.

Genserico intanto sperava ancora di poter mettere Anicio Olibrio sul trono d'Occidente, per cui le incursioni sul suolo italico continuarono. Gli aristocratici pregarono allora l'imperatore di far pace coi Vandali, e Libio inviò il patrizio Taziano a contrattare, ma senza successo.

Per tenersi buono Leone I Libio Severo accettò di non nominare il console d'Occidente per il 464 e il 465, ma di accettare che entrambe le nomine di quell'anno fossero fatte dalla corte orientale.



LA MORTE

Cassiodoro, nel VI secolo, affermò che Severo era stato ucciso da Ricimero, dopo averlo invitato a cena nel proprio palazzo propinandogli cibo avvelenato. Ma tre anni dopo la morte dell'imperatore, il poeta Sidonio Apollinare affermava invece che fosse morto di morte naturale. La verità non si è mai saputa.


BIBLIO

- Ralph W. Mathisen - Libius Severus (461-465 A.D.) - su De Imperatoribus Romanis - 1997 -
- Stewart Irvin Oost - D. N. Libivs Severvs P. F. AVG - in Classical Philology - vol. 65 - n. 4 - 1970 -
- Conte Marcellino - Cronache - 464 -
- Marcellino - Cronache - 465 - Giordane - Romana - 336 -
- Cassiodoro - Cronaca - Chronica gallica anno 511 -


MAGGIORIANO - MAIORIANUS


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Nome completo: Iulius Valerius Maiorianus
Nascita: 420 circa
Morte: Tortona, 7 agosto 461
Predecessore: Avito
Successore: Libio Severo
Regno: 457-461 d.c.



LE ORIGINI

 
Giulio Valerio Maggioriano nacque nel 420 da famiglia aristocratica e militare, suo nonno materno Maggiorano era il magister militum di Teodosio I, comandante delle truppe dell'Illirico, dette sua figlia in sposa a un ufficiale finanziario di Flavio Ezio, da cui ella ebbe un figlio, chiamato Maggioriano in onore del nonno.



L'ASCESA

Maggioriano iniziò la carriera militare sotto Ezio, in Gallia, assieme ai barbari Ricimero ed Egidio. Maggioriano Mostrò il suo coraggio e le sue capacità nella difesa della città di Turonensis e in uno scontro con i Franchi di re Clodione presso Vicus Helena, mentre Ezio controllava la via d'uscita, combatté con e tra i ranghi della cavalleria sotto il suo comando presso il ponte.

Nel 450 Valentiniano III pensò di dargli in moglie sua figlia Placidia, rimediando così alla successione, non avendo figli maschi. Ezio che desiderava a sua volta imparentarsi con Valentiniano, cacciò Maggioriano dall'esercito facendolo ritirare in campagna. Valentiniano III lo richiamò nel 454, dopo aver assassinato Ezio per sedare le truppe fedeli al magister militum assassinato.

Quando nel 455 anche Valentiniano III venne assassinato, Licinia Eudossia, vedova dell'imperatore, caldeggiò la sua successione, ma fu eletto imperatore il senatore Petronio Massimo, che costrinse Eudossia a sposarlo e nominò Maggioriano comes domesticorum, cioè comandante della guardia imperiale.

Quando Petronio fu ucciso, durante il sacco di Roma, le truppe nominarono imperatore il nobile gallo-romano Avitus, gradito ai Visigoti.

Maggioriano e Ricimero sostennero inizialmente il sovrano, ma quando i Visigoti gli voltarono le spalle assassinarono Remisto, incaricato da Avito di tenere Ravenna, poi le truppe di Ricimero sconfissero quelle di Avito vicino Piacenza, Maggioriano destituì Avito nel 457 e lo lasciò morire di fame.



IL REGNO

Dopo la morte di Avito la nomina del successore al trono d'Occidente spettava al sovrano d'Oriente Marciano, che però morì nel 457, e a succedergli fu nominato un generale, Leone I, il quale non scelse il nuovo imperatore d'Occidente, ma nominò Maggioriano magister militum e Ricimero patricius e magister militum.

Qui si trovò a combattere gli Alemanni, che dalla Rezia erano scesi fino al Lago Maggiore. La vittoria procurò la nomina ad Augusto dall'esercito, presso Ravenna. La scelta fu obbligatoria perchè Racimero era barbaro e Anicio Olibrio, l'altro pretendente, era parente del re vandalo Genserico, quello del sacco di Roma. Maggioriano ottenne nel 458 trono e consolato.



I PROVVEDIMENTI
  • Il suo primo atto di governo nel 458, la I Novella, fu l'incarico ai corrector della penisola e dell’Alvernia di reintrodurre la figura del defensor civitatis per difendere la plebe e i curiales stessi dalle angherie dei funzionari del fisco e dei soldati barbari. Il defensor doveva essere eletto dagli abitanti della civitas e ogni scelta deve essere ratificata dall’imperatore.
  • Nella successiva Novella "I decurioni e la ricezione in eredità e l'alienazione delle proprietà e altre questioni", perdonava le passate infrazioni ma impediva ai decurioni di abbandonare il proprio rango sposando schiave o donne imparentate con umili fattori e proibiva loro di alienare i propri terreni.
  • Con la Novella Maioriani 2, "Remissione dei debiti pregressi", rimise i debiti fiscali maturati fino al 1° gennaio di quell'anno da parte dei proprietari terrieri, proibendo di esigere tasse a tutti gli ufficiali pubblici, che avevano tenute per sé la maggior parte delle tasse raccolte.
  • Con la Novella Maioriani 5, "Le proprietà abbandonate e quelle appartenenti ai proscritti", ordinò al comes privatae largitionis Ennodio di ammonire i giudici provinciali a non perpetrare frodi al fisco trattenendo per sé parte delle tasse.
  • Coniò monete d'oro, argento e bronzo. La monetazione aurea, coniata all'inizio a Ravenna e in grandi quantità, lo raffigura, con poche eccezioni, con un ritratto con elmo, lancia e scudo.
  • Con la Novella Maioriani 8, "Ritorno del diritto di portare armi", ripristinò questo diritto.
    Con la Novella Maioriani 12, "Aurighi e sediziosi" proibì i disordini nelle gare di carri.
  • Rinforzò l'esercito, assoldando un forte contingente di mercenari barbari: Gepidi, Ostrogoti, Rugi, Burgundi, Unni, Bastarni, Suebi, Sciti e Alani e riorganizzò due flotte, probabilmente quelle di Miseno e Ravenna, perchè i Vandali erano forti per mare.
  • Con la Novella Maioriani 4, riservò all'imperatore o ai senatori, in casi estremi, la potestà di demolire un edificio antico; la pena per i magistrati che si arrogavano il diritto di concedere i permessi era di 50 libbre d'oro, mentre i loro subordinati sarebbero stati frustati e avrebbero avuto entrambe le mani amputate.
  • Con la Novella Maioriani 6, fissò l'età minima per le donne a prendere i voti a 40 anni, età alla quale riteneva che le pulsioni sessuali delle iniziate fossero ormai sopite; concesse inoltre alle donne che erano state obbligate a prendere i voti, ed erano state successivamente diseredate, di avere gli stessi diritti dei propri fratelli e sorelle sull'eredità dei genitori. Anche alle giovani vedove proibì di prendere i voti. Questo provvedimento mirò a una maggiore procreazione di cui abbisognava lo stato e impedire nel contempo ai padri di far prendere forzatamente voti alle figlie per non dividere l'eredità dei figli maschi.
  • Invalidò ogni matrimonio senza scambi di dote e doni pre-nuziali (la prima dalla famiglia della sposa a quella dello sposo, i secondi all'opposto) proibendo pure che i doni pre-nuziali di valore superassero la dote, per evitare matrimoni d'interesse.
  • Decise di guadagnarsi il favore dell'aristocrazia senatoriale locale rendendola compartecipe alla gestione del potere assieme a quella italica, che lo aveva sostenuto sin dall'inizio. Designò console per il primo anno se stesso e Ricimero, per il secondo scelse come console il senatore gallico Magno, e per il 461 il senatore di origine italica Severino; alla prefettura del pretorio d'Italia nominò Cecina Decio Basilio, che aveva dei rapporti con il gallico Sidonio Apollinare, mentre il comes privatae largitionis fu Ennodio.



LE GUERRE

Maggioriano fu l’ultimo degli imperatori d’Occidente che cercarono eroicamente di frenare il rapidissimo decadimento di ciò che rimaneva dell’Impero Romano nella sua Pars Occidentalis, di fatto solo l’Italia e una parte della Gallia : l'Alvernia, perché le rimanenti provincie erano occupate oramai per la maggior parte dai nuovi regni romano- barbarici legati all’imperatore dai “Foedus “molto spesso disattesi o mai rispettati2.

Nel 458 un gruppo di Vandali, guidato dal cognato di Genserico, sbarcò in Campania e devastò la regione saccheggiandola. Maggioriano in persona, a capo del suo esercito, li sconfisse e li inseguì, mentre erano appesantiti dal bottino, fino alle navi, uccidendone molti tra cui il comandante.

Nel tardo 458 Maggioriano portò il suo esercito, rafforzato dal contingente di barbari, in Gallia, che aveva rifiutato di riconoscerlo come successore.

Anche qui condusse personalmente la battaglia, lasciando Ricimero in Italia e servendosi invece di Egidio e del magister militiae Nepoziano.

Scacciò i Visigoti di Teodorico II da Arelate, costringendoli a ritornare nella condizione di alleati e di riconsegnare la diocesi di Spagna, che Teodorico aveva conquistato tre anni prima a nome di Avito. Mise poi Egidio a capo della provincia, nominandolo magister militum per Gallias e inviò messi in Hispania ad annunciare la vittoria sui Visigoti e l'accordo con Teodorico.

Con l'aiuto dei nuovi alleati, Maggioriano penetrò nella valle del Rodano, sconfisse i Burgundi e riprese Lione facendole pagare una forte indennità di guerra, mentre i Bagaudi divennero a loro volta alleati. Però concessione l'esenzione dalle tasse a Lione per accattivarsi i Galli.

I prossimi avversari erano i Visigoti, che dopo il sacco di Roma, avevano occupato la Spagna e l'Africa in mano ai Vandali. Maggioriano organizzò una flotta di trecento navi per sostenere la guerra, poi inviò il comes e patricius Occidentis Marcellino in Sicilia, ad invadere l'isola occupata dai Vandali con un esercito di Unni.

Quindi Maggioriano raccolto l'esercito in Liguria iniziò l'occupazione della Spagna, giungendo fino alla corte di Teodorico a Tolosa nel 460. Intanto Genserico, temendo l'invasione romana, cercò di negoziare una pace con Maggioriano, ma questi rifiutò. Il re dei Vandali decise allora di distruggere le fonti di approvvigionamento nella Mauretania, dove Maggioriano e il suo esercito sarebbero sbarcati per invadere l'Africa. Maggioriano stava conquistando la Spagna, quando la sua flotta, attraccata a Portus Illicitanus fu distrutta per mano di traditori al soldo dei Vandali.

Maggioriano, privato della flotta annullò l'attacco ai Vandali e stipulò la pace con Genserico. Poi prese la via del ritorno e si fermò ad Arelate.



I TRADIMENTI E LA MORTE

Mentre l'imperatore era stato impegnato lontano dall'Italia, il patricius et magister militum barbaro aveva raccolto l'opposizione a Maggioriano che era evidente avrebbe rimesso le cose in ordine anche colpendo gli interessi di influenti aristocratici. Ripartendo da Arelate, Maggioriano congedò i propri mercenari barbari, e, accompagnato da alcune guardie del corpo, si mise in viaggio per Roma, dove intendeva effettuare delle riforme.

Ricimero andò incontro a Maggioriano con un contingente e, raggiuntolo nei pressi di Tortona lo fece arrestare e deporre. L'imperatore, privato di veste e diadema, fu picchiato e torturato e dopo cinque giorni, decapitato nei pressi del fiume Ira.

Era il 461, aveva quarant'anni e aveva regnato per quattro.
Dopo la morte di Maggioriano, Ricimero decise di mettere sul trono imperiale una marionetta e scelse il senatore Libio Severo, ma non fu però riconosciuto da nessuno dei collaboratori militari di Maggioriano, né da Egidio in Gallia, né da Marcellino in Sicilia e Illiria, né da Nepoziano in Hispania.

Con Giulio Valerio Maggioriano, la parte Occidentale perse l’ultimo suo grande generale che fino all’ultimo aveva cercato di arrestare la lenta dissoluzione dello stato romano nelle provincie occidentali, preannunciando cosi la fine dell’Impero Romano d’Occidente.


BIBLIO

- Conte Marcellino - Chronicon -
- Procopio di Cesarea - Bellum Goticum - VII -
- Ralph W. Mathisen - Julius Valerius Maiorianus - su De Imperatoribus Romanis -  1998 -
- Fabrizio Oppedisano - Il generale contro l'imperatore. La politica di Maioriano e il dissidio con Ricimero - in Athenaeum - vol. 97 - 2009 -
- Fabrizio Oppedisano - L'impero d'Occidente negli anni di Maioriano - Roma - «L’Erma» di Bretschneider - 2013 -
- Stewart I. Oost - Aëtius and Majorian - Classical Philology 59 - 1964 -
- Fabrizio Oppedisano - Maioriano, la plebe e il defensor civitatis - Rivista di filologia e di istruzione classica 139 - 2011 -



AVITO - AVITUS


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Nome completo: Marcus Maecilius Flavius Eparchius Avitus
(Marco Mecilio Flavio Eparchio Avito)
Nascita: Clermont, 395 circa
Morte: 457
Predecessore: Petronio Massimo
Successore: Maggioriano
Figli: Agricola, Ecdicio, Papianilla
Regno: 455-456 d.c.



LE ORIGINI

Marco Mecilio Flavio Eparchio Avito nacque a Clermont nel 395 da un'aristocratica famiglia gallo-romana, probabilmente figlio di Agricola (console nel 421) e di una nobildonna, da cui ebbe tre figli: Agricola, Ecdicio e Papianilla . Era imparentato con Magno Felice, Teodoro e Prisco Valeriano. Fu uomo colto e studioso di legge.

Il suo primo successo, a 25 anni, fu la richiesta delle riduzione di tasse per la propria gente presso il potente patricius Flavio Costanzo, la sua perorazione fu convincente e Costanzo accettò.
Ancora nel 425 andò a fare visita al suo parente Teodoro, ostaggio presso la corte del re dei Visigoti Teodorico I. Fu ricevuto dal sovrano ed entrò nelle sue grazie.

Nel 430 conobbe anche il figlio del re, il futuro Teodorico II, e lo convinse a studiare i poeti latini. Era uomo di fascino e di grandi capacità persuasive.



LA CARRIERA

Dedicatosi alla carriera militare seguì il magister militum Flavio Ezio nelle campagne contro gli Iutungi, i Norici e i Burgundi. Nel 437, divenuto vir inlustris, tornò in Alvernia, dove fu nominato magister militum per Gallias.

Poi sconfisse in battaglia presso Clermont un contingente di predoni unni e obbligò Teodorico a togliere l'assedio a Narbona. Nel 439 divenne prefetto del pretorio per la Gallia e rinnovò il trattato di amicizia con i Visigoti.

Si ritirò quindi a vita privata nelle terre di Avitacum, nei pressi Clermont. Ma quando gli Unni, guidati da Attila, invasero l'Impero, Avito intervenne presso Teodorico per convincerlo ad allearsi ai Romani di Ezio. Teodorico accettò ed insieme ad Ezio sconfisse Attila nella battaglia dei Campi Catalaunici, ma vi perse la vita.



IL TRONO

Nel 455, Avito fu richiamato alle armi dall'imperatore Petronio Massimo, che lo rinominò magister militum, e lo inviò in missione diplomatica da Teodorico II, succeduto al padre, a Tolosa, per convincere il nuovo sovrano e i Visigoti a considerarsi alleati e sostenitori di Petronio Massimo.

Ma qui gli giunse gli giunse la notizia della morte di Petronio e del sacco di Roma di Genserico. Teodorico, già favorevole ad Avito, lo proclamò imperator, e altrettanto fecero i capi galli, nonchè il Senato di Roma.

Avito non voleva ridurre l'Impero romano d'Occidente alla sola Italia, e sognando di ricostituire l'antico impero d'occidente, in Gallia raccolse un esercito con cui giunse a Ravenna, dove lasciò un contingente goto al comando del visigoto Remisto, che aveva nominato patricius e magister militum. Poi entrò a Roma.

Ora occorreva il riconoscimento dell'imperatore d'Oriente Marciano, ma pure dei potenti generali Maggioriano e Ricimero, nonchè dei Vandali di Genserico.

Nel 456 assunse il titolo di console sine collega, che non piacque però a Marciano, dove erano consoli Flavio Giovanni e Flavio Varane. Il mancato riconoscimento reciproco dei consoli fu l'indizio della prima frattura.

La seconda frattura fu la nomina di galli nell'amministrazione imperiale, perchè intaccava l'aristocrazia senatoriale e perchè la popolazione di Roma, provata dal sacco dei Vandali del 455, non li aveva certo in simpatia.

Avito era in ottimi rapporti con i Visigoti di Teodorico II, ma l'alleanza tra Romani e Visigoti durò poco quando questi ultimi occuparono la Hispania romana e per giunta non lo appoggiarono in occasione della ribellione dei comandanti italici.

Avito si era appellato al trattato stipulato tra Genserico e Valentiniano III ma gli attacchi dei Vandali ripresero nel marzo 456, distruggendo Capua. Allora incaricò Ricimero di difendere la Sicilia e questi li sconfisse per ben due volte.

I Visigoti avevano occupato l' Hispania per conto dei Romani, ma in realtà era di loro proprietà. Prima Avito e poi Teodorico II intimarono ai Suebi di dichiarare lealtà all'Impero, ma quando i Suebi reagirono invadendo la Hispania Tarraconensis romana, i Visigoti li attaccarono e sconfissero nella battaglia del fiume Urbicus nel 456 occupando la regione.

Intanto la popolazione romana rumoreggiava contro Avito per le nomine dell'amministrazione pubblica concesse ai galli, e per la fame crescente. Le casse dello stato erano vuote, e quando i soldati visigoti dell'imperatore furono congedati, dietro pressione del popolo, li pagò fondendo statue di bronzo, i capolavori dell'arte romana, e i Romani lo odiarono per questo.



LA MORTE

Profittando del malcontento popolare Ricimero e il comes domesticorum Maggioriano si ribellarono, e Avito fu costretto a fuggire. Ricimero convinse il Senato romano a deporre Avito e fece assassinare a Ravenna, il magister militum Remisto, nel 456.

Avito nominò Messiano nuovo magister militum al posto di Remisto e raccolto un esercito si battè con Ricimero; dopo un grande massacro di suoi uomini, tra cui Messiano, Avito fuggì di nuovo.

Ricimero e Maggioriano non lo uccisero, ma lo deposero, obbligandolo a farsi consacrare vescovo di Piacenza, per mano del vescovo di Milano Eusebio. Qualcuno scrisse che Ricimero restasse commosso dall'innocenza di Avito, per altri che ucciderlo fosse un rischio perchè molti ancora lo volevano imperatore, per altri ancora che fu uno scambio: ti levo la porpora imperiale e ti do la mitra vescovile. Fattostà che Avito accettò.

Vittore Tudonense descrisse Avito uomo di grande semplicità. Però da Fredegario fu chiamato "Imperatore lussurioso", narrando che, fingendosi malato, chiedesse d'essere visitato dalle mogli dei Senatori, usando violenza alla moglie del senatore Lucio.

Avito però temeva fortemente il Senato romano, avendo udito avesse mandato sicari per lui, non perdonandogli i privilegi perduti. Avito tentò di rifugiarsi in Gallia, con la scusa di portare dei doni alla basilica di san Giuliano in Alvernia, sua terra di origine.

Secondo Gregorio di Tours, l'ex-imperatore morì di malattia durante il viaggio; per altri, fu eliminato da Maggioriano, il quale lo strangolò o lo fece morire di fame. Dopo la morte di Avito il trono d'occidente restò vacante per 10 mesi e mezzo, durante i quali Ricimero comandò Roma e Senato come un dittatore.


BIBLIO

- Cronaca gallica del 511 -
- Sidonio Apollinare - Panegirico per Avito -
- R. W. Mathisen -  Avitus - July 455 - October 456 - su De Imperatoribus Romanis -
- Jones, Arnold Hugh Martin, John Robert Martindale, John Morris - "Eparchius Avitus 5" - The Prosopography of the Later Roman Empire - vol. II - Cambridge University Press - 1992 -
- Giovanni di Antiochia - Cronaca -


PETRONIO MASSIMO - PETRONIUS MAXIMUS


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Nome completo: Petronius Maximus
Altri titoli: Pius Felix
Nascita: 397 circa
Morte: Roma, 22 maggio 455
Predecessore: Valentiniano III
Successore: Avito
Consorte: Licinia Eudossia
Figli: Palladio, Anicio Olibrio
Padre: Massimo o Anicio Probino
Madre: Ennodia
Regno: 455 d.c.


LE ORIGINI


Petronio Massimo nacque a Roma nel 397 da illustre famiglia senatoriale e aristocratica romana: la Gens Anicia. Il padre di Petronio Massimo fu console mentre la madre Ennodia sembra fosse figlia del proconsole d'Africa Ennodio.



LA CARRIERA

Fece una lunga carriera, servendo ben tre imperatori: Onorio, Giovanni Primicerio e Valentiniano III. Questa carriera, che iniziò nel 411, all'età di 14 anni, non fu dovuta ai suoi meriti ma ai soldi e al prestigio del padre.

Fu infatti nominato pretore, con l'unico dovere di occuparsi del finanziamento dei giochi. Sembra che suo padre pagasse questa carica ben 1200 libbre d'oro, più altre 4000 libbre d'oro per finanziare i giochi.

A 18 anni Massimo ricoprì il primo ufficio vero, quello di tribunus et notarius, seguito poi da quello di Comes sacrarum largitionum, ovvero ministro delle finanze imperiali.

Fu poi due volte Praefectus Urbi, ossia governatore della città di Roma, e durante una delle prefetture urbane fece restaurare l'antica basilica di San Pietro in Vaticano, il che lo farebbe pensare in buoni rapporti colla Chiesa di Roma.

Fu nominato anche Prefetto del Pretorio d'Italia, e per due volte console d'Occidente nel 433, come console posterior e Teodosio II come collega, e poi come console praetor con Flavio Paterio come collega.

Nel 445 Massimo fu nominato patrizio ed era diventato il più prestigioso e ricco tra i senatori. Infatti finanziò l'edificazione di un foro a Roma, sul Celio, tra via Labicana e la basilica di San Clemente tra il 443 e il 445, come testimoniano le iscrizioni: «vir clarissimus, costruttore del foro, dopo quatto prefetture e due consolati ordinarî».

LICINIA EUDOSSIA

I COMPLOTTI

Secondo lo storico Giovanni di Antiochia, Valentiniano vinse al gioco una somma che Massimo non aveva, e ottenne come pegno l'anello di questi, che utilizzò per convocare a corte la moglie di Massimo; la donna si recò a corte credendo esser stata chiamata dal marito, ma si ritrovò a cena con Valentiniano, cui non si pote sottrarre.

Tornata a casa accusò il marito di averla tradita e consegnata all'imperatore, e così Massimo venne a sapere dell'inganno e decise di vendicarsi.

Comprese però che non avrebbe potuto farlo senza togliere di mezzo Ezio, per cui si accordò con un eunuco di Valentiniano, il primicerius sacri cubiculi Eracliio, che ambiva prendere il posto di Ezio.

Insieme convinsero Valentiniano che il generale complottava per ucciderlo, così l'imperatore uccise Ezio con l'aiuto di Eraclio durante una riunione.

Morto Etius, Petronio chiese a Valentinianus di prenderne il posto, ma questi rifiutò per consiglio di Eraclius, perchè era meglio non dare più tanto potere a un uomo solo.

Ma Maximus, adirato dal rifiuto, scelse due complici per uccidere l'imperatore: Optila e Thraustila, due sciiti fedeli di Etius assegnati alla scorta di Valentiniano.

Massimo li convinse che Valentiniano era responsabile della morte di Ezio, e promise una ricompensa se si fossero vendicati. Nel 455 Valentiniano, che si trovava a Roma, si recò al Campo Marzio con Optila e Thraustila e i loro uomini. Non appena l'imperatore scese da cavallo per esercitarsi con l'arco, Optilia lo colpì e Thraustila uccise Eraclio. I due sciti presero poi il diadema e la veste imperiale e li portarono a Massimo.

La violenta morte di Valentiniano III lasciò l'Impero romano d'Occidente con tre principali candidati al trono: Massimiano, già guardia del corpo di Ezio, figlio di un ricco mercante egiziano; Maggioriano, che comandava l'esercito dopo la morte di Ezio, favorito dall'imperatrice Eudossia che l'aveva scelto perchè Velentiniano gli aveva promesso in sposa la figlia Eudocia quando ella aveva 5 anni; e Massimo, che aveva l'appoggio del Senato romano e che col denaro corruppe i funzionari del palazzo imperiale.



L'IMPERO

Massimo premiò gli assassini di Valentiniano, proibendo all'imperatrice Licinia Eudossia di osservare il lutto per la morte del marito e forzandola a sposarlo, appena pochi giorni dopo l'assassinio, con grave sdegno di tutti. Poi nominò Cesare il figlio Palladio e gli diede in sposa una delle figlie di Valentiniano ed Eudossia.

Non ottenendo il riconoscimento dell'imperatore d'Oriente Marciano, aveva voluto a tutti i costi imparentarsi con la dinastia valentiniana. Poi nominò il senatore gallo-romano Avito magister militum praesentalis in Gallia e lo inviò a Tolosa, dove erano i Visigoti di Teodorico I, per renderli alleati.

Poi fece coniare un'infinità di monete d'oro, ma non d'argento o di bronzo, persino a Ravenna, contravvenendo all'usanza che la monetazione aurea avesse luogo nella città di residenza dell'imperatore; probabilmente per pagare il sostegno dei soldati con forti donazioni. Per di più, le sue effigi sulle monete d'oro lo rappresentano con un diadema imperiale di perle come volesse distinguersi da altri imperatori.



LA MORTE

Licinia Eudossia, obbligata a sposare Massimo con minacce di morte, chiese aiuto a Genserico e ai suoi Vandali, perchè attaccassero l'Italia. Genserico ce l'aveva con Massimo perchè Valentiniano gli aveva promesso di far sposare i rispettivi figli, Unerico ed Eudocia.

Così chiese a Massimo le isole Baleari, la Sardegna, la Corsica e la Sicilia, Massimo non rispose e Gianserico partì dall'Africa settentrionale dirigendosi su Roma. All'arrivo dei Vandali scoppiarono terrore e tumulti durante i quali Petronio Massimo tentò di fuggire, ma fu assassinato e i suoi resti gettati nel Tevere nel 455.

Due giorni dopo la morte di Massimo, Genserico giunse a Roma tranquillamente, avendo preso accordi con papa Leone I di risparmiare gli abitanti se non avessero opposto resistenza, ma non le ricchezze di Roma. Per quattordici giorni i Vandali saccheggiarono la città nel famoso Sacco di Roma, poi ripartirono portando con loro Eudossia e le figlie Placidia ed Eudocia, oltre che dei senatori come ostaggi.

Eudocia sarà poi fatta sposare al figlio di Genserico, Unerico, da cui si separò rifugiandosi a Gerusalemme perchè mentre lei era ortodossa, Unerico era ariano. Eudosia, la madre, pote ritornare a Costantinopoli solo nel 472.

In quanto a Placidia, promessa sposa ad Acinio Olibrio da Valentiniano, poté sposarsi con lui nel 461, al suo ritorno a Costantinopoli con la madre. Intanto in Gallia, Avito fu nominato imperatore col sostegno dei Visigoti.


BIBLIO

- Ralph Mathisen - Petronius Maximus (17 March 455 - 22 May 455) - De Imperatoribus Romanis - 1997 -
- Procopio di Cesarea - Storia delle guerre -
- Paolo Diacono - Historia Romana. Giovanni di Antiochia - Historia chronike. -
- Olimpiodoro di Tebe - Discorsi storici -
- Petronius Maximus 22 - PLRE - vol. II - Cambridge University Press - 1992 -

VALENTINIANO III - VALENTINIANUS III


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Nome completo: Flavius Placidus Valentinianus
Nascita: 2 luglio 419
Morte: Roma, 16 marzo 455
Predecessore: Giovanni Primicerio (usurpatore), Onorio (legittimo)
Successore: Petronio Massimo
Consorte: Licinia Eudossia
Figli: Eudocia Placidia
Dinastia: teodosiana
Padre: Costanzo III
Madre: Galla Placidia
Regno: 425-455 d.c.


LE ORIGINI

Flavio Placido Valentiniano, ovvero Valentiniano III, nacque a Roma nel 419, da Costanzo III, patrizio e generale romano poi salito al trono, quando Valentiniano aveva due anni, e morto dopo pochi mesi di regno, e la bella e intrigante Galla Placidia, che molto si battè per il trono del figlio.

Galla era infatti sorella dell'imperatore Onorio, figlia dell'imperatore Teodosio I e nipote dell'imperatore Valentiniano I. Placido Valentiniano era il secondo figlio della coppia, avendo come sorella maggiore Giusta Grata Onoria.  Raccoglieva pertanto due dinastie regali, la dinastia teodosiana e a quella valentiniana, il che l'aiuterà non poco nel favore popolare.

Lo zio Onorio, non avendo figli, aveva associato al trono Costanzo III. Dietro insistenza della sorella Placidia, però rafforzò la posizione di possibile successore di Valentiniano nominandolo, tra il 421 e il 423, nobilissimus puer, titolo che non fu riconosciuto però dalla corte orientale.

Infine Placidia, entrata in dissidio con Onorio, insieme ai figli si trasferì a Costantinopoli presso il nipote Teodosio II (422/423), quando Velentiniano aveva dunque solo tre anni.

Quando nel 423 Onorio morì, Teodosio II ritardò la scelta del successore e uno dei patrizi di Onorio, Castino, ottenne dal Senato romano la proclamazione di "primicerius notariorum" Giovanni. Questi cercò il riconoscimento dell'impero d'Oriente, ma Teodosio, dietro pressione della zia Galla Placidia, decise di porre Valentiniano sul trono d'Occidente.



GALLA PLACIDIA

Nel 390 Placidia (nata nel 387) aveva ricevuto il titolo di nobilissima, che le dava una dignità pari ai fratelli, e proprietà che la resero indipendente. Nel 394, morta la madre, Teodosio lasciò a Costantinopoli Arcadio, mentre si fece seguire da Onorio e Galla Placidia, affidati alla cugina Serena, che dette a Galla una educazione classica insegnandole anche a tessere e ricamare, ma la natura di Galla era diversa.

Nel 395 morì Teodosio, l'Impero romano fu diviso in una parte orientale, sotto Arcadio, ed una occidentale, governata da Onorio; Serena dette ad Onorio in sposa la figlia Maria, ma probabilmente il matrimonio non fu consumato a causa dell'impotenza di Onorio e allora Serena organizzò il fidanzamento di Galla Placidia con suo figlio Eucherio, che all'epoca avevano otto e undici anni, ma il matrimonio non fu mai celebrato.

Nel 408 i Visigoti con a capo Alarico assediarono Roma e Serena fu processata dal Senato romano con l'accusa di aver chiamato i Visigoti a Roma. Al processo partecipò Galla Placidia, che favorì la sua condanna schierandosi dalla parte di Onorio.

Quando i Visigoti di Alarico lasciarono Roma, dopo averla saccheggiata, portarono come ostaggio Galla Placidia, con anni di prigionia per la diciottenne principessa. Alla morte di Alarico il suo successore, Ataulfo, condusse i Visigoti e Galla Placidia in Gallia, dove, nel 412, catturò e consegnò ai Romani l'usurpatore Giovino. Ataulfo sperava di essersi guadagnato il riconoscimento della corte ravennate, ma Onorio gli richiese Galla Placidia, di cui però Araulfo era da tempo invaghito.

Ataulfo quarantenne, nel 414, sposò la ventiduenne Galla Placidia rendendola regina dei Visigoti. La sposò secondo la cerimonia romana e fece sfilare cinquanta giovani con vassoi recanti parte del bottino del sacco di Roma, restituendolo alla sposa romana. Per quanto dettato da ragioni politiche si sa che Ataulfo si fosse invaghito da tempo della bella Galla e che avesse premuto per averla in ostaggio per questa ragione.

Il matrimonio non fu riconosciuto da Onorio, che nutriva anche una certa propensione per Galla. Costanzo si recò con un esercito in Gallia per affrontare i Visigoti; Ataulfo e Galla fuggirono in Spagna nel 415 ma Ataulfo venne assassinato.

Galla non fu mai indifferente ai potenti, che la amarono o la odiarono molto: il successore di Ataulfo, Sigerico, la umiliò facendola marciare a piedi per venti chilometri davanti al suo cavallo, ma fu ucciso sette giorni dopo essere salito al trono; gli successe Vallia, che restituì la dignità regale a Galla, accettò di combattere per i Romani e rimandò Galla a Roma, dopo una prigionia di sei anni.

Qui Galla celebrò il trionfo di Onorio, che se la riportò a Ravenna. Anche in pubblico Onorio mostrò attenzioni poco fraterne verso la sorellastra che non esitò a manifestare apertamente la sua irritazione.

Galla Placidia fu poi promessa in moglie suo malgrado a Flavio Costanzo, generale fedelissimo ma parecchio bruttino di Onorio. Ebbe da lui due figli: Giusta Grata Onoria nel 418 e Placido Valentiniano nel 419, il futuro Valentiniano III, che ricevette in tenera età dallo zio Onorio il titolo di nobilissimus, con conseguente prelazione alla successione imperiale.

La posizione di Galla nella corte imperiale era altissima, madre del futuro erede e regina dei Visigoti, per cui aveva sempre al suo fianco la fedele guardia visigota. Esercitò una profonda influenza su Costanzo, indirizzandolo verso il suo intransigente cristianesimo.

Infatti nel 419 fu coinvolta nella controversia per il soglio vescovile di Roma, tra Bonifacio ed Eulalio. Per compiacere Galla, Onorio esiliò Bonifacio, organizzando però due sinodi. Galla si prodigò affinché i vescovi africani si recassero al sinodo, ma alla fine fu Bonifacio a prevalere.

Nel 421 Costanzo salì al trono come coimperatore di Onorio, e Galla Placidia ricevette il titolo di augusta, che la poneva allo stesso livello dell'augusta d'Oriente, Pulcheria. La nomina fu comunicata a Costantinopoli, da cui non giunse però riconoscimento, intanto Costanzo morì.

Nei conflitti tra i generali Castino e Bonifacio, Galla sosteneva Bonifacio e i Visigoti, ed era da essi sostenuta, mentre Onorio parteggiava per Castino. I collaboratori di Onorio lo convinsero che Galla tramava per deporlo, e l'imperatore la esiliò dall'Italia.

Nel 423, Galla e i suoi figli si imbarcarono per Costantinopoli, dove regnava il nipote Teodosio II, figlio di Arcadio, sotto la reggenza della sorella Pulcheria, e andarono a vivere in uno dei due palazzi di Galla. La regina dei Visigoti aveva allora 36 anni, ed era ancora bellissima.

Nell'agosto del 423, alla morte senza eredi di Onorio, il Senato romano scelse come successore Giovanni Primicerio, ma la corte di Costantinopoli non lo riconobbe. I Visigoti riconobbero legittimi successori di Onorio la loro regina Galla Placidia e Valentiniano III.

La corte d'Oriente, dovette riconoscere suo malgrado che Galla aveva molti sostenitori in Occidente e che il figlio era un imperatore dinastico, e che Teodosio II aveva solo due figlie. L'imperatore d'Oriente decise allora di porre il cugino sul trono d'Occidente e organizzò una spedizione per rovesciare Giovanni.

Galla e Valentiniano si videro riconosciuti i loro titoli, e nel 424 Valentiniano fu nominato cesare d'Occidente all'inizio della spedizione in Italia. L'esercito romano d'Oriente al comando del generale Aspare, catturò Aquileia, dove si insediarono Galla e Valentino Aspare, poi catturò Ravenna, inviò Giovanni da Galla, la quale gli fece tagliare la mano destra, legare ad un asino e girare per le strade di Ravenna al pubblico ludibrio, facendolo infine decapitare nel circo. La cristiana Galla era crudele come una barbara.

Tre giorni dopo la morte di Giovanni, il suo generale Flavio Ezio arrivò con un grosso contingente di 60.000 Unni. Alla fine Galla Placidia ed Ezio giunsero a un accordo: gli Unni avrebbero ricevuto la propria paga e sarebbero tornati ai propri territori, ed Ezio avrebbe ricevuto il titolo di magister militum per Gallias (comandante dell'esercito delle Gallie). Nel 425, a Roma, Valentiniano fu proclamato augusto da Elione, all'età di sei anni.



VALENTINIANO IMPERATORE: LA REGGENZA

Galla rimase ad Aquileia per diversi mesi, dove abrogò le leggi che estendevano ai pagani alcuni diritti riservati dei cristiani. Nello stesso anno fece un ingresso trionfale a Roma con Onoria e Valentiniano. Qui il giovanissimo Valentiniano, a 6 anni, salì al trono, divenendo augusto d'Occidente, ma il potere effettivo andò a Galla Placidia, in qualità di tutrice del figlio e prima fra tutte le auguste, accanita sostenitrice della la Chiesa cattolica e grande nemica dei pagani.

La tutela di Galla durò legalmente dodici anni (425-437), ma durò anche in seguito. Per i buoni rapporti tra le due corti si fidanzarono Valentiniano e Licinia Eudossia, figlia di Teodosio.

Durante il suo governo, Galla si trovò a dover gestire diverse figure forti, tra cui Felice, marito di Pandusia, sostenitrice di Galla, e quindi probabilmente anche lui sostenitore dell'augusta sin dai tempi del matrimonio con Costanzo III.

Galla lo nominò magister utriusque militae e Felice divenne così influente che si diceva apertamente che ogni decisione era presa con il suo consenso. Altro potente fu Ezio, un sostenitore di Giovanni, ma con ottimi rapporti con gli Unni e grandi ricchezze, per cui riuscì a contrattare con Felice, ottenendo il comando militare delle truppe sulla frontiera pannonica.

Galla, pur ostile ad Ezio, dovette accettarlo. Mentre Ezio contrastava con successo i Visigoti e i Franchi in Gallia, aumentava a corte l'influenza di Felice, che nominato da Galla console e poi patricius. Finchè nel 430 Ezio fece arrestare e uccidere il suo rivale.

Ma c'era un altro sostenitore di Galla, Bonifacio, che esigeva riconoscimenti. Galla lo nominò comes domesticorum, ma questi, tornato in Africa, si fece ariano perdendo il favore di Galla che lo proclamò nemico dello stato. Felice gli organizzò contro due spedizioni, per cui Bonifacio chiamò in aiuto i Vandali di Genserico, che fomentarono la rivolta delle popolazioni indigene. La provincia d'Africa non era più romana.

Sempre nel 430 Felice morì, e in Africa i Vandali di Genserico sconfissero l'esercito di Bonifacio. Galla decise allora di richiamare a Ravenna Bonifacio e di conferire il comando delle operazioni ad Aspare. Poi tolse ad Ezio il titolo di magister utriusque militiae per darlo a Bonifacio, che elevò anche al rango di patricius per metterlo al di sopra di Ezio, che sarebbe stato console per il 432.

Bonifacio, forte del sostegno dell'augusta, iniziò la guerra civile con Ezio sconfiggendolo nella battaglia di Ravenna (432). Ezio fuggì tra gli Unni ma Bonifacio morì per le ferite riportate in battaglia. Galla fu costretta a restituire ad Ezio la carica di magister utriusque militiae e il patriziato. Ezio concluse finalmente la pace coi Vandali.



VALENTINIANO: L'IMPERO

Nel 437 Valentiniano compì diciotto anni e con la sua maggiore età terminò la reggenza di Galla, che però continuò ad esercitare una enorme influenza a corte. L'imperatore sposò Licinia Eudossia, figlia di suo cugino Teodosio II, e ne ebbe due femmine: Eudocia e Placidia. Eudossia fu anche elevata al rango di augusta nel 439, titolo che in Occidente spettava già a Galla e a Onoria.

Il regno di Valentiniano è segnato dallo smembramento dell'Impero d'Occidente: nel 439 i Vandali con Genserico conquistarono l'Africa e Cartagine, da cui partirono incursioni navali che saccheggiavano la Sicilia e il Mediterraneo occidentale; nel 446 i Romani lasciarono definitivamente la Britannia; gran parte della Penisola iberica e parte della Gallia furono perse a favore di popolazioni barbare.

Valentiniano, col sostegno di Galla cercò di contenere lo strapotere di Ezio, ma questi riuscì a fidanzare suo figlio Gaudenzio con Placidia, seconda figlia dell'imperatore. Per giunta Ezio e gli alleati barbari riportarono una grande vittoria sugli Unni di Attila nel 451 e fermarono l'espansione dei Visigoti in Gallia meridionale. La perdita dell'Africa però obbligò ad alzare le tasse, con grave scontento delle popolazioni soprattutto nelle province.



LE LOTTE RELIGIOSE

In Oriente infuriò la lotta tra ortodossia e monofisismo, in realtà una lotta di potere. Il campione del monofisismo, Eutiche, fu scomunicato dal patriarca di Costantinopoli Flaviano, ma questi si appellò a papa Leone I, che invece lo confermò. Teodosio, schierato dalla parte di Eutiche, e non riuscendo a smuovere Leone, fece indire il secondo concilio di Efeso nel 449, in cui Eutiche fu riconosciuto ortodosso.

Leone protestò con Teodosio e intanto sia Valentiniano che Eudossia, e Galla Placidia gli chiesero di rivedere la propria posizione nell'interesse dell'unità della Chiesa. Le lettere di Galla chiedevano il primato della città di Roma, come sede antica dell'impero e come sede di san Pietro, esattamente come Papa Leone. Teodosio non cambiò idea, ma nel 450 morì e salirono al trono Pulcheria e Marciano contrari ad Eutiche. Galla morì nel 450 a Roma, dove si era recata per incontrare Leone.

VALENTINIANO III ASSASSINA EZIO CON L'AIUTO DI ERACLIO


LA FINE DI EZIO

Secondo lo storico Giovanni di Antiochia, Valentiniano vinse al gioco una somma che Massimo non aveva, per cui lasciò in pegno l'anello, che l'imperatore utilizzò per convocare a corte sua moglie; questa andò, in quanto un inserviente dell'imperatore le aveva mostrato l'anello di Massimo, ma si ritrovò a cena con Valentiniano, che la sedusse.

Quindi la donna accusò Massimo di averla consegnata all'imperatore, così Massimo decise di vendicarsi, cominciando da Ezio. Si accordò con un eunuco di Valentiniano, Eraclio, che osteggiava il generale sperando di poterne ottenere il potere: convinsero Valentiniano che Ezio lo voleva uccidere, e l'imperatore ci credette.

Il 454, Ezio stava facendo rapporto a Valentiniano sull'esazione delle tasse, quando l'imperatore lo accusò di tradimento, poi sguainò la spada e, insieme a Eraclio, lo uccise. Si narra che qualcuno commentasse all'imperatore «Hai tagliato la tua mano destra con la sinistra».



LA MORTE

Valentiniano fece uccidere anche altri notabili; fece poi esporre i cadaveri nel foro, accusando i senatori di tramare un tradimento. Petronio Massimo chiese a Valentiniano il posto di magister militum, ma l'imperatore rifiutò, sicchè Massimo decise di farlo assassinare.

Come complici scelse Optila e Thraustila, due sciti che avevano combattuto sotto il comando Ezio e successivamente assegnati alla scorta di Valentiniano: Massimo li convinse che Valentiniano era il solo responsabile della morte di Ezio, e che solo loro potevano vendicarlo.

Nel 455, Valentiniano, che si trovava a Roma, si recò al Campo Marzio con alcune guardie del corpo, accompagnato anche da Optila e Thraustila e dai loro uomini. Appena l'imperatore scese da cavallo per esercitarsi con l'arco, Optilia lo colpì alla tempia, e al cuore, mentre l'esercito rimase schierato, immobile ad assistere. Contemporaneamente, Thraustila uccise Eraclio. I due sciti presero poi il diadema e la veste imperiale e li portarono a Massimo.

Valentiniano morì a 36 anni, dopo 29 di regno: con lui si estinse la dinastia imperiale di Valentiniano in Occidente. Fu uomo debole e responsabile della morte di Ezio, l'unico uomo forte che avrebbe potuto difendere l'impero dai barbari.


BIBLIO

- Claudio Claudiano - De consulatu Stilichonis -
- Chronica minora - Procopio - De Bello Vandalico - I -
- Michel Rouche - Attila - I protagonisti della storia - traduz. di Marianna Matullo - vol. 14 - Pioltello (MI), - Salerno Editrice - 2019 -
- Penny McGeorge - Late Roman Warlords - Oxford-New York - Oxford University Press - 200 -
- Stewart Irwin Van Oost - Galla Placidia Augusta - A Biographical Essay - Chicago - University of Chicago Press - 1968 -
- Vito Antonio Sirago - Galla Placidia e la trasformazione politica dell'Occidente - Louvain - Bureau du Recueil - Bibliothèque de l'Université - 1961 -
- Santo Mazzarino - Stilicone. La crisi imperiale dopo Teodosio, Collana Studi pubblicati dal R. Istituto Italiano per la Storia Antica - Fascicolo III - Roma - Angelo Signorelli - 1942 -



 

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