SOTTO L'ARACOELI



LA SCALINATA DELL'ARACOELI

La basilica di Santa Maria in Aracoeli sorge sul colle del Campidoglio, tanto che il suo nome originario era Santa Maria in Capitolio, parte del complesso di edifici del monastero che si era insediato sul colle capitolino mentre le costruzioni romane antiche andavano in rovina.

"Dietro alla suddetta Casa vi è la Chiesa di S. Stefano del Cacco; questo nome deriva da due Leoni di Basalto pietra di Numidia di color negro, quali mi ricordo stare innanzi alla suddetta Chiesa; ed al Tempo di Pio IV furono trasportati in Campidoglio, e furono messi per ornamento al principio delle scale fatte a cordone (la cordonata dell'Aracoeli), che conducono sopra la Piazza.
Pochi anni sono fu cavato sotto detta Chiesa, e fu scoperto parte di un Tempio, che ancora vi erano le Colonne in piedi di marmo giallo, ma quando le cavarono, andarono in pezzi, tanto erano abbruciate.
Vi trovarono certi piedestalli, dove gli antichi sacrificavano; vi erano scolpiti certi Arieti con ornamenti al collo, che solevano usare gli Antichi.
Mi ricordo averne veduti in più luoghi: e si trovano oggi in Casa del Sig. Orazio Muti; e non è dubbio, che sotto detta Chiesa vi sono gran cose, ma si perdono per non mettere detta Chiesa in rovina."
(Flaminio Vacca - Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi di Roma)


Secondo la leggenda, riportata nei Mirabilia Urbis Romae, la chiesa sarebbe sorta là dove Augusto avrebbe avuto la visione di una donna con un bambino in braccio e avrebbe udito una voce che diceva «Questa è l'ara del figlio di Dio».

BASILICA ARACOELI - LE COLONNE DEL TEMPIO DI GIUNONE

La sibilla fu interpellata e spiegò che si trattava di Maria, madre di Gesù, come si dice nei Mirabilia:
«Questa visione avvenne nella camera dell'imperatore Ottaviano, dove ora è la chiesa di S. Maria in Capitolio. Per questa ragione la chiesa di S. Maria fu detta Ara del cielo

In realtà la chiesa si erge sulla sommità settentrionale del colle capitolino (“Arx“), dove sorgeva l’antico tempio di Giunone Moneta (cioè “ammonitrice”), del 343 a.c., fondato da Camillo dopo una vittoria sugli Aurunci. Qui vicino sorse, in seguito, la zecca di Roma denominata proprio “Moneta” per il fatto di essere stata costruita accanto al tempio: da qui il nome “moneta” che tuttora diamo al denaro.

La Zecca, forse in seguito all’incendio dell’80 d.c., fu ricostruita alle pendici del Celio: i suoi resti sono stati riconosciuti sotto l’odierna basilica di S. Clemente. Secondo altri studiosi la chiesa sorgerebbe sull'antichissimo Auguraculum, luogo dal quale gli Auguri prendevano gli auspici osservando il volo degli uccelli, ma l'ipotesi è molto dubbia.

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI GIUNONE MONETA


LA CHIESA E IL CONVENTO

Innocenzo IV concesse nel 1250 la proprietà del sito (chiesa e monastero) ai francescani che ristrutturarono la chiesa, conferendole l'attuale aspetto romano-gotico, ed essa ha tre navate con archi a tutto sesto, un transetto e tre cappelle absidali terminali, il pavimento cosmatesco, per lo più conservato salvo gli inserti di lastre tombali, è del XIII secolo, ma ricavato dai marmi del tempio di Serapide fatti a pezzi e ricomposti nel nuovo stile.

La facciata in laterizio era ricoperta di mosaici e di affreschi, purtroppo spariti; vi erano anche tre rosoni sopra i portali, ma quello centrale, a croce gerosolimitana, fu tolto durante il pontificato di Urbano VIII (1623-44) a favore di una finestra con vetrata a colori, con tanto di api dei Barberini, come resta ancora oggi.

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI SERAPIDE

Non è restato neppure l’orologio del 1412, originariamente posto sulla sinistra della facciata, poi al centro ed infine fu spostato sulla facciata del Palazzo Senatorio nel 1806: fino al 1886 ne restò la mostra ma oggi c’è soltanto il buco.

Lungo la navata centrale c'è un piccolo pulpito metallico, sul quale un tempo era usanza far salire i bambini di Roma a recitare la poesia di Natale, prima di recitarla a casa durante il cenone. ma tale uso è ormai scomparso.

Durante l'occupazione di Roma, nel 1797, i Francesi s'impossessarono del colle, cacciando i frati francescani e riducendo la chiesa a stalla: gran parte delle decorazioni cosmatesche andarono distrutte. Con l'Unità d'Italia la proprietà passò allo Stato, che evidentemente soffriva della stessa ignoranza dei Francesi, tanto che vi insediò una caserma con il comando dei Vigili urbani.

LA VERGINE COL BAMBINO

IL BAMBINELLO TRAFUGATO

La chiesa è famosa soprattutto per il “Santo Bambino”, che la tradizione vuole sia stato intagliato da un frate francescano nel legno di ulivo del Getsemani (più conosciuto come Orto degli Ulivi, che evidentemente si seguitò a coltivare ad ulivi) e battezzato nel fiume Giordano.

È dal 1591 che la pia leggenda accende gli entusiasmi del popolo, perché il Bambino sarebbe stato dotato di poteri miracolosi, fra cui quello di resuscitare i morti e guarire i malati gravi: se può fare la grazia le sue labbra diventano rosse, altrimenti restano pallide. Purtroppo, la statua originale fu rubata nel 1994 e quella che oggi possiamo ammirare è una copia, meno preziosa ma con una espressione più serena, anche se, considerati i numerosi ex voto che la circondano, per i fedeli nulla è mutato.

La chiesa, precedentemente chiamata “S. Giovanni in Mercatello” e nel 1542 fu assegnata da Paolo III ai monaci Basiliani di Grottaferrata, poi al sodalizio dei Piceni, poi ai Camerinesi, che la ristrutturarono. Del resto Piazza d’Aracoeli era denominata “piazza del Mercato” (o “del Mercatello“), un toponimo che rimanda all’antica ubicazione del mercato qui trasferito sin dal Medioevo dalla sommità del Campidoglio (dove sembra fosse tenuto già dagli etruschi).

Vennero poi costruite due esedre arboree, ornate da siepi e pini, secondo il progetto di Corrado Ricci, ovvero quei due basamenti curvilinei, gradinati ed alberati che ancora oggi vediamo ai due lati del Monumento a Vittorio Emanuele II.



LE SCALINATE

Dalla piazza del Campidoglio due scalinate costruite su progetto del Vignola tra il 1547 ed il 1552 portano, rispettivamente, al “Capitolium” ed alla chiesa di S.Maria in Aracoeli. La nuova imponente scalinata della chiesa venne commissionata proprio nel 1348, come voto alla Vergine affinché ponesse fine alla peste che imperversava in tutta Europa.

La cordonata fu così realizzata con marmi di spoglio ricavati da ciò che rimaneva della scalinata del Tempio di Serapide al Quirinale, che sorgeva sul colle del Quirinale a Roma, era il più grande e sontuoso Tempio del Colle, i cui resti sono tuttora visibili presso l’Università Gregoriana.
In cima alla scalinata fu posta una colonna con capitello corinzio e croce a ricordo del terremoto del 1703 che provocò tanto spavento ma pochi danni.

Una leggenda dice che per vincere al Lotto occorra salire in ginocchio i 124 gradini della scalinata d'accesso alla basilica invocando i Re Magi e recitando il De profundis per le anime del Purgatorio. Alla chiesa si arriva infatti tramite una scalinata di 124 gradini, ma 122 se si sale dal lato destro, inaugurata, secondo la leggenda, dal tribuno Cola di Rienzo nel 1348 e realizzata da Lorenzo di Simone Andreozzi a spese del popolo romano, come ringraziamento alla Vergine per aver salvato la città dalla peste: sarebbe costata 5000 fiorini.

SCALINATA DEL CAMPIDOGLIO

Ma 122 sono anche le colonne che dividono l’interno della chiesa in tre navate tutte di spoglio, recuperate da vari edifici di epoca romana: l’iscrizione, sulla terza colonna da sinistra, “a cubicolo Augustorum“, farebbe pensare che essa provenga dalla stanza da letto dell’imperatore sul Palatino, dove era la casa imperiale.

Nel Seicento, sui gradini della scalinata, avevano preso l’abitudine di accamparsi di notte i contadini che venivano in città a vendere i loro prodotti finchè una notte vennero fatte rotolare dall’alto alcune botti piene di pietre che uccisero poco cristianamente i poveri dormienti: per evitare altri crimini, la scalinata fu chiusa con grandi cancelli, rimasti in loco fino alla fine dell’Ottocento.

La scalinata è stata considerata anche una vera e propria “scala santa”: veniva considerato miracoloso salirla in ginocchio da zitelle in cerca di marito, da donne desiderose di avere figli, da mamme che chiedevano latte per nutrire i propri figli ed anche da chi, come già specificato, chiedeva vincite al Lotto.



BIBLIO

- Marina Carta e Lara Russo - Santa Maria in Aracoeli - Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani - 1988 -
- G. Tamanti, C. Tempesta - Basilica di S. Maria in Aracoeli. Icona della Madonna Advocata - Roma - Gangemi - 2009 -
- Willy Pocino - Le curiosità di Roma - Roma - Newton & Compton - 2005 -



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