LA REGIA



RICOSTRUZIONE DELLA REGIA

IN ETA' REGIA

L'antichissima Regia, del VI sec. a.c., situata all'estremità sud-est del Foro Romano, anticamente chiudeva il lato breve della piazza prima che vi venisse costruito davanti il tempio del Divo Giulio. Alle sue spalle si levavano il tempio di Vesta e la casa delle Vestali, e a nord il tempio di Antonino e Faustina. Secondo alcuni studiosi la Regia era un complesso assai più grande, che comprendeva anche la casa del Rex sacrorum, e quella delle Vestali.

Questo settore della Regia durante la Repubblica è stato isolato con lo sviluppo urbanistico del Foro, ma conservato e forse adibito a santuario. Oggi lo si conosce come casa del Re. La parte della Regia che costituiva l'abitazione del Rex sacrorum, nell'età dei Re, non è oggi visibile, coperta da una tettoia, essa si trova nella parte più alta della Via Sacra. Della Regia rimangono presso a poco le sole fondamenta, appartenenti in parte all'edifizio repubblicano e in parte a quello restaurato nell'età di Augusto.

Le fasi della costruzione sono state messe in luce da uno scavo condotto nel 1899 da Giacomo Boni, (1859 –1925) su cui Frank E. Brown (1808-1898) condusse ulteriori indagini archeologiche tra il 1964 ed il 1965, giungendo a scoprire, al confine della superficie "storica" del Foro, due tombe di bambini della fine dell'VIII secolo a.c. e una decina di capanne del IX secolo a.c., simili a quelle del Palatino. Pertanto la Regia, da Rex, Re, e da cui il termine Reggia, era un edificio a pianta irregolare, adiacente la via Sacra, ritenuto dai Romani come la casa di Numa Pompilio e la residenza dei re.

LA REGIA TRA LA VIA SACRA E L'ATRIUM VESTAE

Recenti scavi hanno permesso di stabilire l’esistenza di capanne sull’area, almeno nell’VIII sec. a.c., sostituite da una prima costruzione in muratura con un paio di ambienti e un recinto ancora di età regia. Questo tipo di costruzione rimase invariato attraverso vari restauri e rifacimenti fino alla fine della Repubblica, per conservare intatti i simboli e i luoghi della tradizione.

Nella seconda metà del VII secolo a.c. sulla piattaforma delle capanne vengono poste le fondazioni in tufo e l'alzato in mattoni crudi di un edificio aperto sulla futura via Sacra. Davanti alla piattaforma si trovava un recinto con un cippo-altare a forma di tronco di cono. Secondo la tradizione qui Numa Pompilio aveva un'abitazione propria o almeno un quartier generale.

Secondo la tradizione la dimora regale di Numa Pompilio era dunque al principio della Sacra Via, lasciata poi al Rex sacrorum e al pontefice massimo, Pontifex Maximus, che vi esercitavano la loro funzione sacrale.

Ma il rex era pure il supremo magistrato, eletto dai Patres, da cui il termine Patria, ovvero i Seniores, da cui il termine signore, da cui il termine inglese "ser", o il medievale "Sire", insomma i capifamiglia delle gentes originarie, per reggere e governare la città. Non esistono riferimenti riguardanti un principio ereditario nell'elezione dei primi quattro re latini, mentre per i successivi tre re etruschi fu stabilito un principio di discendenza matrilineare.

RESTI DELLA REGIA

IN ETA' REPUBBLICANA 

Si è dibattuto se nella Regia vivesse il Re o il Rex sacrorum (re delle cose sacre, che ereditò le funzioni religiose del Re durante la Repubblica), ma un passo di Festo informa che il Rex sacrorum vivesse sulla Velia. Non vi risiedeva nemmeno il Pontefice massimo, che risiedeva invece nella vicina Domus publica. Però il pontifex svolgeva la sua funzione nella Regia, che doveva essere pertanto un santuario dalle forme di un'abitazione.

Secondo alcuni studiosi nell'età repubblicana la Regia servì solo come ufficio amministrativo del Pontefice, qui si conservava l'archivio, con i commentari e le tavole, compilate annualmente dai Pontefici, contenenti la lista dei magistrati, i fatti più notevoli avvenuti in pace ed in guerra, i prodigi, il caro dei viveri, l'eclissi, le pubbliche calamità, le preghiere, i sacrifici, il calendario sacro, e le leggi su matrimoni, morte e testamenti.

Da queste tavole, o anche dai commentari, gli Annales (raccolta di eventi di pubblico interesse) ebbe origine il più antico libro di storia romana, che gli autori antichi
chiamarono gli Annales Maximi.

Nella Regia si riuniva invece il collegio dei pontefici e a volte i Fratres Arvales, e vi si conservarono i leggendari scudi sacri di Marte (gli ancilia). Secondo la leggenda uno scudo del Dio era piovuto nel Foro e i Romani, per impedirne il furto, ne fecero undici copie identiche, che venivano portate in processione dall'antichissima corporazione sacerdotale dei Salii (i saltatori); essi procedevano saltando ogni tre passi, il cosiddetto tripudium.

Qui erano anche infisse le lance consacrate a Marte, le hastae Martiae: si credeva che se queste avessero incominciato a vibrare, sarebbe accaduto qualcosa di terribile. Secondo la leggenda, le aste vibrarono la notte del 14 marzo del 44 a.c., quando Giulio Cesare, che ricopriva la carica di Pontefice Massimo, venne ucciso nel Senato.

Nella Regia aveva inoltre sede un santuario di Ops Consiva, Dea dei raccolti, luogo sacro in cui potevano accedere solamente il pontifex maximus e le Vestali.  Vi era pure un altare per sacrifici  dedicato a Giove, Giunone e Giano, forse quello originariamente posto nel cortile recintato.

RESTI DELLA REGIA

I FASTI CAPITOLINI

La Regia, distrutta da vari incendi sin da poco dopo la metà del VI secolo a.c, fino al 148 a.c., in cui venne ricostruita o restaurata, per poi venire riccamente restaurata nel 36 a.c. da Domizio Calvino, il vincitore della Spagna. Venne anche distrutta durante nel grande incendio di Roma del 64, ma poiché la sua pianta era considerata sacra, questi restauri non ne modificarono mai la disposizione. La sua importanza simbolica rimase tale per tutto il il periodo imperiale

Sulle sue pareti esterne fece scolpire la lista dei magistrati eponimi e dei trionfi da Romolo fino a Cesare. Queste iscrizioni in lettere di bronzo dorato, oltre ad ornare l'edificio, servivano alla compilazione dell'archivio. I frammenti di queste iscrizioni ora si trovano nel Palazzo dei Conservatori sul Campidoglio, e portano il nome di Fasti Capitolini.

Sotto Commodo la Regia venne un'altra volta danneggiata dalle fiamme, ma fu subito ricostruita da Settimio Severo. L'edificio rimase in piedi, a quanto sembra, anche dopo la caduta dell'Impero occidentale, ma nel secolo ottavo era già in parte rovinato. Gli avanzi vennero scoperti nel 1546, in cui si rinvenne la maggior parte dei frammenti dei Fasti, ma non si seppe stabilire allora a quale costruzione appartenessero; soltanto le esplorazioni moderne (1886, 1889, 1901) hanno accertato l'edificio, il luogo ove sorgeva e la sua architettura.

"A sinistra della via Sacra si vede prima una piccola stanza con pavimento di marmo bianco e nero ove, incastrata in un muro medioevale, si rinvenne la metà di un architrave con l'iscrizione:
... ORES·PONTIFICVM·ET·FLAMINVM

La prima metà del medesimo architrave era già tornata alla luce nel 1546; con essa si supplisce l'iscrizione in questa maniera: 
"in honorem domus Augustae kalatores pontificium et flaminum

Si è proposta quindi la congettura, che quei subalterni dei sacerdoti avessero il loro uffizio accanto a questo angolo della Regia. I bei frammenti architettonici, i pezzi di trabeazioni, i capitelli di colonne e di pilastri, ora accatastati qui, provengono dall'edifizio restaurato da Calvino (36 a.c.).

Continuando la via, che è lievemente in salita, si trovano a destra le fondamenta della Regia repubblicana. Un locale che ha conservato il pavimento di lastroni di tufo, con in mezzo una sostruzione rotonda di tufo grigio (lo strato superiore è di moderno restauro), si è voluto, senza ragioni convincenti, riconoscere per il sacrario di Marte. Nè più probabile è un'altra congettura, che una cisterna sotterranea segni il posto del sacrarium Opis. Più oltre si vedono avanzi dell'edifizio imperiale Parete della Regia con i Fasti.

Della parete meridionale, che, nell'edifizio di Calvino, portava scolpite le liste dei consoli e dei trionfi, poco rimane sul luogo; numerosi invece sono i frammenti dell'epistilio che già coronava la parete, provenienti dal restauro di Settimio Severo. Gli avanzi di una parete che ancora stavano in piedi dimostrano, come i blocchi dei Fasti, che l'edifizio di Calvino era piccolo ma sontuoso, e formato da solidi massi marmorei. 

Rimangono anche pezzi di un pavimento di marmo bianco, la soglia di una porta ed altri avanzi dello stesso materiale. Tutta la parte settentrionale della Regia, dirimpetto al tempio di Faustina, venne trasformata al principio del medio evo (sec. VII-VIII) in una nobile case privata, simile a quella situata nella Basilica Emilia; ne rimangono le colonne di cipollino con rozze basi di granito rosso, e le mura costruite in mattoni e frantumi di marmo. La Regia dell'età repubblicana si estendeva, come è probabile, assai più verso oriente; ad essa si attribuiscono alcuni avanzi di tufo e di travertino ritrovati tra la case delle Vestali e la Sacra Via."



LA DISPOSIZIONE

Gli interni erano divisi in tre camere più una camera centrale di ingresso e un cortile. La parte a sud ha una forma rettangolare allungata sull'asse est-ovest; al suo centro aveva un vano di accesso, dal quale si accedeva alla stanza orientale, forse al santuario di Opi, e alla stanza occidentale con un altare circolare, probabile santuario di Marte


Questo quanto riportato anche se siamo più propensi a credere che fosse all'inverso, sia perchè la stanza orientala era di solito riservata alla divinità più importante, sia perchè l'ara circolare era solitamente riservata alle Dee.

A nord si apriva invece un ambiente trapezoidale con doppio porticato in legno che doveva essere un cortile scoperto, pavimentato in tufo, forse l'Atrium regium. Vi si aprivano alcuni pozzi tuttora visibili e vi si dovevano trovare i due allori ricordati dalla tradizione. Molti dei bellissimi frammenti marmorei sparsi nelle vicinanze risalgono alla ricostruzione della Regia del 36 a.c.

LA REGIA

ANDREA CARANDINI

La reale esistenza della figura di Romolo visto come effettivo fondatore, primo legislatore e re-sacerdote, è stata invece rivalutata dall'archeologo Andrea Carandini, dato i risultati dei recentissimi scavi alle pendici del Palatino, che avrebbero portato al rinvenimento dell'area corrispondente alla vera Regia di Romolo, ove sono stati rinvenuti reperti fittili databili con certezza al secolo VIII a.c., confermando anche l'esattezza cronologica delle fonti storiografiche sulla fondazione di Roma.

"Nel settore orientale del lucus Vestae era un lotto riservato alla domus dei re-auguri latino-sabini: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio e Anco Marcio. Benché eretta in tecnica capannicola, essa ha l’aspetto di una prima dimora aristocratica. Sotto la grande sala posta al centro della domus è stata rinvenuta una precedente piccola capanna rettangolare che aveva davanti a sé altre tracce di pali. Si trattava di una taberna o meglio di un tabernaculum: la capannetta provvisoria che il re-augure erigeva davanti allo spazio rettangolare (templum), segnato dalle altre tracce di pali, necessario osservatorio per interpretare i segni provenienti dal cielo, come i tuoni. 

Immaginiamo il re seduto sul trono (solium) posto davanti alla porta e sotto il tettuccio o “protiro” che la proteggeva. Si trattava in questo caso, probabilmente, di un augurium stativum, volto cioè a ottenere l’autorizzazione divina per stabilire in quel luogo la domus Regia e forse anche lo stesso lucus Vestae che la accoglieva. 

Secondo la leggenda, la volontà favorevole di Giove si sarebbe manifestata con fulmini e con uno scudo (ancile) caduto dal cielo (Ovidio, Fasti, 3.351 sgg.), considerato il massimo talismano di Roma. Compiuto il rito, ottenuto il divino assenso e obliterati il tabernaculum con il suo templum – strutture entrambi provvisorie – è stata eretta, al di sopra, la domus Regia nella quale abiteranno ufficialmente i re-auguri, i quali ospitavano il prodigioso scudo chiamato ancile insieme a undici sue copie volte a proteggerlo.

Alla domus Regia si accedeva dalla summa Nova via, tramite un’ampia corte. La Sacra via scorreva in quel tempo sul retro della casa, situata ancora al fondo del fossato che correva tra Velia e Palatium, per cui poco serviva per accedere al lucus Vestae. Al centro della dimora era una grande sala (mq 40), dotata di ampia falda prominente del tetto o “protiro” sorretta da due grandi pali. Altri due pali reggevano la copertura straminea. Possiamo immaginare alle pareti i talismani legati alla sovranità: le hastae di Mars e l’ancile caduto dal cielo con le sue undici repliche; questa sala/sacrarium poteva contenere anche il praefericulum e la secespita di Ops, cioè il vassoio e il coltello sacrificali usati nel rito di questa dea. 

Alla base delle pareti era un bancone, che poteva accogliere una trentina di persone; 30 erano i rioni o curiae della città e i loro rappresentanti. La sala doveva ospitare le riunioni del consiglio regio e banchetti ancora da seduti, ché l’abitudine di cibarsi sdraiati è più tarda (dalla fine del vii secolo a.C.). Ai lati della sala erano: a ovest un grande ambiente (un cucinone?), dotato di recesso (per il focolare?), e a est altri due ambienti (cubicula?). 

ECCO COME DOVEVA APPARIRE LA PRIMA REGIA

I pali del protiro e altri pali posti davanti alle altre stanze reggevano le falde del tetto. In corrispondenza del tratto di muro conservato al limite sud dell’ambiente 7 è stato rinvenuto un deposito di fondazione, costituito da una tomba infantile, creato mentre si costruiva la dimora. I depositi fatti durante la costruzione o l’obliterazione non sembrano tombe normali, che pure esistono se però connesse alla vita della casa. Potrebbe trattarsi di sacrifici umani reali o in diverso modo simulati. Nelle necropoli esterne all'abitato erano inumati, a partire dal secondo quarto del ix secolo a.C., solamente gli adulti, mentre gli infanti potevano essere seppelliti nella abitazione o presso di essa. ­­­­­

Per il culto dei Lares nel lotto a occidente della domus Regia, probabilmente comunicante con essa, anche per le fasi che seguono. A poco dopo, tra il 730 e il 720 a.C., si datano i primi rifacimenti della domus Regia. La sala dispone ora di un “protiro” sorretto da tre grandi pali e contiene una tomba di infante, relativa alla vita di questa casa, che verrebbe a trovarsi sotto il bancone, ipotizzato anche per questa fase. Nella stanza a ovest della sala il recesso è stato ampliato e nel primo ambiente a est figura ora un focolare. Tra il 720 e il 700 a.C. la domus si ingrandisce e assume una forma a “L”. Nella stanza a est, dotata di focolare, viene allestito un recesso per accoglierlo. 

Nell’ala aggiunta lungo il limite est del lucus viene apprestata una seconda sala fronteggiata da una porticus. Si trattava forse del sacrarium di Mars e Ops, dove sono stati probabilmente spostati anche le hastae Martis e gli ancilia. Se così è stato, la sala centrale deve aver visto ridurre il proprio significato sacrale, rimanendo il luogo del consiglio e del banchetto. Un deposito di obliterazione segna la fine di questa fase. Tra il 700 e il 650 a.C. la sala centrale viene ridotta, per creare sul retro due stanze, forse cubicula; in una è presente una tomba infantile, relativa alla vita della casa. A est l’ambiente con recesso per il focolare viene articolato in due grandi stanze e a ovest la stanza viene ingrandita. È come se due altre sale affiancassero ora quella centrale. 

La sala/sacrarium di Marte e Ops, dotata di porticus, appare ridotta, ma acquista un focolare. Nel cortile era una canaletta, probabilmente per drenare le acque. Tra 650 e 600 a.C. la stanza della casa più a ovest si ingrandisce e si protende verso la corte; qui era sia un deposito di fondazione, una tomba di infante, sia un deposito di obliterazione, un’altra tomba di infante e di un dolio. Una delle stanze sul retro si estende verso est diventando un corridoio, per cui sopravvive solamente un cubiculum. 

La stanza d’angolo a est viene tramezzata e la sala/sacrarium perde probabilmente la porticus ma occupa oramai l’intero lato est della corte. Solo in questa ultima fase della domus Regia viene abbandonata la tecnica capannicola: i muri di argilla hanno ora uno zoccolo in scaglie di tufo e la copertura dispone di tegole (è la prima casa come anche noi la intendiamo). Potrebbe trattarsi della casa di Anco Marcio, che sappiamo essere connessa al culto dei Lari. In questa casa Anco ha accolto Tarquinio Prisco, giunto da Tarquinia con sua moglie Tanaquil per trovare fortuna in Roma, città aperta. 

Nel complesso la domus Regia mantiene per un secolo e mezzo il suo carattere originario, che va gradualmente arricchendosi, ma senza troppo alterare il modello iniziale, anche quando la tecnica capannicola viene abbandonata, come accade nell'ultima fase. Caratterizzano questo monumento i depositi di fondazione e di obliterazione, consistenti in tombe di infanti e depositi di reperti, che non sono relativi alla vita della casa, per cui non si tratta di sepolture normali di bambini, dal momento che chiudono o aprono una fase edilizia. 

Questa domus Regia è il prototipo delle prime case aristocratiche di Roma, con sala per banchetti seduti, che nulla hanno a che fare con l’edilizia signorile successiva, la quale a partire dalla metà del vi secolo a.C. si incentrerà sull'atrium e sul tablinum, la sala principale della casa in cui si conserveranno le tabulae, cioè l’archivio di famiglia."

(Andrea Carandini - La casa dei re-auguri)

REGIA DEL 750-730 A.C.


GLI SCAVI

Sulla sommità del Palatino esisteva un villaggio protourbano già dall'inizio dell'età del ferro (tra IX e metà dell'VIII sec. a.c.), e questo è provato dal ritrovamento delle fondazioni di quattro capanne.
Le tracce lasciate da quella meglio conservata hanno permesso di ricostruirla: misurava m 4,90 x 3,60 con sette fori lungo il perimetro ed uno al centro; i fori corrispondevano ai pali che sostenevano l'alzato.

La porta era preceduta da un piccolo portico. Il tetto era di paglia e spiovente; le pareti erano di canne ricoperte d'argilla. Al centro della capanna c'era un focolare. Era un villaggio molto esteso, ampio ben 250 ettari, ma non era una entità statale, gerarchizzata e sottoposta a un potere unico.



IL CAMBIAMENTO DI POTERE

Intorno alla metà dell'VIII secolo a.c. ci fu un cambiamento: dove prima c'era una grande capanna ovale vennero costruite due capanne, una delle quali formata da due stanze e contemporaneamente vennero innalzate le mura. Le due capanne si possono forse interpretare come un tempio ed una reggia.

La costruzione delle mura fortificate, del tempio e la reggia dovevano avere nell'ordinamento un capo, un re forse, che ha imposto il suo potere, trasformando il villaggio protourbano in uno stato, organizzato e gerarchizzato. Un re che i romani chiamavano Romolo.

Come si vede, dati archeologici e fonti scritte coincidono: le scoperte confermano la fondazione di Roma descritta da Livio, Dionisio di Alicarnasso e Plutarco. Naturalmente coesistono storia e leggenda, insomma gli storici romani hanno rivestito con il mito un fatto realmente accaduto, cioè la creazione di una città fortificata ad opera di un re, sul Palatino, dove prima c'era un villaggio di capanne.

Narra la leggenda che Romolo tracciasse sul colle Palatino un solco quadrato e costruisse intorno al perimetro una piccola fortificazione. Sul lato nord-ovest del Palatino si dice sorgesse il mitico Tugurium Romoli, la dimora del primo re Romolo tanto nominata dagli storici antichi, da Cristo da Diocle di Pepareto a Fabio Pittore, sino a Tito Livio.

RICOSTRUZIONE DELLA REGIA IN EPOCA SUCCESSIVA

LA REGGIA DI ROMOLO

Il professor Carandini l'ha trovata finalmente la casa di Romolo, nel corso di una campagna di scavi al Foro Romano che passerà alla storia dell'archeologia. E' la Reggia dei Re di Roma, una casa sontuosa e monumentale di 345 mq, 105 coperti e 240 di cortile.

La notizia della scoperta l'ha data proprio lui, il professore che da 20 anni, con i suoi studenti dell'Università La Sapienza, conduce ricerche sul Palatino per ricostruire le origini di Roma. La Reggia si trovava accanto al santuario di Vesta, fuori dalla Mura Palatine.

Grosse buche di pali, fosse di fondazione, piccoli elevati di mura in argilla: sono gli elementi che Andrea Carandini ha trovato proprio dentro il Santuario di Vesta, tra le mura dell'età di Romolo, che aveva scoperto già nel 1987 nel Foro romano.

Chi viveva in una capanna doveva accontentarsi di uno spazio ampio al massimo 30 mq. In proporzione la reggia era enorme: aveva al centro un salone per i banchetti a cui si accedeva da un ingresso monumentale sostenuto da colonne di legno. Le pareti erano di legno e argilla, i pavimenti in scaglie di tufo pressato, il tetto in tegole e gli arredi finemente decorati con ceramiche di altissima qualità, ai lati due o tre ambienti con i pali a sostenere le falde del tetto.

Dalla ricostruzione della sala centrale della Domus dei primi re di Roma, si desume inoltre che l'ambiente era dotato di un bancone lungo le pareti per sedersi a banchetto e assistere a cerimonie e riti. L'entrata, maestosa per il tempo, era sostenuta da due grandi colonne di legno. Si trattava di una regalità più modesta rispetto a quella dei sovrani orientali.

"Sono i resti" ha detto Carandini "di un grande palazzo della metà dell'VIII secolo a. c., che potrebbe essere la casa dei primi re di Roma: un grande edificio, realizzato però ancora con tecnica capannicola, con i tetti in materiale vegetale, ma con una grande corte e un salone per i banchetti."

Ma è stato scoperto un altro ambiente, che deve essere ancora ulteriormente scavato, davanti al tempio di Vesta, dove sono state trovate altre fondazioni, tracce di focolari e piani di cottura, e magazzini per i cereali. Secondo Carandini sarebbe la capanna dove ardeva il fuoco sacro delle sacerdotesse, la Casa delle Vestali.

E veniamo, così, alla questione della datazione della fondazione di Roma. Queste due scoperte secondo Carandini "confermano quanto era già emerso nell'87, con la scoperta delle muro di Romolo sul Palatino e ci danno indicazioni sul fatto che la tradizione della fondazione di Roma, alla metà dell'ottavo secolo, corrisponda al vero."

Ai due "pezzi rari", Reggia di Romolo e Casa delle Vestali, se ne è aggiunto ora anche un altro: durante gli scavi infatti è venuta fuori a circa 8 m dal livello del mare una pavimentazione del Foro romano anteriore di un secolo a quella fino ad oggi conosciuta che è del VII sec. a. c. Dunque, spiega il professore, tutto converge nel datare le origini di Roma alla metà dell'VIII secolo a. c.:

"Tutto ciò pone sia il Palatino che il Foro, compreso il Palazzo del Re, la Casa delle Vestali e il tempio di Vesta, che sono coevi, in un unico sistema e in unico progetto. Ormai questa datazione diventa incontrovertibile. Questo palazzo è durato almeno fino al 64 d.c, che vuol dire quasi 8 secoli. Dopo i re è divenuto la dimora del Re sacrorum, il capo spirituale, e ha resistito anche in età Repubblicana fino al Primo impero"

CASA DELLE VESTALI NEL 750 A.C.

LA CASA DELLE VESTALI

I re vivevano, dunque, proprio dove ora c’è il tempio di Romulo, lungo la Via Sacra, che un tempo era solo un ruscello e scorreva alle pendici del Palatino, verso la Velia. L’altra scoperta è coerente con la topografia ipotizzata finora ed è venuta alla luce solo qualche giorno fa. "Scavando più ad ovest" rivela sempre Carandini "abbiamo trovato una grande capanna ovale, lunga circa 12 m, con due focolari agli apici e uno al centro,i piani di cottura e i ripostigli per i cereali. Era la casa delle vestali, le sacerdotesse che, come è noto, dovevano sorvegliare il fuoco e non farlo mai spegnere."

E c’è infine la pavimentazione, a 8 m sul livello del mare, fatta di ghiaia e ciottoli, anteriore di circa un secolo a quella che finora veniva considerato l’unico pavimento del Foro, risalente al VII secolo a.c. "Ci consente di leggere in chiave unitaria la formazione di Roma. Fa convergere quello che fin qui abbiamo raccolto sulle origini e la tradizione sulla stessa data: la metà dell’VIII sec. a.c. E pone sia il Palatino che il Foro, compreso il palazzo del Re, la casa delle vestali, e il santuario di Vesta, che sono coeve, in un unico sistema e in un unico progetto. Ormai questa datazione diventa incontrovertibile."

Una tesi e una riconsiderazione della “fondazione romulea”, quella di Carandini, che smentirebbe una volta per tutte Mommsen e la storiografia tedesca dell’800, propensa a liquidare come “leggendario” tutto quello che è anteriore al IV/V secolo a.c.

Per il sovrintendente comunale ai Beni culturali, Eugenio La Rocca le ipotesi di Carandini poggiano su basi solide. "Mi sembra che quanto sta emergendo dagli scavi di Carandini, che può ritenersi il massimo esperto in questo campo, sia una lettura archeologica molto coerente. Chi ha predisposto la leggenda lo ha fatto con la consapevolezza che dietro vi era un fondamento storico. Questo non vuol dire che la vicenda di Romolo e Remo sia necessariamente andata così. Ma solo che la memoria così come ci è stata tramandata dalla maggioranza degli scrittori latini è molto più di un’ipotesi."

Insomma Romolo è esistito, così come i Re di Roma, e Roma fu fondata nel 753 a.c., e questa è storia.


BIBLIO

- Frank E. Brown - The Regia, in Memoirs of the American Academy in Rome - vol. 12  - 1935 -
- Flaminio Vacca - Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi della città di Roma - 1594 -
- Tacito - Annali - XV -
- Andrea Carandini - Angoli di Roma. Guida inconsueta alla città antica - Roma-Bari - Laterza - 2016 -
- Filippo Coarelli - Il Foro Romano. Periodo Arcaico - Roma - 1983 -
- Filippo Coarelli - Il foro boario: dalle origini alla fine della repubblica - Roma 1988 - ed Quasar -- Giacomo Boni - Foro Romano: nuovi frammenti marmorei degli Acta triumphorum e dei Fasti consulares - Roma - Notizie degli Scavi - 1904 -


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