PORTA STERCORARIA



VESTALI
Sul Clivo Capitolino si aprivano probabilmente due porte: la porta Pandana (detta anche Saturnia) che doveva originariamente rimanere aperta per permettere il passaggio a Tito Tazio e ai Sabini, e la porta Stercoraria, dove venivano portati i resti delle cerimonie delle Vestali destinati ad essere gettati nel Tevere.

La seconda porta è ricordata presso il Clivo Capitolino: si chiamava Stercoraria perché attraverso di essa passavano le Vestali per andare a gettare nel Tevere i purgamina (rifiuti) di Vesta e si apriva su un angiportus. L'angiporto (dal latino angipòrtus, composto di angus, "angusto" dal greco àngcho, "stringo", e dal latino portus, "passaggio") è un particolare vicolo, in genere a forma di galleria, che attraversando due o più fabbricati in muratura vicini tra loro, pongono in comunicazione due strade.

Secondo alcuni studiosi questo passaggio sembrerebbe attingere al ricordo di un antico limite tra l'esterno e l'interno dell'abitato. Ma la cosa è molto vaga e poco o nulla provata.

PERCORSO DEL CLIVUS CAPITULINUS SU CUI SI ERGEVA
LA PORTA STERCORARIA (immagine ingrandibile)
Dunque la Porta stercoraria che accedeva da e al colle capitolino si apriva il 15 giugno per farne uscire l'immondizia del tempio di Vesta da scaricare nel Tevere.

Questo è quel che viene riportato e naturalmente non è così, perchè sia il tempio di Vesta e meglio ancora la casa delle vestali erano fornite di acqua e fognature, come del resto tutto il foro di Roma.

Resta il fatto che i rifiuti dal tempio di Vesta venivano rimossi e gettati nel Tevere (Pest 344;.. Cfr ii 258; Varrone ......VI 32; ov veloce VI 713: veloce ap OLIO IP 319, e NS 1921, 98). Probabilmente la porta era circa a metà strada su per il pendio, ma non v'è alcun indizio per la sua esatta posizione (Jord I. 2. 64;... Gilbert II 316; Richter 117).

E' evidente che si trattava di un rito, del resto c'erano a Roma le feste Vestalia, dal 9 al 15 giugno in onore di Vesta, Dea del focolare. Il periodo dei Vestalia inizia con l'apertura del Penus Vestae (Vesta aperitur). Il penus Vestae era collocato nella cavità trapezoidale che si apriva nel podio, ed alla quale si accedeva soltanto dalla cella, il sito era proibito alla vista di tutti tranne che alle Vestali, dove erano conservati i "pignora civitatis", ovvero gli oggetti sacri ai destini di Roma e "pegno" delle sue fortune, che Enea, secondo la leggenda, avrebbe trasportato da Troia.

Finchè i Pignora Civitas restavano a Roma la città non poteva cadere, e, per ironia del destino, così fu. I Pignora Civitatis furono custoditi nel Tempio di Vesta dalle sue sacerdotesse, le vestali, le uniche che avessero il diritto di vedere e custodire gli oggetti sacri, diritto non accordato nemmeno al Pontifex Maximus.

VESTALI
I pegni erano:
1) Il Palladio
2) I Lari e i Penati di Enea
3) La Dea Nera
4) Le reliquie di Tanaquil
5) La corona di Alessandro Magno

Nei giorni delle vestalia era consentito alle matrone, e solo a loro, entrare a piedi nudi nella parte esterna del Penus Vestae, luogo proibito nel resto dell'anno a tutti ed in particolare agli uomini (con la sola eccezione del Pontifex Maximus).

L'ultimo giorno (Vesta cluditur) era definito con la sigla Q St D F, che sta per: Quando Stercus Delatum Fas, cioè “quando l'immondizia del tempio è stata portata via, il giorno è fas”: in coincidenza con le Eidus, l'Aedes Vestae veniva solennemente ripulita e le impurità portate, a quanto riferisce Festo, in un vicolo che si trovava circa a metà del Clivus Capitolinus, chiuso dalla Porta Stercoraria, per poi essere forse gettate nel Tevere.

Il termine stercus, in realtà ad altro non può riferirsi che ad “escrementi di animale”, per cui questo uso non sarebbe che “un resto fossilizzato del tempo, anteriore all'esistenza della città, in cui una società pastorale doveva ripulire dallo stercus la sede del suo fuoco sacro”. Ma anche questo lascia dei dubbi, perchè i pastori sapevano che gli escrementi interrati davano nel tempo una maggiore fertilità ai campi, mentre non si usava gettare i rifiuti nel Tevere da cui si attingeva l'acqua da bere.

Qualcuno ha ipotizzato che nell'ultimo giorno di festa si organizzasse una lunga processione di greggi e armenti, che terminava con la pulizia del tempio e della strada rituale percorsa. Per altri la cerimonia indica la purificazione del tempio, ma si riferisce anche alla concimazione dei campi. Invece secondo Ovidio lo sterco viene gettato nel Tevere. In ogni caso la purificazione del tempio segna il compimento dell'opera produttiva della terra e la preparazione di una stagione nuova.

Tutte queste interpretazioni non sembrano soddisfacenti, sia perchè lo sterco è una chiara allusione all'escremento animale (per quello umano in genere si indicano le feci), ma nel tempio di Vesta non c'erano animali, nè le si sacrificavano animali, ma solo primizie e focacce.

HESTIA
In tempi remoti le sacerdotesse erano addette ai misteri dei cicli della vita, e la fossa scavata nel recinto sacro riceveva le ceneri delle offerte di primizie, erbe odorose, vino ed altro. ma era cura delle sacerdotesse raccogliere dello sterco animale (di erbivori) e mescolarlo fino ad ottenerne un concime che veniva dissotterrato l'anno seguente per concimare l'orto delle stesse sacerdotesse. Era un'abitudine molto in voga in tutti i riti arcaici dedicati alla Madre Terra, e sembra evidente che Vesta (già Estia) fosse in tempi molto lontani una Grande Madre.

Così si riproduceva il mistero della vita e della morte, dove anche l'escremento o le ceneri alimentavano la nuova vita. Era l'antica idea della reincarnazione che però non piacque ai romani che rispettarono solo parte del rito, introducendo l'obbligo di distruggere ciò che le sacerdotesse avessero accumulato in quell'anno, e il modo migliore a disposizione era di disperderlo nel fiume, come cosa indesiderata da conservare.

Per questo non solo impartirono alle sacerdotesse l'ordine di gettare lo sterco e le ceneri nel fiume ma istituirono pure una porta apposita che fosse usata solo per quello scopo, una specie di rituale di allontanamento dal significato originario del rito. Così si verificava un fenomeno di "annullamento" sia dei residui sia della strada compiuta per liberarsene. Spesso i riti si modificano nel tempo simboleggiando l'esatto opposto di ciò che doveva significare. Pertanto la Porta Stercoraria era sicuramente interdetta ai civili che del resto se ne tenevano volentieri lontani. .


BIBLIO

- Mauro Quercioli - Le porte di Roma - Newton & Compton - Roma - 1997 -
- Mauro Quercioli - Le mura e le porte di Roma - Roma - Newton Compton Editori - 2007 -
- Laura G. Cozzi - Le porte di Roma - F. Spinosi Ed. - Roma - 1968 -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - A. Mondadori Ed. - 1984 -





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