ELAGABALIUM





Aelius Lampridius - Historia Augusta:

"Ma egli, subito dopo il suo ingresso a Roma, senza più occuparsi di quello che avveniva in provincia, fece costruire e consacrare a Eliogabalo un tempio sul monte Palatino, accanto ai palazzi imperiali, con l’intenzione di trasferirvi la statua della Mater, il fuoco di Vesta, il Palladio, lo scudo sacro e tutti gli oggetti di venerazione dei Romani; e così faceva affinchè nessun dio a Roma fosse venerato se non Eliogabalo.
RICOSTRUZIONE

Diceva inoltre che le religioni dei Giudei e dei Samaritani, e il culto dei Cristiani, dovessero essere trasferite là, affinchè il culto segreto di tutte le credenze fossero riunite nel sacerdozio di Eliogabalo."

Il giovane imperatore Heliogabalus o Eliogabalo, fu seguace entusiasta del Dio siriano del sole Elagabal di Emesa, altrimenti detto Sol Invictus, "l'invincibile sole".

Durante il regno di Eliogabalo, dal 218 al 222, dedicò al suo Dio un tempio sul Palatino, detto l'Elagabalium. Il tempio, costruito sulla salita del Palatino, dominava la Via Sacra ed il tempio di Venere e Roma.
I suoi giardini erano circondati d'un imponente portico con una uscita verso il Clivus Palatinus.

Eliogabalo era un ragazzo licenzioso e sensuale, amante del sesso e del lusso più sfrenato. Da ciò prese spunto Tadema per il celebre quadro "Le rose di Eliogabalo" che illustra le mollezze piacevoli e sonnacchiose della corte imperiale romana, in una cornice di fiori profumati, veli e marmi colorati.

VEDUTA IN PIANTA CON IL PERIMETRO DEL TEMPIO
Historia Augusta:
"7 Cosparse di rose triclini, letti, nonché i portici per i quali passeggiava; e anche con ogni altro genere di fiori, come gigli, viole, giacinti e narcisi. 8 Non nuotava nelle piscine se non con nobile profumo e dopo averle profumate con zafferano. 9. Né facilmente si sdraiò su divani che non avessero pelo leporino o piume subalari di pernici, e spesso mutando cuscini."

Si dice che il tempio fosse incredibilmente sfarzoso, un misto di cultura romana e orientale, Romana l'architettura grandiosa, ad archi, colonne e gradini in marmo colorato, con pavimenti in opus sectile con marmi policromi, statue, cornicioni e capitelli a rilievo in marmo pario, ma pure fini tappeti istoriati e cuscini, damaschi, trapunte e veli di pregiate sete orientali, e bracieri di bronzo dorato dentro cui bruciavano resine e incensi, e vasi di alabastro colmi d'acqua dive galleggiavano freschi petali di rose.



LA STORIA

TERRAZZAMENTO NORD
La terrazza del tempio Elagabalium era già stata costruita dall'imperatore Domiziano (81-96) per edificarvi un tempio a Giove.

Eliogabalo fece ampliare il terrazzamento e ridedicò il tempio al Sol Invictus Elagaba, ponendogli attorno diversi altari.

Alla morte di Eliogabalo il tempio venne ridedicato a Giove da Alessandro Severo, per andare poi distrutto in un incendio.

Due pietre leggermente concave, molto antiche e corrose, sono senz'altro annerite da un incendio, sono conservate infatti dentro la chiesa, protette come reliquie da una grata.

Le pietre, di certo provenienti dal tempio pagano, conserverebbero le impronte delle ginocchia di San Pietro quando fece volare Simon Mago. Del resto nel Carcere Mamertino San Pietro battè la testa al muro e anche lì lasciò un'impronta sulla pietra.

RESTI DEGLI ARCHI ALL'ENTRATA DEL COMPLESSO
Accanto al tempio sorge oggi la chiesa di San Sebastiano al Palatino, costruita, secondo la tradizione cattolica, nel luogo del martirio di san Sebastiano. In realtà la chiesa venne costruita nell'aedes sacrum dell'Elagabalium, il tempio dedicato a Giove, poi al Sol Invictus e poi di nuovo a Giove.

Dopo la costruzione del tempio, Heliogabalus prese gli emblemi della Grande Madre, il braciere del fuoco di Vesta, il Palladio (statua lignea di Minerva), gli scudi Salii ed altri oggetti sacri e li fece trasferire dal tempio di Vesta nel nuovo tempio. un sacrilegio per i Romani.

Basti pensare che il Palladio, nascosto alla vista di tutti, non era visibile neppure al Pontefice Massimo, perchè nemmeno l'imperatore poteva entrare nel tempio di Vesta, nè vedere, nè toccare la statua.



LA PIETRA NERA

Ma il più grande tesoro del tempio era il betilo nero, una pietra conica non lavorata, probabilmente un meteorite caduto dal cielo.

LA PIETRA SACRA DELL'ELAGABALIUM
La stessa Cibele era adorata in più parti come una pietra nera aniconica, uno dei primi simboli della Grande Madre, che nella religione Mediterranea prese anche il nome di Omphalos, l'ombelico del mondo.

Man man o che la società divenne patriarcale questi attributi divennero proprietà di divinità maschili, così Apollo si appropriò dell'omphalos della Madre Terra, così il Sol Invictus Mitra nacque in una grotta su di un omphalos, e la pietra nera vagamente conica passò dalla Dea Madre al figlio Sole, il Dio Elgalaba.

Per rafforzare il legame tra il Dio e la Religione romana, Eliogabalo fece inoltre contrarre al Sol Invictus un "matrimonio sacro" (hieros gamos) con Astarte (Dea lunare), con Minerva, e con la Dea cartaginese Urania (Dea Caelestis o Tanit). Probabilmente il tempio accoglieva le statue di tutte queste divinità.


Il Palladio

STATUA AD IMMAGINE
DEL PALLADIO
Il Palladio era uno dei simboli più importanti della romanità, ed era la più sacra delle statue della dea Pallade Athena, una statuetta lignea donata da Zeus a Ilo per rendere la città di Troia inespugnabile. La città divenne vulnerabile quando il figlio di Priamo, rivelò che la città era protetta dal Palladio.

Così Ulisse e Diomede rappresentato con il padre sulle spalle e la statuetta nella mano destra.

Durante il regno dell'imperatore Eliogabalo (218-222), il Palladio fu portato nell’Elagabalium, dedicato alla divinità Sol Invictus, del quale l'imperatore era gran sacerdote. Durante il tardo impero una tradizione bizantina affermava che il Palladio venne trasferito da Roma a Costantinopoli da Costantino I e seppellito sotto la Colonna di Costantino, alcuni sostengono invece che fu distrutto dalle Vestali nel 394 affinché non fosse profanato e questa sembra la versione più probabile.

A causa del Palladio di Atena, portato da Troia; la chiesa edificata dai cristiani nel X sec,.era anche nota come Santa Maria in Pallara, evidentemente dedicato alla Madonna ma il ricordo del Palladio persisteva dopo circa VIII sec, seppure un po' deformato, almeno nel nome.
Spesso sopra ai templi di Minerva veniva eretta una chiesa alla Madonna. Comunque Santa Maria in Pallara venne abbandonata a se stessa, finchè venne restaurata radicalmente sotto papa Urbano VIII, nel 1626 e intitolata a San Sebastiano.



I RESTI

SEZIONE DEL TEMPIO
L'enorme tempio, circondato da colonne, aveva le notevoli dimensioni di 70 m per 40 m, ed era a sua volta circondato da un gigantesco portico colonnato. Oggi solo la terrazza con pochi resti sono visibili nel giardino della chiesa di San Sebastiano, che non viene aperto ai visitatori, a meno che non si tratti di un matrimonio dove chiesa e giardino vengono affittati.

L'interno della chiesa è invece riccamente ornato coi marmi del tempio, tra cui i preziosi marmo serpentino e porfido rosso, tratti dalle antiche cave già esaurite in epoca romana.

TERRAZZA EST DEL TEMPIO
Il tempio si trovava dunque davanti, o addirittura sotto all'attuale chiesa di San Sebastiano, nel settore del Palatino occupato da un gigantesco terrazzamento artificiale di forma rettangolare, del quale restano alcune delle poderose sostruzioni in laterizio nei pressi dell'Arco di Tito.

Viene da chiedersi che fine abbiano fatto gli immensi lastroni dell'enorme tempio in prezioso marmo pario finemente decorato, ma la risposta sta nel percorso per raggiungere la chiesa, perchè già nei muretti di contenimento delle aiuole si notano pezzi di marmo pario scolpiti ridotti a pezzi dalle mazze. Per l'odio assurdo del cristianesimo contro tutto ciò che era pagano venne distrutto un patrimonio unico al mondo.


1588, 30 gennaio

Il Vacca ricorda nella mem. 82: « Presso S. Sebastiano  (al Palatino), in una vigna di rincontro furono trovate molte statue in un luogo ornatissimo di pavimenti mischiati, con belli scompartimenti, e molte medaglie bruciate, come anche molti musaici scrostati dal muro. Si notava non grande edifizio ma delizioso, e ricco d'ornati. ».
La chiesa di San Sebastiano venne costruita sul luogo dell'Elagabalium, il tempio dedicato al Sol Invictus e poi a Giove, che custodiva diversi oggetti sacri, tra cui il Palladio di Atena, portato da Troia; per questo motivo la chiesa era anche nota come Santa Maria in Pallara.


Vigna Barberini

"Per osservare la Capitale e il Colosseo da un punto di vista inedito,  romani e turisti possono finalmente accedere al nuovo percorso archeologico nella “Vigna Barberini”, la terrazza artificiale sita nell’angolo nord-orientale del Palatino, lato Arco di Tito, possedimento agricolo dei Barberini dal XVII secolo, ma interessata da una profonda campagna di scavi negli ultimi vent’anni. Il terrazzamento, di 110 m per 150, riguarda il podio del Tempio di Eliogabalo e l’appena rinvenuta sala da pranzo girevole di Nerone, nonchè una vista inedita’ su Roma e il Colosseo visto dall'alto."

Iscrizione da un tempio del Dio Sol Invictus eretto a Corbridge, Northumberland, nel 162-168, dedicata dai soldati della Legio VI Victrix sotto Sesto Calpurnio Acricola:

SOLI INVICTO VEXILLATIO
LEG VI VIC P F F SVB
CVRA SEX CALPVRNI
AGRICO LAE LEG
AVG PR PR

"Al Sole Invitto, una vessillazione della Legio VI Victrix, Pia, Leale, per ordine di Sesto Calpurnio Agricola, legatus Augusti pro pretore"

L'iscrizione reca segni di cancellazione nella prima riga, in corrispondenza del Sol Invictus, conseguenza della damnatio memoriae di Eliogabalo, con cui la divinità era associata.


GRADUS HELIOGABALI

Il Gradus Heliogabali, cioè la gradinata di Eliogabalo è citato due volte in documenti medievali (Acta S. Sebastiani AA. SS. Ian. 20, p278;a Mirab. 10), non riguarda la gradinata del tempio perchè ogni tepio aveva una scalinata, ma evidentemente stava sul percorso che portava al tempio. Probabilmente era posto nella parte nord-orientale del Palatino (Jord. II.382, 616; HJ 106; HC 305, 595).



BIBLIO

- John Stuart Hay - The Amazing Emperor Heliogabalus - London - Macmillan - 1911 -
- Gaston H. - Halsberghe, The Cult of Sol Invictus - Leiden - Brill - 1972 -
- Saverio Gualerzi - Né uomo, né donna, né dio, né dea: ruolo sessuale e ruolo religioso dell'imperatore Elagabalo - Bologna - Patron - 2005 -
- Antonin Artaud - Eliogabalo o l'anarchico incoronato - a cura di Albino Galvano - ed. Adelphi -
- Elio Lampridio - Vita di Eliogabalo. Delirio e passione di un imperatore romano - Milano - Mimesis - 1994 -
- Jerry Fielden - Antoninus Elagabalus and his relationship with the Senate - su jerryfielden.net - 2000 -







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