OPLONTIS ( Campania )



VILLA DI POPPEA
Oplontis, detta anche Oplonti, è una città romana a 2,5 km a nord di Pompei, per altri considerata una zona suburbana della vicina Pompei, corrispondente comunque all'attuale Torre Annunziata, in Campania, sepolta dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.c..

Il nome Oplontis è attestato nella Tabula Peutingeriana, copia medioevale di un'antica mappa relativa alle strade della penisola nell'Impero Romano. In questa carta il nome Oplontis indica alcune strutture posizionate tra Pompei ed Ercolano.

Pertanto per alcuni è un centro a sè, per altri è un sobborgo di Pompei.
I suoi scavi archeologici dal 1997 sono stati dichiarati, insieme a quelli di Pompei ed Ercolano, patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.



LA STORIA

Dell'antica Oplontis non si hanno molte notizie, nella Tabula Peutingeriana viene indicata a sei miglia da Ercolano e a tre da Pompei e Stabiae e secondo le indicazioni della mappa potrebbe essere un insediamento suburbano della vicina Pompei con alcune ville di villeggiatura, compreso pure fattorie, saline e complessi termali. Infatti sulla Tabula la località è rappresentata con il simbolo dei luoghi termali.
 
Il nome Oplontis potrebbe derivare dal latino "opulentia" (luogo ricco), o "opla" (luogo di pescatori), o "populus" (pioppio) oppure dal greco "oplon" (dai guerrieri opliti), oppure da"apopolotes" (città distrutta). La spiegazione più probabile è però che il nome derivi dalla divinità Opi, Dea arcaica dell'opulenza e ricchezza, come natura donativa di prodotti del suolo.

Infatti così scrive il prof. Giovanni Garrucci nel 1812:

"Allorché dunque i Greci, capitanati da Enotrie e Peucezio, vennero in Colonie ad occupare la fronte d'Italia, cacciandone i primi abitatori ch'erano gli Ausoni; quei che Enotrie pose in fuga, fermaronsi nella Campania, costituendovisi de' Vichi e de' Paghi ad abitazione. Si che, da loro nacquero, lungo il Cratere marino, Linterno, Cuma, Miseno, Baja, Pozzuoli, Napoli, ed Ercolano : e, nella parte interna, Atella, Abella, Suessola, Acerra, Nola, e Pompei. Essendo comune a questi nuovi abitatori il culto della gran Madre Dea Opi, furono essi appellati Opici; ed Opicia chiamossi la Campagna da loro abitata."



SCAVI ARCHEOLOGICI

Nel XVII secolo, dopo gli scavi di Pompei, Ercolano e Stabiae, anche ad Oplontis vennero avviati da Francesco La Vega, che scavando un cunicolo vicino al canale Conte di Sarno, scoprì la Villa di Poppea, riportandone alla luce il peristilio del quartiere servile e una fontana, ma presto sospese gli scavi per mancanza di fondi, e per le difficoltà della zona paludosa.

Nel 1840 i resti rinvenuti vennero finalmente acquistati dallo Stato, ma solo nel 1964, oltre un secolo più tardi, sono ripresi gli scavi della villa di Poppea e si è pure scoperta un'altra villa, di Lucio Crasso Tertius, ambedue esplorate solo in parte. I lavori nella Villa di Poppea, compresero un rialzo di mura e di tetti, oltre al restauro di pavimenti e mosaici.

Durante i lavori per lo scavo delle fondamenta di una scuola, nel 1974, a 250 m. dalla Villa di Poppea, venne alla luce un nuovo edificio su due livelli con un peristilio centrale: la villa rustica di Lucio Crasso Tertius, con un tratto di strada antica e diversi altri piccoli edifici.



OGGI

Purtroppo l'antica Oplontis giace perloppiù sotto al centro abitato di Torre Annunziata, il che non impedirebbe ulteriori scavi sotterranei, ma sembra che non ci sia grande interesse a questo.



VILLA DI POPPEA

La villa di Poppea fu scavata per la prima volta nel '700, poi dal 1964 al '68, con un lavoro più attento e sistematico, rivelando una parte padronale e una rustica addetta alla produzione di vino e olio. La villa si estende per oltre 60 m. a ovest-est e più di 50 m. a nord-sud, circondata da ampi giardini, fiancheggiati da portici maestosi.

La villa, risalente al I sec. a.c., ed ampliata in età claudia, è attribuita a Poppea Sabina, seconda moglie di Nerone, grazie all'iscrizione un "Secundo Poppeae", cioè a "Secondo liberto di Poppea".

All'epoca dell'eruzione la villa aveva poco meno di un centinaio d’anni ed era disabitata, forse in fase di restauro a causa del terremoto del 62, infatti tutti gli oggetti sono stati ritrovati accantonati in alcune stanze.

Ad oggi la costruzione non è ancora interamente scavata: l'area in luce è la zona orientale, mentre l'ingresso principale e la zona occidentale sono ancora da recuperare, ostacolati anche da una strada moderna e un edificio militare.


Descrizione

Nella parte nord c'è un ampio giardino nel quale sono state rinvenute diverse sculture in marmo ed è stato possibile ricostruire i calchi delle radici di grandi ulivi, ricollocati oggi. Nella zona sud si trova un altro giardino circondato da un colonnato sui tre lati: alberi di alloro, presenti all'epoca, sono stati messi in loco.

Nella parte ovest l'atrio ha un compluvium sul tetto che raccoglie l'acqua piovana nell'impluvium; alle pareti decorazioni in II stile con trompe l'oeil di architetture e colonnati.

La cucina ha un banco in muratura con sopra un ripiano di cottura e sotto piccoli vani a semicerchio per la legna, oltre a una vasca che fungeva da serbatoio per il deflusso dell'acqua sporca o per lo smaltimento dei rifiuti.

Il triclinium ha il pavimento con mosaico a figure romboidali, e sulle pareti affreschi in II stile con colonne dorate e rampicanti.

Tra le decorazioni un arco e faretra piena di frecce, molti uccelli colorati, sfingi, viti e una natura morta con un cestino di fichi.

C'è poi un salone aperto verso il mare con un affresco che rappresenta un santuario di Apollo, con il treppiede tradizionale posto su una colonna, oltre a pavoni e maschere teatrali. Un secondo salone, più grande, è affrescato con nature morte:

un cestino di frutta coperto da un velo trsparente, una splendida coppa di vetro colma di melograni, una torta poggiata su una fruttiera e una maschera teatrale.


La villa era dotata di terme: il calidarium ha pareti affrescate in III stile, col mito di Ercole nel giardino dell'Esperidi, mentre gli affreschi del tiepidarium sono a fondo nero o rosso scuro del IV stile.

Nella zona ovest c'è un cubicolo con i calchi della porta in legno e della finestra ed un piccolo peristilio con pareti decorate a fasce grigie e nere, oltre a un larario decorato in IV stile, con la trave di sostegno, carbonizzata ma intatta, sopra la nicchia. Il giardino era organizzato a vialetti e aiuole con siepi di bosso adornati di statue pregevoli, due delle quali raffiguravano Poppea e Nerone fanciullo.

Nella parte est della villa c'è una sala con zoccolo in marmo e pavimentazione con alcune piastrelle in marmo, segno che la villa era in ristrutturazione.

Una seconda sala ha decorazioni in IV stile. Segue una sala per gli ospiti, priva di affreschi, con pareti in bianco, rosso, giallo e nero, con un piccolo viridario in II stile con piante, uccelli e fontane.

Un salone successivo ha una nicchia semicircolare con una scultura e un secondo salone identico al precedente presenta ancora marmi alle pareti.

Sul giardino, illusionisticamente dilatato mediante pitture di alberi e fontane, si apriva un porticato con grande piscina di 61 m. x 17, pavimentata in cocciopesto con ai bordi statue di marmo, copie di originali greci: attorno sorgeva un prato con platani, oleandri e limoni.



VILLA DI LUCIO CRASSO TERTIUS

La villa risale al II sec. a.c. e deve il nome a un sigillo in bronzo lì rinvenuto che reca questo nome. Fu scoperta nel 1974 durante i lavori di costruzione di una scuola. Lo scavo della villa non è ancora terminato e non è visitabile.

La villa si sviluppa intorno ad un peristilio con un porticato a due ordini di colonne doriche in tufo grigio. Intorno si aprono stanze adibite a magazzini, con suppellettili, pelli, ceramica, paglia carbonizzata e molti melograni usati per la concia delle pelli.

Vi è stato rinvenuto anche un fornello in pietra con una pentola contenente resine di conifere, utilizzata per la manutenzione delle anfore: infatti si sono rinvenute ben 400 anfore per il trasporto del vino. La villa era abitata al momento dell'eruzione; infatti nelle stanze adiacenti, soffittate a volta, sono stati trovati i corpi di 54 umani oltre a gioielli e monete, in oro e in argento.

Il piano superiore della villa era la zona residenziale, con ambienti decorati sia in IV che in II stile. Vi è stato rinvenuto uno scrigno in legno con gioielli in oro ed argento, 170 monete, unguentari e stecche in osso. Tra i gioielli: orecchini a spicchio di sfera, a canestro con quarzi incastonati o pendenti con perle, collane molto lunghe con grani in oro e smeraldo, bracciali tubolari con gemme e smeraldi ed anelli con gemme lisce o incise con figure di animali o divinità.

A nord della villa altri edifici a due piani, indipendenti dalla villa, che si affaccino sulla strada, quindi botteghe con abitazione al piano superiore, come usava all'epoca.



VILLA DI CAIO SICULI

Scoperta durante la costruzione della strada ferrata da Portici verso Torre Annunziata, riseppellita e tagliata in due per questa strada. I suoi reperti, tra cui l'affresco del mito di Narciso ed Eco con lo sfondo del monte Parnaso, furono trasportati al Museo archeologico nazionale di Napoli. La villa sorge nel sottosuolo di palazzo Avallone, sempre a Torre Annunziata.

 


TERME

Le Terme del console Marco Crasso Frugi, presso l'Oncino, risalgono al 64 a.c. ed i ruderi sono oggi visibili lungo la via Litoranea Marconi e all'interno delle attuali Terme Vesuviane.
Le sorgenti delle Terme erano già utilizzate dai patrizi romani nelle diverse ville oplontine. Poco distante della villa di Poppea sono stati riscontrati i residui calcarei del passaggio delle acque nella villa. Durante le successive eruzioni del Vesuvio e a causa di numerosi fenomeni sismici, delle sorgenti si persero le tracce.

Fu Vito Nicola Nunziante nel 1831 a riportare la fonte all'antico splendore, fondando le attuali Terme Vesuviane Nunziante. Vi edificò intorno una struttura con antichi reperti romani, tra cui tavole marmoree con le iscrizioni degli antichi bagni termali, scoprendo anche i cunicoli e le grotte sotterranee del sistema idrico romano.



SALINE ERCULEE

Erano dislocate lungo la costa verso la foce del fiume Sarno: qui sorgeva il pago delle saline, cioè il sobborgo delle cave di sale. Questa zona, come del resto Oplontis, sarebbe anch'essa da scavare, quest'ultima ancora totalmente sommersa dalla lava.


BIBLIO

- Lorenza Barnabei - Contributi di Archeologia Vesuviana - Roma - L'Erma di Bretschneider - 2007 -
- Pier Giovanni Guzzo - Nuove ricerche archeologiche nell'area vesuviana (scavi 2003-2006) - Roma - L'Erma di Bretschneider - 2008 -
- Alfonso De Franciscis - La villa romana di Oplontis - in La Parola del Passato - CLIII - 453-466 -Gaetano Macchiaroli editore - 1973 -
- Alfonso De Franciscis - The Pompeian Wall Paintings in the Roman Villa of Oplontis - A. Bongers - 1975 -





1 comment:

Anonimo ha detto...

Molto bello grazie. Qual è il nome del brano suonato in video?

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