DEMOCRAZIA NELL'IMPERO 1/2 - LA SCHIAVITU' E LE GUERRE





Spesso alcuni studiosi sono critici di fronte all'impero romano visto come uno strapotere dei forti sui deboli, nella guerra e nell'economia. Di solito certe considerazioni partono da visioni personali dovute a vissuti propri che nulla hanno a che fare con la storia. Il fatto poi che i dittatori in genere, da Mussolini a Hitler, ma pure i rivoluzionari come Napoleone si siano serviti nella loro liturgia propagandistica dei simboli della romanità, ha accentuato questa falsa visione della storia.

L'impero Romano fu il potere più democratico che sia esistito ai suoi tempi, e tutto sommato è più democratico di tanti stati attuali compreso quello italiano.

Le accuse che si muovono sono grosso modo che i Romani non avessero alcuna democrazia perchè:

1) I Romani avevano la schiavitù.
2) I Romani erano sempre in guerra perchè volevano conquistare tutto il mondo.
3) I Romani davano tutti i diritti e tutti i beni all'aristocrazia ignorando la plebe.
4) La crudeltà dei Romani nei circhi e con i Gladiatori.

Per ora esamineremo la schiavitù, e poi di seguito le altre voci.




1 - LA SCHIAVITU'

La schiavitù è antichissima, se ne ha notizia storica dal IV millennio a.c., a partire dalle civiltà egizie e sumera, ed ha afflitto oriente e occidente, e molti si sono chiesti come sia nata. La risposta è semplice: la schiavitù nasce con la guerra. Quando un gruppo vince un altro gruppo provocando la morte di alcuni, tutti sanno che anche il resto del gruppo può morire, per cui possono essere disposti a fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere. Così i vincitori si portano a casa un bottino vivente di cui possono fare ciò che vogliono pena le punizioni o la morte.

Dal momento in cui diventa lecito attaccare un altro popolo diviene lecita la schiavitù. Non si parla mai di schiavi romani, sia perchè in genere vincevano, sia perchè un guerriero romano spesso si uccideva pur di non cadere schiavo dei barbari.

In quanto al carattere della schiavitù i romani ne avevano due esempi molto vicini: gli Etruschi e i Greci, più lontani gli egizi e gli assiro-babilonesi, che molto prima dei Romani, usarono
abbondantemente gli schiavi.

La schiavitù fu ammessa perfino da Platone, da Aristotele e da altri filosofi.
La schiavitù era ammessa anche presso gli ebrei, ma solo per i non israeliti, visto che loro erano gli eletti del Signore.

Bada bene: GRECI ED ETRUSCHI ERANO I POPOLI PREROMANI OCCIDENTALI PIU' CIVILI CHE ESISTESSERO, PER QUESTO FACEVANO SCHIAVI. Infatti gli altri popoli non facevano schiavi per diversi motivi:

- Erano popoli nomadi, per cui non si potevano portare gli schiavi appresso, prima o poi sarebbero fuggiti.
- Erano tribù sempre al limite della sopravvivenza e non potevano mantenere degli schiavi.
- Essendo popoli primitivi avevano il vanto dei trofei di guerra consistenti nei crani o nelle armi dei vinti, per cui il numero degli uccisi dava loro prestigio nella tribù.
- Essendo molto feroci preferivano mutilare e torturare, uccidere quando andava bene, piuttosto che fare prigionieri.

I Romani promulgarono diverse leggi per mitigare l'asprezza della schiavitù:
- la Lex Cornelia (82 a.c.) che proibiva al padrone di uccidere schiavi non colpevoli di delitto.
- La Lex Petronia (32 d.c.) cancellava l'obbligo di combattere nel circo se ordinato dal padrone.
- Il Senatus consultum Claudianum (52 d.c.) istituì l'obbligo di prestare cure mediche allo schiavo malato.

Rendiamoci conto che nel resto del mondo orientale ed occidentale IL CAPOFAMIGLIA AVEVA DIRITTO DI VITA E DI MORTE SU MOGLI E FIGLI.


Per i Greci la schiavitù era un istituto di "diritto naturale", per i Romani invece l'uomo non era schiavo "per natura" ma lo poteva diventare se la legge lo consentiva, oppure poteva essere liberato sempre secondo la legge. Quindi, poiché non nasceva schiavo, a differenza che in Grecia, lo schiavo romano poteva essere liberato e ottenere la cittadinanza.

Con il cristianesimo si ammise anzi la schiavitù per i non “cristiani”. Si lottò solo per impedire che i “cristiani”, anche se prigionieri di guerra, fossero ridotti schiavi. Non dimentichiamo che i saraceni erano venduti dagli stessi “cristiani” nei pubblici mercati, e così poi avvenne il contrario e cioè che i cristiani, e soprattutto le donne come oggetti sessuali (ma pure i maschi per lo stesso fine), venissero venduti al mercato saraceno.

LA SCHIAVITU' NON TERMINO' CON LA CADUTA DELL'IMPERO, MA PROSEGUI' PER MOLTI SECOLI, FINO AL XIX SECOLO.
A parte la schiavitù dei neri d'America, la schiavitù non fu più praticata sui bianchi ma lo fu spesso rispetto alle colonie, tanto che molti abitanti dell'America meridionale preferirono suicidarsi che diventare schiavi dei bianchi.
E LA CHIESA CATTOLICA NON DENUNCIO' NE' FECE MAI NULLA CONTRO LA SCHIAVITU', DIFFIDANDO ADDIRITTURA I PRETI AD AGIRE IN TAL SENSO.


La Chiesa ha praticato la schiavitù

- I nobili romani, benché convertiti, potevano continuare a avere schiavi e le Istituzioni del cristianissimo Giustiniano stabilivano “che i padroni abbiano diritto di vita e di morte sugli schiavi”.

- Nel Medioevo vari concili locali vietarono a vescovi e frati di vendere “case, schiavi e gli arnesi del ministero” di proprietà della Chiesa (Agde, 506). 
- Gregorio I Magno (590-604) ordinò di riportargli “gli schiavi fuggitivi appartenenti alla chiesa” (Epistola 9, 30). 
- Dal V secolo e per lungo tempo i preti che violavano il celibato, le loro amanti e i loro figli furono puniti con la riduzione in “schiavitù perpetua della Chiesa
- se i sacerdoti “ospitano donne sospette”, “il vescovo dovrà vendere le donne come schiave” (Toledo, V sec.);
-  “chi dal vescovo giù giù fino al suddiacono abbia generato dei figli da nozze esecrande, sia con una donna libera sia con una schiava, deve essere punito secondo la legge canonica; i figli generati da tale incesto devono appartenere per sempre come schiavi alla Chiesa” (Toledo, VII sec.).

- Il traffico di schiavi fu poi pratica costante dello Stato della Chiesa in età moderna, come attestano il fitto scambio epistolare di vari papi con funzionari vaticani per la compra-vendita di schiavi: a titolo di esempio citiamo la lettera con cui Innocenzo X informa nel 1645 mons. Raggi di aver ordinato “al Principe Nicolò Ludovisio generale delle nostre galere che le provegga di 100 schiavi Turchi” 
- e due lettere analoghe scritte nel 1788 e nel 1794 da Colelli, che aveva la carica già per sé significativa di “intendente pontificio per gli schiavi”.

La Chiesa l’ha legittimata.
– La pratica dello schiavismo non fu un abuso in contrasto con la dottrina cattolica ma, al contrario, fu legittimata da essa a partire dai testi che si dicono ispirati da Dio. Il Decalogo, fatto proprio dalla Chiesa, ordina di “non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino” con ciò riconoscendole “proprietà” legittime e anzi da rispettare. 
- Paolo nella Lettera agli Efesini dice “Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo” (6,5) 
- e nella Prima lettera a Timoteo: “Quelli poi che hanno padroni credenti, non manchino loro di riguardo perché sono fratelli, ma li servano ancora meglio” (6, 2).

- Nel V secolo Agostino afferma che Cristo “non ha preso i servi e ne ha fatto dei liberi, ma ha preso dei servi cattivi e ne ha fatto dei buoni.” 
- E aggiunge con involontario umorismo: “Quale debito hanno i ricchi verso Cristo per il modo come ha loro sistemato la casa!” (Esposizione sui salmi, 124, 7).

- Agostino sostiene poi, come ripeterà nel XIX secolo Leone XIII, che “a buon diritto la condizione servile è stata imposta all’uomo peccatore”. 
- La stessa giustificazione diede Tommaso d’Aquino (XIII secolo). 
- E alle soglie del Settecento, per il teologo Leander, è “di fede che questo tipo di schiavitù in cui un uomo serve il padrone come schiavo è del tutto legittimo” (1692).

I papi, pur episodicamente vietando di trarre in schiavitù questa o quella categoria (i cristiani, gli indi, i catecumeni ecc.), non condannarono la schiavitù in generale, anzi la giustificarono e la ordinarono. Qualche esempio: 
- il canone 27 del Concilio Lateranense III (1179) autorizza a ridurre in schiavitù le bande anticristiane della Brabanza, Aragona e Navarra
- Niccolò V “concede” al re del Portogallo di “ricercare, catturare, conquistare e soggiogare tutti i Saraceni e qualsiasi pagano e gli altri nemici di Cristo…e di gettarli in schiavitù perpetua” (Romanus pontifex, 1454). 
- Paolo III autorizza le ricche famiglie romane a usare schiavi (1549). 
- Secondo un’Istruzione del Santo Ufficio approvata da Pio IX, “Non è contrario alla legge naturale e divina che uno schiavo possa essere venduto, acquistato, scambiato o regalato” (1866).

- Una tardiva condanna  
Solo qualche decennio prima dell’Istruzione di Pio IX, e in contrasto con essa, Gregorio XVI condannò come “delitto” la schiavitù (In supremo, 1839), ormai bandita da tutti i maggiori paesi europei. Ma naturalmente, come farà più tardi Leone XIII, cercò di far credere che tale condanna fosse stata caratteristica della Chiesa fin dalle origini. Disse cioè una bugia.

- La condanna fu poi reiterata dal Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, 1965). E il Catechismo del 1992 indica come peccato contro il settimo comandamento quanto porta “all’asservimento di esseri umani…ad acquistarli, a venderli e a scambiarli come fossero merci” (2114) anche se, poche pagine dopo, per introdurre il decimo comandamento (2534) si cita il versetto biblico: “Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcune delle cose che sono del tuo prossimo” (Dt, 5, 21)…

La Chiesa cattolica, portatrice del messaggio di fratellanza e uguaglianza del Cristo, evita di condannare la schiavitù dilagante all'inizio dell'era cristiana e pure dopo, in molti casi la difende e la utilizza senza scrupoli.

In conclusione la Chiesa non ha abolito fin da principio la schiavitù anzi l’ha praticata per secoli, ha giustificato la sua conservazione e ha speso la sua influenza per perpetuarla. Anche quando si è decisa a condannarla, non ha ammesso di aver sbagliato e predicato l’errore per quasi due millenni. E non può ammetterlo, senza doversi riconoscere umanamente fallibile anziché divinamente ispirata.


AGGIUNGIAMO NOI:

Naturalmente non va confusa la Chiesa col messaggio del Cristo che non fa dell'elevazione dell'anima una rivoluzione sociale per cui invita a dare "a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio".

Completamente diversa la visione di Paolo  (Paolo di tarso, lettera ai Romani 13, 1-7): 
Doveri verso l’autorità:
Ognuno sia soggetto alle autorità superiori; poiché non c’è un’autorità che non venga da dio, e quelle che esistono sono costituite da dio

Perciò chi si oppone all’autorità resiste all’ordine stabilito da dio; e coloro che resistono attirano la condanna sopra sé stessi. 

I magistrati non son di timore per le buone azioni, ma per le cattive. Vuoi tu non aver paura dell’autorità? Diportati bene e riceverai la sua approvazione. 

Essa è infatti ministra di dio per il tuo bene. Se invece agisci male, temi; non per nulla essa porta la spada: è infatti ministra di dio, esecutrice di giustizia contro chi fa il male. E’ necessario, quindi, che siate soggetti, non solo per paura della punizione, ma anche per motivo di coscienza. 

Per questo dovete anche pagare le imposte: perché sono pubblici funzionari di dio, addetti interamente a tale ufficio

Rendete a tutti quanto è dovuto: a chi l’imposta, l’imposta; a chi la gabella, la gabella; a chi la riverenza, la riverenza; a chi l’onore, l’onore.”

Paolo smentisce completamente il Cristo che invita a distinguere il potere terreno da Dio, e invece sostiene che il potere terreno è voluto da Dio, e pertanto va obbedito!


Ancora  Paolo di Tarso, lettera ai Colossesi 3, 22-25:

Schiavi, obbedite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne, non solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con sincerità di cuore, per timore del signore. tutto quello che fate, fatelo di cuore, come per il signore e non per gli uomini, sapendo che riceverete in ricompensa l’eredità dalle mani stesse di dio. 

E’ a cristo signore che voi servite. 

Chiunque, invece, commette ingiustizia, commetterà secondo l’ingiustizia commessa: non vi sarà accettazione di persone.”


e Pietro 2, 18-21:

“Servi siate sottomessi con ogni rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli che sono buoni o ragionevoli, ma anche a quelli di carattere intrattabile. poiché piace a dio che si sopportino afflizioni per riguardo verso di lui, quando si soffre ingiustamente. infatti che gloria vi è nel sopportare di essere battuti, quando si ha mancato? Ma se voi, pur avendo agito rettamente, sopportate sofferenze, questo è gradito davanti a dio. Anzi è appunto a questo che voi siete stati chiamati, perchè Cristo pure ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio affinché ne seguiate le orme.”

Nei comportamenti familiari i cristiani applicarono gli insegnamenti di Pietro e Paolo e, malgrado l’affermazione di eguaglianza di tutti gli uomini dinnanzi a Dio, viene riconosciuta la sottomissione dello schiavo al padrone, della moglie al marito.

La podestà maritale dell'uomo sulla donna, che ne faceva in pratica una schiava, podestà tolta da Ottaviano Augusto, verrà tolta in Italia solo nel 1975.

Nel 1844 il Console inglese in Marocco chiese al Sultano di abolire la schiavitù o almeno di interrompere il traffico di schiavi. Il Sultano rispose:
 "il traffico di schiavi è materia su cui tutte le religioni e tutte le nazioni sono d'accordo fin dal tempo dei figli di Adamo".

E così fu.

Poi venne il medioevo e la servitù della gleba... che era peggio della schiavitù perchè si lavorava da morire come nella schiavitù ma senza vitto e alloggio assicurati.





L'impero Romano fu il potere più democratico che sia esistito ai suoi tempi, e tutto sommato è più democratico di tanti stati attuali compreso quello italiano odierno.

Basti pensare a Giulio Cesare che fu dictator, dittatore, e comunque una delle figure più amate, considerate, rimpiante e celebrate dell'antichità.

Nessuno potrebbe definirlo un dittatore, o almeno non potrebbe nel significato odierno.

Cesare non governava con la forza, anche se si impose con la forza, ma pensò sempre al bene del suo popolo, tanto che il suo successore, Augusto, che non governò con la forza ma a sua volta si impose con la forza, per almeno un paio d'anni non fece che eseguire le riforme e le opere che Cesare aveva progettato sulla carta, certo che quel che avrebbe voluto Cesare sarebbe stato il bene di Roma. E così fu.




2 - LE GUERRE

Tra le accuse che si muovono ai Romani c'è quella che non avessero alcuna democrazia perchè:

2) I Romani erano sempre in guerra perchè volevano conquistare tutto il mondo.

Ricordate l'inizio di Roma? All'inizio erano solo pastori di pecore.
Non esisteva moneta, lo scambio era in pecus (pecora) da cui il termine pecunia per indicare il denaro.

Era un gruppo di gente asserragliata sull'isola Tiberina perchè aveva un solo guado e senza ponti.

Era pericoloso lasciare un passaggio tanto facile, mentre traversare un guado impegnava tempo e fatica e sulla riva un gruppo di combattenti avrebbe potuto affrontarli con grosso vantaggio.

Ma chi avrebbe potuto assalirli?

Tutti, perchè non c'erano leggi visto che non c'era nessuno che le potesse far rispettare.

All'epoca esistevano le tribù, in eterna lotta l'una con l'altra. Anche oggi le tribù rimaste si combattono in continuazione, basti pensare ai paesi africani o arabi.

Le immagini del pastore derivano da divinità pastorali che erano caratteristiche delle società di allora, e cioè che vivevano di pastorizia. Tanto è vero che Marte fu prima per i romani il Dio dei giardini e dei campi, poi divenne Dio della guerra, il che significa che dovettero adattarsi alla guerra.

Dunque i romani erano pastori che si coprivano con pelli di pecora, che bevevano latte di pecora e che mangiavano carne di pecora. Il reato più frequente all'epoca era l'abigeato (furto di animali) e spesso delle tribù sconfinavano per razziare.

All'epoca dunque funzionava così: o si attaccava o si era attaccati. La ragione per cui Romolo istituì l'asylum per tutti i fuggiaschi o disperati fu che doveva ampliare il numero dei romani per non soccombere ai nemici.

Infatti anche l'Impero Romano fu sempre soggetto agli attacchi dei barbari ai suoi confini. Il famoso Metus Gallicus, il terrore dei Galli, risaliva al 390 a.c. quando i Galli fecero il "Sacco di Roma" penetrando nell'urbe, uccidendo i cittadini e saccheggiando la città.

Avevano fatto un bel viaggio dalla Gallia fino a Roma, ma qui c'era ricchezza, cioè armi cibo e gioielli, e i Galli vivevano, come quasi tutti i popoli barbari, di razzie. Meglio rubare bestiame che allevarlo.

All'inizio Romani, Latini, Sabini ed Etruschi combatterono per secoli e con alterne fortune alla conquista del suolo italico.


I Latini

La Lega albense fu la più antica fra le federazioni del Latium Vetus, con una trentina di centri situati sui colli Albani (populi albenses) con capitale Alba Longa, rasa al suolo attorno alla metà del VII secolo a.c. da Roma (al tempo di Tullo Ostilio), che si sostituì ad essa nella direzione della Lega. Ancora il quarto re di Roma, Anco Marzio, li vinse. Alla fine di questo stesso secolo e in quello successivo, molti altri centri latini furono assorbiti nello stato romano, allora governato da una dinastia etrusca.


I Sabini

INVASIONI ROMANE IN ITALIA (Zommabile)
I Sabini, in parte rappacificati coi Romani dopo il ratto delle sabine con la conseguente battaglia, continuarono nel V sec. a.c. ad infiltrarsi nella zona tra il Tevere e l'Aniene, approfittando dei momenti di difficoltà di Roma, o alleandosi alle popolazioni italiche in lotta contro Roma. Nel 494 a.c. i Sabini furono sconfitti dai Romani, ma nel 475 a.c. i Sabini si allearono con i Veienti contro Roma. 

Vennero sconfitti nella battaglia di Veio ma nel 468 a.c. i Sabini saccheggiarono i territori di Crustumerium, arrivando fin sotto porta Collina a Roma. In risposta i romani devastarono il territorio sabino, con un bottino ancora maggiore di quello fatto dai Sabini.

Nel 449 a.c. nuova battaglia contro i sabini e nel 290, dopo aver sconfitto i Sanniti, l'esercito romano attaccò i Sabini, giungendo fino al Mare Adriatico. Ampi territori nella pianura di Reate e Amiternum furono confiscati e distribuiti a romani, ma ai Sabini nel 268 a.c. fu concessa la cittadinanza romana con l'inclusione in due nuove tribù, la Quirina e la Velina.


Gli Etruschi

Una volta fondata Roma  i Romani divennero, secondo Livio, "così potenti da poter rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni". Una dopo l'altra caddero molte delle vicine città appartenenti alle popolazioni dei Ceninensi, gli Antemnati, i Crustumini ed i Sabini.

Gli abitanti dell'etrusca Fidene, ritenendo Roma ormai troppo vicina e potente, decisero di attaccarla,
Inoltre i Veienti compresero quanto sarebbe stato determinante il controllo delle saline dei septem pagi, poste alla foce del fiume e del commercio del sale che se ne ricavava. Roma, stava fra Veio e il mare, così decisero di sconfiggere i Romani, ma vennero sconfitti.


I Ceninensi

I Ceninensi, irati per il Ratto delle Sabine e quindi anche delle loro donne, dichiararono guerra a Roma, ma Romolo ne uccise in duello il re. Quindi i romani conquistarono Caenina e i suoi abitanti furono costretti ad abbattere le proprie case ed a trasferirsi a Roma, dove acquisirono gli stessi diritti degli altri romani.


Gli Antemnati

Nel 752-751 a.c. La loro città fu presa d'assalto ed occupata dai romani vittoriosi.

Così mano a mano i Romani si batterono con tutti i territori vicini, divenendo limitrofi ad altri territori. Ogni volta si trattò di rendere sicuri i confini dai barbari, e ogni volta i confini romani si estesero, a causa della bellicosità dei popoli dell'epoca.




COSA FECE DI UN POPOLO DI PECORARI LA PIU' GRANDE CIVILTA' DEL MONDO ?

1) Il sapersi integrare con tribù, popoli, razze, costumi e religioni diversi.

2) Il riuscire a imparare da ogni popolo straniero le abilità migliori, dall'uso delle armi alla costruzione delle navi, alla metallurgia, falegnameria, terracotta, bronzistica, gioielleria, arte, cucina ecc.

3) Il permettere alle tribù alleate, e pure a quelle nemiche sottomesse di mantenere i loro Dei e i loro credo.

4) Di essere dotati di un forte senso della realtà, per cui non furono mai fanatici o visionari, pur rispettando i loro Dei e i loro capi. I loro imperatori, seppur divinizzati, non erano esenti nè da critiche nè da sarcasmi soprattutto nei teatri pubblici. Cosa impensabile in qualsiasi altra civiltà.

5) La curiosità di voler provare di tutto ed anche di assaggiare di tutto, dal vestiario alle ricette culinarie e alla medicina i romani provavano, mescolavano e usavano di tutto, in continua scoperta ed evoluzione.

6) L'intelligenza metodica e riflessiva che portò ad una fantastica organizzazione, nella guerra anzitutto. Si diceva che i legionari potessero sostenere e vincere un gruppo di stranieri dieci volte superiore, e spesso fu così.

7) La straordinaria apertura mentale per cui i soldati, i generali e pure gli imperatori erano spesso in grado non solo di organizzare strategicamente un combattimento, ma di costruire o di progettare strade, ponti, palazzi e qualsiasi tipo di monumentale edificio.

8) Di non comandare con la crudeltà e il terrorismo dei popoli dell'Europa del nord e dell'oriente, ma di essere capaci di clemenza e di giustizia.

9) Di aver concepito il sistema legislativo di gran lunga il più razionale, illuminato e completo del mondo su cui si reggono tutte le società civili odierne.

10) Di essere stati, nonostante abili combattenti e menti molto razionali, grandissimi esteti, protettori di artisti, poeti e pensatori, creatori di tali capolavori che ancor oggi lasciano di stucco, nell'architettura, nella scultura e nella pittura.

11) Di aver consegnato la civiltà al mondo, perchè anche se esistettero altre civiltà fantastiche come quella egizia o greca o cinese, nessuna si preoccupò del benessere del popolo come i romani.

Mentre negli altri popoli c'erano i monumenti e la reggia, nell'impero romano ogni città era monumentale, non solo per gli edifici pubblici ma pure per quelli privati, dalle domus alle insule, cioè ai palazzi. Mentre negli altri popoli il monarca e i suoi potenti spadroneggiavano sul popolo, a Roma c'erano i tribunali, gli avvocati, e i giudici la cui parola era legge.

12) Di aver riempito le città di fontane, giardini e terme, trasformandosi in un popolo raffinato ed estremamente pulito, visto che: le terme erano aperte a tutti, perfino agli schiavi; i romani si rasavano barba capelli e baffi e pure nel corpo; esistevano le lavanderie per chi non avesse i bagni in casa ed ogni palazzo aveva al suo interno un pozzo o una fontana, senza doversi recare fino alla fontana pubblica in piazza, come avvenne fino all'800.

Un'igiene che sparirà alla caduta dell'impero e che porterà la barbarie nel mondo, seppellendo nei meandri della superstizione ogni scienza acquisita nell'impero.

Così il "dividit et impera" divenne "rendili ignoranti e superstiziosi e comanda".
Non dimentichiamo che il Rinascimento nacque dalla scoperta delle antiche opere romane, accuratamente fatte a pezzi e sepolte dai cristiani che le vedevano peccaminose e demoniache.

13) Di aver vinto nel confronto senza dover imporre troppo pesantemente uno stile di vita. I romani costruivano meraviglie sui suoli conquistati e poi stabilivano scambi commerciali, così quel popolo conosceva le comodità, la bellezza, l'arte, i bei vestiti, la buona cucina e il piacere delle terme, cose che li conquistarono senza colpo ferire.

14) Di aver fatto del tutto per salvaguardare la vita dei soldati romani, che in battaglie memorabili accusarono perdite di centinaia di fronte alle perdite di molte migliaia dei loro nemici. Come disse Cesare "Guai a quei soldati il cui generale combatte con la forza anzichè con l'intelligenza"



NECESSE EST

Dunque i Romani dovettero combattere per non essere sopraffatti. I popoli vicini, o comunque non troppo lontani, fondarono colonie che man mano si estendevano e che avrebbero inglobato pure i romani. Basti pensare alla Magna Grecia che occupava in pratica tutta l'Italia meridionale.

Se non si fossero difesi spesso prima di essere attaccati, i romani non sarebbero durati molto, e difendersi all'epoca significava sovente attaccare per primi. Ma la prima grande iniziativa accadde nel 403, una di quelle risoluzioni che travalicano gli interessi di classe e che raccoglie un popolo nella sua totalità:

« I patrizi poi aggiunsero un dono quanto mai opportuno per la plebe: il senato, senza che mai prima plebe e tribuni via avessero fatto menzione, decretò che i soldati ricevessero uno stipendio tratto dalle casse dello Stato. Fino a quel momento ciascuno adempiva al servizio militare a proprie spese. A quanto risulta, nessun provvedimento fu accolto con tanta gioia dalla plebe. »

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, IV, 59-60, op. cit.)

I romani dovevano sempre dimostrare di essere i più forti, a cominciare da Cesare che genialmente fece costruire in 15 giorni un ponte monumentale sul Reno per dimostrare agli antichi germani quanto fossero capaci e potenti i romani.

Nel corso della storia, l'esercito romano fu "l'istituzione militare più efficace e più longeva che si conosca nella storia umana", (Enciclopedia Britannica), grazie a una continua evoluzione strutturale di organizzazione, mezzi e strategie diversissimi.

« Riguardo alla loro organizzazione militare, essi hanno questo grande impero come premio del loro valore, non come dono della fortuna. Non è infatti la guerra che li allena alle armi e neppure è solo al momento del bisogno che essi fanno guerra, al contrario vivono quasi fossero nati con le armi in mano, poiché non interrompono mai l'addestramento, né stanno ad aspettare di essere attaccati. Le loro manovre si svolgono con un impegno pari ad un vero combattimento, tanto che ogni giorno tutti i soldati si esercitano con il massimo dell'ardore, come se fossero in guerra costantemente. Per questi motivi essi affrontano le battaglie con la massima calma; nessun panico li fa uscire dai ranghi, nessuna paura li vince, nessuna fatica li affligge, portandoli così, sempre, ad una vittoria sicura contro i nemici. Non si sbaglierebbe chi chiamasse le loro manovre, battaglie senza spargimento di sangue e le loro battaglie esercitazioni sanguinarie. »

(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, III, 5.1.71-75.)

SI VIS PACEM PARA BELLUM


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - IV -
- Mario Pani - Elisabetta Todisco - Società e istituzioni di Roma antica - Roma - 2005 -
- Antonietta Dosi - Gruppi e partiti politici di età repubblicana - Vita e Costumi dei Romani Antichi – Quasar - Roma - 2002 -
- Sesto Pomponio - De origine iuris -
- Mario Attilio Levi - Il tribunato della plebe e altri scritti su istituzioni pubbliche romane - Milano: Cisalpino-La goliardica, 1978 -
- Giuseppe Flavio - La guerra giudaica - III -


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