SOTTO CHIESA SS. NEREO E ACHILLEO


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FACCIATA E COLONNA ROMANA

Santi Nereo e Achilleo è una chiesa, situata nel rione Celio, a poca distanza dalle Terme di Caracalla, edificata sopra degli edifici romani. La colonna che qui si osserva di fronte alla chiesa presentava un tempo un capitello con teste leonine proveniente, secondo la tradizione, addirittura dal Tempio di Salomone a Gerusalemme, ma purtroppo il capitello è stato rubato nel 1984.

Secondo gli Atti di Pietro, testo cristiano apocrifo composto in greco verso la fine del II secolo, si narra della vita e morte dell'apostolo Pietro. Dunque Pietro, fuggito per intervento divino dal Carcere Mamertino posto ai piedi del Campidoglio, perdette una “fasciola”, la benda che gli copriva le caviglie piagate per essere state strette nei ceppi.

Però una pia matrona che l'aveva visto fuggire e aveva colto la perdita della fasciola, o che aveva scorto la fasciola per strada e aveva capito forse miracolosamente chi l'avesse indossata, aveva poi raccolto la benda.

Il luogo della caduta della fascia si troverebbe presso le Terme Antoniniane, fatte però edificare da Caracalla nel III secolo, per cui all'epoca non c'erano, ma qui sarebbe sorto il celebre "titulus fasciolae" frequentato dai Cristiani che abitavano lungo l’Appia. Nello stesso luogo nel IV secolo sarebbe sorta una chiesa dedicata a San Pietro.


Poi all'incrocio della la via Appia Antica con l’Ardeatina, dove oggi sorge la chiesetta del Quo vadis, Pietro, in fuga da Roma, avrebbe incontrato il Signore che gli avrebbe detto: «Vengo a Roma per essere crocifisso di nuovo». Al che Pietro, tornò sui suoi passi e andò a incontrare la morte nello stadio di Nerone, in Vaticano.

Della chiesa intitolata ai santi Nereo e Achilleo, si ha memoria fin dall’anno 377, ma fu rifatta più volte.
Un'iscrizione in tale data è presente in San Paolo fuori le mura celebrante un certo Cinammio, lector del titulus Fasciolae, il quale era costruito nel punto in cui, secondo la tradizione, san Pietro aveva perso un bendaggio al piede (fasciola) durante la fuga da Roma per evitare il martirio.

Il titulus Fasciolae, servito da cinque presbiteri, viene registrato per la prima volta da papa Simmaco  negli atti del sinodo da lui convocato nel 499, mentre il titulus Sanctorum Nerei et Achillei viene per la prima volta ricordato nel 595 al posto del titulus Fasciolae. 


Successivamente, probabilmente a partire dal VI secolo, la stessa chiesa fu intitolata ai santi martiri Nereo e Achilleo, le cui spoglie giacciono sotto l’altare. La titolazione della chiesa ai santi Nereo e Achilleo avviene perciò sotto il pontificato di san Gregorio Magno, quindi tra il 590 e il 604; l’edificio sacro mantenne pure nel nome il Titulus Fascicolae.

Nell'814 papa Leone III ricostruì la chiesa nei pressi del vecchio titulus per ospitare le reliquie dei due martiri traslate dalle catacombe di Domitilla. Nel corso dei secoli la chiesa subì la decadenza, tanto che nel catalogo di Torino del 1320 viene registrata come un titolo presbiteriale senza sacerdoti. 

Nel giubileo del 1475, la chiesa venne ricostruita da papa Sisto IV, mentre nel giubileo del 1600 il cardinale Cesare Baronio, a proprie spese, fece realizzare gli arredi del presbiterio: altare, plutei, amboni, cattedra) riutilizzando gli antichi arredi paleocristiani e romani. 

Durante questo restauro, inoltre, furono realizzati gli affreschi che ancora adornano l'interno della chiesa e gli altari laterali. Nel XIX secolo, invece, fu restaurato l'antico mosaico dell'arco absidale, del IX secolo.

SEGGIO VESCOVILE

I SANTI NEREO E ACHILLEO

Nereo e Achilleo, secondo la tradizione, erano servi della nobile Flavia Domitilla e con lei martirizzati per la loro fede cristiana sotto Diocleziano. Sembra però secondo una testimonianza storica di papa Damaso, che entrambi fossero soldati, uccisi sempre sotto Diocleziano, anche se sembra strano che due cristiani facessero per mestiere la guerra, visto che la leva non esisteva e i soldati erano volontari pagati dallo stato.

Il luogo in cui fu costruita la chiesa era paludoso e malsano tanto che, sotto il pontificato di Leone III, nell’814, l’antico edificio sacro era ormai completamente diroccato e affondato nel terreno. Papa Leone III decise così di abbatterlo e di farne costruire uno nuovo di maggior decoro e bellezza in una zona più stabile nei pressi. A questa ricostruzione data il mosaico dell’arco trionfale, che ancora si può ammirare.

Di nuovo in degrado fino al Giubileo del 1600, quando, il cardinale Cesare Baronio, della Congregazione dell’Oratorio di Roma, ottenne la chiesa dal Papa Clemente VIII nel 1597, assegnata in perpetuo alla Congregazione dell’Oratorio. 

La chiesa venne così ristrutturata a tre navate e abbellita con crudi affreschi dei due martiri. Si trovano altresì nella chiesa un coro cosmatesco, un ambone medievale, un candelabro marmoreo del XV secolo e molti resti romani. 

All’esterno, davanti ad una semplice facciata caratterizzata da un protiro su due colonne, è una colonna di granito con la croce.
Il portale presenta entrambe le dediche della chiesa: 
“SS MARTYRUM NEREI ET ACHILLEI" e 
"TITULUS FASCIOLAE“

CATACOMBE DI DOMITILLA

DESCRIZIONE

La facciata della chiesa, che dà con un piccolo sagrato su viale delle Terme di Caracalla, risale ai restauri effettuati da papa Sisto IV. Essa è "a salienti" cioè con una successione di quattro spioventi, posti a differenti altezze, dove si aprivano tre finestre ogivali.


Oggi è aperta solo la finestra centrale, rifatta in stile barocco. Coevo agli affreschi è posto un protiro marmoreo, cioè un piccolo portico a cuspide a protezione e copertura dell'ingresso della chiesa, o pre-entrata, sorretto da due colonne corinzie e costituito da un timpano triangolare, anch'esso in marmo.

URNA IN PORFIDO DELLE TERME DI CARACALLA
La chiesa è strutturata a tre navate divise da pilastri ottagonali, che sostituirono nel XV secolo le colonne originali (sig!). La navata è decorata da affreschi commissionati dal cardinale Baronio ed è riccamente affrescata. L'altare maggiore, costruito con tre pannelli cosmateschi, contiene le reliquie dei santi Nereo, Achilleo e Domitilla, traslate dalle catacombe di Domitilla.

L'ambone medioevale, una tribuna in marmo, chiusa a tre lati da un parapetto e aperta su una scala, è posto su di un'urna in porfido proveniente dalle Terme di Caracalla, il coro è delimitato da pareti di spoglio decorate in stile cosmatesco, mentre il ciborio, risalente al XVI secolo, è costruito con marmi africani.

Dietro l'altare c'è il trono episcopale in stile cosmatesco (scuola del Vassalletto), sul quale è trascritta la XXVIII-a omelia di papa Gregorio I Magno, nella quale il papa affermava di aver pregato di fronte alle reliquie dei santi Nereo e Achilleo: il cardinale Baronio, che ordinò l'iscrizione, non sapeva della traslazione delle reliquie dalle catacombe, e pensò dunque che fosse questo il luogo riferito da Gregorio Magno.


I due spiriti alati posti vicino all'altare sono invece di origine pagana, in quanto tolti e riutilizzati da un tempio pagano che stava anticamente molto vicino alla chiesa, che fu spogliato e adoperato per il nuovo tempio cristiano, Da questo dovrebbero anche provenire i marmi di epoca imperiale che sono stati ritagliare per formare le decorazioni e i pavimenti cosmateschi che ornano l'attuale chiesa.


BIBLIO

- Carlo Pavolini - Resti romani sotto la chiesa dei SS. Nereo e Achilleo a Roma. Una rilettura archeologica - Scuola francese di Roma - 1999 -
- Maria Grazia Turco - Gli arredi liturgici controriformati, fra reimpiego, ricomposizione e ricostituzione. Il reimpiego in architettura - Recupero, trasformazione, uso - Collection de l’École -
- Agnese Guerrieri - La chiesa dei SS. Nereo e Achilleo - Pont. Ist. di Archeologia Cristiana - Roma - 1951 -
- Maria Grazia Turco - La chiesa dei Santi Nereo e Achilleo nel parco dell’Appia Antica - La definizione del progetto cinquecentesco nel manoscritto baroniano - in “Palladio” - 1994 -



 

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