TOMBA DEGLI SCIPIONI



IL SARCOFAGO 

Alessandro Verri, così racconta al fratello Pietro Verri in una lettera del 20 aprile 1782:
«Sono stato per la seconda volta nei sepolcri de' Scipioni che si vanno sempre più scoprendo. Sono situati sotto una casetta da vignaiolo accanto l'antica via Appia fuori di Porta Capena dove, secondo anche osserva Cicerone nelle Tuscolane, vi erano i sepolcri de' Metelli, de' Servilî, e de' Scipioni. La casetta è fabbricata sul tufo il quale è scavato in grotte sotterranee, e dentro sono collocate le urne. Le prime di esse ritrovate sono di una cattiva tenera pietra detta peperino, e le lettere non erano tampoco incise, ma scritte con un color rosso, conservato fino a nostri tempi dalla benignità della fortuna. Le altre urne che ora si vanno scoprendo hanno qualche ornato di buono stile e le lettere incise. Il senator Quirini veneziano portò via un cranio de' Scipioni, Monsieur Dutens ha rubato un dente d'oro che porta in scatoletta avvolto nel bombace: io ho trafugato l'osso sacro di non so qual Scipione, perché i scavatori hanno confuso le preziose loro reliquie ormai disperse a forza di ruberie antiquarie; ma il nome, e la gloria rimane perpetuamente non soggetta a queste usurpazioni.»
(ALESSANDRO VERRI - 1782)

L’area archeologica del monumento  è situata in fondo a Villa degli Scipioni, il tratto urbano della via Appia Antica, in cui parecchi anni fa aveva l'unico ingresso. Oggi invece ha l'ingresso dei visitatori da via di San Sebastiano. La tomba è stata costruita a poca distanza dall’Appia antica, strada inaugurata nel 312 a.c. per agevolare l’espansione e il commercio di Roma nell’Italia meridionale.

La Regina Viarum fu infatti voluta dal censore Appio Claudio Cieco, convinto sostenitore della politica imperialistica romana, oltre a essere stato il primo importante uomo politico a dimostrare una netta inclinazione per il mondo greco. La famiglia degli Scipioni, una delle più aperte alla cultura ellenizzante, non poteva costruire il suo monumento funerario presso una strada consolare più gradita,, simbolo di comunicazione verso il mondo della Magna Grecia.

Forse non è un caso che gli Scipioni, una delle famiglie più innovatrici ed aperte alla cultura ellenizzante, decisero di edificare il prezioso sepolcro sull'Appia Antica, la nuova strada consolare, simbolo di quell'idea politica di espansione verso la Magna Grecia e il Mediterraneo orientale.

ACCESSO ALLA TOMBA

A Roma il periodo delle guerre macedoni vide l'ascesa e la caduta della famiglia degli Scipioni, illustre soprattutto nel III e nel II sec. a.c.. Alla fine della Repubblica la gloriosa famiglia si spense totalmente. Molti membri di questa famiglia vennero nominati consoli o ebbero altri uffici importanti: due di loro vennero soprannominati l'Africano e l'Asiatico per le loro vittorie in Africa e in Asia. Gli Scipioni appartenevano al ramo della gente Cornelia che appare per la prima volta nel sec. IV a.c.

Molti personaggi di questa famiglia furono grandi generali e notevoli uomini politici; ma anche le donne si distinsero e passarono alla storia, prima fra tutte Cornelia, la notissima madre dei Gracchi, figlia del più celebre degli Scipioni, Scipione l’Africano. Furono avversati ed invidiati tenacemente dai conservatori per la loro apertura mentale verso l'ellenismo e le donne che godevano nelle loro case di una notevole libertà.

Il sepolcro degli Scipioni, situato all'interno delle mura aureliane, poco prima della Porta San Sebastiano, e fuori Porta Capena, appartenne a questa valorosa famiglia che diede i natali a Scipione l'Africano, vincitore di Annibale, e Scipione l’Emiliano, distruttore di Cartagine, nonchè ad altri valenti generali della stessa familia.

Scipione è ricordato da vari autori antichi tra cui Cicerone, Livio, Plinio, Svetonio, appartenne alla valorosa famiglia che diede i natali a Scipione l'Africano e fu ricavato in un banco naturale di cappellaccio.

Il sepolcro, fu costruito nei primi decenni del III sec. a.c., (sembra nel 280 a.c.) ricavato in un banco naturale di cappellaccio, dal capostipite Lucio Cornelio Scipione Barbato, (337 a.c. – 270 a.c), .console nel 298 a.c., del quale si conserva un sarcofago in peperino in posizione dominante di fronte all’ingresso.

Fu questo il primo sarcofago a trovar collocazione nel sepolcro.
Trattasi tuttavia di una copia, perchè l'originale è conservato nei Musei Vaticani. 



GLI SCAVI

Tutta l'area archeologica intorno era caratterizzata da vigne ed orti sin dal XVII sec., Nonostante se ne conoscesse l'ubicazione approssimativa grazie alle fonti, la prima notizia del ritrovamento si ha notizia della prima scoperta del sepolcro avvenuta nel 1614, all'epoca in cui venne spogliato violentemente a cominciare dall’iscrizione principale del sarcofago di Barbato. L'iscrizione del sarcofago di Lucio Cornelio Scipione, figlio di Barbato.
Venne inglobato in parte in una abitazione del III secolo.  

Il monumento venne poi scavato verso nel 1780, quando i fratelli Sassi, proprietari della vigna nelle cui profondità era celato l'ipogeo, allargando il sotterraneo della loro cantina s'imbatterono di nuovo nel sepolcro. Ma già prima (come per quasi tutti gli antichi luoghi di sepoltura) era stato manomesso e saccheggiato.



DESCRIZIONE

Il sepolcro ha pianta quadrata, con un ingresso monumentale, oggi quasi del tutto scomparso; e presenta quattro gallerie sui lati e due perpendicolari al centro; lungo le pareti interne trovavano posto ben 32 sarcofagi (i Cornelii dei rami patrizi della gens costumavano farsi inumare, non cremare), quasi tutti con epitaffi che vennero per lo più resecati e trasportati poi ai Musei Vaticani.

Dei trentadue sarcofagi che dovevano occupare il sepolcro restano i frammenti di sedici di cui sette con relativa iscrizione.

Il monumento è diviso in due corpi distinti: uno scavato in un banco di tufo a pianta  quadrata, e una galleria di epoca posteriore, costruita in mattoni, con ingresso indipendente.

La regolarità dell'impianto fa ritenere che lo scavo sia avvenuto appositamente per la tomba, e non ricavato da un'antica cava di tufo.

Il corpo centrale è diviso da quattro grandi pilastri lasciati dallo scavo per la solidità all'ipogeo; con quattro gallerie lungo i lati e due centrali che si incrociano perpendicolarmente.

I sarcofagi sono disposti lungo le pareti o entro nicchie. Ogni sarcofago presenta un’iscrizione relativa al personaggio e alle sue imprese.

La facciata monumentale, sistemata da Scipione l’Emiliano nel II sec. a.c., era costituita da un alto podio su cui si aprivano tre ingressi simmetrici con tre nicchie che dovevano ospitare statue raffiguranti il poeta Ennio, Scipione l’Africano e Scipione l’Asiatico. Si sa anche che custodiva i resti di un estraneo alla famiglia: il poeta Quinto Ennio (239 a.c. – 169 a.c.), di cui Cicerone ci dice esistesse anche una statua di marmo.

Il sepolcro venne usato dai Corneli Scipioni dall’inizio del IV sec. alla fine del I secolo a.c., quando la stirpe si estinse. Su alcuni sarcofagi ivi contenuti sono stati rinvenuti i cosiddetti Scipionum elogia. Al suo interno vennero rinvenuti gli epitaffi di:

- Lucio Cornelio Scipione Barbato, che fu console nel 298,
- di suo figlio Lucio Cornelio Scipione che fu console nel 259,
- di Lucio Cornelio Scipione nipote dell’Afriacano Maggiore,
- di un Gneo Cornelio Scipione che morì poco dopo aver rivestito la pretura nel 139.


STRUTTURA MEDIEVALE COSTRUITA SULLA TOMBA
Invece il sepolcro non accolse nessuno degli Scipioni più famosi: Scipione l'Africano, ovvero Publius Cornelius Scipio (236 a.c. –183 a.c.), Scipione l'Asiatico, ovvero Lucius Cornelius Scipio (238 a.c. – 184 a.c.), nè Scipione l'Ispanico fu sepolto qui, ma secondo Livio e Seneca furono inumati nella loro villa di Liternum.

Le successive deposizioni occuparono tutto il resto del sepolcro: nelle pareti delle gallerie erano ricavate le nicchie destinate a contenere i sarcofagi, alcuni costruiti sul posto con lastre di tufo, altri scavati in blocchi squadrati.

Intorno al 150 a.c., forse ad opera di Scipione Emiliano, venne scavata una nuova galleria sul lato verso l’Appia, con un ingresso indipendente. Probabilmente in quest’epoca venne ricostruita e rimodellata la facciata, la cui parte superiore era un prospetto architettonico scandito da semicolonne, tra cui, come ci informa Livio, erano collocate tre statue, per tradizione identificate con Publio e Lucio Scipione (l’Africano e l’Asiatico) e con il poeta Ennio, che aveva celebrato le glorie della famiglia divenendone pressoché un familiare. L'attribuzione all'epoca dell'Emiliano confermerebbe questa struttura come uno dei primissimi esempi di edificio in stile ellenistico a Roma.

L'abitazione presenta alte pareti in laterizio, fino almeno a tre piani, lacerti di decorazioni pittoriche e di pavimenti in tessere di mosaico, fornita di una chiostrina interna per isolare la struttura dalla roccia retrostante ma anche per dare luce ed aria agli ambienti posteriori.

Si pensa fosse una struttura riguardante un collegio funerario, anche per la presenza di altre sepolture, quali ad esempio una piccola catacomba, non ascrivibile ad alcun culto, nè pagano nè cristiano, un’altra struttura in laterizi delineati a marcapiani con sepolture su più livelli e un colombario immediatamente al di sotto della sala principale.


LA TOMBA
Della facciata, rivolta a nord-est ci resta solo una piccola parte sulla destra, con scarsi resti di pitture. Era composta da un alto podio con cornici a cuscino, in cui si aprivano tre archi in conci di tufo dell'Aniene: uno conduceva all'ingresso dell'ipogeo (centrale), uno alla nuova stanza (destra), mentre il terzo (sinistra) era cieco probabilmente per scavare un'ulteriore camera ove occorresse. 

Il basamento era interamente ricoperto di affreschi, di cui rimangono solo piccole parti nelle quali sono stati individuati tre strati: i due più antichi (dalla metà del II secolo a.c.) presentano figure di soldati, probabilmente scene di glorie familiari, mentre l'ultimo, più recente, ha una semplice decorazione in rosso a onde stilizzate (I sec. d.c.).

Le ultime due sepolture sono degli inizi del I secolo d.c., quando, dopo molto tempo, i Corneli Lentuli, ramo collaterale della famiglia degli Scipioni che nel frattempo si era estinta, decisero di riutilizzare il prezioso e prestigioso sepolcro.

IL COLOMBARIO
Nell’area archeologica, oltre al sepolcro degli Scipioni, sono presenti strutture che vanno fino al Medioevo, come ad esempio la presenza di una “calcara” cioè di un vano tondeggiante scavato nel tufo e, purtroppo, pure negli ambienti del sepolcro, destinato alla produzione della calce mediante calcinazione di marmi e travertini di spoglio, cioè architravi, decori, statue, vasi ecc. per quella protervia volontà cristiana di annullare tanta arte, tanta storia e tanta bellezza considerata perlopiù "demoniaca". Possiamo immaginare quanti marmi che ornavano la tomba siano stati calcinati per farne calce.

Al termine dei lavori di consolidamento e recupero, che hanno prevalentemente interessato il banco tufaceo nel quale l’edificio sepolcrale è scavato e le strutture metalliche di sostegno realizzate nel secolo scorso, il complesso archeologico, chiuso ai visitatori dal 1992, è stato riaperto al pubblico alla fine del 2011, ma solo su prenotazione.


Il colombario, di forma rettangolare,  si raggiunge scendendo per una scaletta metallica. E' realizzato in parte in opus reticolatum in opera reticolata, sostenuto da due pilastri circolari: sia le pareti sia i pilastri sono completamente rivestiti di nicchie per i vasetti delle ceneri dei defunti. 

Al di sotto di ogni nicchia piccoli cartigli dipinti a colori vivaci sull’intonaco, giallo, rosso, azzurro, stranamente senza alcun nome inciso o dipinto sopra, quasi non fossero mai stati utilizzati: singolare inoltre come i pilastri presentino alternativamente nicchie con una sola olla e nicchie con due olle.

Ma la vera e propria scoperta risale al 1780, quando i due fratelli sacerdoti Sassi, proprietari della vigna soprastante, allargando la cantina della loro casa trovarono un ingresso al sepolcro. In quegli anni tutto quello che era iscritto o figurato fu portato nei Musei Vaticani, ma nonostante la spoliazione il sepolcro divenne una meta abituale per molti studiosi e visitatori di Roma antica.

“ Suonò per la città una voce mirabile che si fossero allora scoperte le tombe degli Scipioni… Un villereccio abituro sorge sulle tombe scipioniche, alle quali conduce uno speco sotterraneo simile a covile di fiere. Per quella scoscesa alquanto ed angusta via giunsi agli avelli della stirpe valorosa… Vidi confuse con le zolle e con le pietre biancheggiare le ossa illustri al lume della face ” (Alessandro Verri)


Danneggiato da scavi condotti coi metodi distruttivi di quei tempi, in cui lo scopo principale era spesso solo quello di trovare tesori, il sepolcro fu restaurato integralmente tra il 1926 e il 1929 a cura della X Ripartizione del Comune di Roma. In quell'occasione l’area, già acquisita dal Comune di Roma, fu oggetto di un’ampia campagna di scavi, restauri e sistemazioni per aprire l’area al pubblico, compresa la realizzazione del Parco degli Scipioni nell’area retrostante, verso la via Latina.

Inoltre vennero anche eseguite le copie delle iscrizioni che ne ornavano i numerosi sarcofagi e che nel corso del tempo erano state portate ai Musei Vaticani e vennero collocate sui resti di alcuni dei sarcofagi che, invece, erano rimasti in loco.

Qui a lato la pianta del sepolcro degli Scipioni:

- 1 è il vecchio ingresso,
- 2 la calcara medievale,
- 3 l'ingresso principale,
- 4 l'ingresso laterale alla nuova ala;
- le lettere da A a I sono i sarcofagi con iscrizioni.

L'unico sarcofago rimasto intatto è quello del fondatore del sepolcro, Lucio Cornelio Scipione Barbato, il cui sarcofago, occupava il posto d'onore ed è ora ai Musei Vaticani unitamente agli originali delle iscrizioni.

Grazie a numerose citazioni antiche, e soprattutto a testimonianze di Cicerone, sappiamo che fu in uso fino all'inizio del I secolo a.c. e il corpo principale fu completato entro la prima metà del II sec. a.c.

Nel sito sono stati reperiti una testa di peperino che potrebbe rappresentare Lucio Scipione figliuolo di Gneo, ma secondo altri il poeta Ennio, e un ritratto incognito.


RICOSTRUZIONE DELL'ALZATO DELLA TOMBA

LUCIO CORNELIO SCIPIONE BARBATO

Fu eletto console per l'anno successivo nel 299 a.c. con Gneo Fulvio Massimo Centumalo come collega. I membri della gens Cornelia, di cui gli Scipioni costituivano soltanto uno dei molteplici rami, avevano ricoperto importanti incarichi pubblici sin dagli inizi del V secolo a.c.

La sua censura del 280 a.c. fu la prima di cui si abbaia testimonianza da contemporanei, malgrado tale magistratura fosse già da molto tempo in vigore. A Lucio Cornelio toccò in sorte la campagna contro i Sanniti, a Gneo Fulvio toccò quella contro gli Etruschi. Ebbe due figli: Lucio Cornelio Scipione e Gneo Cornelio Scipione Asina.

I RESTI

ELENCO  DELLE ISCRIZIONI


LUCIO SCIPIONE
- Un Iscrizione di Lucio Scipione figlio del Barbato che scoperta nel passato secolo si custodisce nella Biblioteca Barberina Iscrizione della parte posteriore dello Stesso monumento scoperta nell'ultimo scavo e soltanto rubricata CCC.

(CIL I² 8, 9 = ILS 2, 3) L’epitaffio del Lucio Cornelio Scipione che morì intorno al 230 a.c., consta anch’esso di una prima parte con nome e "res gestae" (cursus honorum) scritta con lettere verniciate, e di una seconda parte, in forma di elogium, scritta con lettere scolpite su pietra:
- L. Cornelio(s) L. f. Scipio aidiles, cosol, cesor.
- Honc oino ploirume consentiont R[omai] duonoro optumo
- fuise viro Luciom Scipione. Filios Barbati consol, censor,
- aidilis hic fuet a[pud vos]. Hec cepit Corsica Aleriaque urbe,
- dedet Tempestatebus aide mereto.

" Lucio Cornelio, figlio di Lucio, Scipione edile, console, censore.
Questo moltissimi concordano nel ritenere che in Roma
 fu di gran lunga il migliore tra i buoni, Lucio Scipione.
Figlio di Barbato, console, censore, edile questi fu presso di voi.
Questi prese la Corsica e la città di Aleria e
alle (Dee delle) Tempeste meritamente dedicò un tempio".

Questo L. Cornelio Scipione, dopo aver ricoperto l’edilità in un anno imprecisato, fu console nel 259 e censore l’anno dopo, nel 258. La lode di essere stato oino(m) duonoro(m) optumo(m), cioè unum bonorum optimum, era una frase fatta.

Cicerone, infatti, ci ha conservato nel Cato maior (17, 61) l’epitaffio di A. Attilio Caiatino, console nel 258 e 254, che cominciava appunto con l’espressione “hunc unum plurimae consentiunt gentes populi primarium fuisse virum” (la lingua, naturalmente, è 64 rammodernata da Cicerone).


SCIPIONE
SCIPIONE ISPANO
- Iscrizione di Scipione lspano nelle lastre numerate trovate nel sito.


LUCIO SCIPIONE
- Lapide sepolcrale del Giovine Lucio Scipione figlio di Gneo e nipote di Cneo.


LUCIO SCIPIONE
- Epitaffio di Lucio Scipione figlio del vincitore di Antinto.


SCIPIONE ASIAGETO
- Frammento dell iscrizione del Giovinetto Scipione Asiageno Comato.


PUBLIO CORNELIO SCIPIONE
- Epitailio di Publio Cornelio Scipione flamine Diale (il cui sepolcro dette occasione a questa pregevole scoperta) 


SCIPIONE ?
- Frammento d Epitaffio di Personaggio incerto della famiglia degli Scipioni.


AULA CORNELIA
- Iscrizione del Sepolcro di Aula Cornelia che facea prospetto sopra il sarcofago di Scipione Barbato.


CORNELIA GETULICA 

- Tavoletta di marmo bianco coll'epigrafe sepolcrale di Cornelia Getulica


MARCO IUNIO SILANO

- Iscrizione in marmo bianco di Marco Giunio Silano

Sono state rinvenute nello scavo altre iscrizioni che non hanno però una sicura relazione con gli Scipioni: sette epigrafi sepolcrali nelle quali s incontra il nome di Cornelio e che potrebbero appartenere a clienti e liberti di quella illustre famiglia.



IL TESTO DELLE ISCRIZIONI

1) - Iscrizione di Scipione Barbato: (in latino antico, versi saturni)

Sulla faccia anteriore del sarcofago, sotto il grande fregio dorico composto di triglifi e metope con rosoni a rilievo, vennero poi elencate e incise le cariche politiche e militari di Scipione Barbato.
Sopravvenendo la moda degli epitaffi in forma di elogia in versi, venne cancellata con lo scalpello la semplice elencazione di cariche e si incise di seguito un nuovo testo in versi saturnii, separati l’uno dall’altro mediante una lineetta.

Per questo il testo appare, sia per la forma delle lettere che per la lingua, più recente dell’epitaffio del figlio di Barbato (notare che è la pietra che parla), un elogio funebre realizzato all’inizio del II secolo a.c., forse voluto da Scipione l’Africano.

(CIL I² 6, 7 = ILS 1) L’epitaffio del console del 298, Lucio Cornelio Scipione Barbato, che si legge sull’unico sarcofago rimasto intero, nella prima parte dichiarava il nome del defunto, con una breve iscrizione non incisa, ma dipinta in vernice rossa sul coperchio del sarcofago:

[L. Corneli]o(s) Cn. f. Scipio.

Cornelius Lucius Scipio Barbatus - 
Gnaivod patre prognatus, fortis vir sapiensque - 
quoius forma virtutei parisuma fuit, - 
consol, censor, aidilis quei fuit apud vos. - 
Taurasia, Cisauna Samnio cepit, - 
subigit omne Loucanam opsidesque abdoucit. -

“Lucio Cornelio Scipione Barbato,
nato dal padre Gneo, uomo forte e saggio
la cui bellezza fu del tutto pari alla virtù,
che presso di voi fu console, censore, edile.
Prese nel Sannio Taurasia e Cisauna,
assoggettò tutta la Lucana e se ne fece consegnare ostaggi”.

Scipione Barbato fu console nel 298 e censore nel 290. Che egli abbia rivestito l’edilità dopo la censura sembra poco probabile, anche se all’epoca non c'era ancora la lex Villia, pertanto deve essere stato edile non dopo il 302. Ma queste "res gestae" di Scipione Barbato vengono da Livio (unica fonte che ne parla) narrate in modo diverso.

Per l’anno 298, Livio riporta che dei due consoli quello che operò nel Sannio fu Gneo Fulvio Massimo Centumalo, che ottenne anche un trionfo sui sanniti, mentre Scipione Barbato operò in Etruria, dove riportò un’incerta vittoria.

Veramente nell’anno 298 tutti e due i consoli operarono nel Sannio. Fulvio batté i Sanniti vicino a Boviano e conquistò Aufidena, dopo di che condusse il suo esercito contro gli Etruschi, che furono vinti da lui e non da Scipione (come si legge in Livio), altrimenti nell’epitaffio la notizia di questa vittoria non sarebbe stata omessa.

Scipione invece, dopo aver anch’egli battuto i Sanniti e conquistato le città di Taurasia e di Cisauna, passò nel territorio dei Lucani, che pur essendo alleati di Roma aiutarono i Sanniti. La sua azione, come mostra la presa di ostaggi, voleva solo richiamare i Lucani al rispetto dei patti, ma non a sottomettere la Lucania.


2) - Iscrizione di Lucio Cornelio Scipione:

Antico quanto l'altro il sarcofago con l’iscrizione dipinta sul coperchio che ricorda Lucio Cornelio Scipione console del 259 a.c. e figlio del Barbato, e quella incisa in versi sempre saturni sulla cassa, un elogio funebre forse più antico rispetto a quella del padre: si data infatti al 230 a.c. Questa fu rinvenuta già nel 1614, staccata e venduta ad un cavapietre, fu acquistata dal principe Barberini che la murò all’interno della sua biblioteca, fino a che non fu portata in Vaticano.

« HONC·OINO·PLURIME CONSENTIONT 
R[OMANE] DUONORO·OPTUMO FUISE·VIRO
LUCIOM·SCIPIONE. FILIOS·BARBATI
CONSOL·CENSOR·AIDILIS HIC·FUET·A[PUD VOS] 
HEC·CEPIT·CORSICA ALERIAQUE·URBE 
DEDET TEMPESTATEBUS AIDE·MERETO [D.] »

« A Roma moltissimi riconoscono 
che lui solo è stato tra i buoni cittadini il migliore, 
Lucio Scipione. Figlio di Barbato, 
fu console, censore ed edile presso di voi. 
Prese la Corsica e la città di Aleria, 
consacrò alle Tempeste un tempio, a buon diritto. »


3) - Iscrizione di Publio Cornelio Scipione, Flamine Diale:


Publio Cornelio Scipione, figlio di Publio, Flamine Diale, 
Tu che hai portato l’apex, insegna del flamine Diale, 
la morte fece sì che le tue cose fossero tutte brevi: 
l’onore, la fama, il valore, la gloria e l’ingegno. 
Se avessi potuto goderne per una lunga vita, 
facilmente con le tue imprese avresti superato la gloria dei tuoi antenati. 
Perciò la terra riceve volentieri nel suo grembo te, 
o Publio Cornelio Scipione, nato da Publio "

Mentre la prima sepoltura del fondatore del sepolcro era posta ad ovest, le successive sepolture iniziarono ad occupare il lato est ; a sinistra della stessa galleria centrale venne posto il sarcofago del figlio di Barbato, console nel 259, Publio Cornelio Scipione, uno dei due figli dell'Africano.

Sappiamo anche che Publio Cornelio Scipione Nasica nell’anno 204, quando era giovane e non ancora aveva rivestito la questura, fu giudicato dal senato “in tota civitate bonorum optimum esse”(LIV. XXIX 14, 8) e pertanto incaricato di recarsi ad Ostia a ricevere la Magna Mater il cui culto veniva introdotto in Roma.

Nel cenno sulle res gestae si ricordano le imprese di guerra compiute nell’anno del consolato contro i Corsi, fra cui la conquista della città di Aleria. Non si fa invece parola né del successivo attacco contro i Sardi e dell’assadio di Olbia (forse perché non condotti a termine), né del trionfo “sui Cartaginesi e sulla Sardegna e Corsica” che, come risulta dai Fasti trionfali, Scipione ottenne e celebrò.

"A Roma moltissimi riconoscono che lui solo è stato tra i buoni cittadini il migliore, 
Lucio Scipione. Figlio di Barbato, fu console, censore ed edile presso di voi. 
Prese la Corsica e la città di Aleria, consacrò alle Tempeste un tempio, a buon diritto."

Il tempio alle Tempestates, che evidentemente Scipione fece innalzare attingendo dal bottino di guerra, è ricordato anche nei Fasti di Ovidio, e quanto alla sua dedicazione si ricordi che le tempeste, specie per l’inesperienza dei duci, furono il peggiore nemico delle navi da guerra romane in questi primi anni di attività.


4) - Iscrizione di Lucio Cornelio Scipione, figlio dell'Asiatico:

(CIL I² 12 = ILS 5) Più recente l’epitaffio di Lucio Cornelio Scipione il cui padre fu console nel 190 e fratello dell’Africano Maggiore:

-  L. Corneli(us) L. f. P. n. Scipio, 
quaist(or), tr(ibunus) mil(itum), 
annos gnatus XXXIII mortuos. 
Pater regem Antioco(m) subegit. 

“Lucio Cornelio, figlio di Lucio, nipote di Publio, Scipione,
questore, tribuno militare, morto in età di 33 anni.
Suo padre soggiogò il re Antioco”.

Il cursus honorum di Lucio Scipione, prematuramente scomparso, non oltrepassò la questura, pertanto si limita a ricordare il servizio prestato nella legione, col grado di tribuno militare, e poi la questura, che Lucio rivestì nel l67 quando, come riferisce Livio (XLV 44, 7 e 17), egli ebbe l’incarico di accompagnatore del re di Bitinia, Prusia, venuto a Roma col figlio Nicomede a far visita di omaggio al senato.

Non avendo res gestae, si ricorda la più gloriosa impresa del padre: la sconfitta di Antioco III re di Siria, per cui ricevette il titolo di Asiatico. Essendo stato Lucio Scipione, eletto questore all’età di 27 anni come stabiliva la lex Villia, la sua nascita ricadrebbe nel 194 e quindi la morte nel 161.


5) - Iscrizione di Lucio Scipione figlio di Gneo nipote di Gneo

L’elogio di Lucio Cornelio Scipione, probabilmente figlio di Gneo Cornelio Scipione Ispallo e di Paulla Cornelia, la cui tomba (indicata in pianta con la lettera D) si trova nel corridoio centrale dell’ipogeo (galleria 7-8) che porta alla sepoltura di Scipione Barbato.

Il sarcofago è monolitico e in pietra gabina, ed è collocato proprio di fronte a quello di Barbato, capostipite della famiglia romana. La tipologia consente di datarlo tra il 180 e il 170 a.c. come vedremo in seguito. Gli scavi hanno riportato alla luce la pietra con l’iscrizione elogiativa del defunto, probabilmente incisa sulla cassa del sarcofago, di cui rimangano solo i resti.

L’epitaffio in versi saturni è il seguente:

" L. Cornelius Cn. f. Cn. n. Scipio. Magna sapientia
multasque virtutes aetate quom parva
posidet hoc saxsum. Quoiei vita defecit, non
honos honore, is hic situs, quei nunquam
victus est virtutei. Annos gnatus (viginti) is
l[oc]eis m[an]datus. Ne quairatis honore
quei minus sit mand[atus]. "

“Lucio Cornelio Scipione, figlio di Gneo, nipote di Gneo. 
Questa pietra racchiude una grande sapienza 
e molte virtù, insieme ad una giovane età. 
A costui venne meno la vita, non l’onore. 
Qui è sepolto uno che mai fu vinto in valore. 
All’età di venti anni fu seppellito in questa tomba. 
Non cercate quali cariche rivestì: non ne ebbe.”

Il testo in analogia con gli altri elogi scipionici mette in luce le virtutes del defunto, evidenziando un’abitudine tipica della nobilitas romana: esaltare i valori socio-politici dei viri boni.

Trattasi di una grafia tarda che conserva però delle forme antiche: magna sapientia priva della  "m" dell’accusativo, quom che sta per cum, la costruzione della frase "quoiei vita defecit non honos honore" appare arcaica, la forma corretta sarebbe "cuius vita, non honos, defecit honorem" .

Tutto ciò fa collocare l’elogio poco dopo il 170 a.c., tanto più che il sarcofago, posto nel corridoio centrale vicino ai due più antichi del sepolcro è monolitico come usava in epoca più antica.
I nomi del padre e del nonno permettono di identificarlo con figlio dell’Ispallo (console nel 176 a.c.) e fratello di Gneo Cornelio Scipione Ispano (pretore nel 139 a.c.).

È stato anche supposto che potesse trattarsi di un figlio di quest’ultimo, ma questo appare altamente improbabile per diversi motivi. L’iscrizione in versi saturni è più antica di quella dell’Ispano che è invece in distici elegiaci e quindi successiva. Inoltre il sarcofago di quest’ultimo si trova nella galleria della tomba aperta in seguito; mentre il giovane Scipione fu sepolto nell’ipogeo più antico e probabilmente vicino alla madre Paulla Cornelia.

PIANTA DI GISMONDI CON INGRESSO E TOMBE
Lucio Cornelio Scipione è morto negli stessi anni del padre (intorno al 176 a.c.) se non prima. Il padre Scipione Ispallo fu pretore nel 179 e console nel 176 a.c., la Lex Villia prevedeva almeno 42 anni per il consolato. Il nonno, Gneo Cornelio Scipione Calvo, era morto in Spagna, dove è vissuto dal 216 al 212 a.c. Ispallo sarà nato quindi non dopo il 216 a.c. come del resto ipotizza lo Filippo Coarelli.

L’elogio ha lo scopo di celebrare il figlio dell’Ispallo, grande sapientia e molte virtutes gli vengono attribuite nonostante la giovane età. 
La breve vita non gli ha concesso di raggiungere le magistrature, ma non per questo gli è mancato l’honos, infatti mai è stato vinto nella virtus. 

La virtus romana è vista come sapienza, accortezza e continenza, agendo con giustizia e moderazione per il bene, nell'ordine, della patria, dei parenti e di se stesso.


6) - Iscrizione di Paulla Cornelia:

Paulla Cornelia fu deposta in un sarcofago inserito alle spalle di quello del Barbato, in una nicchia ricavata in un secondo momento, verso la metà del II secolo a.c.,

7) - Iscrizione di Publio Cornelio Scipione Ispallo:



8 ) - Iscrizione di Gneo Cornelio Scipione Ispano:

(CIL I² 15 = ILS 6) Ancora più recente è l’epitaffio di Cneo Cornelio Scipione Hispano che fu pretore nel 139 a.c. dove invece è il defunto che parla:

"Cn. Cornelius Cn. f. Scipio Hispanus 
pr., aid. cur., q., tr. mil. II, 
Xvir sl. iudik., Xvir sacr(is) fac(iundis). 
Virtutes generis mieis moribus accumulavi, 
progeniem genui, facta patris petiei. 
Maiorum optenui laudem 
ut sibei me esse creatum laetentur; 
stirpem nobilitavit honor. "

“Gn. Cornelio, figlio di Gneo, Scipione Hispano,
pretore, edile curule, questore, tribuno militare due volte,
decemviro stlitibus iudicandis, decemviro sacris faciundis.
Coi miei costumi accrebbi le virtù della stirpe,
generai una prole, ebbi di mira le gesta di mio padre.
Seppi conservare alto l’onore dei miei maggiori,
sì che essi s’allietino di avermi dato i natali.
Il cursum honorum dette ancor più lustro alla mia stirpe”.

Gneo Cornelio era figlio del Gneo Cornelio console dell’anno 176 a.c., e la prima parte dell’epitaffio riporta  le numerose cariche del cursus honorum. A parte la dignità sacerdotale di decemviro sacris faciundis, Gn. Cornelio ricoprì il vigintivirato; quindi prestò servizio militare rivestendo per due volte il grado di tribuno militare.

L’ascesa delle magistrature lo portò alla questura, poi all’edilità curule e alla pretura nel 139, quando dispose che venissero allontanati da Roma e dall’Italia gli indovini Caldei  ritenuti imbroglioni. Probabilmente non raggiunse il consolato perchè morì poco dopo la pretura; infatti nell’elogium finale, in distici elegiaci, non si ricordano imprese militari. 



ENNIO, L'AUTORE DEGLI ELOGI

Si è pensato che Ennio possa essere l’autore di alcuni elogi scipionici tra cui quello di Lucio, figlio dell’Ispallo. Conosciamo i frammenti di alcuni epigrammi in distici elegiaci: due dedicati a Scipione Africano e due allo stesso Ennio. 

ENNIO
Cicerone ritiene che sia stato Ennio l’autore dell’iscrizione presente sulla tomba stessa dell’Africano e riporta l’incipit: “Hic est ille situs” (“qui è sepolto”). Seneca ci rende noto il seguito dell’epigramma, traendolo dal De re publica di Cicerone: “cui nemo civis neque hostis quivit pro factis reddere opis pretium” (“colui al quale nessun concittadino o nessun straniero poté mai degnamente ricambiare i suoi servigi”). 

Poi Seneca aggiunge altri due versi di Ennio: “ Si fas endo plagas caelestum ascendere cuiquam est, mi soli caeli maxima porta patet ” (Se a un mortale è concesso di salire alle regioni dei celesti, per me solo è spalancata l’immensa porta del cielo).

Ancora Cicerone riporta altri due versi: “ A sole ex oriente supra Maeotis paludes nemo est qui factis aequiperare queat ” (Sin da dove sorge il sole sopra le paludi della Meotide non vi è alcuno che possa eguagliare le sue imprese).

Notiamo che la lunghezza di sei versi corrisponde a quella degli altri elogi attribuiti a Ennio. Inoltre il quarto verso dell’iscrizione di Lucio Cornelio (“is hic situs quei numquam victus est virtutei”) è simile a quello di Ennio (“Hic est ille situs, cui nemo civis neque hostis”). Per ultimo, l’iscrizione del figlio dell’Ispallo è stata realizzata intorno al 170 a.c., quindi contemporanea a Ennio..

Siamo poi al corrente della grande amicizia che correva tra Ennio e il circolo degli Scipioni. In questo caso con Publio Cornelio Nasica, cufino di Publio Cornelio Scipione Africano, di cui conosciamo un divertente aneddoto:

" Publio Cornelio Nasica desiderava vedere il poeta Ennio. Perciò andò da lui ma trovò la porta chiusa. Allora chiamava l’amico a gran voce però non rispondeva nessuno. Alla fine una ragazza si mostrò alla finestra, dicendo che Ennio non era a casa. Nasica capì subito che la donna aveva parlato per ordine del padrone. Tuttavia fingendo di credere, se ne andò.

Dopo pochi giorni Ennio andò da Nasica e, fermandosi davanti alla porta, chiamava l’amico. Nasica rispose: ‘Non sono a casa’. Ed a lui Ennio: ‘Apri la porta, riconosco la tua voce’. Allora Nasica: ‘Amico, sei uno sfacciato: io ho prestato fede alla parole della tua domestica; tu rifiuti di credermi’ "


Dalla tomba degli Scipioni provengono anche due teste in tufo dell'Aniene delle quali una scoperta nel settecento ed oggi ai Musei Vaticani, e una scoperta nel 1934 e subito trafugata. Il ritratto detto di Ennio non trova tutti d'accordo. Ritenendolo un ritratto da porre su un sarcofago, secondo un’usanza tipica etrusca, e data una certa somiglianza, si pensa fosse invece di un membro della famiglia, probabilmente Publio Cornelio Scipione Nasica Corculum, console nel 162 e nel 155 a.c.

Tanto più che, stando alle fonti, la statua di Ennio doveva essere in marmo, non in tufo. Qualcuno però asserisce che anche Ennio doveva essere sepolto lì, probabilmente su un sarcofago poi fatto a pezzi o trafugato. Quella testa un po' reclinata poteva essere parte del suo corpo adagiato sul sarcofago all'uso etrusco.

Noi siamo poco propensi all'uso etrusco, dato che Ennio era del meridione, ma ci sono due cose che ci fanno optare per il suo ritratto: quel volto gli somiglia, e per tradizione si sa che pur volendo essere sepolto nel suo paese d'origine, gli Scipioni gli dettero l'onore di essere tumulato nella loro tomba, Ma l'onore fu reciproco. Ennio morì a Roma nel 169 a.c. e per i suoi meriti di grande poeta e scrittore, oltre che per l'amicizia personale, fu sepolto nella tomba degli Scipioni.



I SARCOFAGI

I sarcofagi erano circa trenta, collocati lungo le pareti, grosso modo il numero di Scipioni vissuti tra l'inizio del III e la metà del II secolo a.c.

Ce ne sono due tipi: 
- monolitici, cioè scavati in un unico blocco di tufo, che sono i più antichi, 
- costruiti, cioè composti da lastre di pietra unite tra loro. 

Quello di Barbato era in fondo al corridoio centrale, in asse con l'ingresso principale. Gli altri sarcofagi dovettero essere aggiunti via via in seguito, talvolta addossati, talvolta in nicchie scavate nelle pareti. 

Nella seconda camera le tombe sono più grandi e arrivano a sembra piccole tombe "a camera".I sarcofagi più importanti sono quello di Scipione Barbato, ai Musei Vaticani, e quello del cosiddetto Ennio, di vaste dimensioni.

SARCOFAGO DI BARBATO

SARCOFAGO DI SCIPIONE BARBATO (A)

Il sarcofago, originariamente nella tomba degli Scipioni, lungo 242 cm, era in peperino, con un'elaborata decorazione di ispirazione architettonica. Databile al 280 a.c., venne edificato a forma di altare, con la cassa un po' rastremata, presenta modanature in basso e, nella parte superiore, con un fregio dorico con dentelli, triglifi e metope decorate da rosette una diversa dall'altra. 

Il coperchio termina con due pulvini laterali (elementi architettonici a tronco di piramide rovesciata, posto tra il capitello e l'imposta dell'arco) che assomigliano di lato alle volute dell'ordine ionico. Inoltre sul fianco superiore si trova scolpito un oggetto cilindrico, terminante alle due estremità con foglie di acanto.

Il gusto di mescolare gli stili (dorico, ionico e corinzio) deriva da modelli della Magna Grecia o della Sicilia, in piena sintonia dell'apertura all'ellenismo nel circolo degli Scipioni. Gusto che verrà ripreso ampiamente a Roma, vedi il Colosseo.

La grande raffinatezza artistica del pezzo, con il gusto di mescolare gli stili (dorico, ionico e corinzio) deriva da modelli della Magna Grecia o della Sicilia ed è una straordinaria testimonianza della precoce apertura all'ellenismo nel circolo degli Scipioni.

È dibattuta la cronologia delle tre iscrizioni:
- quella sulla cassa, 
- "l'elogium" ancora leggibile sulla cassa 
- il patronimico dipinto sul coperchio. 

Secondo il Wölfflin, si dovrebbe riconoscere una triplice successione: l'iscrizione dipinta sarebbe quella originaria, databile al 270 a.c., a cui si sarebbe aggiunta quella dei soli dati onomastici e le cariche, incisa sulla cassa intorno al 200 a.c., cancellata poi per far posto all'elogio, intorno al 190 a.c.. Secondo Coarelli invece, la più antica iscrizione (270 a.c. ca.) sarebbe quella erasa, trascritta sul coperchio intorno al 190 a.c. per far posto all'elogio, probabilmente per commissione  da Scipione l'Africano.

È probabile che nel corso di una delle trascrizioni si sia incorsi nell'errore di attribuire a Scipione il trionfo sui Lucani, mentre Livio parla dell'assegnazione allo stesso dell'incarico provinciale in Etruria. Cosa che ci appare più probabile.

Sul coperchio è presente un'iscrizione col patronimico del defunto (dipinta), accanto a una più lunga e più tarda (scolpita), in versi saturni. 

Per aggiungere quest'ultima venne cancellata una riga e mezzo più antica e questo intervento potrebbe risalire all'epoca di Scipione l'Africano, all'inizio del II secolo a.c. 

Si tratta di un estratto della laudatio funebris:

([L(UCIOS) CORNELI]O(S) CN(EI) F(ILIOS) SCIPIO
« Lucio Cornelio Scipione Barbato, figlio di Gneo, uomo forte e sapiente, il cui aspetto fu in tutto pari al valore, fu console, censore, edile presso di voi. Prese Taurasia Cisauna nel Sannio, assoggettò tutta la Lucania e ne portò via ostaggi »


SARCOFAGO DI LUCIO CORNELIO SCIPIONE (B)

Il sarcofago del figlio di Barbato, Lucio Cornelio Scipione, console nel 259 a.c., si trova nel corridoio centrale a sinistra della tomba paterna ed è la seconda in ordine di antichità. Il sarcofago è originale, mentre l'iscrizione è in copia. Anche in questo caso le epitaffi sono doppie: una dipinta sul coperchio che riporta il nome e le cariche principali del defunto; una scolpita sulla cassa, come nel caso di Scipione Barbato, che riporta, in versi saturni, una parte dell'orazione funebre.

Questa seconda iscrizione risale probabilmente a subito dopo la morte di Lucio, che sembra avvenne nel 230 a.c. e pertanto più antica della seconda iscrizione del Barbato. L'iscrizione riporta come il console conquistò la Corsica e la città di Aleria e come fondò un tempio alle Tempeste.


SARCOFAGO DI LUCIO CORNELIO SCIPIONE (D)

I resti del sarcofago di Lucio Cornelio Scipione, figlio dell'Asiatico, composto da lastre di tufo, si trova a sinistra dell'ingresso principale. L'iscrizione ricorda il defunto, che fu questore nel 167 a.c. e tribuno militare; ricorda anche come suo padre vinse il re Antioco.
SARCOFAGO DELL'ASIAGENO  (E)

I resti di un sarcofago in lastre di tufo, incassato in una rientranza della parete a sinistra del sarcofago di Scipione Barbato, è , come testimonia l'iscrizione, di Cornelio Scipione Asiageno Comato, figlio del precedente Lucio. Come ricorda l'iscrizione, morì a soli 16 anni, probabilmente attorno al 150 a.c. Il soprannome di Asiageno conferma la genealogia di discendenza dall'Asiatico.

La posizione del sepolcro, in una cavità scavata piuttosto in profondità a partire da un piccolo spazio residuo, dimostra come verso la metà del II secolo il luogo di sepoltura fosse già quasi al completo, rendendo necessari i primi ampliamenti.



SARCOFAGO DI PAULLA CORNELIA (F)

 Fu la moglie di Gneo Cornelio Scipione Ispallo, console nel 176 a.c., figlio di Gneo Cornelio Scipione Calvo e fratello di Publio Cornelio Scipione Nasica. Il sarcofago, piuttosto semplice fu eseguito in travertino e tufo dell'Aniene. L'iscrizione riporta solo il nome della defunta e del suo sposo senza commenti. 

I resti del suo sepolcro si trovano dietro al sarcofago di Scipione Barbato, collocato allargandone la nicchia. Con tutto ciò il sarcofago di Paulla è sicuramente più recente di quello del Barbato, essendo la cornice superiore di questo sepolcro, dove si trova l'iscrizione, poggiante sul sarcofago di Barbato: la facciata posteriore del sarcofago di Barbato chiudeva direttamente anche questo sepolcro, nella parte inferiore. Ciò dimostra che alla metà del II secolo a.c. il sepolcreto fosse ormai quasi al completo.


SARCOFAGO DI LUCIO CORNELIO SCIPIONE
(G)

Il successivo sarcofago, per antichità, è quello del primo dei figli dell'Ispallo, Lucio Cornelio Scipione, situato davanti al sarcofago del Flamina Diale. È composto in pietra gabina.


SARCOFAGO DI GNEO CORNELIO SCIPIONE ISPANO (H)

Gneo Cornelio Scipione Ispano era il secondo figlio dell'Ispallo e quindi di Paulla Cornelia.

VIA DI S. SEBASTIANO PER LA TOMBA DEGLI SCIPIONI
Il suo sarcofago, posto nell'ala nuova, è in tufo dell'Aniene. L'iscrizione (in copia) è l'unica pervenutaci completa e riporta le cariche del defunto (pretore, edile curule, questore e tribuno militare per due volte, decemviro per i giudizi sulle controversie e decemviro per l'effettuazione delle cose sacre); inoltre vi viene celebrata la stirpe degli Scipioni. 

L'iscrizione è in distici elegiaci, un metro introdotto a Roma dalla Grecia nel II sec. a.c. dal poeta Ennio. L'Ispano morì verso il 139 a.c. e l'ampliamento del sepolcro è quindi databile tra il 150 e il 135 a.c., quando venne probabilmente rifatta anche la facciata monumentale creando un arco monumentale anche per l'accesso a questa seconda ala.


SARCOFAGO NON IDENTIFICATO (I)

L'ultima iscrizione ritrovata si trova nell'ala "nuova" ed è incompleta; vi si legge quasi solo il nome Scipionem. Il sarcofago è in tufo dell'Aniene.


TOMBE A INCINERAZIONE

Alcune tombe a incinerazione vennero aggiunte in epoca più tarda, in epoca imperiale, e riguardano la gens dei Corneli Lentuli, che probabilmente aveva ereditato il sepolcro dopo l'estinzione degli Scipioni all'inizio dell'impero. Data l'antichità delle sepolture repubblicane, farsi seppellire accanto ai più celebri Scipioni dovette costituire un onore un lusso e una gloria, discendendo da si grande grande famiglia.


SUGLI SCIPIONI

Nella lettera a "Laelius de amicitia", Marco Tullio Cicerone così enuncia all'amico Tito Pomponio Attico: “Saepe enim excellentiae quaedam sunt, qualis erat Scipionis in nostro, ut ita dicam, grege”  “Spesso infatti ci sono certe personalità superiori, quale era quella di Scipione, nel nostro, per così dire, gregge”.


BIBLIO

- Pierre Grimal - Le siècle des Scipions, Rome et l'Hellénisme au temps des guerres puniques - Aubier - 1975 -
- Rodolfo Lanciani - Rovine e scavi di Roma antica - ed. Quasar - Roma - 1985 -
- Antonio Bosio - Roma sotterranea - Roma - 1632 -
- Alison E. Cooley - "History and Inscriptions, Rome" - in The Oxford History of Historical Writing - eds. A. Feldherr & G. Hardy - Oxford University Press - Oxford - 2011 -
- J. Bodel - Death on display: looking at Roman funerals - in The art of ancient spectacle - eds. B. Bergmann, C. Kondoleon - Washington - 1999 -
- F. di Gennaro, J. Griesbach - Le sepolture all’interno delle ville con particolare riferimento al territorio di Roma - in Suburbium -
- Pierre Grimal - Le siècle des Scipions - Rome et l'Hellénisme au temps des guerres puniques - Aubier - II édition - 1975 -





1 comment:

Urania - Le Tue Guide on 26 settembre 2017 alle ore 22:29 ha detto...

Il sarcofago originale di Scipione Barbato è ai Vaticani, non ai Capitolini. Precisamente a sinistra in cima alla scalinata a grottesche che dal museo Chiaramonti conduce verso il gabinetto dell'Aphoxiomenos.
Grazie mille per l'eccellente sito continuate così! Un saluto
Alessio

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