I SETTE COLLI DI ROMA



La "Notitia dignitatum et administrationum omnium tam civilium quam militarium" ("Notizia di tutte le dignità ed amministrazioni sia civili sia militari") è un documento anonimo ( fine IV sec. - inizio regno di Valentiniano III - 425) importante per la conoscenza amministrativa del tardo Impero con qualche incertezza sulle fonti. Così essa riporta i sette colli, anzi monti, di Roma.

Septem montes urbis Romae:

- Caelius,
- Aventinus,
- Palatinus (inter quos duos circus est in valle Murcia),
- Tarpeius,
- Esquilinus,
- Vaticanus
- Ianiculensis.

Ora in genere si intende per collina un'altitudine di 500-600 m sul livello del mare, e monte un'altitudine di 1000 m sul livello del mare. E' chiaro che qui non è lo stesso valore, basti pensare che il Campidoglio (Capitolium) è a 40 m s.l.m. e gli altri colli si attestano per lo più intorno ai 50 m s.l.m. Pertanto colli o monti significano "alture".



SEPTIMONTIUM

Secondo la storia, Roma fu costruita sopra sette colli, la cui identificazione si perde nella storia delle origini della città, lasciando ancora dubbi tra gli storici, come dimostrato dall'esistenza di diverse liste.

La lista più antica riporta il Palatino (che rappresenta il luogo al quale si riferiva la leggenda sulla fondazione della città), il Germalo (che rappresenta una propaggine dello stesso Palatino verso il Tevere), la Velia (verso l'Esquilino), il Fagutale, l'Oppio e il Cispio (oggi tutti compresi nell'Esquilino) e la Suburra (in direzione del Quirinale).
« Dove adesso si trova Roma c'era un tempo il Septimontium così chiamato per il numero di montes che in seguito la città incluse all'interno delle sue mura. »
(Varrone, De lingua latina, V, 41.)

Il primo centro "proto urbano" di Roma tuttavia nacque unendo alcuni villaggi pre-urbani nella I metà del IX sec. a.c. Secondo Theodor Mommsen, l'attestazione in epoca storica di una festa religiosa, prova inequivocabilmente l'esistenza di un centro proto-urbano, successivo a quello identificato dalla Roma quadrata.
Il Septimontium propriamente detto era formato dalle seguenti alture, dette montes:

- il Palatium (Palatino)
- il Cermalus (Palatino)
- il Fagutal (Esquilino)
- l'Oppius (Esquilino)
- il Cispius (Esquilino)
- la Velia, che collegava Palatino ed Esquilino
- la Subura
- il Caelius o Querquetulanus

Il comune romano identificato dal Septimontium, inizialmente ristretto ai soli montes, fu allargato in seguito anche ai colles del Quirinale e del Viminale (Latiaris, Mucialis, Salutaris, Quirinalis e Viminalis), come veniva identificato il comune urbano che sorgeva su queste alture.


Di certo l'identificazione dei sette colli si accompagnò, modificandosi, con l'espansione della città, dalla Roma raccolta attorno al suo nucleo originario, la Roma Quadrata, a quella che raggiunse la massima espansione nel periodo imperiale, tanto che ai tempi di Costantino, tra i sette colli si annoveravano il Vaticano e il Gianicolo, e non il Quirinale e il Viminale.
I sette colli facevano parte del nucleo originario della città, dunque la Roma Quadrata, e la lista più antica riporta: 

- il Palatino, dove avvenne la fondazione della città,
- il Germalo (una propaggine dello stesso Palatino verso il Tevere),
- la Velia (verso l'Esquilino),
- il Fagutale (oggi compreso nell'Esquilino)
- l'Oppio (oggi compreso nell'Esquilino)
- il Cispio (oggi compreso nell'Esquilino)
- la Suburra (in direzione del Quirinale).


Sia Cicerone che Plutarco riportano così i sette colli, (tutti sui 50 m circa di altitudine), sono:
- l'Aventino
- il Campidoglio 
- il Celio
- l'Esquilino
- il Palatino
- Quirinale
- il Viminale

(INGRANDIBILE)
Un'altra sella montuosa collegava le pendici del Campidoglio con quelle del Quirinale; ma venne spianata nel II sec. per poter edificare il complesso del Foro di Traiano: il mons che compare nell'iscrizione della Colonna di Traiano, di cui questa mostrerebbe l'altezza originaria, si riferirebbe appunto a questa altura.

Nel periodo imperiale vi fu una espansione della città ed ai 7 colli si aggiunsero il Vaticano (Mons Vaticanus)

Ai tempi di Costantino i sette colli non erano più gli stessi:

- il Palatino, dove avvenne la fondazione della città,
- il Germalo,
- la Velia
- l'Esquilino
- la Suburra
- il Vaticano
- il Gianicolo

IL CELIO

Il mons Caelius fu inserito nel perimetro cittadino già con Romolo, ovvero, almeno con Tullo Ostilio o Anco Marzio. Si trova menzionato nell'elenco del Septimontium e fece parte della I regione cittadina (Suburana) nella suddivisione serviana. Nella nuova suddivisione augustea costituì la II regione (Caelimontium). In origine, il nome doveva essere Querquetulanus mons per la ricchezza di querce, mentre l'origine del nome Caelius viene concordemente fatta risalire all'etrusco Celio Vibenna, uno dei due fratelli di Vulci che avrebbero aiutato Servio Tullio a diventare re di Roma.

Dell'epoca arcaica, resta traccia nel ricordo di culti dei boschi e delle fonti, come quello della Ninfa Egeria nel bosco delle Camene appena fuori Porta Capena. Pare che al suo santuario fosse particolarmente legato Numa Pompilio.

Il Monte Celio,  è costituito da una lunga dorsale di circa 2 km che dalla zona di Porta Maggiore giunge fino a Porta Capena e al Colosseo, e dalla porta Capena (s. Gregorio) a porta Caelimontana.

Fu così denominato dal nome dell'etrusco Celio Vibenna, di Vulci, che secondo le fonti etrusche, aiutò con suo fratello il re Servio Tullio, nella conquista del monte Celio e successivamente nell’occupazione di Roma.

In gran parte il colle si trovava al di fuori del recinto sacro del pomerio, per cui vi potevano essere edificati templi a divinità straniere, come il tempio di Minerva Capta o l'antichissimo sacello di Diana fuori dalle mura serviane. A quest'epoca risalgono alcuni sepolcri, come quello a camera sulla via Celimontana, poco prima di piazza San Giovanni in Laterano.

In età augustea, il Celio costituì la II delle 14 regioni della città, detta Caelimontium. La zona tra il Laterano e Porta Maggiore venne inclusa nella V regio (Esquiliae), anche se fisicamente fa parte del Celio. Sul lato rivolto verso il Colosseo, nel punto più elevato sorse il tempio del Divo Claudio, dedicato all'imperatore Claudio, divinizzato dopo la morte.

Dai resti rinvenuti nell'area del colle, ci fu una cospicua fase abitativa nella seconda metà del II sec. d.c., mentre i edifici precedenti del I sec. a.c. furono probabilmente distrutti da un incendio del 27 d.c.. Nel IV secolo vi avevano sede ricche domus inserite in vasti parchi, come quelle delle famiglie dei Simmaci (presso la basilica hilariana) e dei Tetrici e quella di Fausta (domus Faustae), forse identificabile con la moglie di Costantino.

Le proprietà degli Annii e di Domizia Lucilla (della famiglia di Marco Aurelio) e dei Quintilii, entrarono a far parte della domus Vectiliana di Commodo. Nella parte extraurbana del colle, sorsero diverse caserme per le truppe di stanza nella capitale: in corrispondenza della chiesa di Santo Stefano Rotondo erano sorti i castra peregrina (costruiti in epoca traianea e restaurati più volte nei secoli successivi). Nei pressi si trovava inoltre un'ampia residenza dei Valeri (domus Valerii). Di fronte, si trovava la sede della V coorte dei vigili (statio cohortis V vigilum).

In un possedimento della famiglia dei Laterani, Settimio Severo fece edificare tra il 193 e il 197 i castra nova equitum singularium, ossia una nuova caserma per il corpo di cavalieri della guarda imperiale, di fronte alla vecchia caserma costruita sotto Traiano (castra priora equitum singularium). Quando il corpo militare fu sciolto da Costantino, l'area dell'accampamento severiano fu in parte occupata dalla nuova basilica dedicata al Salvatore che divenne poi San Giovanni in Laterano.

Gli edifici del Celio furono fortemente danneggiati durante il sacco di Alarico del 410 e a partire da quest'epoca si vanno accentuando sul colle abbandono e ruralizzazione.

Interessanti monumenti:

COME APPARIVA IL PALATINO CON IL CAMPO BOARIO SOTTO
E L'ISOLA TIBERINA A SINISTRA

IL PALATINO

Il Colle Palatino, il Palatium, il cui nome deriverebbe da Pallantion, città arcadica da cui emigrarono il principe Evandro ed i suoi. Per altri da Pallante, antenato o figlio di Evandro. Per altri ancora deriverebbe da Pales, Dea dei pastori, o da Palatium, mitica città della Sabina.

Fatto sta che in età imperiale il termine Palatium iniziò ad indicare il palazzo imperiale. Qui sorge oggi la grande area archeologica dove nacquero i primi abitati primitivi e gli agglomerati urbani nel I millennio a.c.. Di questi primitivi abitanti si possono ancora osservare i resti appunto sul colle, ma insieme alle vestigia dei palazzi imperiali e soprattutto della casa di Augusto.

Il nome del colle aveva la stessa radice di quello della Dea Pales, alla quale era dedicata l'antichissima tradizione della festa delle Palilia o Parilia, che si tenevano il 21 aprile e che coincidevano col giorno della fondazione della città. Per altri studiosi la derivazione del nome Palatino si ricava da Palus, poiché molte costruzioni di quegli antichi popoli erano fatte su palafitte, ma la derivazione più logica è quella dalla radice Pala, ossia altura.

Aveva sede qui anche la festa dei Lupercalia, legata alla mitica Lupa: partendo dalla grotta del Lupercale, ai piedi del Palatino, una processione di sacerdoti-lupi vestiti di soli pelli caprine o nudi, si dirigeva verso il Tevere e poi faceva il giro del colle, frustando chiunque venisse a loro tiro
soprattutto le donne: un rito di fecondità.

In epoca repubblicana, il Palatino fu sede di vari culti, a partire da quello della Magna Mater (Cibele), introdotto dall'Asia Minore al tempo della II guerra punica, e quelli di Apollo e Vesta, i cui santuari vennero fondati da Augusto nella propria casa (tempio della Magna Mater, tempio di Apollo Palatino, tempio di Vesta).

Il colle divenne la sede delle abitazioni della classe dirigente romana.
Vi abitarono infatti:

- Marco Valerio Massimo, console nel 505 a.c.
- Gneo Ottavio, console nel 165 a.c.
- Tiberio Sempronio Gracco, padre dei due famosi tribuni della plebe
- Marco Fulvio Flacco, console nel 125 a.c.
- Marco Livio Druso, tribuno della plebe nel 91 a.c.
- Cicerone e suo fratello Quinto
- Tito Annio Milone, amico di Cicerone e uccisore di Clodio, che pure viveva sul colle
- Quinto Ortensio Ortalo, oratore, la cui casa fu poi acquistata da Augusto
- Marco Antonio, il triumviro
- Tiberio Claudio Nerone, padre di Tiberio

Tra le tante case repubblicane sono stati trovati resti sotto la Domus Flavia, tra i quali spiccano la Casa dei Grifi e l'Aula Isiaca, decorate da importanti affreschi.

Basilare fu per il colle il fatto che Augusto, che qui era nato, lo scelse come residenza, acquistando prima la casa di Ortensio e poi ampliando la proprietà con altre abitazioni vicine: la Casa di Augusto si trovava sull'angolo sud-occidentale della collina. Dopo di lui gli Imperatori Romani costruirono i loro palazzi sul Palatino.

Sorsero così, uno dopo l'altro, i palazzi imperiali di Tiberio (Domus Tiberiana, ampliata da Caligola), di Nerone (la Domus Transitoria e una parte della Domus Aurea), dei Flavi (Domus Flavia e Domus Augustana) e di Settimio Severo (Domus Severiana e Settizonio).
Le rovine dei palazzi di Augusto, Tiberio e Domiziano sono ancora visibili. Lo stesso termine “palazzo” deriva dal Palatium latino, a sua volta derivante da Palatino.

Qui troneggia la statua equestre (in copia) di Marco Aurelio, e da qui si può ammirare tutto il centro di Roma coi suoi splendidi monumenti:



IL VIMINALE

Il colle più piccolo dei sette è quello del Viminale. così chiamato per i vimini (Salix Viminalis) che si trovavano anticamente alle pendici del colle. Si trova tra l'Esquilino a sud-est e il Quirinale a nord e nord-ovest. In epoca romana era delimitato dal Vicus Longus (attuale Via Nazionale), dalla Suburra, e dal Vicus Patricius (attuale Via Urbana).

Questo colle fu annesso alla città, dal sesto re di Roma, Servio Tullio. Al tempo di Augusto, il Viminale faceva parte della VI regione (rione) - Alta Semita, ed era un quartiere residenziale di medio livello, privo di edifici pubblici, come il vicino Cispius.

Qui si trovano le Terme di Diocleziano e Santa maria degli Angeli che fu edificata su di esse riportando però alcuni ambienti originali. 

In via Balbo, in via Panisperna e in via Santa Pudenziana (antico Vicus Patricius) sono stati scavati i resti di ricche case del II e I secolo a.c. Successivamente, durante il regno di Diocleziano, tra il 298 e il 305 d.c., vi furono erette le Terme, nella zona che si trova alla fine del Vicus Longus, fra il Viminale e il Quirinale.

VEDUTA DEI SETTE COLLI DALL'AVENTINO

IL QUIRINALE

Il Quirinale, col Viminale, erano anticamente detti collis, in contrapposizione con gli altri montes. Vi si riconoscevano alcune sommità, quali il Collis Latiaris (a sud, vicino ai Fori Imperiali), il Mucialis (o Sanqualis, dalla Porta Sanqualis in Largo Magnanapoli) e il Salutaris (dal tempio della Salus, a ovest dell'attuale palazzo del Quirinale).

Il colle era occupato fin dall'età del Ferro, come dimostrano alcune tombe arcaiche, scavate presso la Porta Collina, la Porta Sanqualis, ecc. Al VII sec. a.c., risale un deposito di ex voto scoperto davanti alla scalinata di Santa Maria della Vittoria, mentre un altro deposito simile si trovava sulla pendice opposta, dove fu rinvenuto anche il vaso di Dueno, con una delle più antiche iscrizioni in latino (fine VII - inizio VI sec. a.c.).

Secondo la leggenda romana, sul colle Quirinale si trovava un piccolo villaggio dei Sabini, e il re Tito Tazio vi avrebbe vissuto dopo la pace tra i Romani e i Sabini, quando il colle venne unito con la città quadrata del Palatino.

I Sabini diedero il nome al colle da Cures, città della Sabina, e dall'altare a Quirinus, forse il Dio unitario delle Curie (città sabine). Si racconta inoltre che, morto Romolo, una volta associato al Dio Quirino, a lui fu edificato un tempio sul colle che da lui prese il nome: il Quirinale.
Per una tradizione questo colle fu annesso alla città, dal sesto re di Roma, Servio Tullio, per un'altra dal secondo re di Roma Numa Pompilio, anche se a quell'epoca non era ancora cinto da mura.

Che il quirinale fosse indipendente dal Palatino, successivamente estesosi a quello della Roma Quadrata e del Septimontium, lo si ricava dal santuario, posto sul Quirinale, della Triade Capitolina, e di uno dedicato alla Fede Serbata, speculari a quelli che si trovavano sul Campidoglio, nonchè dal culto di Marte sul Qurinale, speculare a quello di Marte sul Palatino, e dall'esistenza di una confraternita dei Sali sul Quirinale. Il nome stesso con cui si indicava il Quirinale, Collis, in antitesi ai Mons, proverebbe l'esistenza di un periodo in cui le due comunità, Palatina e Quirina, erano indipendenti l'una dall'altra.

Sul colle si trovava l'antichissimo santuario di Semo Sancus (446 a.c.) e la tomba di Quirino, che Lucio Papirio Cursore trasformò in un tempio per il suo trionfo dopo la III guerra sannitica.
Molto antico era anche il Capitolium Vetus, dove il culto della Triade Capitolina (Giove, Giunone, Minerva) potrebbe essere stato celebrato qui prima che sul Campidoglio.
C'era pure il tempio di Flora, una Dea osco-sabina, e al confine col Viminale, il santuario di Diana Planciana, all'inizio del Vicus Longus, dove si allineavano vari altri santuari: della Pudicitia Plebeia, di Fortuna Euelpis, di Spes e di Febris.

Presso la Porta Collina si trovavano altri tre templi di Fortuna (uno detto della Fortuna Primigenia), mentre, fuori della porta, erano situati il tempio di Venere Erycina (215 a.c.) e un tempio di Ercole, fino al quale si sarebbe avvicinato Annibale per esaminare le fortificazioni di Roma.
Sotto la Basilica di Santa Pudenziana, sono stati trovati mosaici databili tra il II e l'inizio del I secolo a.c.

In epoca augustea il colle, col Viminale, divenne la sede della VI regione augustea e Augusto ordinò la costruzione di un tempio dedicato a Marte, mentre al di fuori delle mura serviane Tiberio fece costruire i Castra Praetoria. Domiziano fece erigere, nella sua casa natale, il tempio della Gens Flavia, ma l'edificio sacro più importante della zona era il tempio di Serapide, costruito da Caracalla.
I culti orientali sono documentati anche dalla presenza del mitreo Barberini e dell'Ipogeo di via Livenza (pagano e cristiano).

Tra gli inquilini famosi del quartiere ci furono Tito Pomponio Attico, amico e corrispondente di Cicerone, Vespasiano e Marziale. La zona più settentrionale confinava col Pincio ed era in parte occupata dagli Horti Sallustiani, villa privata dell'imperatore in città.

Costantino I ordinò l'erezione delle ultime terme della città: questo edificio è andato perso e ne rimangono solo alcuni disegni del XVI secolo. Il complesso era piccolo e raffinato, in contrapposizione con le grandiose e popolari terme di Diocleziano.

Le principali direttrici del quartiere erano quelle che attraversavano il colle in lunghezza, da sud-ovest a nord-est:
- il Vicus Patricius,
- il Vicus Longus (equivalente all'attuale via Nazionale)
- e l'Alta Semita.
Le vie trasversali erano più piccole e meno trafficate, dai caratteristici saliscendi per superare le ripide pendici del colle.

Nel medioevo vennero costruite la Torre delle Milizie e il convento dei Santi Pietro e Domenico sopra al palazzo di Nerva, e sopra le terme di Costantino venne eretto Palazzo Rospigliosi; oltre alle due famose statue dei Dioscuri con i cavalli, originariamente in questo luogo c'erano anche le due statue degli Dei del fiume che Michelangelo spostò sulla scalinata del Palazzo Senatorio del Campidoglio.

Il Quirinale vero e proprio era l'estremità orientale della collina, dove si trovavano il tempio di Quirino e la porta nelle mura serviane. Qui si dice che anticamente si trovava un piccolo villaggio dei Sabini; in età romana invece vennero realizzate le Terme di Costantino, il Capitolium Vetus e il Tempio di Serapide.

Le vallate laterali erano invece molto più profonde di ora e vennero colmate in varie epoche: per esempio in piazza Barberini, il livello vergine del suolo si trova a 11,75 metri di profondità, mentre dal lato di via Nazionale la pavimentazione antica si trova ben 17 metri sotto terra. I dislivelli repentini delle strade trasversali (come quella antica che è stata ricavata da via delle Quattro Fontane) arrivavano anche a 25 metri con ripidi saliscendi.

Monumenti:

- Sepolcro dei Sempronii
- Ara dell'incendio neroniano
- Magazzini di Lucio Nevio Clemente
- Mitreo Barberini
- Horti Sallustiani
- Ipogeo di via Livenza


L'AVENTINO VISTO DAL PALATINO

L'AVENTINO

Il più a sud tra i colli di Roma è l'Aventino, anticamente il più difficile da raggiungere, di forma trapezoidale e molto ripido. Fu tradizionalmente sede dei plebei, contrapposta al Palatino sede del patriziato.

Nei miti relativi alla fondazione di Roma è legato alla leggenda di Ercole e Caco e alla figura di Remo, che lo scelse come luogo da cui avvistare gli uccelli in volo nella disputa con il fratello Romolo per la scelta del luogo di fondazione.

E' collegato ad un altro piccolo colle, detto Piccolo Aventino (attualmente "collina di San Saba"). il nome potrebbe deriverebbe da un re di Albalonga, figlio di Ercole, che qui sarebbe sepolto, o dalle locuzioni "ab adventu hominum" (dalla venuta degli uomini) che era la denominazione di un tempio dedicato a Diana, o "ab advectu" per le paludi che lo circondavano, o, secondo Plutarco, da "ab avibus" per gli uccelli che vi si dirigevano dal Tevere da cui trarre auspici, oppure per l'avena che vi si coltivava e di cui si faceva commercio nel mercato della valle sottostante.

TERME DI CARACALLA
Il colle fu poi inserito nella città ai tempi di Anco Marzio, che l'avrebbe popolato con i profughi delle città da lui conquistate (Ficana, Medullia, Tellenae e Politorium) e ricevette una prima fortificazione indipendente, perché fosse più difendibile dagli attacchi dei nemici. Il colle viene descritto come basso e largo al perimetro 18 stadi, coperto da una fitta selva di svariate specie di alberi, tra i quali spiccavano quelli di Lauro.

Fu tradizionalmente sede dei plebei, contrapposta al Palatino sede del patriziato: con la Lex Icilia de Aventino publicando, del 456 a.c., l'area del colle fu distribuita tra i plebei per costruirvi case, rimediando ad una precedente occupazione di suoli di proprietà pubblica da parte dei patrizi, che aveva scatenato proteste e rivolte.

Il colle ebbe quindi il carattere di quartiere popolare e mercantile (anche per la sua posizione presso l'antico porto fluviale dell'Emporium). Per il suo carattere plebeo il colle fu anche la sede dell'estrema difesa del tribuno della plebe Gaio Sempronio Gracco nel 123 a.c.

In età repubblicana entrambi i settori all'interno delle Mura serviane sembrano essere stati compresi nella denominazione "Aventino", ma con la suddivisione augustea furono suddivisi tra le regioni XIII (poi Aventinus) e XII (Piscina Publica). Più tardi era all'interno della prima cinta muraria del VI secolo e successivamente delle repubblicane mura serviane, pur restando fuori del pomerio fino all'età di Claudio.

Grazie alla sua particolare posizione nei pressi del porto fluviale (Emporium), l'Aventino divenne sede di una nutrita colonia mercantile di stranieri. In epoca repubblicana vissero nel quartiere i poeti Ennio e Nevio.

La vita economica della città nel frattempo si era spostata dall'antichissimo ma piccolo Foro Boario alla pianura a sud dell'Aventino, dove dall'inizio del II sec. a.c. vennero costruiti il nuovo porto fluviale (Emporium), l'enorme Porticus Aemilia e i grandi magazzini e depositi degli Horrea Galbana, Lolliana, Aniciana, Seiana e Fabaria, oltre al mercato del pane (Foro Pistorio). La via Marmorata reca traccia di uno dei più importanti prodotti che qui transitavano dopo essere sbarcati: il marmo.

Qui si trovavano importanti monumenti di Roma, per la sua posizione al di fuori dei limiti ufficiali della città, l'Aventino fu spesso scelto per i luoghi di culto delle divinità straniere, a cominciare dal tempio di Diana, un santuario federale eretto da Servio Tullio, il Tempio della Luna, il Tempio di Minerva, alcune Terme, e molte residenze di aristocratici romani. Da qui si può ammirare ammirare l'intero Circo Massimo.

Alle spalle di questi edifici si venne formando il Monte Testaccio, una collina artificiale alta 30 metri, nata dall'accumulo dei cocci delle anfore portate a Roma come tributi pagati da tutte le province dell’Impero. Vi ebbero anche sede i culti della principale divinità cittadina trasferiti a Roma dalle città conquistate e distrutte con il rito dell'evocatio (ossia il trasferimento a Roma della divinità protettrice della città sconfitta), come il tempio di Giunone Regina (da Veio) e quello di localizzazione incerta di Vertumno (da Volsinii, oggi Bolsena). Altri santuari erano quelli di Iuppiter Liber e della Libertas.

Sulle pendici verso il Circo Massimo, fu costruito nel 495 a.c. un tempio di Mercurio e nel 493 a.c., ad opera del dittatore Aulo Postumio, in seguito al responso dei Libri sibillini, venne edificato il santuario dedicato a Cerere, Libero e Libera (corrispondenti a Demetra, Dioniso e Kore). Alle sue pendici, non lontano dalla Porta Trigemina, si trovava un altare dedicato al semi-Dio Evandro.

In età imperiale il carattere del colle mutò e divenne sede di numerose residenze aristocratiche, tra le quali le case private di Traiano e di Adriano prima che divenissero imperatori (privata Traiani e privata Hadriani) e di Lucio Licinio Sura, amico di Traiano.

Più tardi vi sono documentati santuari di divinità orientali, come quello dedicato a Giove Dolicheno, del 138; un Iseum (santuario della Dea egiziana Iside Athenodoria) sorgeva in corrispondenza della attuale basilica di Santa Sabina e mitrei in corrispondenza delle chiese di Santa Prisca e di Santa Balbina (mitreo di Santa Prisca e mitreo di Santa Balbina). Sul Piccolo Aventino aveva sede il tempio della Bona Dea, detto anche della Bona Dea Subsaxana.

Vi vissero inoltre l'imperatore Vitellio e il praefectus urbis Lucio Fabio Cilone, al tempo di Settimio Severo. Questo nuovo carattere di quartiere aristocratico fu probabilmente la causa della sua totale distruzione durante il sacco di Roma di Alarico I, nel 410. Anche perché vicino al Tevere. Parlano del quartiere anche alcune lettere di Sofronio Eusebio Girolamo. La popolazione più povera si era nel frattempo spostata più a sud, nella pianura vicina all'Emporium e sull'altra riva del Tevere.

Tra le molte domus del quartiere, altre sono state scavate sotto Santa Sabina e Santa Prisca. Nella zona detta "Piccolo Aventino" si conosce la Domus Cilonis, casa di Lucio Fabio Cilone, praefectus urbi nel 203 e console nel 204, che l'aveva ricevuta in dono da Settimio Severo e che è stata individuata sotto la chiesa di Santa Balbina.

Nel 1958 sotto il villino della famiglia Bellezza (in Largo Arrigo VII, non distante dal mitreo di S.Prisca) fu rinvenuta una domus di epoca tardo repubblicana. La parte scavata della domus, detta talora anche "Picta" ed a 12 metri di profondità, è formata da due stanze (quella delle colonne ioniche e quella con gli affreschi in giallo) e da un criptoportico. Gli affreschi sono in genere del IV stile, i pavimenti - solitamente ben conservati- sono in genere su fondo di "cocciopesto".

Tra le case demolite per far posto alle terme di Caracalla ce n'era una scavata nel 1858 sotto la vigna Guidi, che presentava numerosi ambienti ricchi di mosaici, pitture e sculture: durante un saggio successivo (1970) sono stati ritrovati i resti ben conservati e ricostruibili di un soffitto dipinto e si è riusciti a datare il complesso al 130-138 a.c.

Vi sono interessanti monumenti:

- Le Terme di Caracalla, dalla clientela più plebea,
Termae Suranae, di epoca traianea,
- Termae Decianae (prima metà del III sec.),
- Circo Massimo
- i mitrei in corrispondenza delle chiese di Santa Prisca e di Santa Balbina.
- la Domus Cilonis
- Domus Bellezza
- la Caserma (statio) della IV coorte dei vigili



L'ESQUILINO

L'Esquilino, o Esquiliae (esterno alle mura), è formato dalle alture del Cispio (a nord) e del colle Oppio (a sud). Secondo la tradizione, il colle venne integrato nella città verso la metà del VI sec. a.c. dal re Servio Tullio. L'Esquilino è il più alto ed esteso dei sette colli su cui fu fondata Roma.
Il nucleo abitato dell'Esquilino ha origini nell'VIII sec. a.c., come un sobborgo della città palatina. Vi si trova infatti un’estesa necropoli con una fase databile tra la metà dell'VIII e la metà del VII sec. a.c.

Esso è formato da tre alture:
- l'Opius nel settore meridionale,
- il Fagutal in quello occidentale, confinante con la Velia,
- e il Cispius nella parte settentrionale, dove si trova attualmente la basilica di Santa Maria Maggiore. Il colle fu poi annesso alla città da Servio Tullio, sesto re di Roma.

Sul nome vi sono diverse ipotesi:

- Alcuni affermano che gli exquilini erano gli abitanti della fascia suburbana per distinguerli dagli inquilini che risiedevano nell'Urbe. Aexquilae deriva dalla radice di ex-colere, che significa appunto "abitare fuori" (dalle mura).
- Per altri il toponimo proverrebbe da aesculi (eschi), arbusti di leccio cari a Giove: sul colle, alle origini, si trovavano appunto un tempio e un bosco sacro a Mefite e Giunone Lucina, divinità cui gli antichi abitanti si rivolgevano affinché fugassero i miasmi della malsana zona circostante.
- Una terza ipotesi è che esso derivi da excubiae, ovvero le guardie mandate da Romolo per difendersi dalle insidie sabine di Tito Tazio.

Vi albergano molti importanti monumenti:

- l'obelisco Esquilino
- Colonna della Pace
- l'Ara di Mercurio
- Arco di Gallieno
- Horti di Mecenate
- l'Auditorium di Mecenate
- Trofei di Mario
- Tempio di Minerva Medica
- l'Ipogeo degli Aureli
- il Sepolcreto di via Statilia



IL CAMPIDOGLIO

Il Campidoglio, detto anche Monte Capitolino (Mons Capitolinus), è uno dei sette colli su cui venne fondata Roma. La sua altezza massima è di 38 m s.l.m. Una sella (Asylum) divideva la sommità settentrionale (Arx) da quella meridionale (Capitolium propriamente detto), una cui propaggine, la Rupe Tarpea, era il luogo da dove venivano fatti precipitare i traditori. Per la sua collocazione, tra la pianura del Foro Romano e il fiume Tevere, in prossimità del guado dell'isola Tiberina, fu l'acropoli cittadina.

Il Campidoglio dovette essere abitato fin dall'età del bronzo, come provano alcune ceramiche scoperte ai piedi di esso, nell'area di Sant'Omobono e nello scavo presso il cosiddetto Giardino Romano. Secondo la leggenda, il primo insediamento sul colle fu fondato dal Dio Saturno, nel quale furono accolti i Greci guidati da Ercole. Secondo lo storico Tacito, il Campidoglio, come pure il sottostante Foro Romano, furono aggiunti alla Roma quadrata di Romolo da Tito Tazio. 

Altri lavori sul monte furono eseguiti dal quinto re di Roma, Tarquinio Prisco, il quale vi costruì l'ingresso trionfale. Al Campidoglio è legato il racconto della presa della rocca, ad opera dei Sabini che, guidati da Tito Tazio, attaccarono i Romani, per vendicarsi del Ratto delle sabine. Presa la rocca, grazie al tradimento di Tarpeia, i Sabini impegnarono i Romani in una guerra, che terminò solo grazie all'intervento delle donne sabine rapite, ormai spose e madri dei romani.

Nel 460 a.c., il Campidoglio fu occupato dai quattromila armati del sabino Appio Erdonio che, con questo colpo di mano, tentò di farsi padrone della città. Erdonio vi resistette per quattro giorni, fu infine vinto, catturato e ucciso dai Romani, guidati dal console Valerio Publicola, anch'esso morto in seguito ai combattimenti. Dopo la guerra contro i Sabini, Campidoglio e Quirinale furono inseriti nella città.

L'antica via di accesso carrozzabile del Campidoglio era il Clivus Capitolinus, continuazione della Via Sacra, che iniziava nei pressi del tempio di Saturno: ne è visibile ancora un tratto notevole dopo il portico degli Dei Consenti; più avanti la strada è franata con gran parte delle pendici meridionali della collina; probabilmente proseguiva in linea retta, girando poi per sboccare davanti al tempio di Giove.

Vi era l'antico auguraculum o recinto augurale, spazio consacrato orientato secondo i punti cardinali, dal quale si prendevano gli auspici. Nel 216 a.c. vi venne edificato anche un tempio dedicato alla Concordia. Il nome del colle era fatto derivare dalla testa (non si sa se un cranio o una statua) rinvenuta durante gli scavi per le fondazioni del tempio di Giove Capitolino (Capitolium), dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), che anticamente occupava la seconda sommità ed era solo un altare. Il tempio vero e proprio venne iniziato, secondo la tradizione, da Tarquinio Prisco, continuato da Tarquinio il Superbo e terminato solo all'inizio della Repubblica.

Le cerimonie trionfali, che prima si concludevano al tempio di Giove Feretrio, risalente a Romolo, che appese le armi prese in combattimento al re nemico (spolia opima) si elevarono poi sul Campidoglio. Nel tempio di Giove erano inglobati anche i santuari di Terminus e Iuventas, che non vollero essere distrutte, o almeno non lo vollero i romani. 

LE OCHE DEL CAMPIDOGLIO
All'epoca dell'invasione gallica del 390 a.c., il Campidoglio fu sede dell'episodio delle oche capitoline, tenute nel recinto sacro del tempio di Giunone, che con il loro starnazzare svelarono il tentativo di assalto notturno dei Galli. In ricordo dell'episodio venne eretto nel 345-344 a.c. il tempio di Giunone Moneta (moneta o "ammonitrice").

Subito dopo l'assedio gallico del 390 a.c., le difese furono rafforzate con un muro in corrispondenza della depressione centrale, che fungeva da opera di sostruzione (cioè di contenimento delle pendici) e da fortificazione. Esso però cadde in disuso, dopo la costruzione delle mura serviane nel 378 a.c. In questo muro difensivo si aprivano una serie di porte: una sul lato verso il Foro Romano (porta Saturnia, presso il tempio di Saturno, o porta Capitolini (mons), o porta Tarpeia, o ancora porta Pandana, ovvero "sempre aperta" per i Sabini in seguito all'accordo tra Romolo e Tito Tazio), permetteva l'accesso dal clivus Capitolinus, la via seguita dai cortei dei trionfatori. 

Una seconda porta (porta Catularia) si apriva sul lato opposto, per un asse viario in salita (clivus) proveniente dal Campo Marzio, mentre una terza porta (porta Carmentalis verso sud-ovest) permetteva l'ingresso della scalinata dei Centum gradus, il cui nome evoca i cento gradini che scendevano dal Fornix Calpurnius sul lato della Rupe Tarpea, verso il teatro di Marcello. Altri nomi di porte del Campidoglio ci sono tramandati dalle fonti (porta Flumentana, forse verso nord-ovest, e porta Fontinalis o forse Ratumenna a nord-est).

Un ulteriore accesso dal Foro Romano era costituito dalla scalinata delle Scalae Gemoniae, che salivano all'Arx in corrispondenza forse della scalinata attuale, passando tra il Carcer e il tempio della Concordia; sopra di esse venivano gettati i corpi dei giustiziati della vicina prigione per il delitto di lesa maestà sotto l'imperatore Tiberio. I gradus Monetae, la scalinata diretta al tempio di Giunone Moneta, erano probabilmente un prolungamento delle Scalae Gemoniae, nel punto più alto della cittadella.

Nella sella tra le due cime (Asylum o inter duos lucos, attuale piazza del Campidoglio) si trovava il tempio di Veiove (192 a.c.), i cui resti sono tuttora visibili nei sotterranei dei Musei Capitolini.
Nel 133 a.c., venne ucciso durante un comizio nei pressi del tempio capitolino Tiberio Gracco, nel corso di una sommossa provocata dall'aristocrazia. Egli cadde probabilmente alla sommità della scalinata che scendeva verso il Campo Marzio, dove più tardi venne eretta una sua statua molto venerata dal popolo.

Nell'83 a.c. un gravissimo incendio distrusse il Campidoglio, compreso il tempio di Giove. Fu incaricato della ricostruzione Quinto Lutazio Catulo, che nel 78 a.c. completò il Tabularium, o archivio dello Stato, che copriva il fianco del colle sul lato del sottostante Foro. I lavori al Campidoglio si protrassero fino al 69 a.c.

Sul Capitolium, Augusto fece costruire un piccolo tempio dedicato a Marte Ultore, prima della dedica del tempio omonimo nel Foro di Augusto. Svetonio racconta che durante le calende di gennaio, il popolo portava doni sul Campidoglio, anche quando Augusto era assente da Roma. Con il denaro ricavato, Ottaviano fece costruire numerose statue di Dei, che consacrava nei vari quartieri, come quella di Apollo Sandalario (protettore dei calzolai) o quella di Giove Tragedo (protettore degli istrioni, attori di teatro), e tante altre ancora.

Dopo la morte di Nerone e la successione sul trono di Galba e Otone (69 d.c.), sul colle si asserragliarono i partigiani di Vespasiano, incalzati dalle truppe di Vitellio. Il colle e i monumenti furono dati alle fiamme che devastarono di nuovo l'area. Vespasiano, una volta diventato imperatore, restaurò gli edifici e il tempio di Giove venne riaperto nel 75 d.c.

Poco dopo però, nell'80 d.c. all'epoca di Tito, il fuoco divampò di nuovo risalendo le pendici dal Campo Marzio. La ricostruzione avvenne sotto Domiziano, dall'81. Risalgono a questa fase i templi degli Dei Consenti e di Vespasiano e Tito, posti alle pendici del colle verso il Foro. Adriano e Marco Aurelio portarono poi nuovi abbellimenti al colle, ormai divenuto solo luogo di culto e méta delle processioni e dei trionfi.

All'epoca di Traiano, in seguito alla spianata della sella per la costruzione del Foro di Traiano, il taglio nelle pendici orientali del colle fu regolarizzato con una facciata in laterizio con nicchioni. Sulle pendici del colle erano sorti edifici di abitazione, in parte eliminate per la costruzione del Vittoriano negli anni 1926-1930, che risparmiarono solo i resti di un'insula tuttora visibili presso la scalinata dell'Aracoeli. .


BIBLIO

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- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Ed. - Verona - 1984 -
- Joseph Melchiorri - Guida metodica di Roma e suoi contorni- Roma - 1834 -
- Palladio Andrea - L'antichità di Roma - Ed. Dedalo - Roma - 2009 -
- Pirro Ligorio - Libro delle antichità di Roma - Sibilla - Roma - 1515 -
- Strabone - Libro V e VI, Geografia. L'Italia - Biblioteca Univ. Rizzoli -

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