FONS LOLLIANUS

RAPIMENTO DI ILA - BASILICA DI ERCOLANO

FONS LOLLIANUS

" Trattasi di una qualche sorgente sulle pendici occidentali del Celio, conosciuta solamente tramite una iscrizione (CIL vi. 161; cf. HJ 206; LA 235; LS iii. 206; CIL vi. 30705)."

Sul lato opposto del rilievo appaiono le Grazie del I secolo a.c., Tra i due gruppi giace tra i flutti la personificazione della fonte, Fons, con associati i segni del paesaggio acquatico: la canna che tiene nella destra e l’anfora sulla quale si appoggia a sinistra.

Nel ramo senza fronde di Ercole già Bottari aveva tentato di riconoscere una canna, simile a quella tenuta da Fons in primo piano, per poter declinare l’eroe a nume tutelare delle acque. L’arbusto non somiglia esattamente alla vegetazione palustre, se non nella curvatura dei rami sommitali, ma il legame di Ercole con i culti acquatici è una chiave di lettura plausibile.

Ercole, al termine delle fatiche, è sempre accompagnato da Mercurio che guida il carro della sua apoteosi: la scena della sua incoronazione come Victor, è quella che precede il suo ingresso nell’Olimpo, ed è quindi corretto che qui gli si affianchi anche Mercurio.

Il profilo dell’Ercole romano, che aveva la sua sede più importante a Roma nel culto dell’Ara Maxima del Foro Boario, era peraltro affine a quello di Mercurio: gli si offriva un sacrificio prima di partire, poiché egli proteggeva quei viaggi rischiosi dai quali era tornato vittorioso.

E sempre nel Foro Boario gli si connetteva la ninfa Carmenta che abitava un fanum alle pendici del Campidoglio (Porta Carmentalis) e che gli aveva preannunciato il destino di immortale. Anche le Grazie erano entità intermediarie, accompagnatrici e sostenitrici di altre divinità, come Apollo o Afrodite, confuse, per l’identità del nome, che indica grazia e bellezza, anche con le Horai, le stagioni, oltreché con le Ninfe.

NINFE ED ERCOLE - VILLA CELIMONTANA

Oltre alle già citate dediche ad Ercole e alle divinità della natura degli Equites Singulares varie testimonianze confermano il culto dell’eroe sul Celio: uno scavo in Via Annia, presso i SS. Quattro Coronati, ha restituito un’epigrafe del collegio dei magistri Herculis relativo a un pagus nelle vicinanze mentre dall’area del Laterano proviene una dedica ad Ercole Bullatus.

Infine, un terzo rilievo votivo datato in età antonina raffigurante le divinità celimontane: Iuppiter Caelius con l’aquila, il Genius Caelimontis con un arbusto nella sinistra e accanto un Ercole imberbe con i pomi delle Esperidi e la clava, designato dall’epiclesi Iulianus.

Anche quest’ultima immagine affianca Ercole con i frutti dell’ultima sua fatica, che lo fanno Victor e destinato all’Olimpo, ad altre divinità del Celio, a conferma del fatto che questo tema iconografico doveva avere una certa rilevanza in età antonina.

Alcuni medaglioni di Antonino Pio e di Lucio Vero raffigurano una sintesi di questi momenti mitologici e ritraggono l’eroe mentre si incorona, accanto ad un albero di melo al quale sono appese le sue armi.Quanto alla figura di Mercurio, sullo stesso versante del monte, sempre presso Porta Capena, ma verso S. Gregorio, non lontano dal Fons Camenarum, le fonti letterarie ricordano anche le acque sorgive terapeutiche denominate Aqua Mercurii, alle quali si attingeva alle Idi di maggio per cerimonie di purificazione.

LE TRE GRAZIE

L’area dove era stato rinvenuto il nostro rilievo è indicata da Lanciani proprio tra Fons Mercurii, un edificio indagato dal Parker nel 1868, immediatamente a nord e il grande Ninfeo disegnato da Ligorio.

Quest’ultimo, come detto, fu visto probabilmente solo dal Ligorio e poi distrutto fino alle fondamenta, ma doveva avere almeno in parte uno sviluppo sotterraneo, con l’esedra semicircolare, ossia il ninfeo vero e proprio, affiancata dagli ambienti voltati, dotati di vasche.

La vicinanza delle due fonti (Mercurii e Camenarum) a Porta Capena, documentata dagli autori antichi, induceva a credere che esse appartenessero ad un’unica sorgente e infatti Lanciani, pur separandole topograficamente le associò infine in un unico luogo, quello legato alle Camene. Colini allo stesso modo riteneva che anche l’iscrizione di Epitynchanus provenisse da un luogo non lontano dalla Vallis Egeriae.

Le descrizioni degli imponenti edifici messi in luce nell’Ottocento nelle immediate vicinanze, identificate appunto con l’Aqua Mercurii, indicano che l’area era architettonicamente uniforme, caratterizzata da edifici e sostruzioni affini.

Parker, nel 1868, aveva rinvenuto cinque stanzoni coperti a volta e attraversati da una canalizzazione, mentre Lanciani, nel 1878, vi aveva aggiunto almeno altri nove ambienti che ne potevano essere la continuazione.

IN ROSSO LA PROBABILE AREA IN CUI SORGEVA LA FONTE

EDIFICI DISEGNATI, INFINE RICOSTRUITI di Andrea Carandini

Il fons Lollianus (50-100 d.c.) è ricostruito unicamente sulla base dei rilievi di Pirro Ligorio; nessun resto rimane di questo insigne monumento.

Si tratta di un curioso e sontuoso edificio a due piani eretto a una fonte d’acqua sacra a Venere, alle Ninfe e alle Grazie, le cui statue erano poste probabilmente su quattro basamenti-isole circondati su tre lati dall’acqua e che si trovano ai lati una basilica a tre navate che nell’abside disponeva di uno stagno.

Sembra si trovasse vicino a porta Capena, zona in cui confluivano diverse fonti compresa la Fons Mercurii. Altri ambienti, probabilmente privi di acqua e forse di servizio, completavano l’edificio.

Impressionante è la porticus duplex (il porticato) sorta in età flavia in parte sul Circo Flaminio e in parte sulla strada che lo fiancheggiava a settentrione e che è stata in essa inglobata.

Il porticato circondava un corpo centrale lungo e stretto, nel quale cinque ambienti circolari si alternavano a quattro coppie di nicchie contrapposte.

Il monumento è documentato esclusivamente da tre disegni, una pianta del primo ’500 di Baldassarre Peruzzi, un elevato di Giuliano da Sangallo della seconda metà del ’400 e un altro elevato, più fedele, di Alò Giovannoli, di un secolo più tardo.

Sul fronte, sopra ogni arco ribassato del piano terreno, erano tre lesene che inquadravano due finestre. Misteriosa è la funzione dell’edificio, ma potrebbe trattarsi di un elegantissimo mercato.

ACQUAFORTE DI ALO' GIOVANNOLI

Concludiamo questo inno all’iconografia antica e moderna con l’ultima fase della aedes Telluris/secretarium Tellurense.

Un disegno assai analitico, attribuito a Ligorio, consente di ricostruire il tempio e tutta la ricca decorazione interiore, su tre lati e a due ordini. Le basi delle nicchie dell’ordine inferiore erano decorate da rilievi, tra i quali spicca una gigantomachia.

Il complesso si interponeva tra la sedes/officium del praefectus Urbi, in seguito connessa direttamente alla basilica di Massenzio e l’anfiteatro Flavio.

Si aveva di seguito il tribunal, la aedes circondata da horrea Chartaria (i magazzini della carta) o dei papiri e da scrinia o uffici.

"Del tempio e del quartiere più nulla resta, ma il rilievo attribuito a Ligorio e quello di Francesco da Sangallo (figlio di Giuliano), nel quale abbiamo riconosciuto il circondario dell’"aedes Telluris" (o tempio della Terra che era un edificio di culto della Roma antica dedicato a Tellus, situato sull'Esquilino) e l’aggancio al nartece della basilica di Massenzio, hanno permesso di ricostruire questa parte nevralgica di Roma, sviluppatasi soprattutto dall’età di Settimio Severo."
(Andrea Carandini)


BIBLIO

- Frontino - De acqueducctu -
- Ovidio - Fasti - V -
- Andrea Carandini - Angoli di Roma - ed. economica La terza - 2018 -
- Andrea Carandini - La fondazione di Roma raccontata da Andrea Carandini - Laterza - 2013 -
- Andrea Carandini - Il fuoco sacro di Roma. Vesta, Romolo, Enea - Laterza - 2015 -

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