HALLOWEEN - MUNDUS PATET


E' una festività dedicata soprattutto ai bimbi, celebrata soprattutto negli Stati Uniti nella notte del 31 ottobre, retaggio della religione celtica. Diffusasi anche in altri Paesi, si celebra con le sfilate in costume e con i bambini, mascherati spesso in modo un po' horror, che girano di casa in casa chiedendo dolcetto o scherzetto.

Elemento guida della festa è la simbologia legata al mondo occulto, del macabro e delle streghe con le caratteristiche zucche intagliate e illuminate. Si dice derivi da antichi culti celtici, ed è vero che questi esistevano, ma esistevano anche a Roma dei culti autoctoni originari.



OVIDIO

« Sono sante le leggi delle divinità dei defunti », ovvero "Deorum Manium iura sancta sunt"  era una delle leggi romane delle XII tavole, in cui si sanciva la sacralità e l'importanza degli Dei della morte: i Mani.

OVIDIO
Ovidio in ben sei libri descrive le feste del calendario romano e  febbraio per i Romani antichi era il mese dedicato al ricordo dei defunti. Erano ben nove i giorni riservati a tale culto: andavano dal 13 al 21 di febbraio e consistevano in un ciclo che iniziava con i Parentalia del giorno 13 e si concludevano con i Feralia del 21. 

I  Feralia si chiamavano così, attesta Ovidio, perché durante quei giorni i vivi portavano (in latino fero fers) le offerte ai defunti, da cui l’aggettivo italiano ferale, legato alla morte.

I riti servivano a placare gli spiriti dei defunti nei confronti dei vivi, con l'aiuto degli Dei Mani, infatti secondo Varrone anticamente l’aggettivo manus significava "buono": per cui gli Dei Mani erano buoni e aiutavano i vivi. 

Per Ovidio «Si contentano di poco i Mani, apprezzano di più la devozione che non i ricchi regali; non c’è avidità tra gli Dei che affollano le rive dei fiumi infernali. Basta una tegola della casa, che sia coperta da una ghirlanda, qualche chicco di grano, una manciata di sale, del pane inzuppato nel vino, qualche violetta».

L’offerta votiva può essere lasciata anche dentro una ciotola, in mezzo alla via, ma con preghiere e parole adatte. Nei giorni dedicati ai defunti è proibito contrarre matrimoni e si devono chiudere i templi, con gli altari privi di incenso e i bracieri spenti.



IL RITO ROMANO

Festus, in accordo con Catone spiega che: "Mundo nomen impositum est ab eo mundo qui supra nos est", cioè "il nome Mundus proviene dal mondo che sta sopra di noi", negando così il carattere profondo e terrestre del mundus, perchè faceva paura. Era invece molto più familiare alle donne il lato ctonio del mondo invisibile, ma in tempi più remoti.

Il rito della commemorazione dei defunti infatti è antichissimo e preromano, e sopravvisse alle epoche successive soprattutto nell’antica Roma.

Il tempo dedicato al ricordo ed alla commemorazione dei morti non era, come oggi, il primo giorno di novembre, ma durava un'intera settimana nel mese di febbraio, che era l'ultimo mese del calendario romano ed era il mese della purificazione.

Si credeva che le fave nere contenessero le lacrime dei morti, secondo Pitagora addirittura celavano al loro interno le anime dei defunti. Per implorare la pace ai defunti si spargevano invece sulle tombe, e si gettavano alle spalle dicendo: "con queste fave, redimo me stesso ed i miei cari".

A Roma la tradizione voleva che, il giorno dei morti, si consumasse il pasto accanto alla tomba di un parente per tenergli compagnia. Altra tradizione romana era una suggestiva cerimonia di suffragio per le anime che avevano trovato la morte nel Tevere. Al calar della sera si andava sulle sponde del fiume al lume delle torce e si celebrava il rito.



I MANI E IL MUNDUS

Il mundus Cereris (il mondo di Cerere) appartiene alla religione romana arcaica, ritenuta di origine etrusca.
 “ Nessuna città etrusca crebbe mai a casaccio, come accozzaglia progressivamente crescente di abitazioni umane.. la città fondata secondo le leggi sacrali costituiva … una minuscola cellula del Tutto, armonicamente inserita in un ordine governato e determinato dagli Dei

(W. Keller, La civiltà etrusca, Garzanti, Milano, 1981, p. 85).

PARTICOLARE DELL'ENTRATA AL MUNDUS
Dopo aver delimitato uno spazio sacro a mezzo di due assi ortogonali (quindi disposti a croce) che I Romani avrebbero in seguito denominato Cardo (asse Nord-Sud) e Decumano (asse Est-Ovest), nel punto centrale si procedeva a scavare una fossa che fungeva da legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti; questa veniva poi ricoperta da grandi lastre di pietra e insieme alla “volta celeste di cui sembrava costituire la controparte, fu chiamata mundus”
(W. keller, Op. Cit., p. 85).

Tutt’intorno venivano quindi tracciati i confini secondo i riti prescritti. Era una fossa circolare posta al congiungimento degli assi di decumano e cardo, nel santuario di Cerere e consacrata agli Dei Mani, La fossa era chiusa per tutto l'anno ad eccezione di tre giorni in cui "mundus patet" cioè il mondo è aperto.

Infatti che il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre il mundus veniva aperto mettendo in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti e degli Dei Inferii che lo abitano. In quei tre giorni le anime dei defunti potevano ritornare nel mondo dei vivi e aggirarsi per la città, un po' come nella festa di Halloween compaiono fantasmi, scheletri e zucche ghignanti.

Il Mundus si trovava sul Palatino, secondo quanto ci tramanda un magistrato del I° sec. d.c., Gaio Ateio Capitone, dove venivano celebrate le festività del Mundus, ma del rito non c'è notizia. Secondo alcuni un fanciullo vi veniva calato per osservare a quale livello i raggi del sole si intersecassero con l'asse centrale appositamente collocato, onde poter calcolare le posizioni del sole, ma è poco credibile, cercare i raggi del sole in una fossa è improbabile, tanto più che fin dai tempi antichissimi i romani conoscevano la meridiana.

Comunque Plutarco utilizza il termine Telete per tale rito, termine greco riservato ai sacri misteri, e in effetti Demetra che a Roma si chiamava Cerere e sua figlia Proserpina (Persefone) avevano a che fare col mondo dei morti, dove regnavano Ade e Proserpina, cioè Plutone e Persefone. L'apertura del mundus era un momento dovuto ma pericoloso, perché, secondo Macrobio, il mundus avrebbe attratto i vivi nel mondo dei morti, specialmente in occasione di scontri e battaglie.

Dunque o esistevano due Mundus, uno sul Comizio e uno sul Palatino, oppure Plutarco si era sbagliato.

In quei giorni era proibito:

1) dare battaglia (o cominciare una guerra); infatti Varrone riporta che i Romani: “ritenessero che era meglio andare a combattere quando fosse chiusa la bocca di Plutone”
2) fare la leva;
3) prendere moglie.
4) e le porte dei templi restavano chiuse

PORTA PER IL MINDUS (Sarcofago romano)

LE ORIGINI DEL MUNDUS

Plutarco

Narrando la fondazione di Roma Plutarco riferisce che Romolo convocò a Roma alcuni etruschi per apprendere il procedimento sacro per la fondazione della città.

Scavò quindi una fossa circolare “nel luogo che ora è chiamato Comizio”, come riferisce ancora Plutarco, e vi gettò dentro le primizie di ogni cosa. I seguaci di Romolo, a loro volta, vi gettarono un pugno della loro terra di origine. Questa fossa era chiamata dai Romani "mundus", lo stesso termine per indicare l’Olimpo.

Plutarco sostiene che il mundus fosse il centro del solco circolare tracciato intorno alla fossa con un aratro, trainato da un bue e da una vacca  aggiogati; questo solco rappresentava il perimetro delle mura della città.

Man mano che l’aratro procedeva, i compagni di Romolo lo seguivano, raccogliendo le zolle smosse e gettandole all’interno del tracciato. Quando si arrivò al punto in cui ci sarebbe dovuta essere la porta, sollevarono l’aratro e lasciarono uno spazio non inciso dal solco: per questo motivo le mura sono sacre ma le porte non lo sono.

Ancora per Plutarco accanto al mundus cresceva il sacro corniolo, nato dopo che Romolo aveva lanciato un'asta dall'Aventino così in profondità, che nessuno riuscì ad estrarla.  (Non somiglia sfacciatamente alla spada nella roccia che solo Artù, il vero re, può sguainare? Chi ha copiato chi? Di certo non il primo. Solo che qui l'asta non la sguaina nessuno, anche perchè non ha una guaina, e il vero re è quello che la infigge nel terreno).

La terra era così fertile dove si era conficcata, che il corniolo produsse germogli e poi una grande pianta. Questo albero divenne sacro per i Romani e custodito dai suoi successori come una delle reliquie più sacre, proteggendolo con un muro.

Plutarco sembra credere che il mundus che si trovava nel Foro nella zona del Comizio fosse la fossa di fondazione di Roma sebbene molte fonti indichino il Palatino, nell’area davanti al tempio di Apollo, come il luogo in cui Romolo aveva fondato la Roma quadrata delle origini.

CANALE INTERNO AL MUNDUS

Ovidio

Dunque il luogo della fondazione per Plutarco è il Comizio nel Foro, ma per Ovidio, e per molte altre fonti, è il Palatino.

Ovidio conferma che, dopo gli auspici presi sul Palatino, per la fondazione fu scavata una fossa in cui vennero gettate non primizie di ogni genere ma fruges (biade, messi). La fossa era così profonda da raggiungere la roccia sottostante, poi di nuovo colmata con su un altare che rappresentò il "novus focus".

I cereali, fruges, che secondo Ovidio vengono depositati nella fossa, senza dubbio sono in relazione con Cerere. C'era un legame fra Cerere e il mondo dei morti, sia Dea della crescita, sia come Demetra. Nel primo caso il legame con i morti deriverebbe dalla sua natura ctonia, nel secondo c'è il rapimento di Persefone che sparisce nell'oltretomba e la sua ricerca da parte di Demetra fino agli inferi.



Altri autori

Quindi secondo Ovidio il mundus non è uno spazio vuoto come narra Plutarco, e altri autori come Varrone, Festo e Macrobio  non citano il mundus come fossa di fondazione di Roma, per loro trattasi del mundus Cereris, confine fra mondo dei vivi e mondo dei morti, dal quale le anime dei Mani talvolta sarebbero uscite per penetrare tra i vivi e che talvolta, in date ben precise, si apriva facilitando la discesa dei vivi tra i morti.
Festo scrive: mundus appellatur coelum, terra, mare et aer.

Ma la parola mundus indica anche un luogo sotterraneo, dal soffitto a volta a somiglianza della volta celeste, dedicato agli Dei Mani e perciò normalmente chiuso, aperto solo tre volte all’anno in date stabilite.

Secondo Ateio Capitone nel settimo libro pontificale viene aperto tre volte all’anno: dopo la festa dei Volcanalia (24 agosto), tre giorni prima delle none di ottobre (5 ottobre), e sei giorni prima delle idi di novembre (8 novembre).

Catone nei suoi commentari di diritto civile spiega:
E stato chiamato mondo come quello che sta sopra le nostre teste: ho avuto modo di apprendere da coloro che vi sono entrati che la sua forma gli assomiglia. I nostri maggiori pensarono che il mundus che sta sottoterra dovesse essere consacrato agli Dei Mani e dovesse rimanere sempre chiuso, eccetto che nei giorni scritti sopra. I nostri ritennero anche che quei giorni fossero “religiosi”, perciò decisero che nei giorni in cui per così dire venivano tratti alla luce e resi manifesti i profondi segreti della religione degli Dei Mani, non si svolgesse alcuna attività pubblica. Pertanto in quei giorni non si attaccava battaglia con il nemico, non si arruolavano soldati, non si tenevano comizi, non si faceva nulla se non ciò che fosse strettamente necessario".

È vietato attaccare battaglia durante la festa di Giove Laziale, cioè durante le solenni festività latine, nei giorni dei Saturnali e quando Mundus patet: nel periodo delle feste latine perché un tempo in quei giorni era stata firmata una tregua fra il popolo dei Romani e quello dei Latini, nei giorni dei Saturnali, perché è noto che Saturno regnò in pace, quando si apre il mundus, perché quella festa è consacrata a Dite Padre e a Proserpina.

Si ritenne che fosse meglio andare a combattere quando era chiusa la porta di Plutone. Per questo
motivo Varrone scrive: quando il mundus patet, si apre per così dire la porta dei tristi Dei inferi, di conseguenza è cosa empia non solo attaccare battaglia ma fare la leva militare, che i soldati partano o che le navi salpino, unirsi alla moglie per avere figli.

Carandini ritiene che sul Cermalus, nell’area antistante al futuro tempio della Vittoria, si possa individuare se non la fossa della fondazione della città, il luogo che agli occhi dei Romani la rappresentava: si tratta di una tomba, poi riutilizzata per altro scopo, su cui era stata edificata un’ara.
Questo altare ha goduto di un rispetto e di una considerazione tali che nel corso dei secoli non è mai stato toccato dai cambiamenti urbanistici in quando ritenuto a tutt'oggi il famoso Mundus.

ENTRATA AL MUNDUS NEL FORO ROMANO

LAPIS MANALIS

Festo riporta che i romani ritenevano che il lapis manalis fosse la porta dell’Orco, attraverso la quale le divinità degli Inferi, dette Mani, penetravano nel mondo dei vivi. L'Orco è poi divenuto il mostro cattivo che mangia i bambini se fanno i capricci, e con cui i grandi troppo severi li spaventano.

Si chiamava lapis manalis anche una pietra posta fuori della porta Capena, presso il tempio di Marte.
In caso di siccità, la pietra veniva portata in città e immediatamente faceva piovere.
In base alla definizione di Festo si capisce che il lapis manalis che provocava la pioggia non aveva nulla a che vedere con il lapis manalis che chiudeva l’acceso dell’Orco, inoltre si può supporre che l’apertura del mundus dovesse essere non più grande della bocca di un pozzo, se poteva essere chiusa con un coperchio di pietra facilmente rimovibile.

Secondo Servio (Aen. 3, 134): alcuni pensano che le are siano proprie degli Dei superi, i focolari degli Dei intermedi e marini, e il mundus degli Dei inferi, e potrebbe essere vero.



I LEMURIA

Il giorno culminante del Lemuralia, il 13 maggio 609 o 610, papa Bonifacio IV consacrò il Pantheon a Roma per la Beata Vergine e tutti i martiri, e la festa di tale dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres è stata celebrata a Roma da allora. Secondo gli storici, questa usanza è stata cristianizzata nella festa di Tutti i Santi, prima fissata al 13 maggio, onde dimenticare il Lemuria romana.

Nell'VIII sec., la festa di Tutti i Santi è stata spostata al 1 novembre, in coincidenza con la festa Celtica degli spiriti di Samhain, così ci si dimenticava anche di quella. 
Papa Gregorio III (731-741) consacrò una cappella nella basilica di San Pietro a tutti i santi e fissò l'anniversario, e nel 998 Odilo, abate di Cluny, aggiungeva al calendario cristiano il 2 novembre come data per commemorare i defunti. Le feste pagane erano così morte e seppellite.

Ma cos'erano i Lemuria, o Lemuralia?

Nell'antica Roma il 4 Maggio si festeggiavano i Cerealia in onore di Cerere, e poi il 9, l'11 e il 13 di maggio si celebravano le feste degli spiriti, I Lemuria, in silenzio e di notte.

Qui si offrivano i fagioli ai morti e le Vestali preparavano la mola salsa col primo grano della stagione. Secondo Ovidio, derivava da un Lemuria Remuria istituito da Romolo per placare lo spirito di Remo, quindi di un morto.

Ovidio rileva che a questa festa c'era l'usanza di allontanare gli spiriti del male a piedi scalzi e lanciando fagioli neri sopra la spalla durante la notte. Era il capo della famiglia che si alzava a mezzanotte e in giro per la casa a piedi nudi buttava fagioli neri e ripeteva, "invio questi, con questi fagioli redimo me e ciò che è mio" per nove volte. La famiglia avrebbe poi percosso dei vasi di bronzo, ripetendo per nove volte, "Fantasmi dei miei padri e antenati, è andato!".

Domanda: 
Ma cos'è che era stato inviato, ovvero era andato, che equivale in latino al "Itum est"? 
Risposta:
La stessa cosa che invia il prete alla fine della Messa, e che si dice pure: "Ita est" cioè è stata mandata.
D:
E cosa veniva inviato?
R:
un'entità invisibile, siamo nel campo della magia.
D:
Ma se il Mundus era così pericoloso, come mai veniva aperto in quei tre giorni? 
R:
Per saperlo occorre tornare ancora più indietro nel tempo, quando Cerere era una Grande Madre, non ancora identificata con la Demetra greca.



MUNDUS PATET

CERERE LA GRANDE MADRE

Come tutte le grandi Dee aveva un aspetto terreno connesso con la nascita e la crescita delle piante, in questo caso delle messi (e pure degli animali e degli uomini) e un aspetto ctonio, come Dea della morte e degli Inferi. Pertanto le fave, come i fagioli erano baccelli che nascondevano un seme più importante del suo involucro. Dunque l'uomo era il baccello dell'anima, il cui seme può essere ripiantato per una nuova vita.

D:
Una reincarnazione?
R:
Molto simile.

Dunque il mondo visibile aveva bisogno di trarre energie dal mondo invisibile, il mundus, il cui contatto era vivificante per alcuni e terrifico per altri. Un tempo erano le sacerdotesse di Cerere a contattare il mundus, poi ci furono i sacerdoti romani a farlo, ma poichè ormai si temeva la magia, l'effetto era piuttosto mitigato.

Dunque in questi tre giorni, le sacerdotesse prima e le streghe poi, si le streghe, cioè sacerdotesse di un culto privato non riconosciuto dallo stato, le streghe dunque attiravano gli spiriti dei defunti, detti Lemuri, offrendo loro dei doni, soprattutto dei dolci, affinchè non facessero loro brutti scherzi, insomma dolcetto o scherzetto.

Il termine cerritus significa infatti "invaso dallo spirito di Cerere", poichè le sue sacerdotesse venivano "possedute" (come il termine analogo larvatus), della Dea in qualità di mater larvarum ("madre degli spettri"). La Dea Laverna era detta anch'essa mater larvarum, da cui si traeva il suo nome.

A Roma in prossimità dell’area del Comitium, a ridosso dell’estremità nord-orientale dei Rostra, si trova l’Umbiliculus Urbis Romae, l’Ombelico della Città di Roma, il luogo ove per definizione stessa il Cielo si ricongiungeva alla Terra e Roma all’Universo.

È qui che il 24 agosto i Romani celebravano nel periodo arcaico l’apertura del Mundus (Mundus patet), subito dopo la festa dei Volcanalia (23 agosto) e prima di quella degli Opiconsivia (25 agosto).

Il Mundus era un edificio sotterraneo con un pavimento semicircolare, una arcaica fossa praticata nel terreno, prima nuda poi lastricata, che metteva in contatto con le divinità del mondo sotterraneo a cui si offrivano sacrifici e doni: frutti della terra, resti sacrificali, formule tracciate su tavolette di argilla. La fossa veniva poi ricoperta dal lapis manalis, la pietra sacra agli Dei Mani o Lari, divinità che rappresentavano anche gli spiriti degli antenati e tutelavano la città e i suoi abitanti.

Sembra che in seguito la fossa venisse sostituita da un altare che veniva rinterrato e scoperto di nuovo asportando la terra ad ogni cerimoniale. E' chiaro che il rito più antico fosse legato alla consultazione degli spiriti o della Dea dell'oltretomba.

Il Mundus fu scavato da Romolo contemporaneamente alla fondazione dell'Urbe “Nella fossa la gente raccolta da Romolo per farne il popolo Romano, gettò ciascuna un pugno della propria terra d’origine e le primizie di ogni cosa che, ciascuno secondo la propria cultura, ritenesse buona o che fosse per sua natura necessaria

Plutarco indica il rito connesso al Mundus come Telete, parola greca che si riferisce ai Misteri Iniziatici, collegati a Demetra, ovvero a Cerere romana e a Persefone, o Proserpina Romana. la Dea della morte ruba la vita, quindi è Dea ladra, e miete la vita, quindi è Dea delle messi.



LE LARVE

Presso i romani le Larvae o Maniae (Larve o Manie) erano gli spiriti dei defunti che furono malvagi durante la vita. Anche da morti tormentano sia i vivi sia i morti opponendosi ai Lari (Lares), che erano invece spiriti benigni.

Il loro aspetto era terrificante, simili a scheletri (nudis ossibus) e a demoni scarnificati; era loro costume accendere la follia nei vivi che potevano allontanarli solamente con espiazioni e lustrazioni.

Non a caso si chiamano larve (che in latino significano maschere) gli embrioni di alcune specie che diventeranno adulte attraverso una o più metamorfosi, con allusione alla trasformazione tra vita e morte.

E non a caso la parola Mania si usa per indicare uno stato psichico alterato che riguarda tanto le ossessioni quanto uno stato di esaltazione-depressione alternato.

Si riteneva che tanto le larve quanto le manie potessero nuocere ai vivi, le prime succhiando energie e le seconde dando squilibri mentali.

In alcune rimembranze antiche di certe credenze religiose si citavano nel suolo italico, specie in Campania ma pure altrove, le "Bucce di morto" o larve, corrispondenti alle sensazioni, specie al momento del risveglio mattutino, di essere stati toccati o almeno avvicinati da una presenza umana invisibile. Si credeva fossero anime di morti vaganti che potevano trasmettere qualcosa, sia notizie importanti sia malefici, quindi con aspetto anche inquietante.
Per un approfondimento: I LEMURES



MUNDUS PATET

DIANA


Quando il cristianesimo eclissò i culti pagani, nel suolo italico restò in segreto e soprattutto nelle campagne, il culto di Diana, colei che insegnava le erbe curative, che proteggeva i boschi e soprattutto che insegnava la magia. Era sempre una Grande Madre, che proteggeva e insegnava alle donne. Per questo la chiesa portò le streghe sul rogo, perchè c'era un nucleo duro che resisteva al cristianesimo, perchè i cristiani credevano, ma le streghe sapevano, e sapere è molto più potente del credere.

Il culto dell'oltretomba passò allora nel buio della notte e dell'inverno, spostandosi da maggio a fine ottobre primi di novembre. Le streghe ponevano nei trivii i dolci e le bevande per gli spiriti, onde comunicare con loro e trarne non solo energie ma soprattutto profezie.

Diana era Trina, come tutte le Grandi Madri, la più antica statuetta in argilla cotta, con la Dea a tre teste su un unico corpo risale a ben 30.000 anni fa, ed era trivia per le sue tre facoltà di dare vita, di accrescerla e di portare la morte.

Insomma come fa la natura, solo che gli antichi pensavano che dietro la Natura Visibile ci fosse una Natura Invisibile, in latino si chiamavano Natura Naturata e Natura Naturans, che nelle immagini divennero poi Mater Matuta e Mamma Mammosa.

Il termine Trina dette origine alla SS. Trinità della Chiesa Cattolica adottata per un Padre, un Figlio e uno Spirito Santo, che essendo però privi di significato sono stati dichiarati un Mistero e pertanto inspiegabile per l'uomo. La Sacra trinità della Grande Madre invece era spiegabilissima e senza misteri.

Ora Diana in quanto Trina aveva la podestà sui quadrivii dove appunto le sacerdotesse, o le streghe, ponevano i dolci per attrarre i defunti, un po' come fece Ulisse e poi Enea, ma per la chiesa divenne peccato e stregoneria. 

Pertanto il Mundus Patet passò alla fine di Ottobre, quando i lavori dei campi erano terminati e si cessava di innaffiare gli orti, insomma quando le campagne diventavano deserte. Il giorno, anzi la notte prescelta fu quella antecedente il primo di Novembre, per cui la Chiesa proclamò il primo novembre la festa di tutti i santi, ma siccome la gente continuava a cercare i morti nei quadrivii e nei cimiteri, proclamò la festa dei defunti il giorno dopo, cioè il 2 novembre, affinché il culto passasse dai quadrivii e dai cimiteri alla chiesa.

Così cadde l'ultima possibilità della profezia, sostituita nel XIX sec. dallo squallido spiritismo, che non aveva in sè la consapevolezza profonda nè il cammino spirituale delle sacerdotesse, per cui i desideri inconsci del medium andarono quasi sempre a sostituire la voce dei defunti.

Oggi la Chiesa Cattolica è molto infastidita dalla recrudescenza della festa pagana di Halloween, lamentando l'adozione di feste demoniache e americane per giunta, oltre che pagane. Ma il Mundus Patet era di casa a Roma e le leggi romane consentivano la magia dei cimiteri o in qualsiasi altro luogo purché non venisse fatta a danno di altri.

Il Mundus Patet ancora oggi farebbe paura, perché abbiamo perso quel carattere pagano e sobrio degli antichi romani che fece di Roma una Caput Mundi e un faro assoluto di civiltà.


BIBLIO

- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- Ferdinando Castagnoli -  Les origines et le développement du culte des Pénates à Rome - Rome  - École Française de Rome - 1989 -
- John Scheid - La religione a Roma - Roma-Bari - 1983 -
- W. Keller - La civiltà etrusca - Garzanti - Milano - 1981 -
- Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio - De mortibus persecutorum - XXVI -
- Renato Del Ponte - I Lari nel sistema spazio-temporale romano - in Arthos - vol. 6 - nº 10 - 2002 -
- J. Eckhel - Doctrina numorum veterum - IV - Vienna - 1794 -

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