PESTUM - PESTO (Campania)

PESTUM ( by http://jeanclaudegolvin.com/ )

PESTO - REGIO III (LUCANIA ET BRUTI II).

« Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica. »
(Goethe, Viaggio in Italia, 23 marzo 1787)

Sembra che Paestum sia stata fondata da un gruppo di Dori Sibariti, cacciati via dalla maggioranza Achea. Verso la metà del VII sec. a.c., la città di Sibari iniziò a creare una serie di "sub-colonie" lungo la costa tirrenica, con funzioni commerciali: tra esse Laos ed uno scalo, il più settentrionale, presso la foce del Sele, dove venne fondato un santuario dedicato ad Hera.

INGRANDIBILE (By Diane Favro)
I Sibariti giunsero nella piana del Sele tramite vie interne che la collegavano al Mare Jonio. Grazie ad un intenso traffico commerciale sia via terra che via mare, nella seconda metà del VII secolo a.c. si sviluppò l'insediamento di Poseidonia.

Una necropoli, scoperta nel 1969 subito al di fuori delle mura della città, contenente esclusivamente vasi greci di fattura corinzia, attesta che la polis doveva essere in vita già intorno all’anno 625 a.c.

Le colonie greche nel Mediterraneo più importanti furono fondate in Asia Minore e nella Magna Grecia, quest'ultima identificabile con Italia meridionale e Sicilia, dove appunto era Paestum. Madrepatria di Paestum era Sibari, fondata nel 720 a.c. da achei e trezeni, i quali furono perciò detti sibariti.

Poseidonia, così chiamata in onore di Poseidone, (divinità soprattutto dorica, anche se la città era ancora devotissima a Era e Atena), caduta verso la fine del V sec. a.c. sotto il dominio dei Lucani, passò poi sotto quello romano nel III secolo a.c. Nel 273 a.c. Roma sottrasse Paistom (nome latinizzato dagli invasori Lucani) alla confederazione lucana, e cambiò il nome della città in Paestum.

Sotto il dominio romano vennero realizzate importante opere pubbliche, ed anche l’edilizia privata rispecchia il benessere di cui Paestum dovette godere in tale periodo.
MONETA DEL 500 A.C.
CON POSEIDONE
Pestum rimase con tale nome fino al 1926, ribattezzata in Pesto in tale data. L'estensione del suo abitato è ancora oggi ben riconoscibile, racchiuso dalle sue mura greche, così come modificate in epoca lucana e poi romana.

Non si sa quale fu il rapporto tra Greci e Lucani, se ci fu piena integrazione,  o solo pacifica convivenza oppure oppressione. Però non si accetta in pieno la celebre testimonianza di Aristosseno di Taranto (apud Ath. XIV 31), secondo cui i Posidoniati nel periodo lucano erano ancora soliti radunarsi per celebrare una delle più antiche solennità elleniche, richiamando con rimpianto alla memoria i vecchi costumi ormai barbarizzati.

Pestum è localizzata nella regione Campania, in provincia di Salerno, nel comune di Capaccio, a circa 30 km a sud di Salerno, situata nella Piana del Sele, vicino al litorale, nel golfo di Salerno, verso il Cilento. In origine Dori e Sibariti, doveva essere una comunità cittadina già intorno all’anno 625 a.c.

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI HERA II

POSEIDONIA GRECA

Si pensa che la fondazione della città si dovette al bisogno dei Sibariti di aprirsi una via commerciale fra Ionio e Tirreno attraverso l'Appennino, evitando la circumnavigazione della costa calabra e lo stretto di Messina, percorso lungo e pericoloso che dette per questo luogo a miti di mostri, come Scilla, Cariddi ecc..

PESTUM COM'ERA (INGRANDIBILE)
Dal 560 al 440 a.c. Poseidonia, da Poseidone, o Nettuno, Dio del mare, al quale la città era stata dedicata, ebbe dunque un fiorente periodo di arti e ricchezza, forse anche per l'allentarsi della presenza etrusca, che creò un vuoto economico e culturale nella zona a nord del Sele, e per la distruzione della città di Siris sul Mar Jonio, da parte di Crotone, Sibari e Metaponto, con un predominio di Sibari in tutta la regione della Siritide, per cui dovettero intensificarsi i traffici interni tra Poseidonia e la Siritide.

I sibariti erano famosi per la ricchezza, il lusso e la superbia. Lo storico Diodoro Siculo, del I sec. a.E.V., scrisse che ‘i sibariti erano schiavi del ventre e amanti del lusso’. Stradone, geografo greco vissuto tra il 60 e il 20 avanti, racconta che i sibariti avevano creato un insediamento fortificato nei pressi della foce del fiume Sele, estendendo la loro influenza sui territori limitrofi. Seguì poi la distruzione di Sibari stessa nel 510 a.c., ad opera di Crotone.

Di questo periodo il monumentale sacello sotterraneo, forse un cenotafio dedicato ad Is, mitico fondatore di Sibari, eretto a Poseidonia dai profughi Sibariti. Non a caso, a distanza di cinquant'anni l’uno dall’altro, vengono eretti anche la cosiddetta Basilica (550 a.c. circa), il Tempio "di Cerere" (500 a.c.) ed il Tempio "di Nettuno" (450 a.c.), coevi a quell’unico e splendido affresco greco finora scoperto, nella tomba del Tuffatore.

Dal 560 a.c. al 440 a.c. si assiste al periodo di massimo splendore e ricchezza di Poseidonia. Tale apice fu dovuto a diversi fattori, alcuni dei quali si possono ravvisare, ad esempio, alla recessione della presenza e dell’influenza etrusca sulla riva destra del Sele nella prima metà del VI sec a.c.



PAISTON LUCANA

Tra il 420 e il 410 a.c., i Lucani, popolo italico, conquistarono la città o comunque ne presero il sopravvento mutandole nome in Paistom,, lasciando numerose testimonianze della propria influenza in tombe affrescate secondo il modello dei maestri greci.

Sul finire del IV secolo, alleatisi con i bruzi, sostennero una lunga lotta contro i greci per il dominio dei nuovi territori verso il mare, che si concluse con la riaffermazione della loro supremazia sulla città.

Sebbene letterati e poeti greci riportino il rimpianto dei Poseidoniati per la perduta libertà e per la decadenza della città, l'archeologia testimonia che il periodo di splendore proseguì più vivo che mai, con la produzione di splendidi vasi dipinti, con sepolture copiosamente affrescate e preziosi corredi tombali. D'altronde si sa che le civiltà migliori nascono dall'incontro di civiltà, genti e razze diverse.



PAESTUM ROMANA

Nel 273 a.c. Roma tolse Paistom alla confederazione lucana, vi insediò una colonia, e le cambiò il nome in Paestum. Ma la fondazione della città fu preceduta dall'impianto di una fattoria commerciale sulla sponda sinistra e presso la foce del fiume Silaros. Poseidonia si dimostrò alleata a Roma anche nei momenti più drammatici della sua storia, i pestani erano socii navales dei Romani, alleati che in caso di bisogno dovevano fornire navi e marinai, per il resto avevano conservato la loro libertà.

La deduzione della colonia che Roma mise in atto dopo le guerre sannitiche e la guerra con Pirro e con gli Italioti ne modificò l'aspetto demografico e l'assetto urbanistico; molta parte delle strutture della città romana sembra aver origine nel III secolo a.c. Assieme al territorio urbano fu curato quello circostante: col miglioramento di vecchie strade, con l'apertura di nuove, atte a facilitare i collegamenti, con la sistemazione delle acque.

Le navi che Paestum fornì ai Romani contarono molto durante la I Guerra Punica, e nella II Guerra Punica Paestum rimase fedele alleata di Roma anche dopo la battaglia di Canne, anzi in quell'occasione offrì a Roma tutte le patere d’oro conservate nei suoi templi.

Offerta che Roma generosamente rifiutò, accettando per contro le navi cariche di grano che consentirono ai Romani di resistere entro le mura di Taranto all'assedio di Annibale. Ma Roma non dimenticava e come ricompensa della sua fedeltà, a Paestum fu consentito di battere moneta propria, in bronzo, fino ai tempi di Tiberio, con la sigla "PSSC" (Paesti Signatum Senatus Consulto).


Importante anche il restauro delle mura, di epoca greca, nella loro figura trapezoidale legata all'andamento del banco calcareo su cui poggiano, per sfruttarne la consistenza e, in certi punti, l'elevazione.

Per la prima epoca romana una prova dei restauri viene da una serie di iscrizioni databili alla metà del III secolo a.c., incise su blocchi della cortina interna e tra loro in tutto simili, meno una. Altre iscrizioni, provenienti dal Foro, sempre dell III secolo a.c., dimostrano l'esecuzione di opere edilizie ad opera dei questori con la somma ricavata da multe, come citato in ILP 139 e 141. Insomma nuovi edifici pubblici, come l’anfiteatro, il foro e il ginnasio, che contribuirono a donare alla città quell’aspetto che gli scavi hanno riportato alla luce.

Inoltre sul Silaros si sviluppò il porto marittimo e fluviale della città e presso di esso sorse il Tempio di Era Argiva, che diventò presto uno dei più grandi e venerati santuari dell'Italia antica: circa 50 stadi separavano la città dallo Heraion e dal suo emporio sul fiume.

Sotto il dominio romano vennero realizzate importanti opere pubbliche, che mutano radicalmente l'antica polis greca: il Foro al posto dell'agorà riducendo l’area del santuario meridionale, il cosiddetto "Tempio della Pace", probabilmente il Capitolium, il santuario della Fortuna Virile, l’anfiteatro.

Anche l’edilizia privata rispecchiò il benessere di cui Paestum godette in tale periodo, benché fossero state aperte due importanti arterie di comunicazione interne, la via Appia e la via Popilia che tagliavano Paestum fuori dalle grandi rotte commerciali.

Già nei primi decenni della sua vita Paestum batté moneta, forse per finanziare il suo contributo militare alla prima guerra punica.



IL TRAMONTO

Il II secolo a.c. è carente di testimonianze, tranne che per gli impaludamenti di cui parla Strabone.  Nel I secolo a.c. , durante la guerra sociale i Lucani furono tra i primi a prendere le armi contro Roma,

'' e continuarono a combattere anche dopo le concessioni stabilite dalla lex Iulia e dalla lex Plautia Papiri...  Poco dopo, ancora in Lucania le bande di Spartaco trovarono un terreno quanto mai favorevole, sia per le caratteristiche fisiche dei luoghi, adatti alla guerriglia, sia per l'alto numero di schiavi e per i liberi scontenti, connessi con la situazione economica ambientale.

Spartaco, con molta probabilità, vi trascorse l'inverno organizzandosi; e successivamente, pur se le operazioni si svolsero anche in altre direzioni, rimase la Lucania il terreno più battuto.
Dopo il bellum sociale e il bellum servile, si intende facilmente che la Lucania si trovasse devastata, economicamente e demograficamente depressa. La guerra sociale segnò chiaramente il passaggio di Paestum da colonia Latina a municipium; quando a questo sia successa la colonia Romana non si sa, e le opinioni sono discordi."

La fine dell’Impero Romano coincise grosso modo con la fine della città. Verso il 500 d.c.., infatti, in seguito ad un’epidemia di malaria, aggravata dall’insalubrità del territorio, gli abitanti gradualmente abbandonarono la città. La riscoperta di Paestum risale al 1762, quando fu costruita la strada moderna che l’attraversa tuttora. Strabone narra che Paestum era resa malsana dalle acque non bonificate del fiume Salso (identificato con Capodifiume), che ancora corrono a ridosso delle mura meridionali, dove, in corrispondenza di Porta Giustizia, sono cavalcate da un ponticello antico databile al IV sec. a.c.

Furono le condizioni malariche del terreno che indussero poi i primitivi coloni a spostare il centro abitato verso oriente, su un banco calcareo leggermente rialzato sulla pianura e sul litorale, lungo il corso di un'altro fiume minore (fiume Salso o Capofiume). Progressivamente dovette iniziare ad impaludarsi l'area circostante la parte sud-occidentale dell'insediamento, in quanto il fiume non riusciva più a defluire normalmente, dato il progressivo insabbiamento della foce e del lido che doveva trovarsi non distante da Porta Marina.

Da Strabone il Sestieri deduce che, già nel I secolo a.c., l'insabbiamento della foce del fiume Salso aveva reso insalubre il clima di Paestum.


I1 Salso, presumibilmente modificato, come altri fiumi, dal disboscamento, avrebbe invaso la campagna e lo stesso abitato a cominciare dalla zona sud-occidentale.

I Pestani si difendono, canalizzano, innalzano le quote di livello delle vie, delle soglie d'accesso alle case; ma il fiume incalza, l'allagamento si estende, l'abitato si restringe, i sedimenti calcarei delle acque coprono di pietra la superficie occupata; la città immiserisce, è stata anche da tempo tagliata fuori dalle rotte commerciali.

L'unica risorsa di Paestum diventa la religione pagana, il suo santuario urbano; gli ultimi abitanti devono ridursi nella parte più alta, intorno al tempio 'di Cerere'; e lì il Paganesimo combatte la battaglia estrema col Cristianesimo crescente: nel tempio ' di Cerere ', poi trasformato anch'esso in chiesa, di fronte al nuovo tempio cristiano, si sarebbero celebrati riti pagani, forse ancora nel V secolo inoltrato.

TEMPIO DELLA FORTUNA VIRILE
Fattosta che al principio del Medioevo Paeshim era semideserta, e non aveva che una piccola comunità cristiana raccolta intorno al tempio di Cerere trasformato in Chiesa. Tutto l'Impero sarebbe stato, quindi, una lenta agonia; ma lo stesso studioso crede poi, col Maiuri, che nel tardo Impero la città godesse floridezza per il commercio di cereali e olio che vi affluivano dalla pianura e dai monti.

Noi sappiamo che gli etruschi erano abilissimi nella bonifica delle aree, e che anche i romani lo divennero imparando dagli etruschi a scavare canali, a creare chiuse e a scavare invasamenti per la raccolta e il defluire delle acque, cosa che non solo rendeva salutare la zona, ma era utilissimo per irrigare i campi. Con la caduta dell'impero e soprattutto nel medioevo il lavoro dei campi aveva perso tutta la saggezza e qualità accumulata ai tempi dei romani e un po' tutta la penisola tornò ai primordi.

Le sedimentazioui calcaree raggiungono nel territorio di Paestum dimensioni incredibili. Circa 1.500 metri a sud della città, in contrada S. Venere, si è trovato materiale archelogico, databile al III secolo a.c., al di satto di 3 m di tufo dovuto ad acque calcaree stagnanti. Lo sbancamento di grossi strati di tufo, eseguito su vasta scala nella contrada della Linora, circa 2 Km. a sud di Paestum, ha messo in luce materiale del V secolo a.c., una necropoli del V secolo a.c., e cave di pietra sfruttate in antico.



La Deduzione dei Veterani

Si sa che a Paestum vi fu una deduzione di veterani nel 71 d.c. Erano veterani della flotta misenense, che avevano militato sotto Lucilio Basso e che beneficiarono di due constitutiones di Vespasiano, l'una del 9 febbraio, l'altra del 5 aprile del 71: giunsero, quindi, in due gruppi distinti ma vicini nel tempo.

CRATERE DI ASSTEAS
Si sa da un passo di Agenius Urbics che Vespasiano impose alle colonie di tutto l'Impero la restituzione al demanio dei subseciva, cioè di quel terreno che, per un motivo o per l'altro, era rimasto escluso dalle ripartizioni, ma che specialmente i confinanti avevano da lungo tempo occupato arbitrariamente.

L'effetto fu di panico per tutta l'Italia (qmsabatur universus Itdiae possessor) e ne conseguirono legazioni intese a modificare l'atteggiamento imperiale, che, però, si ammorbidì, ma non mutò nella sostanza (intermisit, non concessit).

I1 recupero di lotti più o meno grandi di terreno offriva allo stato una fonte di introiti: o perchè i lotti venivano venduti al miglior offerente, o che venivano ceduti in affitto, o distribuite ai veterani, risparmiando denaro per i premi di congedo.

Tuttavia l'abbandono da parte di veterani delle colonie fu un fatto ricorrente, largamente testimoniato sia in età repubblicana (veterani di Silla), sia in età imperiale (cesariani). I veterani solitamente ritornavano nei luoghi in cui avevano militato o in cui erano nati; difficilmente, dopo il lungo servizio militare e in età non più giovane, si adattavano a coltivare le terre loro assegnate.



RISCOPERTA E SCAVI

L’impaludamento della città fece sì che essa si contraesse progressivamente, ritirandosi sempre più in alto, intorno al Tempio di Cerere, dove fiorì l’ultimo nucleo abitativo. Col porto insabbiato e mai drenato, con la abolizione forzata della religione pagana, poco lontano dal Tempio di Cerere sorse una basilica cristiana, finchè lo stesso tempio venne trasformato in chiesa, un po' la sorte che toccò alla maggior parte dei tampli pagani.

Da notare che uno dei simboli della Hera poseidoniate, il melagrano, emblema di fertilità e ricchezza, passò alla Madonna, che difatti prese l'epiteto di Madonna del Granato, come accadde in molte altre immagini. Sebbene sede vescovile almeno dal V sec. d.c., nel VIII o IX sec. d.c. Paestum venne definitivamente abbandonata dagli abitanti che si rifugiarono sui monti vicini, e il nuovo insediamento prese nome dalle sorgenti del Salso, Caput Aquae, da cui forse deriva il nome Capaccio.

TOMBA GRECA
Qui trovarono scampo dalla malaria e dalle incursioni saracene, portando con sé il culto di S. Maria del Granato, tuttora venerata nel santuario della Madonna del Granato, cioè del melograno, frutto altamente simbolico per i romani, in quanto all'epoca ultimo frutto dell'autunno, cioè della vita, che schiude i suoi semi appunto prima della morte.

Nell'XI secolo Ruggero il Normanno depredò i materiali scampati ai depredamenti cristiani dei templi di Paestum, mentre Roberto il Guiscardo fece spoliare gli edifici abbandonati della città per ricavarne marmi e sculture, sempre a fini cristiani, da impiegare nella costruzione del Duomo di Salerno.

Con l’abbandono di Paestum, dell’antica città rimase solo un vago ricordo. vagamente ne rimaneva il segno in Virgilio, Ovidio e Properzio, che ricordavano la bellezza ed il profumo delle rose pestane che fiorivano due volte in un anno. Nel XVI sec. il sito rifiorì in un minuscolo centro imperniato sulla chiesa dell'Annunziata. Soltanto agli inizi del '700 si cominciano a trovare accenni documentati, in opere descrittive del Regno di Napoli, a tre "teatri" o "anfiteatri" posti a poca distanza dal fiume Sele.

Per l’apertura da parte di Carlo di Borbone dell’attuale SS18, che tranciò purtroppo l'anfiteatro in due parti, permettendo però la scoperta della città antica. Vennero effettuati i primi rilievi dei templi, incisioni e stampe che ritraevano i templi ed i luoghi, disegni e schizzi degli ammirati visitatori che andavano via via aumentando.

LA TOMBA DEL TUFFATORE
Il Tuffatore di Paestum è una immagine tanto meravigliosa quanto enigmatica e carica di significati da decifrare. Raffigura un giovane che si tuffa. In una parete di un sepolcro. La tomba con l’affresco fu scoperta nel 1968 ed è una pittura della Magna Grecia del 480-470 a.c., da un tempo in cui sono arrivate a noi pitture su vasi più che su parete. Sono in molti ad aver decifrato la scena come un tuffo nel regno dell'Ade.

Celebri sono le splendide tavole del Piranesi (1778), del Paoli (1784), del Saint Non (1786), le testimonianze del Winckelmann e di Goethe, ma non dettero luogo a scavi, a causa del banco di calcare formatosi nel corso dei millenni per precipitazione dalle acque del Salso sotto cui gli archeologi pensavano non si fosse serbato nulla a parte i templi. Solo agli inizi del '900 furono intrapresi i primi scavi, compresi tra il 1907 e 1914 scoprendo l’area della "Basilica" e il Foro; tra il 1925 ed il 1938 si completarono gli scavi del Foro e del "Tempio della Pace".

UOMINI A BANCHETTO
"Di un'iscrizione latina scoperta presso il tempio detto "della Pace ", il giorno 5 aprile dello scorso anno, alla distanza di circa venti passi ad ovest nord-ovest del così detto tempio della Pace  fu rimesso in luce un cippo marmoreo alto m. 0,73, largo m. 0,54. Sosteneva probabilmente ima statua, fissata mediante un perno, che rimane tuttora in un buco sulla sommità di questa base ».

Vennero quindi portati alla luce il comitium, seguendo via di Porta Marina e dell'anfiteatro, si intensificarono le ricerche intorno al Tempio di Cerere; venne completato lo scavo delle mura, in parte restaurate con criteri discutibili, e vennero individuate le cosiddette Porta Marina e Porta Giustizia.

TOMBA DEL TUFFATORE
Negli anni '50 si approfondirono le aree intorno ai templi, con il recupero delle stipi votive della "Basilica" e del "Tempio di Nettuno"; il "Tempio di Cerere" venne liberato dalle aggiunte più tarde, secondo l'allora imperante concezione dell'archeologia volta a scoprire le fasi classiche a scapito di quelle successive. Nel 1954 si scoprì il sacello sotterraneo.

Più recente fu l'individuazione delle insulae ad ovest della Via Sacra, individuando elementi dell’abitato antico. Tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70, vennero scavate le ricchissime necropoli di Paestum, permettendo il recupero di opere straordinarie come la Tomba del Tuffatore, ma anche dei ricchi corredi funerari con splendide ceramiche di produzione locale, opera di artisti rinomati come Assteas, Python ed il cosiddetto Pittore di Afrodite.



I roseti di Paestum

C'era a Paestum una vera coltura specializzata di fiori, che copriva ampie distese per estrarne profumi, del tipo, forse, di quelli campani, capuani in particolare, di cui abbiamo notizie varie, specialmente da Plinio: erano profumi fatti d'olio d'oliva e, appunto, di rose.

Fin dalla II metà del I sec. a.c. si cita una qualità pestana di rose diffusa in altri centri da gente emigrata dalla città malsana, ma a colture propriamente pestane, che avranno fornito una produzione abbondante e di alta qualità.

- Virgilio parla di roseti  che due volte all'anno Paestum vede fiorire (biferi Puesti)
- Properzio localizza a Paestum (Paesti odorai) i rosaria.
- Ovidio nelle Epistuh ex Ponto parla genericamente di rose pestane, e nelle Metamorfosi parla di rosai della tiepida Paestum.
- Nel I sec. d.c. Columella:... quo sidere prinaum / nascantur flores Paestique rosaria gemment.
- Marziale ricorda il bel colore rosso delle rose," il profumo dei roseti, la loro
produttività è proverbiale;"  in Marziale c'è la prova che le rose erano oggetto di commercio, di
cui uno degli sbocchi di elezione era proprio Roma.

Delle rose dei campi pestani (o almeno, anche di quelle rose), intrecciate in serti, si vedeva cosparsa tutta Roma, anche d'inverno; Roma poteva fare a meno dei giardini nilotici, per le rose. È da aggiungere che Marziale attesta abbondante e famosa a Paestum pure la produzione di viole e di cana ligustra.

TEMPIO DI HERA I

I TEMPLI DORICI

Miracolosamente giunti in ottime condizioni, tanto da essere considerati esempi unici dell'architettura magno-greca, sono i tre templi di ordine dorico edificati nelle due aree santuariali urbane di Paestum, dedicate rispettivamente ad Hera e ad Athena.


Tempio di Hera I

La cosiddetta "Basilica" è in realtà un tempio dedicato ad Hera. Edificato nel 540 a.c. circa, era dedicato ad Era, principale divinità venerata a Poseidonia dove, tra l'altro, si trovano altri due templi con la stessa dedicazione.
La denominazione "Basilica" gli venne erroneamente attribuita nel XVIII sec., per la quasi totale sparizione dei muri della cella, del frontone e della trabeazione e per l'insolito numero dispari delle colonne sul fronte.

Il tempio ha nove colonne sui fronti, con la cella preceduta da un pronao.
L'edificio conserva 50 colonne, alte 4,68 m e molto rastremate, ancora in piedi complete di trabeazione mentre cella, decorazioni del fregio, cornice e frontoni (probabilmente privi di rilievi) sono andati distrutti col tempo.

TEMPIO DI HERA II

Tempio di Hera II

Il cosiddetto "Tempio di Nettuno" era in realtà dedicato ad Hera. Costruito in arenaria intorno al 530 a.c. costituisce il più grande tra i templi di Paestum. L'edificio mostra le forme mature dell'ordine dorino classico, simile in questo al Tempio di Zeus di Olimpia. Possiede sei colonne su ciascun fronte e quattordici colonne su ciascuno dei due lati.

All'epoca le divinità femminili erano molto sentite, per un qualche retaggio di un matriarcato non lontanissimo. Hera era la regina degli Dei, che pur sottomessa a Giove, il re degli Dei manteneva intatto un grande potere nell'animo della popolazione, un po' come la Madonna nella religione cattolica.

TEMPIO DI ATHENA

Tempio di Athena

Il Tempio di Athena, edificato intorno al 500 a.c., era in precedenza noto come Tempio di Cerere. E' il più piccolo tra gli edifici templari, con colonne doriche nel peristilio e ioniche nella cella. Anch'essa aveva sei colonne sui due fronti e quattordici sui due lati.

Atena era molto venerata per la forte influenza del mondo greco, essendo non solo ingegnosa Dea dell'arte del costruire gli edifici e le navi, ma pure dell'artigianato. Le era familiare però anche il mondo agricolo, come inventrice degli strumenti atti a lavorare la terra.

Ma soprattutto Athena, simile alla Minerva romana, era la Dea della guerra, fondamentale per mantenere la propria libertà o per fondare nuove colonie. Essendo Dea dell'intelligenza, era molto invocata dai generali per ideare le strategie delle battaglie, mentre i soldati si rivolgevano soprattutto al Dio Marte.

IL SANTUARIO DI HERA ALLA FOCE DEL SELE

Il santuario di Hera alla foce del Sele

Il santuario posto in prossimità della foce del Sele è un antichissimo luogo di culto extramurario dedicato alla dea Hera, che la tradizione mitica vuole fondato dagli Argonauti. Aveva molto probabilmente funzioni emporiche.



EDIFICI PUBBLICI GRECI

Agorà
Heroon
Ekklesiàsteron
Aree sacre di Hera ed Athena
Santuario suburbano di Santa Venera

TOMBA DEL TUFFATORE

EDIFICI PUBBLICI ROMANI


Comitium

A poca distanza dall'anfiteatro è il comitium della città romana, a cui sono addossati sul lato nord gli ambienti della curia. Si tratta di un edificio a pianta circolare con gradinate rette da un muro esterno a pianta rettangolare; era il luogo destinato alle riunioni dell'assemblea per eleggere i magistrati.


Macellum

Sul lato sud del foro si aprono a sinistra il macellum e a destra la basilica. Il primo era destinato a mercato (si pensi al Serapeo di Pozzuoli), con un grosso cortile con portico di marmo intorno al quale si aprivano numerose botteghe.


Cosiddetto "Tempio della Pace

Sul lato ovest è invece il podio di un tempio, il capitolium della città romana. Il capitolium era il tempio più importante della città romana: esso infatti affacciava direttamente sul foro, il centro della città. E' un tempio colonnato su tre lati: i capitelli corinzi erano sormontati da un fregio dorico molto bello.


Santuario con natatio

A sinistra del capitolium è un'area identificata come un ginnasio (palestra) con piscina, nel quale era possibile anche assistere a spettacoli sull'acqua. La piazza su cui affacciano comitium e capitolium è il foro, il centro politico e commerciale dell'età romana, su cui si aprivano gli edifici più importanti.
La piazza era larga m. 57 e lunga m. 150, circondata da un portico di ordine dorico, realizzato in età augustea.


Basilica (detta Curia)

la basilica, a destra del Foro, invece era destinata a luogo di riunione per l'amministrazione della giustizia e per la trattazione di affari: si noti l'aula centrale scoperta con l'esedra di pietra, circondata per tre lati da corridoi coperti.

L'ANFITEATRO

Anfiteatro

L'anfiteatro, di cui è visibile solo la metà occidentale, ha l'altra metà coperta purtroppo dalla strada moderna. All'esterno si nota la struttura risalente ad una prima fase (1° sec. a.c.) ed il successivo rivestimento in laterizio (1° sec. d. c).

Entrati nell'edificio attraverso una volta rifatta, si nota la forma ellittica dell'arena, con la cavea che conserva solo il primo ordine di gradinate. In genere l'anfiteatro sorgeva in un luogo periferico della città: questo fa pensare che in origine la zona dove ora sorge l'edificio fosse appunto periferica.

ANFITEATRO ROMANO
All'angolo sud ovest del foro è l'incrocio (compitum) fra la plateia nord-sud e quella est-ovest, che dal mare portava a porta Sirena, dove oggi c'è la stazione ferroviaria. La strada si arrestava all'altezza del foro in quanto l'accesso alla piazza era possibile solo a piedi. Seguendo la plateia verso il mare, si attraversano alcuni quartieri di abitazione, organizzati in isolati rettangolari. Fra le alte case ve n'è una (fra la prima e la seconda traversa a sinistra) con grande piscina di età imperiale.

Ben conservate sono anche alcune case a nord del compitum, che presentano la caratteristica struttura delle domus di età romana. La casa romana classica seguiva questo schema: uno stretto corridoio di ingresso dalla strada conduceva ad un cortile centrale (atrium) coperto da un sofitto provveduto di un'apertura centrale (compluvium) attraverso la quale l'acqua piovana, venendo giù, si raccoglieva nell'impluvium defluendo poi in una cisterna. Intorno all'atrio si aprivano le stanze da letto (cubicola), mentre in fondo era il tablinum (stanza da pranzo). Alle spalle si apriva il peristilium, cortiletto circondato da eleganti colonne. L'aspetto della casa era simile a quello di una piccola fortezza.


CINTA MURARIA ANCORA IN PIEDI
La cinta muraria

Le mura erano lunghe 4,75 Km, intervallate da 28 torri a pianta quadrata e circolate, con diversi blocchi recanti incise sigle ed epigrafi. Quattro, oltre diverse posterule, sono le porte che si aprono ortogonalmente nel circuito murario: Porta Marina (ovest), Porta Aurea (nord), Porta Sirena (est), Porta Giustizia (sud).


Necropoli

Numerose necropoli costellano l'area esterna alle mura. Una delle più grandi, a circa un km dal sito archeologico, è la necropoli del Gaudo. Estesa per circa 2000 m², presenta una serie di caratteristiche così particolari da avere una definizione a parte: la cultura del Gaudo. La necropoli fu scoperta casualmente nel corso dell'operazione Avalanche dell'US Army, durante i lavori per la realizzazione di una pista di atterraggio.


Museo

Paestum dispone di un bellissimo e moderno Museo fondato nel 1952 nei pressi dell'antica città, vi sono conservati reperti datati dal VII sec. a.c. al VII sec. d.c.. Nel Museo Nazionale di Paestum si conservano, fra l'altro, un bel ritratto di Livia, con velo e corona di fiori e frutta, e un ritratto di Tiberio, scoperte di anni recenti.
Ancora un ben noto ritratto di Tiberio, rinvenuto meno recentemente, si trova a Madrid. Si direbbe che Paestum abbia voluto, e potuto, far giungere ai primi Imperatori notizia della propria devozione; ed è verisimile che gliene siano derivati vantaggi.

L'area archeologica della città è stata inclusa dall’UNESCO nei siti da salvaguardare in quanto patrimonio dell’umanità.


BIBLIO

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