LEMURIA ( 9 Maggio )



IL RITO DEL PATER FAMILIAS
Plutarco nelle Questioni romane dice che di maggio non si fanno matrimoni a Roma perchè in quel mese si compie la più solenne delle cerimonie di purificazione, cioè la festa degli Argei, in onore di Saturno, in cui si gettano nel fiume i pupazzi di legno. I giorni infausti durerebbero fino al 15 di giugno, quando la spazzatura del tempio di Vesta, gettata nel Tevere, non sia giunta al mare, secondo un oracolo riportato da Ovidio nei Fasti. Prima di allora i giorni sono infausti per i matrimoni.

Oggi invece i matrimoni iniziano in genere di maggio, perchè è un mese caldo che ben si presta all'abito leggero della sposa e al viaggio di nozze. In realtà i romani non si sposavano perchè in maggio si festeggiavano i defunti, un argomento che i romani tenevano a debita distanza. La festa si chiamava Lemuria, perchè Lemuri, o larve, era il nome degli spiriti defunti inquieti, in genere riportati come spiriti di umani periti di morte violenta che, non trovando pace nel mondo dei defunti, vagano nel mondo dei vivi infestando le case o perseguitando persone, spesso succhiando le loro energie, insomma qualcosa tra i vampiri e i fantasmi.

Le Lemuria venivano celebrate il 9, l'11 e il 13 di maggio. I matrimoni erano sconsigliati sia durante i Lemuria che per tutto il mese di maggio. Gli spettri dei morti irrequieti venivano calmati con offerte di fagioli neri. In quei giorni, le Vestali preparavano la mola salsa col primo grano della stagione.

Il mito, secondo Ovidio, deriva da un Lemuria Remuria istituito da Romolo per placare lo spirito di Remo. Ovidio rileva che a questa festa c'era l'usanza di allontanare gli spiriti del male a piedi scalzi e lanciando fagioli neri sopra la spalla durante la notte. Era il capo della famiglia che si alzava a mezzanotte, andava a lavarsi le mani nelle acque pure di una fonte e poi, in giro per la casa a piedi nudi:

"Et nigras accipit ante fabas  
aversusque iacit:sed dum iacit
Haec ego mitto, 
his – inquit – redimo meque meosque fabis
” (Ovid. F.5,436–438). 

Buttava fagioli neri alle sue spalle senza volgersi indietro e ripeteva: "invio questi, con questi fagioli redimo me e ciò che è mio" per nove volte. Altra invocazione era "Manes exite paterni" cioè «uscite o spiriti degli antenati»


La famiglia avrebbe poi percosso dei vasi di bronzo, ripetendo per nove volte, "Fantasmi dei miei padri e antenati, è andato!". Perchè i fagioli?

La Dea Cerdo o Cardea, come amante dl Giano, ricevette l'incarico di tener lontano la porta delle entrate dei vivi nel mondo dei morti e dei morti nel mondo dei vivi, una Dea che in epoca matriarcale era a guardia dei defunti e che i Romani si propiziavano durante le nozze con torce di biancospino.

Ovidio scrive di lei che: "Il suo potere è di aprire ciò che è chiuso, di chiudere ciò che è aperto". I pitagorici, che derivavano la loro dottrina da fonti pelasgiche, non potevano cibarsi di fagioli e citavano una strofa attribuita a Orfeo in cui si diceva che mangiare fagioli equivaleva a mangiare la testa dei propri genitori.

I fagioli appartengono alla Dea Bianca, per cui la sua connessione con il culto delle streghe in Scozia: in epoca primitiva solo alle sue sacerdotesse era lecito piantarli o cucinarli. Insomma da sempre il culto dei morti è collegato alla Grande Dea Infera e alle sue sacerdotesse che la paura della morte trasformò in streghe.

Ma i fagioli neri ricordano l'insetto che si chiude nel bozzolo per diventare farfalla, quindi simbolo di trasformazione, ma pure dell'involucro che rompendosi lascia uscire i nuovi semi, per anche la trasformazione da vita a morte e da morte a vita.

"Che tu sia la sorella del Dio Febo, la quale ha salvato tante genti diminuendo e alleviando con i suoi farmaci le doglie del parto ed è oggi adorata nei sacri luoghi di Efeso; o che, a causa delle tremende grida che emetti, tu sia invocata come la terribile Proserpina la quale con il suo triplice volto ha il potere di arrestare e por fine all'invasione di streghe e fantasmi che appaiono agli uomini, e di trattenerli nelle viscere della Terra..."

(Apuleio - L'asino doro )

Dunque la Dea, in particolare Ecate, che è un po' il lato oscuro di Diana, è Dea dei morti e può, come Cardea, vigilare affinchè non venga violato il confine tra vivi e morti. Ma le sacerdotesse, o le maghe, che non temevano la morte facevano riti proprio nel giorno, anzi nella notte dei Lemuria. Esse si ponevano sui crocicchi alla periferia della città e vi ponevano rami di mirto, dolci, statuette della Dea Ecate, candele e profumi, e invocavano i Lemuri per ottenerne responsi.

Questa festa era pertanto in parte per placare i Lemuri e in parte per invocarli. Ma le recite di preghiere citate avevano un significato:
"invio questi, con questi fagioli neri redimo me e ciò che è mio" Cioè il pater familias donava fagioli neri alle anime per affrancarsi da eventuali colpe verso gli antenati stessi, per non averli onorati sufficientemente, o non averli seppelliti con i riti dovuti ecc. Dunque gli spiriti venivano placati per precauzione.

Invece il "Manes exite paterni" cioè «uscite o spiriti degli antenati» era il desiderio di allontanare dalla casa degli spiriti indesiderati. Ma in genere i Manes erano spiriti protettori, mentre erano le Larve ad essere spiriti malevoli che volevano spaventare o fare del male.

La famiglia avrebbe poi percosso dei vasi di bronzo, ripetendo per nove volte, "Fantasmi dei miei padri e antenati, è andato!". Il detto "Ita est." usato anche nella messa cattolica, indica che la preghiera è andata là dove doveva andare, e che quindi il rito ha compiuto il suo effetto.
Voci correlate: I LEMURI ROMANI 


IL FESTEGGIAMENTO

La prima festa veniva celebrata in silenzio e di notte. Le porte dei templi restavano chiuse. Però a Roma si ornavano con rami di mirto e nastri colorati i templi di Cerere, Proserpina ed Ecate, si facevano riti pubblici e banchetti. Nonostante le paure sembra che il culto pubblico fosse viceversa molto allegro e seguito, forse per quell'attaccamento al godimento della vita che provoca spesso il pensiero della morte.

Una processione di ceri traversava la città seguita dal popolo a sua volta munito di altri ceri, formando una specie di suggestivo serpente luminoso che si snodava nella notte. Il tutto finiva in un lauto banchetto. Per i Lemuri si mangiava e si beveva, qualche fonte ritiene che si tenesse un posto a tavola per i defunti ma non è del tutto certo. Certo invece è che fuori delle case si lasciavano torce accese ai lati delle porte e pure dolcetti in offerta ai defunti.



LA FINE DEL CULTO

Il giorno culminante del Lemuralia 13 maggio 610, papa Bonifacio IV consacrò il Pantheon a Roma per la Beata Vergine e tutti i martiri, e la festa di tale dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres è stata celebrata a Roma ogni anno da allora.

Secondo gli storici, questa usanza è stata cristianizzata nella festa di Tutti i Santi, con sede in Roma prima del 13 maggio, al fine di depaganizzare il Lemuria romana. Nell'VIII sec., la festa di Tutti i Santi è stata spostata al 1 novembre, in coincidenza con la festa Celtica degli spiriti di Samhain. Papa Gregorio III (731-741) consacrò una cappella nella basilica di San Pietro a tutti i santi e fissò l'anniversario.


BIBLIO

- Ovidio - Fasti  - V -
- George Thaniel - Lemures and Larvae - The American Journal of Philology - 1973 -
- Isidoro di Siviglia - Etimologie - Trigas diis inferis, per tres aetates homines ad se rapit: id est per infantiam, iuventutem atque senectam -
- Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio - De mortibus persecutorum - XXVI -
- Howard Hayes Scullard - Festivals and ceremonies of the Roman republic - 1981 -


3 comment:

Anonimo ha detto...

Salve. Una precisazione: non si trattava di fagioli, ma di fave: i fagioli al tempo dei romani erano ancora in america (https://it.wikipedia.org/wiki/Phaseolus_vulgaris).

Romanoimpero on 9 maggio 2018 alle ore 17:40 ha detto...

Salve, lo stesso dubbio è venuto anche a noi, però c'era una specie di fagioli provenienti dall'africa che i Romani già conoscevano in epoca antica ed inoltre la fava era un legume già sacro ai pitagorici ma pure ad antichi culti della grande madre. Dubito che i Romani l'avrebbero copiato, oltre al fatto che la maggioranza dei testi parlano di fagioli e non di fave, saluti.

Unknown on 22 ottobre 2019 alle ore 04:43 ha detto...

Buongiorno vivo in provincia di Roma e parlando tempo fa con un studioso locale oggi purtroppo scomparso mi disse che i festeggiamenti continuarano nelle nostre terre anche ben oltre l'epoca Romana con altri riti e con altro nome sapete indicarmi di più grazie

Posta un commento

 

Copyright 2009 All Rights Reserved RomanoImpero - Info - Privacy e Cookies