COLOMBARI DI VIA PESCARA O VIA TARANTO





Colombari di via Pescara 

Roma, detto in genere "di Via Taranto", ma situati in realtà in Via Pescara 2.
Si tratta di due colombari, il primo fu individuato il 29 giugno del 1932, il secondo qualche giorno più tardi. In entrambi si entrò dall'alto, praticando un foro nella muratura della volta, e fu subito evidente il loro ottimo stato di conservazione.

Come tutte le scoperte a Roma questa è stata del tutto casuale. Risale al 1932 per scavare le fondamenta dei palazzi che oggi lo sovrastano.
Fu restaurato intorno agli anni '50. Viene da chiedersi quanti altri siano stati devastati nella costruzione degli edifici, visto che di solito le tombe non sono isolate ma fanno parte di un cimitero.

MASCHERA DEL DEFUNTO
Ma si sa, i resti archeologici raramente cadono per il tempo che passa, ma vengono smantellate prima dall'intransigenza religiosa e poi dagli interessi degli avidi ignoranti.

Infatti risulta che colombario facesse parte di un complesso ben più vasto utilizzato da gente di origine greca. Si trattava perlopiù di Liberti, ossia degli schiavi che erano stati prima affrancati e poi liberati dai loro padroni.
Spesso i romani liberavano gli schiavi più intelligenti e fedeli che a loro volta si lanciavano in imprese commerciali acquisendo una certa ricchezza, talvolta le ricchezze erano addirittura smisurate.
Pertanto, pur non essendo aristocratici, potevano usufruire di tombe a livello familiare e piuttosto elaborate.
Mentre però gli aristocratici amavano edificare i propri loculi in prossimità delle principali vie consolari, dove sicuramente il traffico era maggiore e pertanto ne derivava il lustro della pubblicità, i liberti di solito usavano vie minori.

Questo accadeva non perchè dovessero spendere meno ma perchè non avevano un lustro familiare, insomma un'antica famiglia patrizia da ostentare. Infatti, l'adiacente Via Tuscolana era all'epoca una via secondaria e non di vecchia data.


COLOMBARIO 1

La tomba risale alla metà del I Sec. d.c. in  età Giulio - Claudia. Attraverso una porta fiancheggiata da due finestre a feritoia si accede alla camera sepolcrale con pavimento in terra battuta. 

Il sepolcro, di tipo familiare, fu predisposto per un ridotto numero di deposizioni: sulle pareti corte sono presenti due edicole a tempietto contenenti due urne per le ceneri dei defunti, sulla parete lunga si aprono tre nicchie con urna singola. 

Questo era decisamente un lusso, perchè in genere i colombari appartenevano a specifiche corporazioni, di lavoro, di fede religiosa, di classe sociale o di interessi, che decidevano di acquistare un loculo da occupare dopo opportuna cremazione.

L’attribuzione del monumento è impossibile per la totale assenza di iscrizioni sepolcrali.
L’interno si presenta ricoperto da intonaco con decorazioni su fondo bianco: la parte inferiore della parete lunga presenta un alto zoccolo a imitazione dell’opera quadrata, sulla quale poggiano due anfore; in alto, nastri e ghirlande.

Entrando nel piccolo colombario si nota sulla sinistra un timpano tutt'ora perfettamente colorato di un forte colore azzurro, in cui veniva conservata con molta probabilità il ritratto del capofamiglia, il personaggio principale a cui il colombario stesso era soprattutto dedicato.

In alto si ammira una volta a botte ornata da riquadri disegnati da linee rosse, al centro dei quali è rappresentata una rosa  contornata da foglie verdi, pittura tipica di quella conosciuta come III stile pompeiano, di stile semplice e raffinato.



COLOMBARIO 2

Il sepolcro è databile tra la fine del I secolo d.c. e i primi decenni del II.
Una porta fiancheggiata da due alte feritoie incorniciate da lastre marmoree dà accesso al sepolcro, anch'esso pavimentato in terra battuta. Sulle pareti sono presenti dieci piccole nicchie, in ognuna delle quali sono murate due urne in terracotta.

Al centro della parete di fondo una nicchia più grande, absidata, doveva ospitare un’urna forse marmorea; al di sotto è murato il calco di un rilievo con figura di fanciullo a cavallo e iscrizione dedicatoria in caratteri greci al fanciullo Veneriano da parte dei genitori.

Oltre a questa, si conservano altre quattro iscrizioni graffite sull’intonaco. All’interno del sepolcro sono state trovate anche tre sepolture a inumazione.

La lastra sepolcrale posta sopra l’ingresso è anche in questo caso mancante, ma le testimonianze epigrafiche dimostrano che il sepolcro apparteneva a una famiglia di origine greca.

Le pareti interne sono rivestite di intonaco dipinto.
Particolarmente ricca è la decorazione della volta con figure inserite in campi geometrici colorati su fondo bianco.

Sui lati più corti dell'ipogeo sono rappresentati dei tralci d'uva di tipo bianco su un lato e di tipo rossa sull'altro che non sono simboli cristiani ma che verranno usati largamente nei secoli seguenti per tutte le catacombe cristiane.

Sul alto più lungo invece, ci sono delle ghirlande che incorniciano da un lato dei corni che erano usati per bere con alto valore simbolico molto legato, come del resto la vite, al culto dionisiaco., e dall'altro dei cembali, strumenti a percussione anche questi di uso dionisiaco..

Spesso si ricorreva alla simbologia Dionisiaca, o orfica, in quanto misteriche che annunciavano speranze di prosecuzione dopo la morte.

Poco più in basso vi è un loculo in cui venivano conservate le maschere di cera che erano i calchi delle persone ospitate nel colombario.

Prima che il corpo fosse incenerito completamente, alla salma veniva tolto un piccolo osso, (generalmente dal braccio) che veniva seppellito intero.
Questa cerimonia detta dell' Hossum Resectum, veniva eseguita in quanto l'usanza prevedeva che una seppur piccola parte del corpo, doveva restare intatta.

Dopodichè veniva eseguita la cremazione al di fuori del Pomerio, le ceneri venivano raccolte e poi deposte nelle apposite urne.

Era inoltre un antico uso romano di fare degli stampi con la cera e deporre poi la maschera prodotta all'interno del loculo.

I più ricchi usavano anche farne il busto in pietra che veniva portato in processione, ma i parenti usavano comunque indossare queste maschere nei funerali successivi.

Questo si ripeteva anche in un'altra occasione, durante i Lararia, festa che si svolgeva una volta all'anno nel mese di marzo.

Allora i parenti dei defunti indossavano le maschere degli stessi per rivivere e far rivivere l'anima del defunto che in quell'istante si incarnava nel parente.

I romani però erano non poco scettici di fronte a certe credenze, per cui la processione diventava una cerimonia teatrale, dove il parante recitava alla bell'e meglio la personalità del morto, ma senza esagerare, nel senso che ne copiava qualche gesto e qualche postura, ma nulla di più.

L'insieme era infatti inevitabilmente scenico perchè il corteo, ammantato di tuniche nere e portando in mano fiaccole ardenti, girava per la città incrociando altri cortei in un'atmosfera molto suggestiva.

All'interno del colombario, sono eccezionalmente presenti tutti i coperchi delle urne cinerarie, che sono completamente murate nelle nicchie.


BIBLIO

- Rodolfo Lanciani - Roma pagana e cristiana - Colombari romani - Cap. VI -
- Antonio Nibby - Roma antica di Fabiano Nardini - Stamperia De Romanis - Roma - 1818 -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore - Verona - 1984 -
- L. Quilici, S. Quilici Gigli -  "Opere di assetto territoriale ed urbano" - L'Erma di Bretschneider - 1995 -




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