GAIA TARACIA ( 616 - 578 a.c. )



“Taraciae autem vivae amplissimi honores a populo Romano habiti. Et Taraciam quidem virginem Vestae fuisse lex Horatia testis est, quae super ea ad populum lata. Qua lege ei plurimi honores fiunt, inter quos ius quoque testimonii dicendi tribuitur testabilisque una omnium feminarum ut sit datur. Id verbum est legis ipsius Horatiae; contrarium est in duodecim tabulis scriptum: 'Inprobus intestabilisque esto'.

Praeterea si quadraginta annos nata sacerdotio abire ac nubere voluisset, ius ei potestasque exaugurandi atque nubendi facta est munificentiae et beneficii gratia, quod campum Tiberinum sive Martium populo condonasset”.

GEA
Anche chiamata: Gaia Cecilia, Gaia Taracia, Gaia Fufetia, Tanaquil, Thanxvil, risale a un mito molto antico che Aulo Gellio nelle Noctes Atticae cerca di spiegare, narrando che la Vestale Gaia Taracia ricevette grandi onori, sia da viva che da morta, per aver donato al popolo romano il campo Tiberino, ossia il campo Marzio. 

Inoltre cita la lex Horatia de Taracia virgine vestali, la quale avrebbe riconosciuto a lei e solo a lei vari privilegi tra cui il diritto di testimoniare in giudizio e fare testamento; privilegi che sarebbero poi stati estesi a tutte le altre Vestali.

Plinio, nella Naturalis Historia aggiunge che il popolo le avrebbe eretto una statua presso i rostri a ringraziamento per la donazione del campo tiberino:
“…invenitur statua decreta et Taraciae Gaiae sive Fufetiae virgini Vestali, ut poneretur ubi vellet, quod adiectum non minus honoris habet quam feminae esse decretam. Meritum eius ipsis ponam annalium verbis: quod campum Tiberinum gratificata esset ea populo”



ACCA LARENTIA

Negli antichi annali sono ugualmente famosi i nomi di Acca Larentia e di Gaia Taracia, solo che la prima era una prostituta, la seconda una vestale. Anche Acca Larenzia, nel testamento trascritto nella cronaca di Valerio Anziate, donò grandi beni, cioè terreni, chi dice al re Romolo, per altri al popolo romano.

Per questa benemerenza viene celebrato pubblicamente dal flamine di Quirino un sacrificio in suo onore, il che fa presumere che ne avesse beneficiato il popolo.
Ma che un sacerdote rendesse onore a una prostituta come fosse una Dea è dura da credere, più facile pensare che Acca Larentia fosse l'antica Dea Lupa, divinità del sesso e della fertilità, le cui sacerdotesse Lupe ululassero per richiamare all'amplesso i maschi, uso che rimase nei postriboli romani, chiamati infatti col nome di lupanare.

Si trattava di ierodulia o prostituzione sacra, risalente a quando gli uomni rispettavano le donne e le sacerdotesse del sesso. Non a caso si dice che Larentia era stata la nutrice di Romolo e Remo, che infatti furono allattati da una lupa.

Masurio Sabino nei Memoralia sostiene infatti che Acca Larenzia sia stata la nutrice di Romolo, rielaborando ancora la leggenda:
"La donna, di dodici figli maschi ne perse uno soltanto. Quindi Romolo dichiarò se stesso figlio di Acca e chiamò sé e gli altri figli di lei Fratelli Arvali. Da allora il collegio degli Arvali rimase in numero di dodici. Di questo collegio sacerdotale sono distintivi la ghirlanda di spighe e le bende bianche".

Le Dee del sesso erano dichiarate spesso come prostitute, ma con un significato molto diverso dall'odierno, perchè all'epoca le fanciulle che si dedicavano alla sacra prostituzione salivano di rango sociale, per cui una volta terminato il servizio sacro presso il tempio potevano sposarsi in modo degno.



GAIA

Un calendario anteriore a Giulio Cesare trovato di recente ad Anzio riporta all'8 dicembre, la dedica del giorno a Tiberino e a Gaia. Il culto di Tiberinus sulla insula Tiberina insula era già noto, si ignorava invece il culto di Gaia la cui statua stava forse  nello stesso santuario. Gaia è Gaia Taracia, o Fufetia, che è identificata sia con Tarquinia, la virtuosa vestale del tempo di Numa, o con Tarpeia, anche questa un'antica Dea custode dell'arx, declassata poi a figlia del portinaio  e traditrice per giunta per un misero bracciale d'oro.

Caia Cecilia, o Gaia Cecilia, è una Dea romana del focolare, della guarigione e delle donne. Due Dee erano conosciute come Caia: Caia Taracia, e Caia Cecilia, nota anche come Tanaquil, una delle prime regine romane, anche se alcuni hanno detto che Caia Caecilia fosse la nuora divinizzata di Tanaquil piuttosto che Tanaquil stessa.

Caia Taracia era una vestale ricordata per aver regalato un grande appezzamento di terreno alla città di Roma, molto simile ad Acca Larenzia, e fu insignita dopo la sua morte di una statua a lei dedicata. Sembra però che Acca Larenzia e Caia Taracia provengano dalla stessa radice, perchè uno dei territori (ager) dato da Acca Larentia a Roma, è stato chiamato il Turax Ager, e "Turax" è una versione di "Taracia", cioè colei che possiede il Turax.



TANAQUIL

Caia Caecilia era il nome latino della famosa regina Tanaquil, moglie di Tarquinio Prisco, che governò a roma dal 616 al 578 a.c,. Il nome etrusco "Tanaquil" significa "il dono della grazia", e può forse essere stato trsformato in " Taracia ".

Tanaquil, ambiziosoa, intelligente e di nobile stirpe, venne istruita in medicina e matematica, nonchè

Tanaquil interpretò altri presagi: un giorno la sua ancella Ocrisia stava offrendo dolci ai Lares presso il focolare domestico, quando nelle fiamme vide un Dio. Tanaquil le disse allora di vestirsi come una sposa e di chiudersi nella sua stanza.

Quella notte Ocrisia fu visitata da un Dio, forse Vulcano, il Dio del fuoco, per altri uno dei Lares, e rimase incinta, dando alla luce un maschietto. Un giorno venne osservata una corona di fiamme intorno alla testa del ragazzino mentre dormiva; Tanaquil predisse che sarebbe diventato un re. Infatti divenne Servio Tullio, il sesto re di Roma.

Le donne etrusche erano note per l'intraprendenza e il coraggio, ne fa testo la frase di una delle due figlie di Servio, entrambe chiamate Tullia. Di esse una lamentava che sua sorella mancasse "del coraggio caratteristico di ogni donna".

Entrambe le parti del nome Cecilia Caia provengono da una radice etrusca CAE o cai che significa "felice" che in latino ha dato il nome comune maschile di Gaio. Secondo altri invece Caia trae la radice del suo nome da Caeculus, un figlio di Vulcano, che si dice avesse fondato la città di Praeneste.

Di lui si diceva che sua madre, una donna-pastore, era seduta accanto al focolare, quando una scintilla le saltò in grembo, mettendola incinta del Dio Vulcano. Più tardi Caeculus chiese al padre una prova della propria divinità, e Vulcano come risposta lo circondò con un anello di fiamme, come il presagio visto intorno a Servio Tullio.

LO SPOSALIZIO
Tanaquil non prese il nome nè dal padre nè dal marito ed era più famosa e potente di suo marito. Dopo la sua morte fu divinizzata e, forse assimilata a una precedente Dea Caia.

Tanaquil per le sue abilità domestiche, in quanto misura il loro ideale di donna, aveva tessuto per Servio Tullio una toga conservata in uno dei Templi di Fortuna a Roma.

Allo stesso modo, nel tempio di Semo Sancus, Dio di origini Sabine, il fuso e la conocchia sono stati rinvenuti accanto alla statua in bronzo di Caia Cecilia, statua che si credeva avesse poteri curativi.

Inoltre, Caia Cecilia è collegata a Tiberino, Dio del Tevere e all'isola al centro del Tevere, con un santuario dove venivano eseguite offerte a loro l'otto dicembre. L'isola si dice creata da tutto il grano dei campi che erano stati di proprietà dei Tarquini, gettato nel Tevere, per rabbia contro il vecchio re.

Naturalmente non è credibile, sia che potesse creare un'isola, sia che gettassero via il grano, ma probabilmente allude a un antico rito di offerta di grano al fiume.
Il nome Caia è associato ai Lares, al fuoco, alla regalità, alla profezia, e alla terra. Gaia Taracia era una vestale, sacerdotessa di Vesta , custode del fuoco della Dea del focolare, come il tempio di Vesta nel Foro è stato il simbolico "focolare centrale" di Roma, il tutto legato alla terra, come i Lari erano spiriti terreni agricoli oltre a spiriti dei morti.

I Romani, adottando questa divinità etrusca, l'hanno rivestita di abilità domestiche, in conformità con i loro ideali, e invocato la sua benedizione sul matrimonio e le spose. Le radici di fuoco però non vennero dimenticate, perchè velo della sposa, flammeum, era appunto rosso fiammeggiante.

Così Caia in qualità di Dea delle donne ebbe parte nella cerimonia romana. Infatti gli sposi, scambiatisi i voti, pronunciano: Ubi tu Caius, ego Caia, c"Dove sei Caio, io sono Caia" e "Dove sei Caia , io sono Caio ". E subito dopo dopo che la sposa, prima di entrare ufficialmente nella nuova casa, se le avessero chiesto il suo nome, era tradizionale la risposta "Il mio nome è Caia".



L'UNICA DEA

Pertanto sia Gaia Taracia che Gaia Fufetia che Gaia Cecilia che Acca Larentia, furono l'unica antica Dea Madre, quella solita che faceva un figlio senza marito il quale nasceva all'equinozio di primavera e moriva al solstizio di inverno, perché i Romani, come testimonia Tacito, iniziavano l'anno in primavera, col risorgere della vegetazione.

Quando poi l'inizio dell'anno fu spostato al solstizio di inverno il figlio-vegetazione della Dea nacque in inverno e il senso della cosa si ingarbugliò, ma risolsero facendo morire e risorgere immediatamente il figlio in primavera, come accade ancora nel Cristianesimo.

Di certo non si divinizzavano le donne, almeno fino ad Augusto, e sicuramente non per un lascito, anche perchè le donne non potevano fare testamento, o almeno non poterono più quando il patriarcato le privò dei diritti.

Per Gaia Taracia si dice fu un'eccezione, e per Acca Larentia fu un'altra eccezione, per la benemerenza di aver fatto la prostituta?


BIBLIO

- Graf, Fritz (Columbus, OH) - “Gaia Taracia” - in: Brill’s New Pauly - Antiquity volumes edited by: Hubert Cancik and Helmuth Schneider - English Edition by: Christine F. Salazar - Classical Tradition volumes edited by: Manfred Landfester - English Edition by: Francis G. Gentry - 2006 -
- Arnaldo Momigliano - Quarto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico - Ed. di storia e letteratura - Roma - 1969 -
- Philippe Borgeaud - Avec Doralice Fabiano - Perception et construction du divin dans l'Antiquité - Genève - Droz - 2013 -
- J. Eckhel - Doctrina numorum veterum - IV - Vienna - 1794 -
- Jorg Rupke - Communicating with the Gods - in: A Companion to the Roman Republic - Blackwell - 2010 -


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